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Autore: nainai    21/02/2014    5 recensioni
-Non è tutta mia la responsabilità.
-Forse no.- gli concede Brian, annuendo – Ma a questo punto, non m’interessa. Stavolta sono io ad avere troppo da perdere, Matthew.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mascherine'
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Levi raggiunge Matthew mentre i Placebo, sul palco, si stanno esibendo in quello che, da scaletta, dovrebbe essere l’ultimo pezzo prima del breve encore. Gli batte una pacca sulla spalla per richiamare la sua attenzione e Matt sobbalza leggermente, completamente assorto dalla musica e da quanto sta accadendo sul palcoscenico, e si volta verso di lui per incrociare il sorriso caldo ed accogliente dell’uomo.
-Ehi, Bellamy!- esclama il tecnico, alzando la voce per farsi sentire da sopra le note distorte delle chitarre elettriche.- Bel lavoro, oggi! Con Os!- specifica. Matt ringrazia con un cenno per quei complimenti, leggermente imbarazzato.- Senti, con i ragazzi, dopo, andiamo a farci qualche birra! Non sparire, ché vogliono tutti ringraziarti per l’aiuto che stai dando al piccoletto!
-…ma all’after show?- chiede Matt, perplesso.
Levi ride e scuote la testa.
-Naaah!- rintuzza divertito.- Gli after show sono diventati roba da quattordicenni da quando Alex ha vietato a tutti di dare modo a Brian di ricascarci! E lui preferisce così…sai, non si sente troppo sicuro di poter resistere alle tentazioni!
Matt annuisce, a disagio. Avrebbe preferito sentirsi dire quelle stesse cose da Brian e non da Levi. Il clima di familiarità allargata che regna nel backstage dei Placebo – quel sapere tutti cose fin troppo private dei componenti della band – lo disorienta un po’.
-Ci prendiamo qualcosa lì, poi ci muoviamo ed andiamo in qualche pub giù in città!- spiega Levi, gesticolando esplicativamente in direzione di un gruppetto di colleghi- E tu sei formalmente invitato, Bellamy!
-…ok…- borbotta Matt, venendo premiato con una seconda, poderosa pacca sulla schiena prima che Levi si allontani, sbraitando ad un paio di tecnici più giovani.
***
Stefan vede Brian arrivare dal fondo del corridoio. Il bassista ha una faccia scura che non gli si addice e che l’altro fa fatica a trovare adeguata anche al contesto. Così si allarma.
-Stef?- chiede appena arrivato al suo fianco. Non osa esplicitare quello che sta pensando, ma il suo sguardo ansioso è sufficiente.
-Va tutto bene, tranquillo.- borbotta lo svedese interpretando facilmente la sua preoccupazione.- Il dottore ha detto che ci vorrà qualche ora, ma la bambina sta bene ed Helena anche.
La sua espressione, comunque, continua a dire l’esatto contrario e Brian non riesce a sentirsi tranquillo.
-Che sta succedendo?- insiste.
-Hai parlato con lei?- chiede Stefan, invece di rispondergli.
Brian scuote la testa.
-Non vuole. Non mi vuole parlare. Mi ha chiamato Alex per dirmi che eravate in ospedale!- rimarca sconvolto, passandosi nervosamente la mano tra i capelli.
-Beh, avresti dovuto parlarle lo stesso.- mormora Stefan, secco e brusco.
-Stef, io…
-Brian!
La voce di Alex li interrompe. Il cantante si volta verso la donna per vederla arrivare a passo veloce nella loro direzione.
-Ciao…- mormora distratto.
-Ciao.- gli sorride lei, cercando forzatamente di apparire serena.- Stiamo per rifarlo!- ridacchia.- Qualche ora e sarai di nuovo papà!
Brian sorride impacciato. Poi intercetta lo scambio di sguardi tra la donna e Stefan e l’espressione di accusa che il bassista rivolge alla loro manager. La timida allegria che si stava faticosamente affacciando a quell’idea viene nuovamente soffocata dalla paura che gli stiano nascondendo qualcosa di grave.
-Al!- sbotta disorientato ed arrabbiato.- Stefan, che diavolo succede?!- ribadisce perentorio.
-Va tutto bene, Brian.- si affretta a rispondere Alex.- Solo che…Helena…
- “Helena” cosa?- sbianca Brian.
-Sta bene!- s’intromette Stefan.- Bri, non vuole che tu riconosca la bambina.- sputa fuori controvoglia, non riuscendo a ricambiare il suo sguardo mentre lo dice.
Il colpo è quasi fisico per Brian. Alex lo vede barcollare, lei trattiene il respiro, allungando istintivamente le braccia e fermandosi appena un attimo prima che le sue mani lo afferrino. Brian si è allontanato di scatto da lei, a quel gesto. Come ogni volta, quello scudo invisibile che lo circonda nei momenti di debolezza, quel suo aggrapparsi ad un’illusione di fortezza ed indifferenza, è tornato ad affacciarsi nello sguardo gelido che le rivolge, rabbioso.
Stefan vede tutto questo e sospira. Ha provato a parlare con Helena fino a pochi minuti prima che l’altro arrivasse. Nonostante non fosse neppure il momento giusto per affaticarla con un litigio improvvisato che gli ha fatto guadagnare la messa alla porta da una delle ostetriche, inferocita. Adesso sa che dovrà raccogliere cocci talmente tanto piccoli che rincollarli assieme sarà praticamente impossibile. Spera sinceramente che Matthew Bellamy valga tutto il dolore che Brian proverà oggi, spera anche che Matt Bellamy sia in grado di fare i conti con quel dolore, di metterci riparo in qualche modo. Perché non è certo di poter gestire tutto da solo.
-Bri…- mormora piano, scoraggiato.
Brian si stringe nelle spalle, la sua voce è fredda e metallica quando parla di nuovo.
-Comunque Helena sta bene?- torna a sincerarsi con praticità.- O.k. E’ chiaro che indipendentemente da tutto, Elisabeth è anche mia figlia e non intendo sottrarmi ai miei obblighi.- afferma pianamente.
Alex e Stefan si guardano tra loro. Presumibilmente si chiedono chi lui stia tentando di convincere, a chi siano rivolte simili pacate assunzioni di responsabilità. Brian non sa darsi una risposta. E’ come se fosse dissociato da se stesso, una parte della sua mente e del suo corpo stanno gridando talmente forte da coprire ogni pensiero che l’altra parte riesca a formulare. Ma a quanto pare, quei pensieri vengono fuori lo stesso, ordinatamente, e sono sensati e razionali nonostante le identiche espressioni preoccupate sui volti di Alex e Stefan.
Si toglie il cappotto con gesti lenti e studiati. Lo poggia su una sedia libera lì in corridoio e prende posto sulla sedia accanto, senza invitare nessuno di loro a fermarsi lì con lui.
Alex si morde le labbra, indecisa. Stefan le fa segno di andare e, mentre la donna raggiunge la stanza di Helena, si accomoda accanto all’amico, braccia incrociate al petto, partecipando silenziosamente alla sua attesa.
***
Sua figlia, nella culletta oltre il vetro della nursery, è una cosetta rossiccia, con una peluria scura sulla testolina e manine piccole con dita lunghe che ha chiaramente preso dalla madre. Indossa una tutina gialla con paperelle bianche ricamate che Brian non riconosce. Helena deve averla comprata nell’ultimo mese, quello in cui loro due si sono visti esclusivamente quando Brian va a prendere Cody, il venerdì, per trascorrere il finesettimana con lui.
