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Autore: Kindom    21/02/2014    0 recensioni
Aveva i capelli scuri lunghi e mossi, occhi celesti e naso piccolo ricoperto da poche lentiggini. Era una ragazza paffutella e tutte le sue caratteristiche non centravano nulla tra loro ma, nell’insieme, era bellissima. O almeno questo fu quello a cui Dean riuscì a pensare…
Genere: Angst, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
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Note dell'autrice: Eccoci qui con un altro capitolo! Come promesso questo qui è un più lungo, vi lascio alla lettura quindi :3

IV.
Quel giorno aveva finito presto di lavorare, era sulla strada di casa ma, chissà perché, non aveva voglia di prendere il tragitto più corto, quindi si incamminò per il lungo viale alberato che l'avrebbe portata prima al parco cittadino e poi a casa. Aveva un buon libro in borsa, forse si sarebbe fermata su una delle panchine per rilassarsi un po'. Avere a che fare tutto il giorno con anziani e persone petulanti con dolori assurdi, era uno strazio, ma, anche con la sua laurea in medicina, l'unico lavoro che aveva trovato era in uno studio di un dottore di famiglia in una cittadina abbastanza sperduta nel Kansas.
Kathryn, questo era il nome della ragazza, aveva compiuto da poco 26 anni, si rendeva conto di non aver concluso granché nella sua vita ma era lo stesso felice delle scelte che aveva fatto: prima tra tutte la scelta dell'università, prendere quella laurea in medicina era stato lo scopo della sua vita per tanto tempo e, quando finalmente si ritrovava tra le mani quel pezzo di carta, si sentì realizzata come mai. Ma allora non immaginava certo di dover finire a lavorare in un minuscolo studio dove arrivavano solo malanni come raffreddori o, quando era una buona giornata, una broncopolmonite... Lei voleva azione! Quando si iscrisse al corso di infermiera si era immaginata in un pronto soccorso di uno dei più grandi ospedali americani, dove arrivano tutti quegli incidenti fatti apposta per dottori e infermieri con le palle! Adesso le andrebbe bene anche un ospedale di serie B, le basterebbe...
Continuò a camminare fino a che arrivò ad una panchina piuttosto isolata e ci si sedette, non voleva che qualcuno la disturbasse. Appoggiò la borsa sul lato opposto a dove si sedette, prese il libro e stese le gambe sulla panchina. Una delle sue posizioni preferite per leggere, adesso era in pace con se stessa. Leggere era la cosa che la tirava più su di morale, era una delle cose più importanti per lei, era come l'aria! Se avesse smesso di leggere per troppo tempo si sarebbe sentita male. Leggendo poteva andare ovunque, poteva visitare posti nuovi o scoprire civiltà antiche e, leggendo, poteva diventare chiunque, anche un medico di successo.
L'altra sua passione erano sicuramente le armi, soprattutto le pistole... quanto le piaceva quella sensazione di potere e di timore che le armi le trasmettevano! Almeno una volta a settimana faceva una capatina al poligono per tenersi in forma e non perdere la mira che, come usava dire lei, era discreta. Si era giurata, già da ragazzina, di prendere il porto d'armi così da poter avere la possibilità di andare al poligono e avere qualche arma da difesa. Alla fine, però, tra i costi dell'università e quelli per mantenere la casa, era riuscita a permettersi solo una Colt 1911, argentata. Era comunque felice di averla perché si trattava della sua prima pistola in assoluto. Strano che un'infermiera abbia questa passione? Si, anche Kathryn ci aveva pensato, ma non poteva farci nulla. Cominciò a leggere da dove si era bloccata la sera prima nel letto, era un romanzo romantico, ne leggeva di rado perché preferiva l'avventura o il fantasy ma c'erano dei periodi in cui si sentiva un po’ malinconica e allora leggeva quei libri. Era ad un punto da vero diabete, quando lui non riesce a vivere senza di lei quindi si presenta alla sua porta, distrutto da notti di insonnia, dicendo roba sdolcinata, mettendosi in ginocchio e ridicolizzandosi oltre ogni decenza. Mentre lei lo ascoltava per un solo attimo prima di saltargli al collo e sbaciucchiarselo all'infinito. Chiuse il libro, quella mattina non era propensa al diabete, quindi lo ripose in borsa e si godette un po' il panorama con il cinguettio degli uccellini di sottofondo.
Era lì, beata, ad ascoltare la natura quando ad un certo punto sentì dietro di lei un rumore di passi sull'erba secca autunnale. Si girò già pronta a mandare via il disturbatore ma quando lo guardò non poté fare a meno di indietreggiare: aveva una mano sotto la giacca, aveva uno sguardo da 'ti stupro poi ti uccido' e stava guardando lei! Le si avvicinò ancora ed estrasse la mano dalla giacca, inorridita Kathryn vide che impugnava un coltello e allora indietreggiò ancora fino a far cadere la sua borsa giù dalla panchina.
“Che vuoi da me?”
Disse con una voce alta e stridula.
“Mi dispiace, dolcezza, ma nulla che tu possa darmi restando viva!”
