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Autore: viktoria    20/02/2014    2 recensioni
[Jonathan Rhys-Meyers]Jonathan e Laura sono finalmente riusciti a capirsi. Sembra che non parlino più una lingua diversa ma che siano arrivati effettivamente al loro Happy Ending. Eppure conosciamo tutti il caratteraccio di Laura, il passato di Jonathan e le cicatrici che ha lasciato in lui. Sarà Laura abbastanza “adulta” da guarirle o almeno da impedire che sanguinino? E Jonathan saprà capire che lei, infondo, è solo una ragazzina?
“L'amore è una forma di pregiudizio. Si ama quello di cui si ha bisogno, quello che ci fa star bene, quello che ci fa comodo. Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri.”
[STORIA IN RISCRITTURA E REVISIONE]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whatever works'
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La vita da novelli sposi era stata per me e Jonathan davvero una rara squisitezza. Le feste ci avevano portato in Irlanda, a Cork, e avevamo passato sia il Natale che il capodanno insieme ai fratelli O'Keeffe. Io, Marie e Alice eravamo le uniche donne di casa benché Jamie avesse anche lui una persona con cui aveva deciso di passare la sua vita. Quel Natale forse era troppo presto per presentarla a tutti noi. Quando eravamo arrivati a Cork, solo una settimana dopo le nozze, Marie mi aveva accolta con una dolcezza e un entusiasmo tali che mi ricordarono quanto potesse essere profondo il nostro legame adesso. Sapevo che lei mi era grata per moltissime cose, sapevo che pensava che fossi la causa della salute di suo fratello e, senza sapere che era stato lui stesso la causa della sua buona salute, mi vedeva come un angelo nelle loro vite. Mi ero ritrovata stretta tra le sue braccia e il beauty-case, che tenevo in mano, mi cadde per terra per il grande slancio della ragazza.

-Sono così felice di avervi qui per Natale.-

il suo entusiasmo, in un primo momento, mi era sembrato del tutto eccessivo. Ero abituata a passare le feste in famiglia e non capivo cosa ci fosse di così eccezionale nella nostra presenza adesso che, in fin dei conti, anche io facevo parte di quella famiglia. La risposta non tardò molto ad arrivare ma per adesso dovevo limitarmi a seguire i consigli della padrona di casa di posare le nostre cose in camera.

Avevamo cominciato a salire le scale con le valigie, Jonathan dietro di me e Marie attaccata a noi come se non potesse perderci d'occhio neanche un attimo.

-Dove vado?- domandai chiedendo implicitamente dove fosse la camera che avremmo occupato.

-Ultima porta a sinistra.- mi rispose Jonathan con tranquillità mentre io poggiavo per un attimo il trolley che cercavo di non strisciare per le scale con il rischio di romperlo.

-Assolutamente no! Non voglio due sposini nella camera di fronte alla mia. Prendi il corridoio a destra, sali le scale, prima porta sulla destra.- rispose Marie che stava portando delle valigie a sua volta. La mia espressione fu di puro tormento al pensiero di dover fare altre scale ma il viso di Jonathan brillò per un attimo di una sincera emozione che non capii.

-Davvero?- chiese con un filo di voce alla sorella guardandola in viso come se nulla fosse più importante dell'avere la risposta a quella domanda.

-Sì, Jonathan, davvero.-

lui l'abbracciò e quella era l'ennesima domanda che quel giorno per me era rimasta senza risposta. Non chiesi nulla comunque e quando aprii la porta mi trovai in un'ampia camera da letto dalle pareti color del miele e da un'ampia porta finestra che dava sul giardino sul retro. Il letto matrimoniale svettava al centro della stanza con un bel piumone vaporoso e bianco che mi fece venire voglia di prendere la rincorsa e di saltarci sopra. Mi voltai verso Jonathan che capì perfettamente le mie intenzioni. Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto di sfida ed entrambi partimmo nell'esatto momento, le sue braccia mi afferrarono un attimo prima che potessi buttarmi tra le coperte che davano l'impressione di essere soffici come nuvole di zucchero. Scoppiai a ridere e le sue labbra trovarono immediatamente le mie mentre mi stringeva tra le braccia con un trasporto che non poteva non eccitarmi.