Cody….
Suo figlio ha assunto un atteggiamento apertamente ostile e polemico a cui lui ha fatto fatica ad adattarsi. Ha provato a parlargli solo per scontrarsi contro un muro di silenzi e frecciatine cattive. Non c’è stato verso di scenderci a patti, non con le buone, cercando di capire cosa potesse frullargli nella testolina, non con le cattive, sgridandolo per quel comportamento maleducato ed inopportuno. Ha provato anche a parlarne ad Helena. E’ stata la conversazione più lunga che hanno intrattenuto in quel mese. Lei gli ha detto che Cody non è più così piccolo da potergli raccontare qualunque cosa, che adesso si fa una sua idea sul mondo e ne trae le conseguenze che ritiene. Brian sa che lei lo ha rimproverato perché Cody, dopo quella conversazione, ha cominciato a comportarsi in maniera formalmente ineccepibile quando sono insieme. Peccato che continui ostinatamente ad ignorarlo e ad evitare di condividere qualunque cosa con lui.
A Brian manca il consiglio di Helena nel crescere Cody.
Gli manca il suo consiglio in un mucchio di cose. Perfino nel gestire la propria, nuova, relazione con Matthew.
Ha anche, stupidamente, provato ad introdurre l’argomento. La reazione di Helena al nome di Matt Bellamy è stata talmente feroce da rendergliela aliena. Solo in quel momento Brian si è reso conto di come, per la donna, quello sia stato un “doppio” tradimento. L’affetto sincero che aveva riservato a Matthew quando si erano conosciuti, è stato completamente sopraffatto dal bisogno di trovare una causa, un qualcuno a cui attribuire la colpa di quel dolore rinnovato.
Brian legge il nome sulla targhettina attaccata alla culletta. Alexandra Sarah Elisabeth Berg. Vederlo scritto lì oggettivizza una situazione che continuava a sfuggirgli. Avrebbe voglia di chiamare Matt e raccontagli quello che gli sta accadendo – è stato costretto ad ordinargli di tenersi lontano dall’ospedale e di aspettare che lui gli facesse sapere qualcosa – vorrebbe sentire la sua voce e spererebbe che lui riuscisse a trovare il lato comico di quella situazione, a catturarne la parte che dovrebbe far ridere entrambi.
Non lo chiama. Tutta l’ironia di Matt non renderebbe quella situazione meno intollerabile ed il braccio gli pesa troppo perché desideri davvero affondare la mano nella tasca e cercare il telefono e portarlo all’orecchio e parlare…parlare…
-Vuole finirla, santo cielo?! Fuori da qui! Come devo dirlo?!
-Helena, questa cosa è ridicola!
Brian si volta. Stefan esce a passo di carica dalla stanza, infila il giubbotto mentre sta ancora muovendosi, si ferma nel corridoio con una delle infermiere ed Alex come improbabile corteo a seguirlo.
-La lasci in pace!- sta tuonando ancora l’infermiera, controllando a stento il tono arrabbiato che sfoggia.
Alex cerca di rabbonire sia lei sia lui, fallendo in entrambi i compiti in egual misura. Alla fine rintuzza malamente la donna ed afferra lo svedese per il polso, trascinandolo con sé verso gli ascensori.
-Andiamo a prendere qualcosa al bar e ci diamo tutti una calmata!- ringhia tra i denti mentre allunga il passo per stare dietro a quello ampio e rapido del bassista.
Brian vede l’infermiera rientrare nella stanza borbottando, sta lì qualche minuto e poi se ne va accostando il battente.
Lui prende il coraggio a due mani e si avvicina.
Bussa piano, non arriva nessuna risposta. Schiude la porta ed entra senza fare rumore.
Helena non dorme. Sta stesa nel letto, stanca e disfatta, i capelli arruffati e l’aria triste. Guarda fuori dalla finestra e non si volta anche se lui cerca di richiamare la sua attenzione schiarendosi la voce.
-Hel…
-Brian, vattene.- lo implora lei.
Il suo tono di voce lo zittisce immediatamente. Helena è spossata da dentro. E’ svuotata, un contenitore vuoto e crepato che sta per esplodere, che non può più reggere nulla. Nemmeno la più piccola vibrazione.
Potrebbe essere egoista e rimanere lì, costringerla a parlargli. Litigarci come ha fatto Stefan. Sa, inconsciamente, che potrebbe perfino spuntare una vittoria con la sua avversaria ridotta in quello stato.
Il punto è che lui non la considera un’avversaria. Nemmeno se gli ha strappato via sua figlia. Nemmeno se, per una volta nella vita – la peggiore! – ha voluto essere cattiva, vendicativa, malevola e ripagarlo tutto in colpo degli anni di dolore, di errori, di difficoltà che lui l’ha costretta a vivere, per poi abbandonarla con un’ultima illusione a dissolversi come un sogno.
Solo che i sogni non dovrebbero lasciare cicatrici.
-Hel. Per quello che posso ancora fare…per quello che tu vuoi che io faccia, ci sono ancora. Sia per lei che per te e Cody.- mormora.
Prova ad aspettare ancora qualche istante, sperando che lei risponda. Ma Helena rimane immobile ed a lui non resta che uscire nuovamente.
***
Brian saluta Bill Lloyd e Fiona Brice davanti al taxi che li ha riportati all’albergo. Loro entrano e lui resta fuori per accendersi una sigaretta e fumarla prima di salire in camera. Cammina lentamente sul marciapiede, cercando opportuno riparo da occhi indiscreti all’interno di un cortiletto secondario, di proprietà dell’Hotel, che dà sulle cucine. A quell’ora è tutto chiuso e non rischia di essere beccato da nessuno mentre si apposta dietro le siepi in bosso, che superano di poco la sua altezza. Un paio di tiri sonnolenti, uno sguardo attorno a catturare il brillare delle luci dei saloni a piano terra, oltre le tende rigide, e poi, di sfuggita, la percezione di una presenza pochi metri più in là, accasciata di fianco al muretto di un’aiuola.
Nonostante l’oscurità, Brian individua facilmente una forma umana, butta la sigaretta a terra e si affretta in quella direzione per sincerarsi che sia tutto a posto.
Ci rimane malissimo quando riconosce di chi si tratta.
-Matt?!- sbotta, controllando a stento la voce.
L’altro bofonchia qualcosa a labbra chiuse, rannicchiandosi in un angolino, rattrappito su se stesso. Quando gli si inginocchia accanto, Brian intuisce cosa ci sia che non va.
-…sei completamente ubriaco?- constata, ridacchiando nervoso ed un po’ infastidito.
Il borbottio, stavolta, è più alto e deciso. Matthew apre prima un occhio e poi l’altro e lo mette a fuoco, con difficoltà, perdendo qualche istante prima di riconoscerlo.
-Brian!- sbuffa con voce impastata.- Di solito non bevo così tanto!- ci tiene a precisare, sollevando solennemente un dito per rimarcare il concetto. Ma gli gira la testa ed è costretto a troncare sul nascere qualsiasi tentativo di gesti repentini.-…cazzo!- sfiata tra le labbra.
Il sospiro di Brian è pesante e paziente. Le sue mani sono piacevolmente fredde quando gli si posano sulla fronte e sul collo, scostandogli la camicia e permettendogli di apprezzare l’aria fresca della notte sulla pelle. Matt si abbandona a quel tocco con un verso soddisfatto che strappa all’altro un sorriso intenerito.
