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Autore: She is made of glass    20/02/2014    0 recensioni
Ti aspetto qui, sotto cieli di plastica che piangono pioggia acida.
Mi leviga la faccia questo vento freddo, malato.
Mi arriva addosso una stagione che d'invernale ne ha solo il nome, solo il sapore.
Al riparo, dentro i vestiti il mio corpo stanco, trema.
Cerca di scappare, di allontanarsi da tutto questo freddo che mi tengo addosso, e piano respiro.
Mi chiedo allora, che cos'è il freddo dell'inverno confronto a quello che ho dentro?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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In mezzo a tutte le parole che non dici, sotto i silenzi che mi proponi i miei occhi apatici ti cercano.
Mi sale il freddo dai piedi, mi attraversa le ossa.
Mi spezza piano, senza far rumore.
Mi tocco i fianchi.
Le mani, le braccia, le cosce.
Mi schiaccio le dita fra le mani e ne esce fuori quel rumore, un rumore rotto.
Fragile.

 

Ti aspetto qui, sotto cieli di plastica che piangono pioggia acida.
Mi leviga la faccia questo vento freddo, malato.
Mi arriva addosso una stagione che d'invernale ne ha solo il nome, solo il sapore.
Al riparo, dentro i vestiti il mio corpo stanco, trema.
Cerca di scappare, di allontanarsi da tutto questo freddo che mi tengo addosso, e piano respiro.
Mi chiedo allora, che cos'è il freddo dell'inverno confronto a quello che ho dentro?
Sottovoce mi racconto delle vite che non posso avere, dei gesti che non posso fare, delle parole che devo far morire.
Cerco di darmi un senso, di capirmi, di trovarmi.
E dove sono?
Il treno regionale 20508 è in arrivo al binario 1 allontanarsi dalla linea gialla.

 

Mi sento sempre soffocare, possibile?
E' giusto? Va bene sentirsi così?
Perennemente incompleti, pieni di vuoti.
Nel petto mi si gonfiano i polmoni e con gli occhi corro subito a cercarti.
Nascondo le mani nelle tasche, libero le orecchie da melodie che riescono a donarmi sollievo e veloce mi arriva addosso il rumore pesante che fa il mondo.

 

Davanti a me, a un soffio dal mio respiro si ferma finalmente il mezzo che ti ha portato qua.
Il cuore mi esplode e io rimango così, senza emozioni.

 

Scendi dal treno, distratto ti guardi intorno e io mi rivedo in te.
Siamo contenitori vuoti, mi ripeto. Errori di battitura, muri bianchi, alberi spogli.
Lungo i fianchi sottili strigi le mani piene di mancanze.
Lascio che i tuoi occhi mi cerchino.
Mi scivola addosso il tuo sguardo e mi ritrovo nuda. Priva di tutto.
Rimani lì, e io ti sento lontano. Sconosciuto.

 

Ti vengo addosso.
Allora, ti chiedo.
Ciao, mi dici.
E' andato tutto bene?
Vedo piano i tuoi occhi perdere nitidezza.
Mi dispiace non essere come ti aspettavi, di non saperti donare un'emozione. Mi dispiace.
Mi dici che va bene solo se ci abbracciamo. Però io esito.
Mi manca il fiato.
Non le voglio sentire le tue mani su di me, non voglio ricordare niente una volta che te ne andrai via.
Ho pensato che alla fine è meglio essere così: vuoti.
Lo sai che non mi piace essere toccata ti ricordo, e ti spezzi.
Son qua per te mi dici, allora piango.
Mi stringo tra le braccia, mi si allagano le guance.
Annego in me stessa.

 

 

Mi baci la fronte.
Le tempie, gli occhi, il naso.
Le lacrime.
Son qua adesso dici e mi baci la mascella.
Sono qua, io sono qua.
Mi soffi sulle labbra.
Isolati di mille strati, il tuo copro preme contro i miei contorni.
Mi stringi.
Le mani lungo la schiena, dentro i capelli.
Son felice piagnucolo e mi stritoli, mi levi il respiro.
Mi vieni in faccia e baci forte ogni parte di me.

 

Un bacio feroce mi
lasci
sulle labbra, voraci
di te.

 

Ti prendo le mani e ti porto via.
Lontano da qua, nei posti dove si può far l'amore.
Dove ogni difetto è speciale solo perchè è tuo.

 

Ti tolgo la giacca, la sciarpa.
Bacio il collo olivastro, assorbo ogni tuo dettaglio.
La medaglietta al collo, un neo sul petto.
La cicatrice sul labbro e quella nel sopracciglio.
Con le mani ristabilisco i tuoi confini, e in te ho pensato, mi comprendo pure io.
Disegno con le dita il contorno delle labbra, la curva dei tuoi occhi di ghiaccio.
La mandibola, la giugulare, la clavicola.
Fremi fra le mie mani.
Per certe cose bisogna aver pazienza di ti dico.
Ti levo la felpa.
Scivolo sulle braccia, i gomiti, gli avambracci.
Le vene dei polsi, il palmo della mano, le falangi.
Ti bacio le labbra.
Sfilo la felpa, passo sul tuo petto.
Le costole, l'ombelico, i fianchi.
Stringi il mio viso e mi imponi di guardarti.
Non fermarmi ti dico.
Per favore mi chiedi.
Mi abbandono sotto il peso del tuo sguardo.
Prendimi.
E tu mi prendi, mi prendi.
Mi divori con le mani.
Corri sulla mia schiena e ti fermi sulle mie curve.
Sospiro.
Via le scarpe.
Via i pantaloni.
Lasci macchie viola suoi punti di me che odio: le cosce carnose, i fianchi tondi, l'incavo dei seni.
Ti mangerei dici mentre con il viso anneghi nei miei capelli.
Siamo sospesi.
Proiettati lontani, in un posto dove il mondo non ci sfiora. Si sente l'eco lontano della crudeltà umana e le parole galleggiano nell'aria.
Non abbiamo bisogno di parole noi.
Le tue mani mi completano.
Fra le mie gambe trovi il tuo nido.
Mi fai scivolare addosso le ultime cose che coprono il mio corpo, pieno di imperfezioni.
Succhi, mordi e assaggi ogni parte di me.
In balia del tuo volere, mi muovo piano sul letto.
Ansimo.
Il cuore mi esplode nella cassa toracica.
Sei bellissima dici piano e mi baci le spalle.
Morirei di te sussurri.

 

 

 

 

Riprendo fiato.
Mi stringo fra le braccia. Ho addosso tutto questo nero che mi schiaccia, boccheggio in cerca di lacrime da far scendere lungo le guance.
Mi ritrovo sola nella notte, lontano da qualcosa che sembrava così vivido. Reale.
La testa ritrova il suo filo.
Le mani sotto il cuscino.
Negli occhi il vuoto.

Sei sempre il mio sogno più bello.

  
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