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Autore: Phoenix97    20/02/2014    0 recensioni
La storia di un ragazzo e di una situazione avversa. Di una storia passata sconosciuta agli altri e di un nuovo modo di andare avanti che non fa per lui.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le 23:00. Passeggiava, da solo, al molo. La testa pesava, ma lui era finalmente solo, poteva pensare. Poteva ricordare, mentre in città lo cercavano. Mentre si scatenava l’inferno. Mentre tutti parlavano di lui.
Luke, questo era il suo nome, era un ragazzo tranquillo e solitario. Un ragazzo come tanti. Aveva 20 anni, stava da poco all’università. Si sedette al molo a gustarsi quegli ultimi momenti di pace. Era vicinissimo all’acqua, c’era un solo piccolo lampione a spezzare quel buio, si vedeva poco. Ma a lui andava bene.
“Bene, e adesso?” pensò. “Non ci capisco più nulla, è andato tutto troppo avanti, e io sono rimasto indietro.”  Era confuso. In pochi giorni gli erano capitate tante cose. Pensò al passato. “Come ci sono arrivato qui?”

2 GIORNI PRIMA
“Hey Luke, ciao! Ti ricordi di me?”. A parlare era Marisa, una vecchia compagna di liceo di Luke. Anche lei si era da poco iscritta all’università. Erano nella stessa facoltà. Ma lui non fu contento di vederla, per i 5 anni del liceo non le era mai andata a genio, ma non gliel’aveva mai voluto dire. Si limitò a rispondere con un: “Hey, ciao Marisa! Anche tu qui?”. La risposta arrivò schietta: “Se sono qui è perché mi sono iscritta!”. Lui non volle nemmeno risponderle, ed entrò in facoltà. Non fece nemmeno caso a Marisa, come non fece caso a tutti gli altri. Era stanco di tutto e di tutti. E come dargli torto? Dopo quello che gli era successo era più che normale. Ma è ancora presto, ci arriveremo. La giornata scorse normalmente. Arrivò la sera e si illuminò il telefono di Luke, era Marisa. “Hey, mi ha fatto piacere incontrarci oggi. Ti va di vederci?”. Lui ne restò abbastanza shockato, non si aspettava un messaggio simile. Ma comunque non gli interessava di quella ragazza, non le era mai piaciuta e un messaggio del genere non l’avrebbe fatto ricredere. Così posò il telefono e si mise a dormire.

IL GIORNO DOPO
Luke incontrò di nuovo Marisa all’entrata e lei, arrabbiata, lo guardò e gli gridò.
Marisa: “Perché ieri non hai risposto?!”
Luke: “Perché avrei dovuto?”
Marisa: “Perché è ovvio che mi interessi!”
Luke: “E quindi?”
Marisa: “E quindi cosa? Ti sembra modo di rispondere?!”
Luke: “Ad una come te, sì. Non mi interessi, non voglio avere a che fare con te. Non mi sei mai piaciuta e mai mi piacerai.”
Furono parole crude, ma Luke sfogò mesi di silenzi in quelle poche parole. Marisa sembrò quasi fregarsene. Andarono a lezione e finì lì. Tornato a casa però Luke si dispiacque molto per quelle parole, sapeva che non era davvero interessata a lui e che, per lei, sarebbe stato solo un modo per passare il tempo, ma la sua coscienza era più forte di lui e gli fece credere che lei ci fosse rimasta malissimo. Così, quel pomeriggio, si presentò nella stanza che aveva in affitto e bussò alla sua porta. Lei aprì e lui stava per scusarsi. Non ebbe nemmeno il tempo di dire “Scusami” che lei lo prese e lo baciò. A Luke non piacque, ma non voleva sbagliare di nuovo, e fece finta di niente. Negli occhi di Marisa si vedeva la malizia e il desiderio di divertirsi, aveva degli occhi malvagi e sospetti, e Luke li vide, ma fece finta di non vederli. Lei gli chiese un appuntamento per quella sera e lui fu costretto dalla sua mente ad accettare, anche se non voleva vederla nemmeno in fotografia, anche se il solo pensiero di quella ragazza lo disgustava. Ma, comunque, decise di darle questa possibilità.