-Sei un disastro.- afferma Brian conciliante.- Che diavolo è successo?
-I tuoi tecnici.- accusa subito Matt, aprendo nuovamente gli occhi per fissarlo astioso.- I tuoi tecnici!- ribadisce.- Bevono come…spugne!
Brian “fa due più due”.
-Eri con i ragazzi? Mica hai fatto a gara di bevute con Levi?!- rabbrividisce.
-Nah.- scuote la testa Matt.- Ma continuavano ad offrirmi da bere ed io mi sentivo a disagio e, quindi, credo di avere…esagerato.
- “Esagerato” è un sottile eufemismo.
-Niente termini complicati quando ho mal di testa.
-Non ce l’hai ancora, Matt. Lo avrai domattina, il mal di testa.
Matthew pare considerare seriamente la cosa. Alla fine, però, deve decidere che non è abbastanza importante e rinuncia senza ribattere.
-Mi sentivo a disagio.- ribadisce, invece. Come se fosse quello il punto.
Brian ride. Decide che Matthew ha bisogno di prendere ancora un po’ d’aria e lui non si sente così stanco, in fondo. Gli si siede di fianco, portando le ginocchia verso il petto ed agganciandosi con le braccia in una posizione che, lo sa, domattina rimpiangerà di aver adottato.
-E sentiamo, perché ti sentivi a disagio?- indaga con leggerezza.
-Mi vergogno. – ammette Matt con sincerità - Qui tutti si comportano come se fossi con loro da…cazzo, da sempre!- sbotta.- Mica siamo così, noi!
-Voi?
-Sai, ho capito perché dite che i Placebo non siete solo voi tre.- prosegue Matthew senza dargli peso.- E’ vero. Siete…siete tutti. Perfino quello nuovo che è un disastro!
-Funzioniamo solo così.- annuisce Brian, semplicemente.
-Sì, ma mica è facile, Brian.- rintuzza Matt aspro.- Io ci tengo un casino ai miei amici, darei un braccio per ognuno di loro, ma noi non siamo comunque così. Forse un pochino con Anderson…o Glen… Forse con qualcuno tipo Morgan. Ma non direi mai che loro sono i Muse.
-Ed è importante?
-No.- sussurra Matt senza guardarlo.- E’ che io sto bene qui e mi chiedevo se tu staresti altrettanto bene con me.- mormora ancora, rocamente.
Brian lascia passare forse un po’ troppo tempo riflettendo su quanto Matthew sta dicendo. Quando lui si volta a guardarlo, comunque, non si fa trovare impreparato e gli sorride rassicurante.
-Stai talmente bene che hai dovuto ubriacarti per metterti a tuo agio!- lo rimprovera gentilmente, sminuendo rapido il discorso che l’altro ha fatto.
Matt apre la bocca per protestare ma il rumore di passi in rapido avvicinamento lo interrompe e fa girare istintivamente Brian a scrutare la figura che avanza nel cortile, proveniente dall’Hotel.
-Maatt?! Ci sei o sei morto?- chiama una voce che Brian riconosce immediatamente.
-Steve!- sbotta senza alzarsi.
Forrest, arrivato ormai al limite dell’aiuola, lo vede, ancora seduto al fianco dell’altro. Brian gli da le spalle, ma dal suo tono è facile intuire l’espressione di rimprovero che gli troverà in viso. Si lascia scappare un’imprecazione, tappandosi subito dopo la bocca con una mano mentre Matthew scoppia a ridere istericamente.
-Eri con lui?!- sbuffa Brian, sollevandosi di scatto per affrontare il batterista, mani sui fianchi e sguardo severo.
-Sì. No!- s’intreccia il ragazzo.- …Brian, gli avevo detto di non esagerare!- si difende, additando Matt che continua a ridere, semisdraiato a terra tra loro due.- Ma Levi e gli altri continuavano ad offrirgli da bere e Matt è più grande di me e mi ha detto che non dovevo preoccuparmi…!
-E tu gli hai creduto?- chiede il cantante, scettico.
-…onestamente, no. Soprattutto visto che stavano ballando sui tavoli. Ma, in fondo, cosa avrei dovuto fare, scusa?!
-Tu non sei ubriaco.- asserisce Brian.
-Io ho bevuto di meno. E poi gli altri hanno detto che dovevo riportarlo in albergo e ci hanno cacciato fuori.- finisce pazientemente di raccontare Steve.- Non c’entro nulla, comunque!
Brian sospira. Matthew, nuovamente accucciato contro il muretto dell’aiuola, sembra in procinto di addormentarsi. Lui non riesce a tenere oltre “il punto” e sorride.
-Dammi una mano a portarlo in camera.- chiede piegandosi per primo verso il proprio compagno.- Domani ti pentirai di tutto questo, Bellamy.- lo redarguisce facendosi passare un braccio sopra le spalle.
-Sei diventato una nonnetta!- biascica lui contrariato, accasciandosi contro il suo petto.
-Oh sì. E sai cosa mi ha fatto diventare una nonnetta?- spiega Brian pazientemente mentre, con l’aiuto di un ridacchiante Steve, guadagnano lentamente l’entrata dell’albergo.- Il fatto di essere stato a tanto così dal rimetterci le penne.
-Mai corso questo rischio!- asserisce Matthew orgogliosamente.
-Qualsiasi coglione alle prime armi afferma la stessa cosa.
-Non fare la mammina!
-Ha ragione lui, Brian, fai proprio la mammina. Guarda che ogni tanto fa bene lasciarsi andare.
-Junior, se non vuoi che ti pigli a calci in culo fino alla tua stanza e ti metta in punizione da qui alla fine del tour, non dargli man forte.
-…lo tratti come un moccioso! Cristo, Brian! Lo tratti come un fottuto moccioso!
-Zitto, tu!
***
-Perché non vieni a vivere con me?
-Sto partendo per un tour, Matt. Non ho tempo di venire a vivere con te. Non ho tempo di fare un cazzo.
Matthew ignora il tono rabbioso con cui quelle parole sono scandite. Secche, brusche, violente.
Brian è arrivato due ore prima. Si è presentato dietro la sua porta senza avvisarlo – hanno messo su questa prassi fastidiosa dell’avvisarsi prima di arrivare a casa l’uno dell’altro; Matt la detesta, ma Brian finora era stato talmente puntuale nel rispettarla, che lui non ha ancora avuto il coraggio di venirle meno – ha bussato con una tale intensità che il campanello della villetta squillava ancora quando Matthew è riuscito a raggiungere la porta ed a spalancarla. Il suo disappunto per quell’esordio si è dissipato non appena ha visto la faccia sconvolta dell’altro, a quel punto ha sentito il mondo tremargli sotto i piedi.
-Ho bisogno di bere.- sono state le prime parole di Brian.
Lo ha spinto di peso via dal vano della porta e si è introdotto in casa, spogliandosi del cappotto nel tragitto tra l’ingresso e quello che, a fine trasloco, diventerà il soggiorno piccolo. Matt gli è andato dietro.
-Brian?- lo ha interrogato aspro, la gola in fiamme e la voce che gli si strozzava da qualche parte tra quella ed il palato.- Helena sta bene? La bambina?!
-Stanno bene tutte e due.- ha risposto distrattamente Brian, mettendosi a cercare nelle credenze e nei mobili, ancora parzialmente imballati, con la frenesia di un pazzo.
-Brian, che diavolo succede? Cosa accidenti stai cercando?! Ma non avevi smesso con quella merda?!
