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Autore: Saeko Nogami    20/02/2014    3 recensioni
Quando tua sorella minore porta il tuo stesso nome, ma in versione più figa ed esotica, è praticamente impossibile che non nascano delle rivalità. Specialmente se quella mocciosa riesce a fare tutto prima di te e i tuoi genitori non riescono proprio a non fartelo pesare. E quando la piccola Coraline annuncia il suo matrimonio, Caroline non può far altro se non ricorrere a misure drastiche.
Tutti nella vita cerchiamo qualcosa. Caroline, cerca solamente il modo di primeggiare una volta per tutte su sua sorella. O forse no?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ricordate che, giusto pochi mesi fa, ero convinta che il ragazzo di Coral fosse il tipo più carino sulla faccia della terra? Ecco, cancellate tutto. Ho appena trovato Paride. Ma andiamo con ordine.

Siamo in aereo. Rigorosamente prima classe, ovviamente. E dico "siamo", perché con me c'è Nicholas Grey, il mio Paride personale e gigolò di professione.

Tre giorni fa io e le ragazze abbiamo bevuto un po' più del dovuto e abbiamo avuto la brillante idea di affittare un uomo per due settimane. Sapete, no? Per accompagnarmi nella bocca dell'inferno. Ed ecco. Due mattine fa Nick Grey mi si presenta a casa, accettando un'ingaggio che non sono stata io a proporgli. Infatti, è stata Angie a mandargli la mail. Ma questo meglio non dirlo. O forse sì? Fatto sta che quest'uomo, ora seduto al mio fianco, mi sta costando quanto una macchina nuova. E la cosa peggiore è che non riesco a immaginare un modo migliore per spendere questi soldi. Per essere figo, lo è. Anche molto più del futuro marito di quell'arpia. Se questi dodicimila dollari riescono a farmi vincere una volta per tutte su Coral, direi che sono proprio a cavallo: i soldi meglio spesi della mia vita. Sospiro, guardandolo.

«Allora, ripassiamo ancora una volta la storia» Esordisco, con fare padronale.

Lui alza gli occhi al cielo. «Sei una maniaca del controllo, vero?»

Cosa? «No che non lo sono» Ribatto con tono offeso. Ma cosa dice, questo? E come se non bastasse, non sta ripassando come gli ho detto di fare.

«Caroline, è la quarta volta in due ore che mi stai facendo ripassare la storia che hai archittettato nei minimi particolari. Questa è mania del controllo, sai?» Mi parla come si farebbe a una bambina.

«Sei un accompagnatore o uno psichiatra? Non ho nessune manie del controllo. Oh, hai un pelucchio» Mi acciglio, togliendoglielo dalla manica della giacca.

Lui mi lascia fare, guardandomi eloquente.

Oh, piantiamola. Non sono una maniaca del controllo, okay?

«Come ci siamo conosciuti?» Gli chiedo per cambiare discorso. O meglio, per tornare all'argomento di conversazione iniziale.

Lui alza gli occhi al cielo. Certo che per essere uno che pago fior fior di quattrini, potrebbe anche comportarsi più educatamente. Attacca a parlare come se recitasse una filastrocca. «Tu eri sul ponte di Brooklyn ad osservare il fiume ed io ho pensato che ti stessi per suicidare, così ho gridato: "Se ti butti tu, mi butto anch'io!". Poi abbiamo riso dell'equivoco e ti ho invitata a bere qualcosa» Sbuffa sonoramente. «Caroline, questa storia mi sembra più ridicola ogni volta che la ripeto. Chi vuoi che ci creda?»

Come ridicola? «Ma non è affatto ridicola!» Anzi, è molto romantica, a dirla tutta. E poi, se ha funzionato per Titanic, perché mai non dovrebbe funzionare per noi?

«Come vuoi» Cede lui, alzando le mani in segno di resa.

Potrei giurare d'averlo sentito borbottare "maniaca del controllo".

Calmati, Carol. Dovrai sopportare questi suoi modi di fare solo per due settimane. Non è molto tempo, no? Oddio, speriamo non si comporti così anche davanti agli altri. Non vorrei dovermi vergognare anche di quest'ultimo. Però è davvero tanto bello. E, si sa, uno non può essere sia bello, sia intelligente, colto, educato e tutte queste belle qualità. Magari dovrei solo dirgli di stare zitto, sorridere e annuire con aria intelligente. Sì, penso proprio che questa sia un'ottima linea di condotta.