QUELLA SERA
Lui andò a prenderla in macchina. Lei entrò, vestita elegante, scollata e attillata. Era bassa, mora e di colorito chiaro, coi capelli corti e alzati e due tacchi altissimi. A Luke sembrò quasi una prostituta, ma non disse niente. Andarono a mangiare fuori e lei rise e scherzò molto, come solo un’ipocrita sapeva fare, e lui finse vari sorrisi, nonostante i suoi occhi fossero spenti come un pezzo di legno arso dal fuoco e ormai diventato cenere. Ma ovviamente lei non sapeva leggere gli occhi, e anche se avesse potuto non avrebbe dato molto peso alla cosa. Si incamminarono verso il parcheggio, era buio ed era tardi, non c’era più nessuno, eccetto loro. Luke odiava guidare, così Marisa si mise al posto del conducente e iniziò a guidare per tutto il parcheggio accelerando e frenando bruscamente, perché “le sembrava divertente”. Luke la fermò, tirò il freno a mano e scambiò con lei il posto.
Luke: “Cosa ti salta in mente?!”
Marisa: “Dai, è tanto per, vuoi dire che non ti diverti?”
Luke: “No.”
Marisa: “Che vogliamo fare?”
Luke lo vide, aveva gli occhi di una che voleva passare una notte di fuoco, ma non di quelle di una coppia, fatte per amore, ma una semplice notte di passione senza sentimenti. E a Luke queste cose non piacevano. Così lei si limitò a dire: “Portami a casa”. Lui la accompagnò a casa sua e lei, con voce dolce, chiese: “Resteresti qui per 10 minuti?”. Un po’ per la stanchezza un po’ per tutto Luke decise di fermarsi, era così stanco che non capiva se stesse dicendo sul serio o volesse arrivare ad altro. Dopo che entrò fu la sua rovina. Lei stappò una bottiglia di vino e, un sorso alla volta, dopo qualche bottiglia di troppo, si ubriacarono entrambi. Luke non capiva più nulla e, improvvisamente, tutto si fece buio.

IL MATTINO DOPO
Improvvisamente erano le 6 del mattino e lui era nel letto di Marisa, con lei avvinghiata al petto, nuda. Si alzò di scatto e sentì un forte mal di testa. Lei si svegliò e sorrise in modo malizioso. Lui capì e subito e andò via da quella casa, rivestendosi velocemente. Lei, arrabbiata, chiese spiegazioni. Luke non disse nulla, uscì e sbattette la porta. Quel giorno non si presentò a lezione, al contrario di Marisa. Lei, appena non lo vide, iniziò a gridare arrabbiata, a parlar male di lui ad alta voce inventando storie sul suo conto, dicendo che si era approfittata di lei mentre non era in grado di capire nulla. La voce si sparse in fretta e, velocemente, fiorirono tante storie sul conto di Luke, che lo dipingevano una volta che un ubriacone, una come approfittatore, una come stupratore maniaco. Senza contare le migliaia di varianti diverse. Quel pomeriggio lui seppe di tutto questo, prese la macchina e andò via. Ma dietro vide un veicolo familiare, era l’auto di Marisa che lo seguiva. Così lui si fermò e accostò, entrambi scesero e parlarono. Lui le disse contro molte parole e lei non si tirò indietro, fu una scenata esagerata che fece accorrere molte persone. Dopo un po’ Luke capì che era inutile e che per l’opinione pubblica era lui il cattivo. Così prese la macchina e andò via, nella città dove vivevano i suoi genitori. Tornò a casa e spiegò tutto ai suoi, che capirono subito la situazione e lo consolarono. Lui si alzò da tavola, erano le 22:00. Disse soltanto: “Vado a fare una passeggiata al molo”.
Erano le 23:00. Passeggiava, da solo, al molo. La testa pesava, ma lui era finalmente solo, poteva pensare. Poteva ricordare, mentre in città lo cercavano. Mentre si scatenava l’inferno. Mentre tutti parlavano di lui. Si sedette al molo a gustarsi quegli ultimi momenti di pace. Era vicinissimo all’acqua, c’era un solo piccolo lampione a spezzare quel buio, si vedeva poco. Ma a lui andava bene.
“Bene, e adesso?” pensò. “Non ci capisco più nulla, è andato tutto troppo avanti, e io sono rimasto indietro.”  Era confuso. In pochi giorni gli erano capitate tante cose. Pensò al passato. “Come ci sono arrivato qui?”. Arrivò una persona a lui familiare a quel molo, scese da una macchina che lui conosceva bene. Era sua madre che, preoccupata, andò al molo a vedere se andasse tutto bene.
Madre: Hey, come va?
Luke: Non lo so…
Madre: Cos’è successo?
Luke: Lo sai.
Madre: Non è vero, sappiamo entrambi che non è questa situazione a farti stare così. Cos’hai dentro?
Luke: Non sono più in grado di amare.
Madre: Clara?
Luke: Clara.
Madre:
Luke: Quando stavo con Clara stavo così bene.. Eravamo così vicini, così simili.. Quanto ho amato quella ragazza..
Madre: La ami ancora.
Luke: Già…
Madre: Devi fartene una ragione. La tua vita deve andare avanti anche senza di lei
Luke: Mamma, non è la stessa cosa. Qualsiasi persona io possa incontrare non sarà mai come Clara. Lei era stupenda, lei era la cosa migliore che mi fosse mai capitata, e guarda cosa le è successo! E questo perché? Perché non sono stato in grado di fare niente!
Madre: Non è colpa tua, tu hai fatto il possibile…
Luke: Non è stato abbastanza.
Madre: Ovunque sia adesso, lei ti ama ancora
Luke non disse nemmeno una parola, sua madre nemmeno. Restarono qualche momento in silenzio, entrambi, abbracciati al molo, l’unica cosa che si sentiva era il rumore delle onde. Luke si mise a pensare ai progetti che aveva in mente con quella ragazza, con colei che aveva amato con tutto il suo cuore. Passò qualche minuto e quella quiete venne interrotta dal ragazzo.
Luke: Mamma?
Madre: Dimmi
Luke: Mi manca Clara…
 
  
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