Accantonata l’ipotesi più terribile, Matthew ha preso rapidamente coscienza delle condizioni in cui l’altro si trovava, stabilendo che non fosse il caso di assecondarle.
-Sì, ma cazzo! ho bisogno di bere!- ha ruggito Brian voltandosi di scatto per riversare contro di lui tutta la propria ferocia.
Matt ha incrociato le braccia al petto e resistito a quel primo attacco con stoica fermezza.
-Non c’è alcool in casa.- lo ha informato breve.- Fortunatamente.
-Allora vestiti che usciamo.
-No.- è stata la risposta stringata che lui gli ha concesso.- Se hai voglia di fare cazzate, le fai da solo e mi lasci fuori. Non ti starò a guardare mentre decidi di mandare al diavolo tutto quello che hai fatto per te stesso fino ad oggi.
Non ha sperato davvero di ottenere qualcosa. Ma evidentemente aveva sottovalutato la situazione, perché Brian gli si è afflosciato davanti come un mucchio di stracci, sgonfiandosi fisicamente sotto i suoi occhi, lo sguardo terrorizzato di un bambino puntato su di lui. Matt, sbalordito, ha lasciato ricadere le braccia, ma molto prima di riuscire a raggiungerlo, l’altro si era già accasciato a terra, le spalle scosse da un tremito convulso. Matthew lo ha afferrato e stretto a sé, cercando inutilmente di calmarlo mentre Brian singhiozzava strozzato, senza riuscire neppure a piangere davvero.
C’è voluto un po’ per fargli trovare il coraggio di raccontargli di Helena, della bambina che non gli è stato permesso di riconoscere, di come si è sentito nel precipitarsi fuori da quell’ospedale senza avere neppure il coraggio di chiedere di poter tenere in braccio sua figlia. Matt lo ha stretto fino alla fine, seduti entrambi sul pavimento. Lo ha tenuto stretto a sé anche dopo, quando Brian ha smesso di singhiozzare ed è rimasto immobile, il fiato sottilissimo, il tremore che spariva lentamente.
Alla fine è stato lui a staccarsi, scostandolo da sé con una freddezza che, in un altro momento, lo avrebbe ferito. Si è alzato da terra per andare a sedersi su un divano, scostando di lato il foglio di plastica che ne aveva protetto la seduta. Matt è rimasto dov’era ed ha continuato ad aspettare, anche se Brian non diceva più nulla e non lo guardava nemmeno, fissando qualcosa fuori dalla finestra.
Dopo un secolo, a Matthew è venuto in mente di chiedergli quella cosa.
-Perché non vieni a stare qui da me?
-Il tour.
Matthew realizza adesso quanto poco manca alla partenza dei Placebo per il tour europeo. Stringe le labbra su quel pensiero, ricacciando indietro la sensazione spiacevole che porta con sé.
-Posso venire?
Non sa da dove gli sia saltata fuori quell’idea. E’ assurda.
Brian lo guarda sbigottito.
-…no…- replica a mezza voce.
-Perché no?- Nel momento stesso in cui si vede rifiutare, per Matt diventa tutto molto più importante, come se spuntarla su quell’aspetto sia davvero essenziale. Anche se lui per primo si rende conto di quanto sia pazzesca come richiesta.
-Perché sto andando a lavorare, Matthew! Non a divertirmi!- ringhia Brian, indispettito.- Cosa cazzo credi? che sia un fottuto gioco?! Cristo, lo sai bene quanto me!
-Non bestemmiare. Non è il tuo stile.
-Bestemmio perché mi irriti quando rompi le palle solo per darmi fastidio.- rintuzza l’altro stizzito. Un sospiro pesante, uno scatto nervoso della gamba. Brian cerca in tasca le sigarette e l’accendino, non li trova.
Matthew si alza da terra e va a prendergli i suoi.
Aspetta che Brian si sia acceso la sigaretta ed abbia fatto un tiro.
-Non voglio che tu vada via senza di me. Non adesso.- ammette, in piedi di fianco al divano.
Brian gli solleva gli occhi addosso, cercando i suoi per tastare la sincerità di quell’affermazione. Inutilmente. L’affermazione è fin troppo sincera, per i suoi gusti.
-Matt. Ti rendi conto della merda in cui mi trovo in questo momento?- prova a spiegare razionalmente.- Ti sembro in condizioni da accettare o rifiutare qualcosa?
-Va bene, però ne riparliamo.
-Ora come ora ti direi di sì pur di farti stare zitto.- prosegue Brian, senza dargli modo di capire a cosa si stia riferendo esattamente.
Matt decide di non infierire davvero e non aggiunge nulla. Gli si siede accanto, senza prendersi la briga di liberare ulteriormente il divano dalla plastica ma schiacciandola sotto di sé con un suono irritante che fa storcere il naso all’altro. Matthew non ci bada. Gli posa delicatamente la mano sul collo, accarezzandogli la mandibola e l’orecchio in punta di dita. Brian è infastidito ma non si sottrae, s’irrigidisce sotto il suo tocco e lui percepisce la contrattura dei muscoli sotto le sue carezze.
-Io non ti lascio, Brian. Non ti lascio nemmeno ad Helena.- promette minacciosamente.
***
Sabato pomeriggio. Alex sta accanto ad Helena, vicino al bancone dell’accettazione, aiutandola a compilare non sa quali moduli. Stefan, invece, è di fianco a lui. Brian regge Lisette tra le braccia, la bambina dorme, ogni tanto apre gli occhi, chiarissimi, e lo guarda. Ha gli occhi grigi e lui spera che rimangano tali. Come i suoi.
Cody gioca ad un videogioco seduto fuori dall’ospedale con Forrest a sorvegliarlo. Steve è l’unico verso cui Cody non abbia cambiato atteggiamento in quell’ultimo periodo, continua a sorridergli come non fa più con nessuno di loro ma Brian sospetta che dipenda esclusivamente dalla capacità di Forrest di interagire con il bambino da pari a pari. Con lui Cody si sente capito, non minacciato. Al sicuro.
La direzione dell’ospedale ha permesso loro di portare dentro un paio di macchine per evitare il gruppetto di giornalisti asserragliati fuori da lì. Brian ha ringraziato staccando un assegno a titolo di elargizione, il direttore ha ringraziato con un sorriso mellifluo che lo ha fatto scappare a gambe levate.
Lisette lo guarda di nuovo. Ruota, poi, la testolina a catturare l’immagine di Stefan. Lo svedese se ne accorge e le sorride, nascondendo in quel sorriso l’espressione torva che aveva fino ad un momento prima.
Dave aiuta Helena a portare fuori il borsone più pesante che ha con sé, sulla scala Stefan le sfila di mano anche la borsa più piccola ma senza rivolgerle la parola. Brian fa finta di nulla, consapevole che le cose tra loro due si appianeranno. Helena e Stef sono entrambi troppo intelligenti e sensibili per odiarsi. Perfino a causa sua.
Li segue, sua figlia gorgoglia di soddisfazione al contatto con l’aria fresca. Helena, affaticata, sale in macchina con Cody e lascia che sia Brian ad assicurarsi che la bimba sia adeguatamente coperta. Gliela lascia anche quando lui sale sull’altra auto, sistemando la bimba nella culletta sul sedile anteriore e sedendo dietro, Stefan alla guida.
-Sei a posto?- s’informa il bassista mentre allaccia la cintura.
Brian annuisce brevemente, attraverso il vetro cattura l’immagine di Helena nell’altra auto. Poi Alex la mette in moto. Dave entra in macchina con loro ed anche Stef accende il motore.