«Sai cosa?» Attacco. Aspetto che lui mi guardi, per poi riprendere a parlare. «Forse dovresti semplicemente tacere. L'uomo taciturno è sempre sexy e così evitiamo strafalcioni» Dico, annuendo convinta alle mie stesse parole.

Lui alza un sopracciglio. «Come preferisci» Mi risponde dopo un attimo di silenzio.

Ah, perfetto. Ora mi sento molto più tranquilla. Lui starà zitto, racconterò tutto io e così sono anche sicura che non mi faccia fare figuracce.

Allora, Carol, ripassiamo la storia.

Ci siamo conosciuti sul ponte di Brooklyn e fin qui ci siamo. Poi. Lui è un famoso grafico pubblicitario. Penso sia un lavoro perfetto: nel caso non sapessimo cosa dire o ci facessero qualche domanda particolare, possiamo sempre mandare in fretta un messaggio a Sheila e lei ci risolve tutti i problemi. Ha trentadue anni, e questo è vero. Ed è un figo da paura. Anche questo è vero. Non ho deciso, però, quanto guadagna all'anno. Dovrei mandare un messaggio a Sheila e chiederle quanto prende.

Promemoria: ricordarsi di farlo non appena scendiamo dall'aereo.

«Siamo quasi arrivati» Annuncia Nick, subito seguito dall'annuncio del pilota, che ci chiede di allacciare le cinture perché stiamo per atterrare.

Come ha fatto a saperlo in anticipo? Lo osservo affascinata.

E' un tipo particolare, credo. Quand'è venuto a casa nostra due giorni fa, era tutto moine e modi di fare da galantuomo. E' diventato così... antipatico? Strafottente. Così strafottente da questa mattina. Mi domando quale delle due sia la sua vera natura: il ragazzino antipatico che non perde occasione per rispondere male e alzare gli occhi al cielo, oppure l'uomo di altri tempi che era piombato a casa mia alle sette del mattino.

Socchiudo gli occhi durante la discesa dell'aereo. Mi è sempre piaciuta questa sensazione di vuoto che mi si crea nello stomaco. E' come se svanissero i sedili e il confortante veicolo alato che mi protegge, e fossi in caduta libera. E' un modo per scaricare la tensione. Forse dovrei darmi al paracadutismo. Però non è uno sport in cui puoi permetterti di sbagliare. Voglio dire: sbagli una volta e hai chiuso. Per sempre.

Stringo le mani sui braccioli del sedile giusto un istante prima di toccare il suolo. Ogni volta mi sembra che stiamo per schiantarci. Non ti accorgi di quanto voli veloce un aeroplano fintanto che non lo senti atterrare.

Non molto tempo dopo, siamo all'uscita dell'aeroporto, alla ricerca di un taxi. Nick sta portando tutte le valigie. Ha insistito tanto per portarle lui. E chi sono io per impedirgli di alleggerirmi la vita? Appunto.

Riusciamo a trovarne uno libero ed entro nell'abitacolo mentre i due uomini cercano di sistemare le valigie nel portabagagli.

Ero arrivata a New York con solo una borsa e torno a casa con tre valigie stracolme. Lo shopping di Angie ha certamente dato i suoi frutti.

Gli uomini hanno concluso e risalgono in macchina, Nick al mio fianco.

«Allora, dove vi porto, ragazzi?» Chi chiede il tassista, incrociando il mio sguardo nello specchietto retrovisore.

Gli indico la destinazione e partiamo dolcemente. Osservo le strade della mia amata Niceview Valley, mentre sfrecciamo di fronte varie villette di periferia. Questa città è talmente diversa da New York, talmente caotica e viva. Qui a Niceview si è più tranquilli, più pacifici.

Non faccio neppure in tempo a finire di formulare il pensiero, che il tassista imbocca una curva ad alta velocità, mandandomi a sbattere contro il finestrino.

«Allacciati la cintura» Mormora Nick al mio fianco, facendo altrettanto. Ha l'aria seria ed è sbiancato. Mi vien da ridere, ma mi trattengo.

