Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: _Trixie_    20/02/2014    8 recensioni
Quando un cuore si spezza, il mondo crolla lentamente in mille, piccoli pezzi, che non sei più in grado di mettere insieme.
Quando un cuore si spezza, non c’è nulla, che possa aiutarti a sopravvivere.
Quando un cuore si spezza, ogni speranza scivola via, lasciandoti impotente e sconfitta.
Ma, forse, quando un cuore si spezza, hai solo bisogno di ritrovarne l’altra metà, anche se questo dovesse significare attraversare quella sottile linea che divide la vita dalla morte.
[SwanQueen, lievi lievi spoiler terza stagione, seguito di “Quattro volte in cui Emma e Regina furono felici e la quinta in cui non lo furono”].
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Daniel, Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
XI. Cuori in frantumi
 
 

Regina non pensava più a nulla. C’era furia, nel suo cuore, furia cieca che la divorava dall’interno, annebbiandole i sensi e isolandola dal mondo intero.
Conosceva bene quella rabbia che le ribolliva nell’animo, perché l’aveva già provata, una notte di molti anni fa, stringendo tra le braccia il corpo senza vita di Daniel.
Ma Regina sapeva che le cose erano cambiate da allora. Non era più impotente, non era più la giovane e innocente ragazzina terrorizzata dalla propria madre. Era cambiata, era cresciuta.
E aveva imparato a controllare la rabbia, a plasmarla. Aveva imparato a trasformarla in potere e a proteggere le persone che amava. Emma era in pericolo e lei poteva salvarla.
Regina, ancora sdraiata a terra, alzò gli occhi su Euridice, la figura aggraziata che la sovrastava, e sorrise nella sua direzione.
A Regina era mancato quel sorriso, quello che aveva riservato alle sue vittime, l’ultima e degna immagine di un mondo incantevole, ma terrificante.
Una sfera di fuoco iniziò a vorticare sul palmo della sua mano, diventando sempre più grande.
Euridice alzò un sopracciglio e rise, lo scherno che riecheggiava nella sua voce.
«Lo sai che qui la magia funziona diversamente, Regina».
La ragazza dalla veste verde venne scagliata improvvisamente all’indietro, il viso distorto dalla sorpresa e dalla collera, il corpo dolorante e la pelle delicata ustionata in più punti.
Regina non aveva urlato quando l’effetto del suo stesso incantesimo, la sfera di fuoco che aveva lanciato contro Euridice, si ripercosse su di lei, mandandola nuovamente a sbattere contro la
corteccia dell’albero alle proprie spalle.
L’odore di bruciato era insopportabile, così come il dolore che si era diffuso nel suo corpo e che l’urlo disperato di Emma non faceva altro che acuire.
A Regina servì qualche secondo per capire che in realtà Emma non stava urlando per una sofferenza diretta, ma a causa sua. Aprì gli occhi, lentamente, cercando la figura della ragazza e provò a sorriderle. Stava bene, davvero, se Euridice provava la stessa sofferenza.
«Regina!» riuscì a distinguere tra i singhiozzi cui si era ridotta la voce di Emma.
Delle mani forti e calde afferrarono il corpo del sindaco per le spalle.
«Regina? Regina?»
Questa era una voce diversa, questa era la voce di Daniel.
«Cosa le hai fatto? Cosa le hai fatto?» si mise ad urlare l’uomo, probabilmente rivolto ad Euridice.
La donna dalla veste verde sembrava stremata, il suo corpo tremava, mentre passava una mano lungo il proprio petto, sulle braccia, sulle gambe, guarendo le ferite che l’incantesimo di Regina aveva provocato. Mentre la pelle di Euridice tornava al suo antico splendore, sembrava che la donna riacquistasse le proprie forze.
Il sindaco si liberò della presa di Daniel malamente, mettendosi a sedere.
Faceva male, molto male. Il suo intero corpo urlava, ma Regina non rinunciava, in nessun caso e in nessun modo, mai e a niente.
Regina voleva sempre avere tutto perché lei sapeva di poterlo avere. Era una questione di volontà, di determinazione, di scaltrezza, null’altro.
Non si trattava di essere il più forte, il più intelligente o il più fortunato, affatto, e questo Regina lo sapeva benissimo. Si trattava solo di volerlo, volerlo davvero, e combattere per l’oggetto dei tuoi desideri.
Regina lo sapeva, in una parte nascosta del suo cuore, di non aver mai rinunciato a Daniel. E come avrebbe potuto? Aveva maledetto una città intera in suo nome, aveva toccato il fondo, per lui, riducendosi ad essere l’ombra sbiadita della giovane ragazza che era stata un tempo, piena di speranze e promesse per il futuro.
No, lei non aveva mai rinunciato davvero a Daniel.
E poi era arrivata Emma.
La Bambina Sperduta, l’Orfana, la girovaga, la signorina Swan, lo sceriffo Swan, l’altra madre di Henry, la figlia di Biancaneve e del Principe, il frutto del Vero Amore, la Salvatrice, il Cavaliere Bianco, l’ex-fidanzata di Neal, la ragazza in grado di far capitolare un Don Giovanni come Uncino.
Emma Swan era stata e continuava ad essere molte cose e, probabilmente, sarebbe stata altro l’indomani.
Ma Regina sapeva, con assoluta certezza, cosa Emma sarebbe sempre stata. Il suo Vero Amore.
Cercando con il proprio sguardo quegli occhi chiari - così trasparenti e sinceri, così limpidi da farla sentire costantemente un gradino più in basso rispetto a Emma - Regina sapeva che non sarebbe mai riuscita a rinunciare a lei.
E per quanto romantico potesse sembrare, Regina sapeva che non si trattava solo di amore, ma anche del proprio egoismo.
Orfeo e Euridice avevano ragione. Lei non aveva mai avuto possibilità di scelta, mai, in tutta la sua vita, erano sempre stati gli altri a scegliere per lei. E Regina non poteva fare altro che prendere atto di quella scelta avversa e combatterla, stravolgerla, sacrificando spesso più di quanto riuscisse infine a guadagnare.
Questa volta, Regina non aveva dubbi, avrebbe fatto la scelta giusta.
Avrebbe scelto Emma, la strada più difficile e tortuosa, quella che nascondeva il maggior numero di sorprese e di trabocchetti. Avrebbe scelto Emma, quell’uragano di ragazza che suo figlio le aveva consegnato in una fredda sera d’autunno, avvolta in una semplice giacca di pelle rossa.
Avrebbe scelto Emma, la figlia di una donna che non riusciva ancora a perdonare fino in fondo per quello che le aveva fatto, e l’avrebbe resa felice. E Regina lo sapeva, essendo lei stessa madre, che dedicare la propria vita a Emma sarebbe stato il dono più grande che potesse fare a Biancaneve.
 