-Ehi!- la voce di Marie arrivò alle mie orecchie molto attenuata e se non fosse stato lui a scostarsi appena da me per guardare la sorella io non mi sarei allontanata di un passo.

-Sì, scendiamo tra dieci minuti.- convenne Jonathan facendole cenno di chiudere la porta mentre tornava a prestarmi tutte le sue attenzioni.

-Scordatelo fratello!- rispose lei avvicinandosi e tirandomi via per il braccio. -hai passato con lei tutta la settimana ed io ho il diritto di stare con mia cognata per un po' ok?- domandò lei retoricamente alzando un sopracciglio come per avvisarlo che non voleva essere sfidata. -Farete l'amore stanotte.- concluse lei portandomi via dalle braccia di mio marito.

Scendemmo le scale lentamente. Io stavo sorridendo appena ma onestamente l'idea di non poter più passare tutto il tempo con mio marito un po' mi dispiaceva. La luna di miele doveva ancora cominciare per noi ma io già la agognavo terribilmente. In quei giorni, prima di partire per Cork, avevamo sistemato degli affari di lavoro e non avevamo avuto poi così tanto tempo per stare insieme, a differenza di quanto pensasse Marie.

 

Alla fine non ero stata così codarda come credevo ed ero riuscita a prendere la mia decisione. Ci avevo pensato davvero moltissimo, non avevo detto nulla a Jonathan al riguardo perché sapevo che comunque non avrei potuto prendere quella decisione con nessuno se non con me stessa. Il giorno dopo il matrimonio, dopo un risveglio davvero meraviglioso tra le braccia di mio marito ed un incubo che non ricordavo ma che mi affollava la mente di pensieri, recuperai dei vestiti abbastanza pesanti per quella fredda mattina di Santa Lucia che avrei passato a Londra e non nella mia città per la festa della Patrona. Adoravo il tredici Dicembre, da sempre. Quando andavo a scuola quello era un giorno di vacanza e chi non arriva ad amare i giorni di vacanza? Adesso invece sentivo di avere tantissime cose da fare. Jonathan era rimasto fermo a fissarmi, in piedi con le spalle alla porta finestra, ad allacciarsi i bottoni di una camicia azzurrina che gli cadeva sulle spalle in modo talmente sexy e allo stesso elegante da farmi quasi desistere dal passare quel giorno con i vestiti addosso. Mi ero talmente persa in quello spettacolo che mi resi conto di essermi bloccata con una scarpa in mano. Fu solo lui a farmi tornare con i piedi per terra.

«Sono ancora disposto a proporti una giornata tra le coperte Lorie.» mi fece presente lui con la voce bassa e calda di chi sa come ottenere ciò che vuole.

Lo guardai per un attimo soffermandomi sulle sue mani che si erano fermate al terzo bottone e adesso stavano aspettando solo una mia risposta. Ero così tentata che solo l'idea di non poter rimandare oltre mi aiutò a resistere.

«Non voglio che il vestito si sciupi.» ammisi facendo spallucce. Non avevo detto a Jonathan dov'ero diretta. Sapevo che avrebbe insistito per accompagnarmi ed io avevo bisogno di fare tutto da sola, almeno quella volta. Quindi la scusa era stata la lavanderia. Lui aveva storto il naso.

«Ok, ok.» rispose alzando le mani in segno di resa e sbuffando appena sedendosi sul bordo del letto per mettersi le scarpe. «Vorrà dire che oggi vado a prendere i regali di Natale.» rispose lui con un sorrisetto beffardo che potevo sentir trapelare dalla sua voce.

Pensare all'immagine rassicurante di un marito che acquista regali per la sua famiglia mi fece andare avanti verso gli studi televisivi. Avevo dimenticato il vestito in camera e sicuramente c'era già chi si stava facendo delle domande. Ma non potevo andare in metro con un enorme abito da sposa e la mia patente era ancora lontana dall'arrivare.

«Ehi, sposina, ciao.» mi salutò Katie, una delle truccatrici, che il giorno prima mi aveva aiutata con il trucco. Avevo legato molto con lo staff, mi sarebbe dispiaciuto salutarci.