Eseguo, proprio mentre il conducente fa un'altra curva brusca.

Ma chi gli ha insegnato a guidare a questo, Topolino? E, soprattutto, chi gli ha dato la licenza per guidare un taxi? Ci vuole uccidere tutti!

Deglutisco, domandandomi se sia il caso di chiedergli di andare più piano.

Lancio uno sguardo a Nick e scoppio a ridere.

«Ma che hai fatto ai capelli?» Gli rido in faccia, notando che la sua perfetta chioma bionda laccata è diventata tutta scompigliata. Ha letteralmente i capelli dritti dallo spavento.

Lui si acciglia un momento e mi fissa negli occhi, con l'aria di chi vorrebbe specchiarcisi. Narcisista che non è altro. Alla fine allunga la testa e si guarda nello specchietto del guidatore, per poi fare una smorfia contrariata. Tira fuori dal nulla un pettine e si pettina i capelli all'indietro. Molto in stile Grease. Quand'ha finito, nasconde nuovamente il pettine nel nulla e mi guarda. «Meglio?»

Annuisco, un po' tramortita. Mi sembra d'essere finita in un cartone animato. Sorrido tirata e torno a guardare fuori dal finestrino.

Oddio, ma che è successo? Mi porto una mano al petto, sentendo il cuore che rimbomba forte. Eppure non è successo proprio nulla.

Cuore, datti una calmata, eh. Non è successo niente di che.

Sarà stato quel "meglio" di Nick? L'ha detto con una voce talmente suadente che per un attimo lo stomaco m'è salito in gola. Mi mordicchio il labbro pensierosa, ma l'ennesima prova della capacità di guida del nostro tassista mi fa stringere i denti troppo forte e sento il sapore metallico del sangue.

Ora lo uccido.

«Può andare più piano, per favore?» Sbotto alla fine, incrociando il suo sguardo nello specchietto.

Lui fa spallucce e un sorriso. Che avrà mai da sorridere? «Come preferisce, signorina» E rallenta notevolmente. Quasi a passo d'uomo. Sì, però che esagerato. Non intendevo mica d'andare così piano, su!

Meglio di prima, comunque. Almeno non sono sbatacchiata da una parte all'altra della macchina.

Sospiro, tornando a posare lo sguardo sul paesaggio alla mia sinistra.

«Senti, stavo pensando...» Torno a dire a Nick. Non so da quanto tempo sto zitta, ma m'è venuta un'idea geniale che devo assolutamente condividere.

Lui fa un gran respiro, come per calmarsi. «Sentiamo» Dice solo, rassegnato.

Certo che, però, se fa così mi fa passar la voglia di parlare. E ora la mia idea geniale mi sembra anche un po' stupida. Dai, Carol, ormai hai parlato. Fatti coraggio ed esponi la tua idea! «Forse dovremmo chiamarci "Tesoro"» Tentenno, sentendomi immediatamente una completa idiota. Perché mi fa questo effetto?

Lui mi lancia uno sguardo scettico, inarcando un sopracciglio. Ma come diavolo fa ad inarcare un solo sopracciglio? E perché io non ci riesco? «Tesoro» Commenta, ironico.

Sì, "Tesoro". Cosa c'è di male? «E' un nomignolo affettuoso, i fidanzati lo usano e noi dobbiamo fingerci fidanzati...»

«Non se ne parla proprio» Conclude il discorso, accantonandolo con un gesto della mano.

Che vuol dire "Non se ne parla proprio"? «Guarda che io ti sto pagando» Gli sibilo, lanciando un'occhiata inceneritrice al tassista, che a quanto pare non conosce il significato della parola "Privacy". «Tecnicamente, ancora non ho visto un soldo. E poi non mi paghi abbastanza per chiamarti Tesoro. Inoltre, mi pareva di aver stabilito che non si sarebbe fatto nulla di "moralmente ripugnante"» Annuisce convinto alle sue stesse parole.

Moralmente ripugnante? Semplicemente chiamare la tua ragazza "Tesoro"? «Come fai a parlare di moralità? Fai sesso per soldi!» Sbotto, a voce un po' troppo alta e il tassista ci lancia uno sguardo dallo specchietto retrovisore.