L'uomo si avvicinò ancora, ad un tratto, velocissimo, la prese dai capelli e la costrinse a inginocchiarsi davanti a lui dandogli le spalle e le mise il coltello alla gola. Sentiva i capelli strapparsi sotto la morsa e il gelido acciaio che le sfiorava la gola.
“Adesso devo fare una chiamata, ragazza, mi serve il tuo sangue”
Era sul punto di tagliarle la gola ma si bloccò improvvisamente. Lei non capiva perché ma sapeva che era il momento di reagire! Afferrò le mani del malvivente e cercò di liberarsi ma non ce la fece, era come se avesse una morsa d'acciaio che le imprigionava i capelli. Lui non fece neanche un movimento, era come se sapesse che lei non sarebbe mai riuscita a liberarsi... All'improvviso cominciò a strattonarla.
“Andiamo, ragazzina, dobbiamo nasconderci!”
Dalla sua voce trasparì un certo timore. Le tolse il coltello dalla gola e si girò, incamminandosi verso il retro del parco. Non sarebbe restata lì a farsi uccidere senza fare nulla, così iniziò ad urlare.
“Sta zitta puttana! Zitta!”
L'uomo le diede uno schiaffo col dorso della mano che la fece sentire come se le avessero staccato la mascella. Poi la prese per le braccia e cominciò a trascinarla, lei stette zitta giusto il tempo di riprendersi dalla botta ma poi ricominciò a divincolarsi e ad urlare. L'uomo la lasciò cadere a terra.
“Vuoi stare un po' ferma?”
Lei scattò in piedi e cercò di scappare ma lui la riprese subito e la getto a terra di schiena. Che brutta botta... il malvivente si abbassò così da arrivare con la faccia quasi vicino alla sua, aveva degli occhi scuri, profondi e... tutti neri, non c'era traccia di bianco, come se avessero conosciuto tutto il dolore del mondo. Kathryn ricorda che in quel momento provò un briciolo di pietà per quell'uomo... Stava per dirle qualcosa ma si bloccò e si girò di scatto.
“Hai visto che hai combinato brutta stronza?”
L'uomo si alzò e nello stesso momento arrivarono, correndo, due altri uomini enormi, con in mano delle pistole. Kathryn non riusciva ad alzarsi per vedere se quei due erano amici dello stronzo o erano lì per aiutarla. Di solito chi aveva delle pistole e non aveva una divisa non si poteva dichiarare un buono ma la ragazza sperò con il cuore...
“Ehi, brutto bastardo! Credevi non ti avremmo trovato?”
Aveva parlato uno dei due nuovi arrivati, aveva una voce così profonda che l'avrebbero sentita anche in una discoteca.
“Effettivamente ci avevo sperato”
L'uomo che l'aveva aggredita aveva assunto un tono superiore nella voce, e tutto il timore di prima sembrava svanito.
“Tu hai qualcosa di nostro, lo vorremmo indietro”
Questa volta era stato il terzo uomo a parlare, la sua voce era più gentile ma aveva un tono abbastanza minaccioso, per non dire incazzato...
“Mi dispiace ma al mio capo serve quel coltello, quindi, adesso io vi lascio.”
detto ciò si girò di scatto e cominciò a correre come un fulmine.
“Sam!”
Si sentì gridare uno dei due uomini mentre la ragazza si vide scavalcare da due lunghe gambe. Era ancora stesa a terra quindi non riusciva a capire bene chi se ne fosse andato. Sentì che l'uomo rimasto si avvicinava a lei, cercò di muoversi ma le faceva male la schiena, non voleva che si avvicinasse.
“Stai lontano da me, ti prego, non farmi del male!”
 
. Sam era corso via come un lampo dietro al demone e Dean era sicuro che l’avrebbe preso di li a poco, perciò decise di non seguirlo e di occuparsi della ragazza. Si avvicinò, sicuro che fosse morta, ma quando era a pochi passi la vide agitarsi e implorare di non farle del male. Del male? Le aveva appena salvato il culo! Come poteva volerle male? Si avvicinò ancora fino a vederla in faccia, aveva i capelli scuri lunghi e mossi, occhi celesti e naso piccolo ricoperto da poche lentiggini. Era una ragazza paffutella e tutte le sue caratteristiche non centravano nulla tra loro ma, nell’insieme, era bellissima. O almeno questo fu quello a cui Dean riuscì a pensare… le si accovacciò vicino e, seppur con qualche incertezza nella voce, chiese:
“Riesci ad alzarti?”
“No, mi fa male la schiena”
“Mmm...” Dean aveva sperimentato varie cadute del genere quindi si poteva definire un esperto, l’unica cosa da controllare era se riusciva a muoversi, avrebbe significato solo una brutta botta. Ma la ragazza non aveva alcuna intenzione di alzarsi… l’avrebbe fatta alzare lui. Ripose la pistola nella cintola, le appoggiò una mano sulla spalla e con l'altra le prese una mano. La tirò su, piano, fino a che non rimase seduta. La ragazza respirava con affanno ma si era alzata, quindi nulla di grave. Adesso però doveva calmarsi, Dean la guardò e le chiese:
“Ehi, ce la fai?”