Emma non riusciva a pensare ad altro se non al modo di riportare a casa Regina.
E Emma sapeva che non avrebbe mai nemmeno dovuto pensare di ricorrere, di nuovo, a quella soluzione, e che probabilmente Regina le avrebbe dato della pazza, dell’idiota e Dio solo sa quali altri insulti avrebbe inventato quella donna appositamente per lei.
Ma Emma, davvero, non sapeva cos’altro fare, legata a quell’albero, costretta a sopportare la vista del corpo di Regina coperto di scottature e graffi, i vestiti laceri, il volto stravolto dal dolore e della rabbia.
Leggeva distintamente negli occhi scuri della donna l’ira che stava divorando Regina.
Non poteva lasciare che intraprendesse di nuovo quella strada.
Le parole si dispiegavano leggere nella sua mente e lei le rincorreva ad una ad una, recitandole con attenzione, come le aveva raccomandato Gold prima di bere la pozione del Sonno.
Emma non era nemmeno sicura che avrebbe funzionato, ma doveva provarci.
 
Euridice rise di nuovo quando Regina si alzò in piedi.
«Scegli Daniel e sarai di nuovo felice».
Gli occhi di Regina erano pieni di lacrime, ma questa volta non erano dovute alle controindicazione dell’incantesimo che aveva usato su Euridice.
Emma non parlava più, non diceva più nulla, si limitava a fissare Regina con intensità, uno sguardo concentrato stampato in volto, come se stesse provando a ricordare qualcosa.
Regina pensò che non avesse più le forze per combattere.
Ma non c’era più alcun bisogno che Emma combattesse per lei, per loro. Questa volta, sarebbe stata Regina a reagire.
Tra poco ti porterò a casa, Emma, pensò, legando il proprio sguardo a quello della ragazza, sperando che potesse capirla. Un ultimo addio e saremo a casa, te lo prometto.
 
