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Autore: Lauretta Koizumi Reid    20/02/2014    3 recensioni
Giocano nel Prato. La bimba con i capelli scuri e gli occhi azzurri sta ballando. Il maschietto con i riccioli biondi e gli occhi grigi si sforza di starle dietro sulle gambe paffute che muovono i primi passi. Sono adorabili. Sono innocenti e divertenti. Ma non sono miei.
La loro mamma, una donna alta e paffuta, arriva prontamente e li prende per mano, lei a destra, lui a sinistra. E per la prima volta, da anni, vedo un’immagine che ho sempre oscurato e soffocato.
Ma ora lo so: voglio essere io quella donna.
Il viaggio di Katniss alla scoperta dell’avventura che ha sempre negato: la maternità.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stttrrrsplatch!

Il rumore del gel freddo a contatto con la pancia mi fa rabbrividire. Peeta accanto a me sorride.

Sono al quinto mese, e questa è forse l’unica ecografia che voglio davvero fare, specie perché è gratuita: non so se ci capirò qualcosa, ma dopo tutto questo tempo, in cui i segni della mia gravidanza erano solo le nausee, le voglie, e questa pancina che cominciava a sollevarsi, ho proprio voglia di vedere cosa si nasconde lì dentro. Ma stamattina dal nervoso non sono nemmeno riuscita a mangiare qualcosa, benché oramai le nausee siano passate da un bel pezzo.

Un rumore strano, come un galoppo di cavalli o un treno sui binari, mi distrae dalle mie riflessioni. La dottoressa, che grazie a Dio non è Petra, mi guarda e gira lo schermo del monitor.

- Questo è il cuoricino!

A dire il vero non vedo un accidenti in quel marasma confuso di grigi e bianchi su sfondo blu scuro. Sento solo questo rumore pazzesco.

- E’ normale che batta così forte? - chiedo. La dottoressa annuisce. Lavora ancora un po’ con quella sonda e poi gira di nuovo lo schermo.

Dio mio. E’ lì.

E’ proprio lì dentro, senza dubbio. Quello è un profilo di una testa, si vede tutto. Naso, bocca.

- Wow - mormora Peeta, senza aggiungere nient’altro.

Spendiamo un altro quarto d’ora, mentre la dottoressa si rassicura che tutti gli organi, esterni ed interni, siano al loro posto e siano sani. Questo suo silenzio mi tranquillizza.

- Be’, resta solo una cosa, a questo punto. Volete sapere il sesso del bambino?

Peeta e io ci guardiamo ed un solo pensiero ci attraversa la mente. Solo che non so se si tratta della stessa cosa. E’ evidente che lui smania per saperlo, mentre io potrei anche aspettare la sua nascita. Ciò nonostante, con tutto quello che ha passato, penso che sia un giusto regalo da fargli. Troppe sono le cose per cui devo la vita a Peeta. Troppe vite dovrei vivere per ricompensarle. E ora, questo sarà un modo. Dico di sì e l’espressione di Peeta diventa di colpo più felice e rilassata.

Secondi di attesa che mi uccidono.

- Femmina! -

Anche se non vorrei, i miei pensieri iniziano a correre e non posso fermarli. Vedo tutine rosa, bambole, elastici per capelli, gonne. Vedo la cameretta che abbiamo preparato riempirsi di tutto questo.

Poi vedo Prim. Vedo Rue.

In seguito il fuoco delle bombe. Una lancia dritta al cuore. Le lacrime iniziano a scendermi dagli occhi, copiosamente. Peeta cerca di arginarle con un fazzolettino perché sono distesa, riesco a muovermi poco e mi iniziano a bagnare dappertutto.

- Maledetti ormoni - sussurro, cercando di ridere. Finalmente servono a qualcosa, questi ormoni. Possono mascherare uno strano vuoto che si è creato dentro di me. Pensieri che non hanno senso e mi rattristano.

Ci alziamo dopo poco, mi ripulisco di tutto e dopo aver ringraziato la dottoressa, usciamo all’aria aperta.

- Come stai? - chiede Peeta.

- Bene. Bene. Un po’ confusa, forse. - dico.

- Anche io. Non so perché ma me lo aspettavo che fosse una bambina, sai? Me lo sentivo! - Peeta si bacia la mano, la batte sulla pancia e poi mi prende a braccetto. E’ l’entusiasmo fatta persona e in qualche modo è contagioso. Ritrovo il sorriso e con esso anche l’appetito. A poca distanza, un baracchino all’aperto frigge qualcosa di buono. Spiedini di agnello. Con una bella salsina sopra. Mmm.