-Come sta il nostro splendore?- chiede Dave allegramente, sporgendosi tra i sedili per sbirciare la piccola.
Brian sorride.
***
Si sveglia con un mal di testa feroce. Apre gli occhi, dal salottino arriva un chiacchiericcio confuso. Una è la voce di Brian, l’altra non la riconosce. Rumore di una porta che viene aperta e richiusa, con leggerezza, fa un suono discreto, che non gli da fastidio nonostante il pulsare doloroso alle tempie. Le voci scompaiono entrambe ma qualcuno è rimasto di là in salotto e si muove senza rumore sulla moquette. Matthew si rigira cautamente tra le coperte, rimanendo invischiato nel lenzuolo e lasciandosi sfuggire una bestemmia a fior di labbra.
Non saprebbe dire cosa lo infastidisca di più al momento: se il fatto di essersi ubriacato come una ragazzina davanti all’intera crew dei Placebo; quello di aver sprecato una notte in una camera d’albergo a dormire, invece che a fare sesso con il proprio compagno; o quel mal di testa battente che lo farà impazzire per tutto il giorno.
Il suo iPhone sobbalza contro il piano del comodino. Ha ancora la modalità silenziosa attiva da ieri sera. Lo prende, afferrando al volo il nome del chiamante. Risponde sforzando un tono che non sembri provenire necessariamente dall’oltretomba.
-Dommie?
Fallisce.
-…Matt?! Che cazzo di voc…?!
-Sì, lascia perdere.- lo blocca subito, grugnendo insoddisfazione e riprendendo ad agitarsi nel groviglio di lenzuola.
-…’k… Stai bene?
-Credo di sì. Non morirò, quantomeno.- borbotta.- Tu?
-Bene!- esclama Dom con un po’ troppa vivacità isterica.
Matthew si sente improvvisamente più sveglio.
-Dom? Sei sicuro?!
-Sì, sì, certo che sono sicuro! Ho una cosa da dirti.- ammette senza soluzione di continuità.
-…una “cosa” tipo cosa?- si allarma ulteriormente l’altro.
-Una cosa tipo una notizia.- rimane sul vago il batterista.
-Ok. Dom, devo preoccuparmi?- cambia strategia Matt, con un sospiro paziente. Troppo dolore per pensare con lucidità.
-No, non devi!- lo rintuzza Dominic baldanzoso.- Piuttosto, siete a Parigi la prossima settimana, no?
-Mh.
-Ci vediamo?
-…vediamo?!
-Sì, passo a salutarti. Sono a Nizza.- precisa.
-Potresti venire a vedere lo show.- suggerisce Matthew.
-Ah, volentieri! Però devo anche parlarti ed il backstage non è il genere di posto che avevo in mente.
-Ci vediamo in centro al pomeriggio, al caffè dove andiamo di solito.- concede facilmente Matt.
-Ok, a presto allora.
-Ciao, Dommie.- sbadiglia Matthew prima di riattaccare.
Lascia cadere il braccio sul materasso con la stessa svogliatezza che avrebbe se stesse reggendo un peso da dieci chili. Prova a chiudere gli occhi, sentendo la stanchezza scivolare inesorabile dietro le palpebre. A scuoterlo da quel dormiveglia leggero è la percezione di una presenza nuova nella stanza. Socchiude le palpebre, sospirando soddisfatto quando il materasso si piega docilmente sotto il peso del corpo di Brian. Il profumo dell’altro gli punge le narici, Matt chiude nuovamente gli occhi e respira a fondo.
-Stavi parlando con qualcuno?- si sente domandare.
-Dominic.- mormora con voce impastata.
-Cosa vuole?
-Deve dirmi qualcosa ma fa il misterioso.
-Intrigante…
-Coglione.
-…mi stai dando del coglione…?
-Lo sto dando a Dom. Dovrà dirmi qualche cazzata, sicuro come la morte.
Silenzio. Il respiro di Matthew si regolarizza lentamente, il sonno torna prepotente.
-Matt.
-Mh?
-…senti…non è che non capisca che tu non ti senti e sei stanco, dopo aver fatto l’imbecille con la mia crew ieri notte – puntualizza Brian - …ma oggi si torna su quel dannato tourbus con quella suocera di Stef a tenerci d’occhio e…
Matthew ride. Spalanca su di lui uno sguardo brillante e divertito, ritrovandosi incastrato in quello cangiante, azzurrato nella luminosità assolata della camera, di Brian.
-Sto morendo di mal di testa.- lo informa enfaticamente senza muovere un muscolo.- Se vuoi fare sesso con me, dovrai essere molto bravo per compensare con le endorfine.- aggiunge maliziosamente.
Brian finge di pensarci attentamente, ruotando il busto per mettersi supino e sollevando gli occhi contro il soffitto in atteggiamento composto e riflessivo.
-Mmmh.- mormora meditabondo. Si volta subito dopo, sollevandosi su un gomito e piegandosi poi a catturare la sua bocca in un bacio delicato. La sua accortezza nel muoversi è qualcosa che fa bene al cuore di Matt almeno quanto il fremito leggero che lo scuote quando risponde al suo bacio. Brian apre nuovamente gli occhi nei suoi, questa volta ad una vicinanza tale da togliersi reciprocamente il respiro.- Secondo me, si può fare.- sussurra direttamente sulle sue labbra. 
***
-E’ bellissima, Matt!
Matthew ride. La faccia di Brian in questo momento è uno spasso infinito! Quella sua aria trasognata mentre se ne sta seduto tronfio al centro del letto, con nient’altro che i boxer addosso e l’espressione di un ebete a tirargli un sorriso luminosissimo che va dalle labbra alle guance e su, fino agli occhi e ritorno. E’ sicuro gli scaldi anche il cuore, quel sorriso lì. Glielo vede fare così di rado che non osa disturbarlo.
Brian, del resto, non lo sta guardando. O meglio…non lo vede. Matt è una parentesi spigolosa nella sua realtà personale. Come il comodino, il letto, il pacchetto di sigarette mezzo vuoto… Matthew si allunga per servirsi e cerca a tastoni l’accendino che è sparito da qualche parte tra le pieghe del libro che stava leggendo.
-Lo sai che ogni volta che mi vede, ride?!- sghignazza Brian, divertito. S’infila la maglietta distrattamente, avvertendo il fastidio di un freddo che diventa pungente a stare seduti fuori dalle coperte. Matt se le rimbocca addosso.- Ma hai acceso il riscaldamento?- Non aspetta la risposta, non gli interessa se abbia o meno acceso il riscaldamento.- Fa un sacco di versi strani!- ridacchia ancora. Gli si accosta, gattonando verso di lui, gli ruba la sigaretta dalle labbra mentre si crea uno spazio al suo fianco, sotto il lenzuolo.- Scommetto che imparerà a parlare prestissimo.
-Ah, sei uno di quei padri iper esigenti che vogliono andare in giro a sbandierare figli prodigio.- constata Matt provocatorio. Brian gli tira un ceffone non troppo convinto sulla guancia, un gesto eccessivamente femminile considera Matt.- Piuttosto…- mormora.- Stef ed Hel ancora non si parlano?
-Neanche una sillaba se non strettamente indispensabile.- annuisce Brian. Ed il suo tono si raffredda immediatamente.
-…ma lei è…irremovibile?
Brian sospira. Si fissa la punta delle dita, la sigaretta incastrata tra indice e medio della destra ed un filo di fumo pallido che sale verso il soffitto.