Daniel, qualche metro dietro Regina, sembrava combattuto tra due diversi impulsi, mentre si avvicinava a lei.
Mise una mano sulla spalla della donna, stringendola appena.
«Scegli me, ti prego. Possiamo essere felici, avere la famiglia che abbiamo sempre sognato. Ti prego, Regina. Ti amo».
Non c’era traccia di rancore nella sua voce, né di rabbia. C’era una richiesta, una supplica che Regina trovò difficile allontanare. Sapeva che, una volta scelta Emma, avrebbe condannato Daniel per sempre.
Lo avrebbe ucciso di nuovo.
La donna scosse la testa e senza voltarsi portò la propria mano a stringere quella di Daniel.
«La ragazza che hai amato, Daniel, ti amava a sua volta» disse Regina, la voce a malapena percettibile. «E non ti dimenticherà mai. Ma quelle ragazza… Daniel, quella ragazza è morta con te. Io le assomiglio molto, ma sono diversa. E non riusciresti mai ad amare quella che sono ora, né io riuscirei mai ad amarti».
«Regina…»
«Mi dispiace, Daniel. Addio».
Regina chinò il capo e lasciò la presa dalla mano di Daniel, prima di muovere un passo verso Emma.
 
Euridice non sapeva cosa fare. Ma doveva fare qualcosa, non poteva lasciare che il cuore di Emma Swan, così vicino a spezzarsi definitivamente, le sfuggisse dalle mani per colpa di Regina Mills e dell’incapacità di Daniel di tenere legato a sé l’unico amore della propria vita.
Aveva bisogno di tempo, di tempo per pensare, riflettere sul da farsi e tenere Emma e Regina l’una lontana dall’altra, nascondere a ciascuna il destino della donna amata.
Euridice aveva infine deciso di prendere Emma con sé e rifugiarsi in un posto sicuro, tenendo la ragazza lontano da Regina, fino a quando non avesse ordito un nuovo piano o, al massimo, fino a quando le speranze delle due donne non fossero diventate tanto flebili da scomparire e spezzare il cuore di entrambe.
Ma nel momento in cui provò a scomparire portando Emma con sé, nel suo petto si aprì uno squarcio profondo. 
 
Daniel non sentiva più nulla da molto tempo ormai. Aveva pensato che il ritorno di Regina gli avrebbe permesso di sentire di nuovo… qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse… nulla.
Ma non era successo. Aveva pensato che forse, tornando al mondo, nel suo vecchio mondo, sarebbe riuscito ad amare ancora.
Conosceva l’amore, conosceva il sentimento che provava per Regina e nel suo petto riusciva a evocarne ancora una flebile ombra, ma nulla più.
Eppure…
Eppure una fiammella si accese nel sue petto. Era così tenue che non si sarebbe mai accorto della sua presenza se, improvvisamente, un gelo di cui non sapeva di essere preda, non avesse iniziato a sciogliersi.
E fu come lo scatto di una serratura arrugginita, il rumore che udì provenire dal proprio cuore quando riprese a battere.
 
Il signor Gold aveva detto che, la cosa più importante di tutto l’incantesimo, era la volontà.
Emma Swan doveva volere, doveva volerlo davvero, o quell’incantesimo avrebbe potuto avere ripercussioni estremamente negative.
Perciò Emma Swan si concentrò su quell’unico desiderio, che il suo cuore si spezzasse.
Se Euridice aveva ragione, quell’energia le avrebbe riportate a casa. E Regina sarebbe stata al sicuro.
Se…
 
Quello che né Emma né Regina avevano previsto era il modo in cui due incantesimi reagiscono tra loro quando si sfiorano l’un con l’altro,  interferendo, amalgamandosi.
La scelta di Regina cozzò violentemente contro il muro di energia che si sprigionò dal cuore spezzato di Emma, mozzando il fiato ad entrambe, mentre il tempo attorno a loro sembrò fermarsi per un istante, come cristallizzandosi, prima di piombare in un vortice di energia senza fine e senza quiete.
Daniel e ogni singola vittima di Euridice, compreso Orfeo, ebbero appena il tempo di assaporare di nuovo quella sensazione perduta da tempo, quella di aver un cuore vero, un cuore integro nel proprio petto, che batte e ama e soffre e vive, prima di cadere negli Inferi, a cui da molto tempo erano destinati.
Non avevano idea di cosa sarebbe loro accaduto, ma in fondo non importava. L’apatia cui erano stati condannati sembrava loro una pena tanto crudele da non poter essere eguagliata.
Avevano perso, a causa di Euridice, la facoltà non solo di amare, ma anche di provare emozioni, eppure continuavano a ricordarle e a evocarne sfumati contorni. Tendevano, in un limbo senza tempo, a un ricordo che non avevano nemmeno la possibilità di desiderare e ignoravano, vagando senza meta e ragione su quell’isola, di agognare quel perduto cuore spezzato da tempo.
Emma chiuse gli occhi, non appena il suo cuore si spezzò per sua volontà con un fragore assordante, solo per riaprirli nell’istante successivo e incrociare quelli di Regina, confusi e disorientati almeno quanto lei.
Intuivano ciò che l’altra aveva fatto, ma nessuna delle due aveva il coraggio di sperare in una tale prova d’amore.
 