- Ok, visto che non ho fatto colazione ora voglio quelli! - esclamo trascinandomelo per mano.

- Katniss... sono le undici e mezza del mattino. Non ti pare un po’ eccessiva quella roba? - risponde incredulo Peeta guardando l’orologio della piazza.

- Chi se ne importa. Sembrano buonissime!

- Ma... ma... ti ricordi cosa hanno detto sempre? Evita la carne che non è ben cotta! Ti fa male! E poi andiamo, ma hai visto in che condizioni igienico-sanit...

Gli tappo la bocca con una mano.

- Dimmi se vuoi che la bambina nasca con una voglia gigante color carne sulla faccia.

- Ah, quindi vorresti dire che è la bambina a volere l’agnello e non tu?

Non volevo dire questo, ma è un escamotage geniale. Fantastico, è la scusa che userò sempre, quando d’improvviso mi sveglio la notte e invece dell’acqua smanio per il thè freddo.

- Esattamente! Vogliamo farla soffrire, poverina?

Poco dopo, ho in mano uno spiedino unto e buonissimo che mangio con voracità.

- Vuoi? - domando.

- No grazie. Io ho ancora la colazione da smaltire.

 

 

E’ pomeriggio. Peeta è in negozio. La tv fa i capricci e non funziona.

Sono sola, tranquilla, con dei piatti da lavare. Canticchio qualcosa tra me e me per colmare il silenzio. Quando d’improvviso accade.

Sento qualcosa nel ventre, come se delle bolle si scontrassero tra di loro. Non è fame, ne’ mal di pancia, perché queste bolle non fanno il rumore tipico dello stomaco vuoto o della colite.

Mi accarezzo delicatamente e questa sensazione di bolle aumenta. E si diffonde.

Prima giù, poi su. A destra. Sinistra.

 

- Katniss! E’ ora!  La mamma si starà già preoccupando!

- Arrivo, papà! - urlo dal lago.

Sono piccola, nuda e felice.

Esco dall’acqua sguazzando lentamente, sollevando schiuma e bolle, facendomi trasportare dalla corrente, ascoltando il rumore delle onde, apprezzando le carezze bagnate del lago su di me.

- Eccolo qui il mio pesciolino!

Papà mi rincorre con l’asciugamano.

 

Inizio a respirare faticosamente.

Qualcuno nuota.

Continuo ad andare su e giù con la mano. E d’improvviso essa viene respinta da qualcosa di duro che cozza con delicatezza contro il mio palmo.

E’ lei. E’ lei. E’ lei.

E’ lei che nuota. E’ lei che si sta muovendo. Come tutti i bambini che resterebbero ore nella’acqua. Come me, da piccola.

E’ lei che per la prima volta sento dentro di me.

Non è una nausea, non è un immagine sullo schermo. E’ qui.

La testa, il piede, la schiena, qualcosa mi ha toccato la mano.

Soffoco un urlo dentro la maglietta. Poi due. Poi tre.

Ho a malapena la forza di chiamare.

- Pronto?

- Peeta...

- Katniss? Cosa succede?

- Vieni qui, per favore. Adesso! - l’ultima parola la urlo quanto basta.

 

Mi trova appoggiata al lavabo. Entra sbattendo la porta, con un viso più bianco che mai e ancora col grembiule da lavoro addosso.

- Katniss...?

Mi volto e lo tengo stretto, gettandogli le braccia al collo. Immediatamente le sue si portano all’altezza della schiena.

- Si è mossa, Peeta. La bambina si è mossa, e non la smetteva più.

Mi molla immediatamente.

- E tu mi hai fatto prendere uno spavento così per questo? Katniss, ma ti rendi conto che ho lasciato i clienti in negozio?

- E tu pensi ai clienti in questo momento?

- Ah, scusa! Sai, pensavo che mia moglie non mi facesse prendere un infarto solo perché la bambina che aspettiamo si è mossa dentro la pancia, cosa che normalmente dovrebbe far piacere, o sbaglio?

No che non sbaglia. Non pensavo che avrei accolto la sua prima manifestazione di vita così. Ci deve essere qualcosa di sbagliato in me. Perché ho reagito così? Perché ho questa coperta di paura addosso che mi soffoca?

Peeta legge il vuoto dei miei occhi e si siede. E’ incapace di lasciarmi perdere quando sto male, al diavolo tutti i clienti. La sua espressione è così gentile e preoccupata che per l’ennesima volta sento di non meritare tutto l’amore che mi dà. Lui vuole una spiegazione. E io gliela darò. Devo cercare di trovare la risposta, per me, per lui e anche... per lei.