-Ci ho parlato. Con Helena, intendo.- borbotta dopo un po’, controvoglia. Matt vorrebbe dirgli che non è obbligato a rispondere, ma non lo fa.- Mi ha detto che potrò tenere Lisette esattamente con la stessa frequenza con cui tengo Cody. Che ormai è ridotta alle feste comandate ed i weekend che mi spettano!- sbotta amaramente.- Comunque, non intende impedirmi di frequentare mia figlia.
-Allora perché impedirti di riconoscerla?
-Non lo so. Non vuole dirmelo.- confessa Brian debolmente, stringendosi nelle spalle e voltandogli addosso uno sguardo insicuro.- Questa storia è terribile.- ammette semplicemente.- Non so se…se riuscirò a gestirla.
-Lo farai.
-Intanto, lunedì andiamo dall’avvocato.- lo informa con maggiore praticità ma ricominciando ad evitare il suo sguardo - Assieme. Non voglio che diventi un massacro.
-Mi sembra logico.
-Helena vuole che regolamentiamo le cose formalmente. Il diritto al mantenimento dei bambini, le visite, la gestione delle decisioni più importanti… Non lo trovi surreale?
-La madre di Kate ha voluto che facessimo lo stesso. Io l’ho trovato ragionevole.
Brian si volta a guardarlo con un’attenzione nuova, come se avesse appena realizzato qualcosa che, tuttavia, è sempre stato sotto i suoi occhi.
-Non ti ho chiesto nulla di voi due…- sussurra.
-Cosa vuoi sapere?- è la domanda quieta che Matt gli concede immediatamente. Allunga le dita e Brian gli cede nuovamente la sigaretta.
-Non lo so. Come stai, ad esempio.
-Bing mi manca da morire. Tutti i giorni. Sai, avercelo con me, potermi alzare nel cuore della notte solo per andare nella sua stanza e vederlo dormire…- sbuffa un sorriso timido.- Sono cose che non pensavo una persona potesse tollerare di provare.
-Sì.
-E’ come se il cuore ti scoppiasse di gioia e poi, all’improvviso, scoppia di dolore alla consapevolezza che non succederà. Non più. Ma ci fai l’abitudine…- esita. Solleva gli occhi contro la parete di fronte a sé.- e questa, forse, è la parte peggiore. Poi diventa una specie di costante sorda in sottofondo, come se ti avessero amputato un pezzetto di te e dove c’è il buco facesse male ogni tanto, quando cambia il tempo o ti sei stancato molto.- abbassa la voce riducendola a poco più di un sussurro - Ci sono volte che vorrei essere rimasto con te solo per non ritrovarmi a sentire tutto questo. Se non lo avessi visto nascere, se non ci fossi stato nei primi mesi, quando ci teneva svegli a turno e dovevamo occuparci di cose disgustose come cambiargli i pannolini o pulirlo dopo che aveva rigurgitato il latte…!- Brian ride, Matt lo guarda di sottecchi sorridendo anche lui, anche se con amarezza.- Se non fosse successo, sarei stato un “padre a mezzo servizio” efficientissimo. Così non lo so. Così non sono sicuro di potercela fare neppure io.- confessa.
Il silenzio che segue non è davvero tale. C’è il fruscio che fanno le coperte quando Brian si sposta lentamente sul letto, c’è il suo calore o il rumore del suo respiro. Poi ci sono le sue braccia che lo stringono gentilmente, in modo stupido, facendoli sentire entrambi a disagio perché la tenerezza non è una cosa che si riservano troppo spesso.
Ma adesso non guasterà…
-Siamo entrambi un bel disastro.- ammette Brian a mezza voce. Con dolcezza.
Matthew non se la sente proprio di ribattere. Chiude gli occhi e sospira.
***
Brian è andato via da un paio di ore. Gli operai sono tornati da un quarto d’ora scarso e stanno facendo un casino terribile. Matthew ha mal di testa e vorrebbe uscire, ma non sa dove andare. Dominic non è a Londra – non ha idea di dove sia, ora che ci pensa – Chris neppure, è a Teignmouth dai suoi. Tom… Tom doveva lavorare, ha detto. E poi c’è Jaclyn. Fuma la quarta sigaretta della giornata, due in più rispetto ad una media che deve far scendere quanto prima. Non ha voglia di fottersi la voce per cazzate, non ora che ha deciso che sì, può impegnarsi un po’ di più ed imparare a cantare decentemente visto che Madre Natura lo ha graziato a sufficienza.
Si alza dal tavolo della cucina ed esce in giardino. In tasca cerca il proprio iPhone, fa un calcolo rapido e si lascia sfuggire una bestemmia, il telefono sul palmo della mano che gli rimanda le cifre liquide dell’orario.
-…cazzo.
Allontana la sigaretta dalle labbra. Sbuffa. Seleziona comunque il contatto dalla rubrica e chiama.
Lei gli risponde al quarto squillo. Sta ridendo e sembra sorpresa di sentirlo.
-Matt?!- lo chiama subito.
Matthew sente un sorriso allargarsi istintivo anche sul suo volto. Gli piace ancora immaginarla quando è felice, gli piace ricordare quella luce che accende il suo sguardo, quella tenerezza che gli risvegliava il suono della sua risata.
-Ciao, Kate.- ricambia allegramente.- Ti disturbo?
-Oh, no. Sono con mia madre e mio fratello. Facciamo una cena di famiglia!
Fino ad un mese prima quelle cene di famiglia lo avrebbero visto seduto lì, accanto a lei. Fa un po’ male pensarlo.
-Tu? Tutto a posto? E’ un orario insolito…- mormora lei, perplessa.- Bing sta già dormendo.- focalizza.
Matt annuisce senza che lei possa vederlo. Se ne rende conto.
-Sì, scusa. Volevo solo essere sicuro che steste tutti bene.
Kate non risponde subito. E’ quasi certo che abbia capito anche senza bisogno che lui aggiunga altro. Quando ricomincia a parlare lo fa con un tono di voce morbido ed accogliente di cui le è grato fino all’inverosimile.
-Stiamo molto bene. Grazie Matthew.- ci tiene a precisare subito, gentilmente. E poi dimentica la cena di famiglia, lui può immaginarsela mentre si siede da qualche parte, magari sul divano bianco in veranda, accavalla le gambe sotto la gonna di un vestito chiaro, che le starebbe così bene, e comincia a raccontare, leggera, allegra, spensierata.- Oggi Ryder e Bing hanno fatto assieme un disegno. Li avevo lasciati a casa di Luke… Ti ricordi Luke?
-Il compagno di scuola di Ryder. Il figlio di Spencer.
-Sì. Mi ha detto che Bing ha fatto un disastro!- ride. Matt le fa eco senza sapere nemmeno perché.- La mamma aveva preparato una specie di crostata ma Bing non è riuscito a mangiarla e l’ha sparpagliata ovunque! Mi sono scusata con lei, ma non era arrabbiata. Forse non avrei dovuto lasciarle un bimbo così piccolo…
-Era seccata?
-No, no! Ha detto che è un bambino stupendo.
-Lo è.
-Matt, Bing mi chiede di te. Vuole sapere quando ti vedrà.
-Digli che torno presto.
-Lo farai davvero?
Matthew esita. Potrebbe saltare su un aereo e raggiungerli anche domattina. Anche oggi stesso.
Ma Brian?
-Kate…
-Facciamo che domani pomeriggio ti faccio chiamare dopo il riposino, mh?
