Tanto
rumore per nulla
Evan,
seduto al tavolo dei Serpeverde, osservava con
aria corrucciata davanti a sé. Giocherellava distrattamente
con la fetta di
arrosto che aveva nel piatto e che si stava lentamente raffreddando.
-
Se proprio non la mangi, dalla a me. –
Rabastan
lo fissò accigliato, sventolandogli una
mano davanti agli occhi blu notte.
-
Niente, è andato. – annunciò
teatralmente,
togliendogli il piatto da davanti e appropriandosi
dell’ultimo pezzo di carne.
-
Chissà che gli è preso. – aggiunse
Barty.
Non
erano strano che Evan si perdesse in
ragionamenti tutti suoi, ma di solito rispondeva quando gli veniva
rivolta la
parola.
-
Problemi di cuore. – replicò Rabastan con
l’aria
di chi la sapeva lunga.
-
Saresti molto più credibile se non parlassi con la
bocca piena d’arrosto. –
-
Vuoi vedere come risulto credibile dopo averti rifatto
la faccia a suon di pugni, Crouch? –
Rico,
seduto davanti al cugino, sospirò alzando gli
occhi al cielo. Non gli ci era voluto molto a capire di cosa si
trattasse. Lo
sguardo di Evan puntava insistentemente verso il tavolo dei Grifondoro,
dove la
Meadowes e Fabian Prewett ridevano per chissà quale battuta.
-
Sul serio, Ev, dovresti proprio smetterla di
sentirti in competizione con un idiota totale come Prewett 1.
–
-
Io non mi sento in competizione con nessuno. –
bofonchiò in risposta, ma persino alle sue orecchie suonava
come una bugia
colossale.
-
Ceeerto. Infatti è proprio per questo che stai cercando
di ucciderlo con la forza del pensiero; tra parentesi, lasciati dire
che non
sta funzionando. –
Evan
doveva riconoscere che le parole del cugino
avevano un fondo di verità. Si stava comportando come un
perfetto imbecille.
Dorcas gli aveva ripetuto mille volte che i Prewett erano i suoi
migliori
amici, nulla di più, ma sembrava proprio che a quel Fabian
la cosa non volesse
entrare in testa.
Quando
lo vide scostarle una ciocca di capelli dal
viso, e dilungarsi in una specie di carezza, decise che ne aveva
abbastanza.
Spostò la sedia all’indietro con un gesto brusco e
marciò con decisione verso
il tavolo rosso oro.
-
È partito, e questa volta sul serio. –
commentò Rico,
con appena un accenno di divertimento che trapelava dalla sua voce.
L’intera
Sala Grande seguiva l’avanzata di Evan, che
mai in quei sette anni aveva perso il controllo o si era lasciato
andare a
discussioni e risse in pubblico. L’erede dei Rosier,
tuttavia, sapeva bene che
Dorcas non gli avrebbe mai perdonato una sceneggiata, perciò
decise di
affrontare la cosa con tutto il garbo di cui era capace. Anni di rigida
educazione Purosangue dovevano pur essere serviti a qualcosa.
-
Devo parlarti. – annunciò, fermandosi davanti a
Dorcas e guardandola con aria seria.
La
Grifondoro inarcò un sopracciglio perfettamente
curato, studiandolo con quei suoi occhi verde smeraldo che erano capaci
di
fargli correre brividi lungo la schiena. Stava soppesando la sua
espressione,
come se volesse prepararsi a quello che sarebbe accaduto di
lì a poco.
-
D’accordo, andiamo. – acconsentì,
seguendolo fuori
dalla Sala Grande.
Si
fermarono al centro dell’atrio.
-
Allora, di cosa vuoi parlarmi? – gli chiese,
incuriosita.
-
Di questo, ecco di cosa. – replicò, mettendogli
sotto gli occhi un piccolo foglio di pergamena che aveva trovato in uno
dei
suoi libri durante l’ultimo pomeriggio di studio che avevano
trascorso in
biblioteca.