Oddio, non l'ho detto ad alta voce. Ti prego, fa' che l'ho solo pensato. Ti prego, ti prego, ti prego...

«E nessuna di loro la chiamo "Tesoro"» Ribatte Nick senza scomporsi.

L'avevo detto ad alta voce. Dio, si può sapere cosa ti ho fatto oggi? Perché mi torturi così?

Mi volto di nuovo verso il finestrino e passiamo il resto del viaggio in silenzio. Dopo la mia gigantesca gaffe, mi stupisco che Nick non abbia fatto marcia indietro e non mi abbia mollato da sola ad affrontare questo stupido matrimonio.

Certo, in teoria non può farlo, visto che lo pago. Anche se tecnicamente ancora non l'ho fatto. Però lo pagherò. E anche profumatamente. E' anche vero che questo non significa, però, che posso trattarlo male, no? Dovrei ringraziarlo per essere rimasto ancora qui. Oppure no? Forse dovrei solo far finta di niente? Oddio, che casino!

Nessuno ha mai scritto il libro "Bon ton per i prostituti"? Quale diavolo è il codice di comportamento per una persona che stai pagando per la sua compagnia?

«221b di Baker Street, signori» Annuncia il tassista, rallentando fino a fermarsi. Siamo arrivati.

Subito vengo colta dal panico e sento come se mi mancasse l'aria.

Non vedo la mia famiglia da quando li ho mandati tutti al diavolo, tre mesi fa. Come ci accoglieranno? Faranno finta di niente? Me lo rinfacceranno? Mi diranno di cercarci un albergo?

Suvvia, Carol, non essere ridicola. T'hanno invitato loro, non possono certo mandarti in un albergo!

Già. Ho ragione. Non possono mandarmi in albergo, mi hanno invitato loro. Faccio un bel respiro profondo e mi slaccio la cintura di sicurezza.

Mi accorgo solo ora che Nick è già sceso e ha già scaricato i bagagli. Ma come fa ad essere così efficiente? Non ha paura? Eh, no che non ha paura. Lui è abituato. E' il suo lavoro. Cavolo, la vorrei anch'io tutta quella calma.

Come scendo dal Taxi, l'autista risale, mi saluta e riparte in tutta fretta. Be'? Se n'è andato senza farsi pagare?

Mi volto verso Nick, che mi sta osservando, contornato dalle mie valigie. «E i soldi non li voleva?»

«Ancora non ho conosciuto qualcuno che lavori gratis» Mi risponde, guardandomi come se fossi un'aliena.

«Ma non l'ho pagato...» Mormoro, sentendomi una stupida a sottolineare l'ovvio.

Nick si carica le valigie tra spalle e braccia e si lancia un'occhiata attorno. «Ovviamente l'ho fatto io. Che uomo sarei se lasciassi pagare la dama?» Nel suo tono non c'è alcuna traccia di umorismo o sarcasmo. In questo momento ha un'aria talmente pura da far tenerezza. «Allora» Riprende, alzando il tono di voce e impregnandola di finta euforia. «E' quella?» Mi domanda, indicandomi la villa di fronte a noi.

Sospiro e annuisco, mentre gli faccio strada verso la porta d'ingresso. «Ah, Nick?» Lo chiamo, quando sono di fronte la porta.

Lui mi raggiunge e poggia i bagagli ai nostri piedi. «Sì?»

«Sai quelle famiglie odiose e un po' fuori di testa di cui ti vergogni, ma "gli vuoi bene lo stesso perché sono la tua famiglia"?» Gli faccio, mentre sento già il cuore galoppare per l'apprensione. Lui annuisce inarcando le sopracciglia. Faccio un bel respiro profondo, socchiudendo gli occhi. Poi torno a fissare lui. «Bene. La mia non è una di quelle: sono odiosi. Sul serio» Lo metto in guardia, ma sembra non prendermi seriamente.

Infatti scoppia a ridere, mentre pigia il dito sul campanello.

Non avremmo dovuto comprarci lo zerbino con su scritto "Welcome". Piuttosto avremmo dovuto farci scrivere "Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate". Mi avvicino quasi inconsciamente di più a Nick, mentre sento i passi avvicinarsi alla porta.

Benvenuti alla bocca dell'inferno. 

  
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