Matt stringe le labbra.
-…grazie.- mormora, riferendosi a molto più che non la promessa di quella telefonata.
-Matthew. Promettimi che starai bene anche tu.
-…certo…
***
-Bellamy, i pass per il backstage.
Il tono cantilenante di Alex lo fulmina sulla soglia della hall dell’hotel. Ruota su se stesso, una rapida giravolta sui tacchi, e torna indietro fino alla manager ed al braccio sollevato di lei, da cui spunta lo spigolo plastificato di due talloncini rettangolari che portano su il nome, la data del concerto, la band e la parola “staff”. Assolutamente inappropriata.
Ride ed intasca i talloncini, riavvolgendo nella tasca del cappotto anche il nastro che serve ad appenderli al collo.
-Ma serve davvero?
Lei lo fulmina con lo sguardo, le narici dilatate.
-Razza di sottospecie di megalomane rompicoglioni! se non ti fanno passare a bacchetta solo perché dici a voce alta il tuo nome e lo stronzo che hai davanti non ha comunque idea di chi accidenti siano i Muse, tocca a me mollare qualsiasi cosa stia facendo per correre a prenderti ai cancelli! E non ho tempo!- ringhia.- Vedi di arrivare in orario o do disposizioni di lasciarti fuori! Te e quella specie di coso che intendi portarti dietro.
-Il coso è il mio migliore amico oltre che il mio batterista.
-Non me ne fotte un cazzo.- cinguetta Alex con un sorriso velenoso a coronare il tutto. – Sparisci, che ho già il resto dell’asilo di cui occuparmi!
Matthew ride ancora, salutandola con la mano mentre esce dall’albergo e ricambiando a voce alta Levi e Bill quando li incrocia, nuovamente sulla soglia.
***
Dom è già arrivato e lo sta aspettando. E’ una cosa talmente insolita che quella specie di Mr. Perfettini, che perde ore al bagno nemmeno fosse una donna e ci mette due giorni a capire cosa intenda indossare per qualsiasi occasione - …a volte sospetta che ci metta lo stesso tempo per stabilire anche  l’abbigliamento per scendere a fare la spesa sotto casa… Beh, è talmente insolito che sia arrivato lì in orario, addirittura in anticipo, da far fermare Matthew con una mano ancora appoggiata alla maniglia della porta d’ingresso del caffè ed uno sguardo sbigottito alla testa bionda che lo attende ad un tavolino appartato.
Una ragazza carina in un impeccabile completo scuro gli si avvicina e Matt le sorride gentilmente e le indica l’amico, dicendole in un francese disastroso che è lì in compagnia. Lei si sposta subito, facendogli un cenno elegante nel cedergli il passo e assicurando, in impeccabile inglese, che manderà qualcuno a prendere le loro ordinazioni.
Quando si siede di fronte a Dominic, Matthew lo vede sussultare leggermente, sovrappensiero.
-Matt!- esclama appena lo mette a fuoco.
Un accogliente benvenuto fatto di sorriso gigante ed abbraccio goffo, immediato, li impegna sopra il piano di legno del tavolino. Matthew ridacchia. E’ felice anche lui di vederlo, Dom è sparito da Londra un po’ prima che lui partisse con i Placebo e non hanno avuto davvero modo di salutarsi decentemente. Sfila cappotto e sciarpa e si mette comodo mentre l’altro ordina tè e biscotti per entrambi.
-Allora! Che dovevi dirmi?- esordisce subito dopo.
Dom ingoia a vuoto, incassando la domanda con una risata nervosa che insospettisce Matthew più della sua insolita puntualità.
-Dommie? Siamo sicuri che è tutto ok…?- indaga assottigliando lo sguardo.
Altra risata nervosa. Dom si passa una mano tra i capelli, ora tagliati corti e decisamente troppo chiari, poi ruota attorno lo sguardo come a volersi assicurare che non ci sia nessuno a spiarli. Ma il locale non è il genere di posto dove rischiare di trovare ragazzini eccitati all’idea di aver “beccato” i propri idoli in pausa e, per la verità, nemmeno il genere di posto frequentato da gente dello spettacolo e, quindi, invaso di paparazzi in agguato.
-Sì, è tutto ok.- conferma riportando gli occhi addosso a Matthew. Un respiro profondo.- Non so davvero come la prenderai…- borbotta.
-Prenderò cosa?!- insiste Matt.
La cameriera torna con la loro ordinazione. Nel tempo che ci mette a sistemare tazze e biscotti sulla tovaglia immacolata, Matthew pensa almeno tre volte che vorrebbe potersi accendere una sigaretta, ma no, non si può, come avvisano a lettere cubitali i cartelli appesi in giro.
La cameriera si allontana e Dominic affronta il suo sguardo con maggiore serenità. Almeno in apparenza.
-Io e Kate ci stiamo vedendo da un po’.- butta fuori tutto d’un fiato, ma scandisce bene il concetto, con calma e senza enfasi, in modo che pervenga all’altro in tono piano e sereno.
Matt sbatte le palpebre.
-…vedendo…?- prova ad azzardare cautamente.
-Sì, Matt, vedendo come una coppia. Come maschio e femmina di razza umana che escono a cena e si intrattengono nel dopo cena.- esplicita pazientemente Dom.
-…tu. E Kate.
-Io e Kate.- annuisce il biondo.
-E da quanto?
-Un mese.
-…cazzo!- strozzato.
Dominic gira il cucchiaino nella tazza. Fa rumore contro la porcellana. Adocchia i biscotti e si rende conto che la fame è completamente sparita; ha un nodo stretto all’altezza dello stomaco e prenderne coscienza lo fa arrabbiare. Non stanno facendo nulla di male. Prende un biscotto comunque, lo sbriciola rabbiosamente nel tè e finisce per renderlo assolutamente imbevibile.
-E’ fantastico.
Per un paio di secondi pensa di aver capito male. Solleva gli occhi su Matthew con aria interrogativa.
-…come?
Matt sorride.
-Ho detto che è una notizia fantastica.- ripete lentamente.
-Sì. Lo avevo capito. Non capisco cosa vuoi dire con “è fantastico”! Vuol dire che sei d’accordo?!- chiede ansiosamente Dominic.- Non ti da…noia? Fastidio che…insomma, esco con la tua ex, ci hai fatto un figlio e…
- “E” cosa, Dom?!- ride Matthew.- Voglio un bene dell’anima a Kate perché è la madre di mio figlio, oltre che una persona stupenda; voglio un bene dell’anima a te perché sei praticamente mio fratello e so quanto sei incredibile! Non pensi che sia felice del fatto che due persone che amo e che so essere eccezionali si piacciano?!- Prende anche lui un biscotto, se lo rigira tra le dita fissandone la superficie mentre il sorriso si addolcisce.- E poi Bing ti adora.
Dominic lo guarda.
Matthew no. Affonda il biscotto nella tazza, lo lascia galleggiare un po’ e poi lo recupera con il cucchiaino d’argento posato sul piattino di porcellana.
-Ti manca, vero?
-Da morire.
-Dovresti andare da lui.
-Non voglio lasciare Brian adesso. Tra un po’, magari, quando comincerà a non sopportare di avermi attorno mentre lavora.
Dom ride, facendosi bastare il tono allegro con cui Matt ha pronunciato l’ultima frase anche se è consapevole che sia un po’ forzato.