«Ciao Kath.» risposi io abbracciandola. Lei guardò appena il mio viso e storse il suo nasino adorabile. Sapevo che cosa stava guardando. Avevo delle occhiaie terribili quella mattina e nonostante avessi optato per dei jeans aderenti, una camicia e una giacca nera per dare un'impressione di formalità sembravo comunque una scolaretta sotto esami. Anche piuttosto smagrita.

«Stanotte non hai dormito molto vero?» mi prese in giro lei dando di gomito e prendendomi per il braccio come faceva sempre per convincermi a stare buona e farmi truccare da lei.

«Non molto.» ammisi io arrossendo. «Scusami Katie, oggi non posso proprio. Sono venuta solo a parlare con Bob.» mi scusai subito e lei sgranò appena gli occhi e si morse il labbro.

«E' arrivato giusto una mezz'ora fa ed è di là.» rispose lei semplicemente indicandomi un lungo corridoio che mi avrebbe portata nel suo studio. Presi un respiro profondo, l'abbracciai e le baciai le guance prima di dirigermi in pasto al “mostro”. Un mostro che avevo creato io stessa.

«E' stato davvero un immenso piacere conoscerti.» le sussurrai all'orecchio con infinita dolcezza. Era vero. Avevo fatto così tante conoscenze in quel mondo per me totalmente nuovo. Speravo di non perderle ma io per mia natura ero così poco espansiva che difficilmente ci saremmo sentite ancora. In più adesso ero una neosposina. Per me il mondo iniziava e finiva dove c'era Jonathan.

«Mancherai tantissimo.»

 

Sentii la porta di ingresso aprirsi non appena fummo lì vicino e avvertii la voce bassa e profonda di un uomo che redarguiva qualcuno.

-Dovete fare i bravi ok?- stava dicendo cercando di sovrastare le risa e i battiti di mani. -Se rovinate l'albero di natale alla zia poi lei rompe le scatole a papà e voi non volete che lo faccia vero?-

sia io che Marie ci ritrovammo di fronte una scena esemplare.

Alan teneva in mano parecchi pacchi, alcuni dei quali sembravano molto pesanti, e si stava sporgendo in avanti verso due bambini che di sicuro non riuscivano a capirlo. La bambina aveva lunghi capelli biondissimi legati in una treccia perfetta, arrivava in altezza al ginocchio dell'uomo ed indossava una bellissima gonnellina color anice e un cappottino nero che la facevano sembrare una piccola principessa. Il bambino a cui teneva la mano stava in piedi in modo un po' malfermo. L'ultima volta che lo avevo visto, quando eravamo stati lì per il compleanno di Jonathan a Luglio, lui non aveva neanche un anno. Guardavano entrambi Alan con un sorriso furbetto sul viso e poi corsero via gridando in quel loro gioco adorabile. Un attimo dopo entrò anche la donna che sapevo essere sua moglie. Alice era bellissima come sempre, i capelli biondo cenere legati in una coda, indossava dei semplici jeans e una felpa che spuntava da sotto il giubbotto ma sembrava comunque una modella appena uscita da una copertina di Vogue. Teneva in mano altri pacchi regalo e sorrideva.

-Ciao.- io e Marie li salutammo insieme e ci avvicinammo verso di loro mentre anche Jonathan ci raggiungeva.

-Ehi sorella, ciao neo sposina.- ci salutò lui con un sorrisetto. -scusatemi, mettiamo questo sotto l'albero e ci salutiamo come si deve.- mi assicurò sparendo nel soggiorno. Alice lo seguì dopo però aver baciato le guance a tutti e tre.

-Ehi attore, vieni a darmi una mano a scaricare la macchina.- Alan diede un colpo alla spalla di suo fratello per poi spingerlo fuori.

Tornarono in tre, evidentemente avevano assoldato anche Ettore per poter prendere i loro bagagli.

-Che cavolo ci avete messo dentro?- domandò Jonathan posando il bagaglio che teneva in mano all'ingresso mentre Marie chiudeva la porta alle sue spalle e baciava con dolcezza il suo fidanzato.

-lo stretto indispensabile.- rispose lui facendo spallucce. -vedrai quando...-

-Andate a mettere tutto su, uomini! Forza!- li invogliò Marie interrompendo Alan prima che finisse la frase che sia io che lei avevamo capito benissimo dove poteva portare. “Vedrai quando avrai dei figli”. Un brivido di freddo mi percorse la schiena. -noi donnine ci occupiamo della cena.- scherzò lei mentre i bambini seguivano la loro mamma con docile fiducia.