Dorcas
prese il foglio, scorrendolo con lo sguardo,
poi gli rivolse un sorriso sghembo.
-
Lo sapevo che l’avresti scoperto. –
Evan
sgranò gli occhi, incredulo. Non provava neppure
a negarlo, lo confermava con quella spontaneità disarmante?
-
Come sarebbe a dire lo sapevi, e me lo vieni a
dire così? –
Il
sorriso sul volto della ragazza si allargò ancora
un po’.
-
Bè, sei morbosamente geloso quindi era ovvio che
lo scoprissi. Però quella di ieri è stata
l’ultima sera che ho passato con
Fabian, tornerà tutto come al solito da oggi in poi.
–
Era
forse impazzita?
-
Tutto come al solito. Dì, mi stai prendendo in
giro, vero? Non può tornare tutto come al solito, dovresti
saperlo. – sbottò.
Gli
rivolse un’occhiata perplessa. Non riusciva
proprio a capire quale fosse il problema.
- Ok, ora
sono davvero confusa. Si può sapere cosa pensi che
significhi quel messaggio,
Evan? –
-
Come cosa penso significhi. È piuttosto evidente,
non ci sono molti significati a: “Quello che abbiamo fatto
ieri sera è stato
incredibile”. –
Improvvisamente
capì cosa doveva essere passato per
il cervello contorto e iper possessivo del suo ragazzo.
Scoppiò a ridere,
scuotendo la testa.
-
Tu credi che io e Fabian abbiamo passato la notte
insieme? –
Evan
tentennò, - Non è così? –
-
In nome di Godric, certo che no! Si può sapere chi
diavolo pensi che io sia, Rosier? – sbottò. Il
sorriso aveva lasciato posto a
un’espressione indignata.
-
Ma … Il messaggio. –
Dorcas
sbuffò. – Che giorno è oggi? –
E
questo adesso che c’entrava?
-
Venerdì e quindi? –
-
Lo so anche io che è venerdì, grazie per
l’informazione,
ma che giorno è?
–
Si
lambiccò il cervello alla ricerca di una
risposta. Non era una delle loro ricorrenze, perché il loro
mesiversario
capitava a fine mese e quel giorno era solo il due. Un momento
… il due
gennaio!
-
È il mio compleanno. – realizzò. Se ne
era
completamente dimenticato.
-
Esatto. L’incredibile cosa che abbiamo fatto io e
Fabian, insieme a tuo cugino tra l’altro, è stato
nient’altro che preparare la
festa per stasera. –
Al
cervello di Evan arrivarono solo due cose: Dorcas
non lo aveva tradito e Rico gli aveva fatto fare la figura
dell’idiota.
-
Io lo uccido. – decretò, più a se
stesso che
altro, poi cinse i fianchi di Dorcas e l’attirò a
sé.
-
Sono un idiota. –
-
Mai stata più d’accordo su qualcosa. –
confermò la
ragazza, incrociando risolutamente le braccia al petto, - E poi?
–
-
E poi midispiacenonaccadràmaipiù. –
disse tutto d’un
fiato.
Non
gli era mai piaciuto scusarsi e in tutta la sua
vita non l’aveva fatto più di una manciata di
volte, quasi tutte durante gli
ultimi tre mesi a dire la verità.
-
Adesso ripetilo più lentamente, mi piace ricevere
delle scuse comprensibili al genere umano. – lo
stuzzicò, consapevole di quanto
gli stesse chiedendo.
-
Devo proprio, non posso semplicemente baciarti e
far finta di non essermi comportato come un idiota geloso? –
Dorcas
scoppiò a ridere davanti alla sua espressione
supplichevole. Decise che per quella volta poteva anche accontentarsi.
Gli
cinse il collo con le braccia e lo attirò a sé,
baciandolo con trasporto.
-
Lo prendo per un sì. – ironizzò Evan,
dopo aver
ricambiato il bacio.
-
Ma che sia l’ultima volta. –
-
Assolutamente. – promise, sigillando la
dichiarazione con l’ennesimo bacio.
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