Emma stentava a credere che Regina fosse riuscita a gettarsi il passato alle spalle, quello stesso passato che per anni e decenni era stato la sua unica ragione di vita, l’unico riferimento, l’unico perché di una vendetta che non aveva lasciato spazio a nient’altro. Quel passato che aveva deciso chi sarebbe diventata.
 
Regina avrebbe preferito non capire, non vedere e non sapere come Emma avesse deciso di rinunciare al futuro, pur di salvarla. Un futuro che Emma aveva desiderato fin da bambina, sballottata da una famiglia all’altra, senza certezze per il domani. Non aveva voluto interferire, nella scelta di Regina, ben sapendo che avrebbe perso ogni cosa, persino suo figlio. Per Regina, Emma aveva rinunciato a un futuro che sapeva di felicità.
 
E il mondo andò in frantumi, crollò con fragore assordante, cristalli di luce e di ciò che era stato esplosero nell’aria e per Emma e Regina fu solo buio.
 
***
 
Aveva i capelli ramati e le guance paffute.
Aveva anche manine piccole, che stringevano una camicia di stoffa vecchia, ma ancora in ottimo stato.
E aveva i piedini nudi, che poggiavano sul pavimento freddo per quel gelo invernale che si insinuava in ogni dove.
Ma soprattutto aveva calde, rotonde lacrime che scivolavano lungo il suo piccolo viso, mentre tratteneva i singhiozzi e chiamava il suo papà perché si svegliasse.
Era stato il suo giovane cuore a svegliarlo nel bel mezzo della notte.
Faceva male, molto male, e non era riuscito ad alzarsi dal suo lettino per molto tempo, fino a quando il dolore non era passato.
E poi aveva preso il suo orsacchiotto, quello che gli aveva regalato Bea e da cui non si separava mai, e aveva raggiunto la camera di mamma e papà sulle tremanti e spaventata gambine.
«Papà» chiamò ancora, tirando la macchina dell’uomo. «Papà».
Finalmente la sagoma si mosse, aprì gli occhi e balzò a sedere, accendendo la luce, non appena riconobbe il figlio e il terrore in quegli occhi innocenti.
Una donna, accanto a lei, si svegliò di soprassalto.
«Cosa c’è? Cosa succede?» risuonò la sua voce, innaturalmente acuta. «Tremo, cosa…?»
«Tesoro, cosa succede?»
Il signor Gold prese il bambino tra le braccia, sistemandole sotto le coperte tra lui e sua moglie Belle. Probabilmente, si trattava solo del primo incubo del piccolo, ma Gold era comunque inquieto. C’era una discordanza, come un’interferenza di fondo, che aleggiava nell’aria.
Magia, quella era Magia.
«Tesoro?» ripeté Belle, sorridendo e accarezzando il volto del piccolo con delicatezza. «Ti senti male?»
Il bambino annuì e marito e moglie si scambiarono un’occhiata allarmata, che entrambi si affrettarono a nascondere.
«Tesoro, cosa ti fa male?» domandò cautamente Belle, mentre Tremotino ripassava mentalmente ogni tipo di conoscenza magica che potesse tornargli utile. Non poteva sbagliare, con suo figlio di mezzo.
«Il cuore, mamma. Prima il cuore si rompeva».
 
E in un mausoleo, da anni dimenticato, dai vetri sepolti dalla polvere e i colori delle stoffe rubati dal tempo, due identiche teche andarono in frantumi. E la tranquilla cittadina di Storybrooke tremò dalle sue fondamenta e si svegliò con un sussulto di spavento.
 
Il bambino si strinse tra le braccia della madre.
La voce di Gold si perse nel freddo dell’inverno.  
«Sono tornate».
 


NdA 
Scusate l'imperdonabile ritardo ^^" 
E scusate l'eventuale infarto per il titolo. 
E già che ci siete anche l'eventuale presenza di errori, ma tra me e la mia fidanzata/beta ultrasfruttata (con amore <3) non so chi sia più stanca oggi. 
Ok, richieste di aministia a parte, spero vi sia piaciuto il capitolo :3 
A presto, Trixie :D 
 
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: _Trixie_