Jonathan, Alan ed Ettore sparirono su per le scale con le grandi valigie tra risate e lamenti. Jonathan che continuava a ripetere che dentro quei bagagli c'erano mattoni e non abiti, Ettore che lo invitava a muoversi ed Alan che lo ignorava bellamente incitandolo a non parlare perché così si stancava solo di più. Io e Marie scoppiammo a ridere divertite mentre Alice, toglieva il giubbotto al piccolo Dereck che sembrava non avere alcuna intenzione di stare buono. La piccola Felicia era più calma nonostante i suoi tre anni e mezzo. Non che fosse del tutto silenziosa e remissiva alle raccomandazioni di sua madre ma almeno non cercava di distruggere tutto ciò che aveva sotto mano.

-Marie, perdonami in anticipo per qualsiasi danno faranno.- si scusò Alice arrossendo con quel suo solito modo di fare da bambola di porcellana.

-Figurati!- la tranquillizzò lei invitandoci a seguirla in cucina. -i bambini fanno questo.- concluse mentre entravamo in quella stanza che ricordavo benissimo.

Era lì che avevo visto Jonathan per la prima volta, quella sera in cui mi aveva chiesto poco gentile di dargli della roba o almeno le sigarette. Era da quella cucina, insieme al mio gruppo scout, che era cominciato quel capitolo della mia vita che aveva portato tanti sconvolgimenti nella mia vita. Le mie labbra si piegarono in un sorriso di dolcezza nel pensare a mio marito. Quanto era piacevole per me usare quel termine? Mi morsi il labbro e, anche se al tempo lo odiavo non poco, adesso ringraziavo la mia buona stella per avermelo fatto incontrare.

-Ehi, sposina, allora?- domandò Marie riportandomi alla realtà. In realtà non avevo sentito molto di quello che mi aveva detto. Ero stata distratta e le mie guance si tinsero di un leggero color rubino.

-Allora cosa?- domandai io aggrottando appena la fronte con un'espressione di scuse sul viso. Era ovvio che non le stessi ascoltando ma sapevo che Marie e Alice mi avrebbero perdonato. Era del tutto naturale, credevo, che una sposina fosse tanto presa dal suo mondo idilliaco. E neanche Jonathan sembrava volermi stare lontano più dello stretto indispensabile.

-Oh avanti! Una birra è d'obbligo mentre aspettiamo!- la voce di Alan ci fece voltare tutte e tre verso la porta. Vidi la figura del minore degli O'Keeffe precedere quella del fratello maggiore e venire verso di noi con passo sicuro ed espressione indifferente.

-Marie, ci sono birre in frigo?- chiese Jonathan avvicinandosi a me. Mi scostò i capelli dal viso e mi accarezzò le guance con moltissima tenerezza.

-Certo che ci sono.- affermò lei tranquilla guardandoci.

-Io intendevo una birra da Jim, Jonathan.- rispose Alan fingendosi offeso. -lo facciamo da sempre e tu vuoi infrangere la tradizione?- chiede di nuovo con amarezza. Si poggiò una mano sul petto in un gesto di plateale dolore che mi fece ridere mentre mio marito mi stringeva al petto.

-Voglio stare qui.- era un'imposizione da bambino. Come a dire che voleva stare esattamente lì, in quel punto in cui si trovava, in quella precisa mattonella. E non aveva intenzione di cambiare idea.

-Eh, Meyers, comincia ad allontanarti dalla mia chef fonte di ricette perché ti prendo a colpi di mattarello.- lo minacciò sua sorella con aria seria. -anzi, una birra vi farà bene quindi andatevene subito.- li stava letteralmente cacciando di casa e Jonathan strinse la sua presa intorno a me ancora di più.

-No!- stava scherzando adesso. Aveva messo un muso adorabile che fece ridere me, sorridere Alice e Marie dovette fare un'incredibile sforzo di volontà per non scoppiare anche lei in una risata.

-Non farmi usare le cattive maniere fratello.- lo minacciò lei senza smettere di scherzare.