“NO!”
“Calmati, respira profondo, non è niente altrimenti non saresti riuscita ad alzarti.”
“Merda!”
“Ti ho detto di fare respiri profondi!”
Con un’aria del tipo ‘ti pare facile’ lei alzò lo sguardo su di lui, uno sguardo ferito e pieno di paura, le pupille due fessure nere che si perdevano in quell’iride blu come il mare. Dean non riuscì a trattenersi e le scostò una ciocca di capelli che le ricadeva sugli occhi, le lentiggini da vicino erano molto più fitte e le stavano così bene… l’uomo si riscosse quando le guardò la bocca, dove il demone l’aveva colpita colava del sangue. Ancora una volta Dean non si trattenne e sfiorò quel labbro gonfio con la manica della giacca.
“Bastardo…” quasi non si accorse di aver parlato, perso com’era nei suoi pensieri. Fece con delicatezza ma, involontariamente, gli occhi di lei si riempirono di lacrime di dolore quindi lui allontanò la mano e le chiese:
“Hai male ai denti al punto di non riuscire a sfiorarli con la lingua?”
La ragazza ci mise un po’ a rispondere, a quanto pareva stava verificando.
“No...”
L’uomo provò una strana sensazione, se non fosse sicuro del contrario l’avrebbe definita ‘sollievo’.
“Ok, niente di rotto, solo il labbro, come va la schiena?”
“Un po' meglio...”
“Riesci ad alzarti?”
Ancora una volta la ragazza verificò.
“No... non riesco...”
“Ok, adesso ti aiuto.”
Dean si alzò, sapeva esattamente come si doveva fare in quei casi. La prese da sotto le braccia da dietro e…:
 “Al tre: uno, due...”
Non arrivò al tre,  la sollevò di slancio fino a metterla in piedi. La ragazza trattenne il respiro e, Dean ci scommetteva, l’avrebbe picchiato se non avesse male. Lui la sostenne e le si piazzò di fianco.
 “Lo sai che mi hai fatto male?”
La donna aveva le lacrime agli occhi, forse avrebbe dovuto fare più piano, in fin dei conti non si trattava di suo fratello.  L’uomo, comunque, si limitò a passarsi il braccio della ragazza attorno al collo e cingerle la vita. L'accompagnò alla panchina e la fece sedere.
“Grazie”
Disse lei, con un sorriso accennato che pareva più una smorfia. Ci fu un momento di silenzio imbarazzante dopo che lui si era seduto sulla panchina a poca distanza da lei. Alla fine lei chiese:
“Ehm... come ti chiami? Sai, come hai detto tu mi hai salvato la vita, vorrei almeno sapere il nome del mio angelo custode.”
Dean era indeciso… chissà se li conosceva… e se le avesse detto la verità e lei fosse scappata? Però sembrava così tranquilla, come se non l’avesse mai visto… alla fine optò per la verità:
“Mi chiamo Dean”
 “Bene, grazie Dean”
Le sue labbra si aprirono in un sorriso sincero che fece perdere un battito al cacciatore. Ma, effettivamente non doveva ringraziarlo, il demone aveva seguito loro e l’aveva trovata perché loro erano arrivati in quella cittadina sperduta. Stava per aprire bocca quando si accorse di un movimento dietro gli alberi, guardò bene e riconobbe il cappotto di Sam, come immaginava era andato tutto bene così spostò lo sguardo di nuovo su di lei e disse:
“Tranquilla, alla fine è per colpa nostra se...” mentre finiva la frase spostò ancora gli occhi su suo fratello, aveva le spalle ricurve e camminava male, in più si teneva una mano sul fianco. Si alzò di scatto e corse verso di lui, quando gli arrivò di fronte Sam si appoggiò con tutto il peso addosso al fratello:
“Sam, cos’è successo? Sammy!?”
Sam lo guardò con uno sguardo un po’ appannato e gli disse che il demone era riuscito a pugnalarlo prima che lo finisse, poi gli diede il coltello e si limitò a camminare. Arrivarono alla panchina dove la ragazza li guardava con gli occhi sgranati. Dean aiutò il fratello a sedersi:
“Mi dici come hai fatto a farti colpire? Che gran coglione!”
“Bé, l'importante è che io l'abbia ucciso e mi sia ripreso il coltello, no?”
Stava sudando e aveva il fiatone, non stava bene per niente e Dean era preoccupato e incazzato allo stesso tempo. Certo non poteva far spaventare anche Sam quindi aggiunse ironicamente:
“Si certo quindi adesso puoi anche morire! Abbiamo il coltello! Sta zitto e fammi vedere!”
Poi spostò la giacca e scoprì una macchia di sangue sulla camicia del fratello. Infine spostò anche la camicia che rivelò una ferita profonda che continuava a gettare sangue. Dean si riscosse e imprecò tra i denti poi disse: “Dobbiamo andare, subito! Portiamo lei in ospedale e poi andiamo in albergo, ce la fai?”

Note a fine corsa: spero vi sia piaciuto! se lasciate qualche recensione non vi mangio u.u
ahahahaha
al prossimo capitolo, un bacio :3
  
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