- Quando ho scoperto che era femmina...ho pensato subito a Rue e a Prim...loro sono state più di quanto fossero. Prim è stata quasi una figlia per me, quando la mamma stava male, ho provveduto io a nutrirla,  a vestirla, a proteggerla. Mi sono offerta per lei agli Hunger Games. E Rue... Rue era un angelo. Più di un’alleata. Un’amica preziosa. Ma troppo piccolina per essere considerata una mia pari. Le volevo bene come una sorella, come Prim. E poi...

- Poi sono morte. - completa Peeta guardando in basso.

Io mi volto verso il campo di primule dietro casa.

- Ho paura, Peeta. Finché la bambina era nascosta, non c’era problema. Finché l’unica manifestazione della mia gravidanza fossero state le cose che conoscevo, tipo nausee, pancia gonfia, eccetera eccetera, potevo accettarlo. Ma ora si è mossa, ora so che è viva dentro di me! So che i bambini nella pance si spostano, certo - dico anticipando l’interruzione che Peeta sicuramente avrebbe fatto - ma non mi aspettavo che fosse così forte.

- E’ stato forte? -

Annuisco. Mi scappa un sorriso e poi ripiombo nell’oscurità.

- Morirà, Peeta.

- Non è vero - dice lui scuotendo la testa con decisione.

- Morirà, come tutte le persone che sono state accanto a me. Come tutte le bambine di cui mi sono presa cura con amore. Ogni volta che ho riposto speranze in loro, è finita male. Ho lottato per il futuro di mia sorella, ed è saltata in aria come un maledetto fuoco d’artificio! - urlo alla fine, battendo i pugni sul tavolo.

- Vorrei sperare ancora una volta, ma ho paura che ci lasci! Come faccio a sapere che non se ne andrà? Lo sai quante volte ho visto donne a casa mia perdere bambini? Scappavo senza dire una parola, ma non dimentico il sangue! Ho cercato di allontanarmi da questa idea, ma come faccio?

Peeta per la prima volta è senza parole. Non sa cosa dire ne’ cosa fare. Mi lascia piangere in silenzio. Questa è una cosa del tutto nuova anche per lui. Semplicemente mi abbraccia finché sono troppo stanca sia per parlare sia per lamentarmi.

- Katniss, ascolta... io non so cosa voglia dire portare qualcuno dentro, o perdere qualcuno a cui volevi bene come un figlio ma...so cosa vuole dire perdere e basta.

E’ vero. Non ci penso mai perché sono troppo egoista, ma anche Peeta ha perso qualcuno. Anzi, tutti! Madre, padre, i due fratelli. In un colpo. Ma coraggioso com’è, non lo dà mai a vedere.

- La vita di questa bambina è come quella di un’altra persona. Può vivere e morire come tutti. Non ha possibilità in più di morire solo perché sta dentro di te, anzi, ti ricordo che è arrivata quasi subito e che ormai siamo andati molto avanti con la gravidanza. Vuoi che ti risponda se lei vivrà? La risposta è non lo so. Ma non si può vivere ogni giorno con il pensiero della morte, non avrebbe senso. Abbiamo lottato anni per liberarci di questo...Katniss... ogni volta che la senti, non pensare a quelli che sono morti. Pensa a chi è sopravvissuto e si è imposto anche quando le possibilità erano zero. Fallo ogni volta. Finché i suoi movimenti ti daranno ansia e non gioia. Va bene?

Penso a dove sarei ora, senza Peeta.

Rinchiusa da qualche parte, in un manicomio, o già seppellita per la disperazione. Vorrei sapere come fa a prendere tutta la mia rabbia, la mie paure , le mie ossessioni e chiuderle in un cassetto. Poi lo so. Perché il dente di leone ha sconfitto Capitol City e la guerra più di quanto abbiano fatto tutti. Si è imposto su chi voleva obnubilargli ogni cosa, dall’amore alle idee, dai ricordi alle speranze, usando veleni e torture. Ma lui ha preso tutto e con fatica li ha chiusi dentro un cassetto che non apre più da anni e che lentamente si sta svuotando.


Sono più serena, ora. Finisco di lavare i piatti mentre Peeta mi saluta da fuori correndo verso il negozio. Avrà delle grane, poverino.

Ancora poche ore e sarà di nuovo qui. Il sole del pomeriggio illumina tutto, e incredibile a dirsi, spero di sentire al più presto quel caos di bolle e di calci, a ricordarmi che spesso speranza e paura abitano nello stesso luogo, e che io devo accettarlo.

Per me e per la mia bambina. 

  
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