Ci mettemmo un po' a convincerli ad andare via ma alla fine Alan riuscì a trascinare fuori di casa suo fratello con la promessa di tornare entro un'ora e mezza.

-Massimo.- aveva concluso Jonathan prendendo il cappotto che io stessa gli stavo porgendo. -Traditrice.- mi apostrofò lui baciandomi sulle labbra e andando con suo fratello.

-Quando arrivano Paul e Jamie mandali da noi.- le raccomandò Alan mentre Marie lo salutava con la mano. Li guardai uscire dalla porta d'ingresso e strinsi le braccia al petto appoggiandomi al piano cucina.

-Quando arrivano loro?- domandai a mia volta mentre Alice prendeva delle tazze da caffé e lo metteva sul fuoco per prepararlo. Marie si era accomodata a tavola e mi guardava tranquilla prendendo un quaderno.

-A momenti dovrebbero essere qui, sanno che c'è la grande sfida e non se la perderebbero per nulla al mondo.- rispose lei invitandomi a sedere. -intanto scegliamo il menù per la vigilia e per Natale.- ci avvisò con un sorrisetto mentre io, scostata una sedia, mi accomodavo di fronte a lei che prese a scarabocchiare la pagina bianca del quaderno.

-Cos'è la grande sfida?- chiesi a quel punto aggrottando appena la fronte davvero curiosa. Alice rise e Marie sgranò gli occhi.

-oh, Jonathan no te l'ha detto vero? Beh, dubito che lo ricordi.- affermò lei spiegandomi più o meno quell'usanza che avevano per l'antivigilia. -ci dividiamo in squadre da due, ogni squadra prepara un menù di antipasto più un piatto a scelta e alla fine della serata vincono i migliori.-

-E cosa vincono?- domandai a quel punto aggrottando la fronte. Sembrava divertente. Non avevo mai cucinato con Jonathan prima d'allora.

-La gloria.- scherzò Alice ridendo. -ma è una cosa molto importante a casa O'Keeffe.- continuò ridacchiando piano e meritandosi un'occhiataccia da parte di Marie che scosse la testa e fece un gesto di sdegno con la mano.

-Figurati, è che l'anno scorso hai perso.-

-Già, è ho dovuto sopportare Alan rinfacciarmi la sua vittoria ogni giorno nell'ultimo anno.- ammise la ragazza alzando gli occhi al cielo sconsolata.

-Non eravate in squadra insieme?- chiesi a quel punto.

-No, le coppie non stanno insieme mai perché ci sarebbe troppa complicità in cucina.-

-E nessuno dei due potrebbe ricordare all'altro la sua bravura qualora vincesse.- Alice sembrava volesse completare le frasi della cognata e risero entrambe di gusto. Io piegai le labbra in un sorriso leggero e me le morsi piano.

-Jonathan forse non lo ricorda più...sarà divertente rinfrescargli la memoria.- costatò Marie ridendo.

-Perché non lo ricorda se è una tradizione?-

un rumore assordante di vetri che si rompevano attirò la nostra attenzione e nello stesso momento la porta di ingresso si aprì. Ci ritrovammo di nuovo all'ingresso. Paul era da solo di fronte al viso di Felicia che guardava tutti noi con le mani unite dietro la schiena e un faccino mesto di chi sta cercando di impietosire.

-Si è rotto.- ci fece notare. Accanto a lei giacevano i pezzi di un vaso ormai in frantumi. Paul scoppiò a ridere e prese in braccio la nipotina.

-Brava principessa. I brutti vasi di zia Marie è meglio che finiscano nell'immondizia.- la riempì di baci e dopo salutò anche tutti noi. Dereck si attaccò alla sua gamba e lui non gli fece mancare la sua parte di attenzioni.

-Dove sono gli altri?- domandò mentre le sue attenzioni erano tutte sul bambino.

-Al bar.- la voce di Jamie fece sorridere Marie di vide l'ultimo dei suoi fratelli comparire alle spalle di Paul.

-Ciao Jamie.- lo salutò baciandogli le guance. -Sì, sono lì che vi aspettano, vi conviene muoversi avete un'altra mezz'ora di autonomia prima di Jonathan cominci a fare i capricci.- scherzò lei mentre quelli posavano le valigie all'ingresso e andavano via diretti al bar. Dopo quel breve momento di calma in cui Alice era riuscita a fare il caffé non avemmo neanche un secondo. Ripulimmo il salotto dai cocci e portammo su le valigie che quegli sfaticati avevano lasciato in mezzo alle scatole, come aveva detto Marie.

Alice preparò dei bigliettini con i nostri nomi e Marie fece le estrazioni formando le coppie che appuntò sul suo quadernetto. Quando ebbe finito di scrivere il nome di Ettore i cinque ragazzi entrarono rumorosamente in cucina. Erano tutti molto allegri e si davano vigorose pacche sulle spalle ridendo e scherzando allegramente.

-Io credo che quel Frank ti abbia nettamente battuto.- stava dicendo Jonathan rivolto a Paul.

-Figurati, chissà quanto aveva tracannato già.- rispose lui facendo spallucce.

-Avete fatto di nuovo le gare di bevute?- chiese Marie alzando gli occhi al cielo. Io rimasi in silenzio a guardare Jonathan così come lui stava facendo con me. Sapevo che in un attimo ci eravamo isolati dagli altri. Anche se a dividerci c'era una stanza intera mi sentivo come se fossimo soli. Non c'era nessuno se non lui con i suoi meravigliosi occhi cristallini. Sentivo la voce degli altri parecchio ovattata e gli sorrisi quando mi si avvicinò.

-Grazie amore mio.- sussurrò sulle mie labbra prima di baciarmi. Per cosa mi stava ringraziando adesso? Ero io a dovere a lui moltissimi ringraziamenti.

-Smettete di tubare come i piccioni nella mia cucina.- gridò Marie dando a Jonathan un colpo sulla spalla. Lui si allontanò appena per fulminarla e tutti risero. -avete avuto dieci giorni per stare soli adesso vi voglio tutti qui a cucinare.- annunciò. E tutti sembravano entusiasti all'idea.

-Tanto vinco come l'anno scorso.- costatò Alan incrociando le braccia al petto.

-Fossi in te non ci spererei!- rispose Jamie dandogli di gomito.

-State scherzando?- Jonathan non sembrava più così tanto allegro come prima. La sua fronte si era aggrottata appena e sembrava pronto a dare forfait per quella gara che invece sembrava un modo carino per passare la serata.

-No, Jonathan. Ti sembra che si possa scherzare su queste cose?- domandò Marie alzando un sopracciglio. Lui non poté ribattere perché lei continuò. -Allora, adesso vi divido in squadre e comincia la gara di Natale.- avvertì parecchio emozionata da tutto quello che aveva intorno. Anche Dereck e Felicia ci avevano raggiunti ed erano saliti in piedi sulle sedie dove saltellavano felici. Lei prese il quaderno degli appunti e lesse i nomi. -Jamie sta con me, Paul con Alice, Jonathan con Alan, Laura con Ettore.- annunciò con solennità.

-Io zia?- chiese Felicia salendo sul tavolo.

-Felicia e Dereck sono jolly!- aggiunse Marie tranquillamente. Jonathan si era avvicinato ad Ettore e stava chiedendo di fare cambio di squadra. Marie lo fulminò malamente ricordandogli le regole d quella gara. -Non si possono cambiare squadre!- annunciò con severità meritandosi un'occhiata terribile da parte di suo fratello. Un sorriso poi le illuminò il viso e continuò. -ogni squadra propone un antipasto, un primo o un secondo, o se riescono entrambi, un contorno necessario col secondo e un dolce.- il menù si era notevolmente allungato rispetto a quello che aveva annunciato quel pomeriggio mentre mi diceva cosa fosse la grande sfida.


Note:
salve bella gente! Il capitolo è diviso a metà perché era troppo lungo ma, dato che non voglio farvi aspettare, il resto lo pubblico entro sabato sera. per quanto riguarda il contenuto non mi piace molto, questo capitolo a dire il vero non serve neanche per quanto riguarda la storia, è più uno spaccato di vita quotidiana durante le feste. il prossimo tirerà un po' le somme (anche se qualcosa è preannunciato già qui). insomma le cose stanno per cambiare, pian pianino. 
Spiegherò tutto nel prossimo capitolo così non mi perdo in spoiler (:
Baci. Viktoria.
 

  
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