-Facciamo così.- esordisce subito dopo, propositivo. Matthew si fa attento.- Fammi sapere quando Brian ti rispedisce a casa, mi organizzo e vado a prendere Kate, Ryder e Bing. Così stiamo tutti assieme per un po’.
-Magari da me.- suggerisce immediatamente Matt, entusiasta.
-Certo. O possiamo tornare a Teignmouth. Dovrebbero esserci anche Tom e Jaclyn.- Storce il naso ad un’idea improvvisa.- Magari ci facciamo una vacanza, invece. Ce ne andiamo tutti assieme da qualche parte!
-Dom.
Lo guarda.
-Tu devi sempre prenderti tutti i miei casini fino in fondo, eh?
Dom arrossisce, imbarazzato, e scuote la testa.
-No, Matt. Non stavolta. – mormora a disagio, senza osare ricambiare il suo sguardo. – Kate mi piace un casino. …io…io penso che sia una cosa seria.
***
Casa di Stefan e Dave sa di “casa” nel senso pieno del termine. Matthew giudica quella cosa asetticamente, prendendone atto mentre entra dalla porta d’ingresso ed il profumo di ciambella alle mele lo investe. Diresti che hanno una “nonnetta” amorevole nascosta da qualche parte in cucina, una donnina che t’immagini piccola e con il visetto rotondo e che ti sforna dolci e manicaretti ad ogni pasto.
In realtà, Brian gli ha confessato che Stefan è un fanatico di cucina ed è l’autore di quasi tutte le leccornie che lui e Dave servono a cene come quella.
Una cena tranquilla, per la precisione. Una cenetta per quattro con vino leggero, chiacchiere piacevoli ed una tavola discreta allestita direttamente in cucina, per rendere il tutto più familiare ma anche più comodo.
-Avresti dovuto sposarlo tu.- afferma Matt all’orecchio di Brian, additando di nascosto il bassista che si muove tra i fornelli scambiando convenevoli zuccherosi con il compagno.
Brian rabbrividisce, visibilmente orripilato.
-Matt. Chiariamo un concetto. Il rapporto tra me e Stef non somiglia neppure lontanamente a quello tra Stef e Dave.- afferma perentorio.
-Sedetevi pure, ragazzi. Dave sta portando a tavola gli antipasti.
-C’è un ordine?
-Sì, “dove preferisci”.- esplica Dave mettendo a tavola una terrina con quelli che sembrano piccoli involtini di verdura e formaggio.
Il profumino allettante ricorda a Matthew che non mangia dal mattino. Afferra la sedia più vicina e ci si lascia cadere con un sospiro soddisfatto.
-Prenderò venti chili, stasera, lo so già!- esclama.
Stefan ride mentre Brian gli dice che “no, non sta scherzando affatto e non lo ha mai visto mangiare!”.
Cenano immersi in una conversazione semplice. Non ci vuole molto per trovare argomenti in comune, basta buttarsi sui soliti aneddoti da tour che strappano qualche risata sincera e stimolano ricordi similari in chi ascolta. Rimangono a tavola dopo aver finito il dolce, sorseggiando il caffè che Brian prepara con la moka italiana in modo impeccabile.
-Mio padre mi dava il tormento per farlo bene, quando ero piccolo!- ride divertito.
Matthew posa la tazzina sul piattino di ceramica, assaporando il gusto del caffè sulla lingua e ricordandosi di quello che preparava Gaia e che era sempre troppo forte, tanto che alla fine aveva imparato a farlo lui pur di non doverle dire “tesoro, lo prendo al bar sotto casa”. Ride. Quando si volta, Brian lo fissa interrogativo ma lui scuote la testa per dirgli che non è nulla di importante.
-Allora. Cos’è questa storia che vuoi venire in tour con noi?
La domanda di Stefan viene lasciata cadere con una casualità talmente perfetta da essere sapientemente studiata. Matt allarga lo sguardo, sorpreso, non avrebbe mai pensato che Brian ne avesse parlato con gli altri. Adesso il bruno sminuisce la cosa, nervoso, e scocca un’occhiataccia al proprio bassista, che lo ignora.
-…non…cioè, non è indispensabile se la considerate una cosa fastidiosa…o sciocca.- balbetta Matthew, leggermente a disagio nel silenzio carico di attesa che si è creato.
-Non saprei. Non mi pare fastidioso. E sicuramente, non c’è niente di sciocco.- considera Stef a voce alta, voltandosi a cercare lo sguardo di Dave per vedere confermata l’opinione che sta esprimendo. Lui annuisce semplicemente.
-E’ assurdo.- sibila Brian a mezza voce, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Matt ruota lo sguardo da lui, arrabbiato, a Stefan, ancora in paziente attesa.
-Perché?- insiste puntigliosamente dopo aver terminato quella rapida analisi.
Brian s’irrigidisce sulla sedia.
-Matt, ne abbiamo parlato fino allo sfinimento…- inizia sforzandosi di suonare pacato e ragionevole.
-E non mi hai ancora fornito una sola motivazione tranne questo tuo “è assurdo” ripetuto come una cantilena.- osserva Matthew.
-Perché è assurdo!- s’impunta Brian.
-E’…strano.- conviene Stefan.- Sarà un po’ straniante per tutti, immagino.- prosegue tranquillo.- In sé e per sé non credo dovrebbe cambiare molto per noi. Per te…beh, non sarà molto diverso da una gita un po’ lunga!- ridacchia.
Matt sorride a sua volta, felice di avere l’appoggio di Stefan. Ma quando torna a guardare Brian, si accorge che non è convinto. Decide di cambiare argomento, cercando a caso tra le cose più stupide a cui riesce a pensare. E’ felice che gli altri accettino di andargli dietro senza insistere.
***
Matthew parcheggia l’auto davanti al cancello del complesso residenziale dove vive Brian. Lui guarda fuori dal finestrino senza risolversi ad aprire la portiera e scendere, così decide di approfittarne.
-E se vieni a dormire da me, stanotte?- suggerisce.
Brian sbuffa insoddisfazione. Cerca una sigaretta in tasca continuando ad evitare di guardarlo, Matt non ci bada e si limita ad aprire i finestrini da entrambi i lati dell’auto mentre l’altro accende.
-Sono stanco.- lo informa Brian, soffiando fuori il fumo.
Matt ride.
-Ho detto “dormire”.- concede facilmente.
Brian gli scocca un’occhiata maliziosa da sopra la sigaretta.
-No, dai, domani devo andare in sala con gli altri e sono già le quattro e mezza. Da qui sono più vicino.
-Allora resto io?
-Credevo che ormai odiassi questo appartamento…
-Odio Londra. Ed è colpa tua, penso.
-…vivi a Londra…
-Nah. Vivo in cima ad una collina sperduta, nel mezzo della campagna, in una casetta con lo steccato.
-Ed hai una nipotina con una mantellina con il cappuccio rosso che viene a portarti i dolcetti quando sei tanto malato.
La risata di Matthew è più aperta ed espansiva, stavolta. Brian si lascia contagiare, facendogli eco; scuote la testa e scrolla fuori dal finestrino la cenere della sigaretta.
-Andiamo.- acconsente brevemente, accennando in direzione della strada.- Sai che domattina ti toccherà accompagnarmi, vero?
-Se accetti di venire a vivere con me, sono disposto a cambiare lavoro e farti da autista ogni singolo giorno della tua vita.- afferma Matt tranquillamente, accendendo nuovamente il motore.
-Bellamy, sei un cretino.
-Eviteresti, cortesemente, di chiamarmi Bellamy?
-Puoi venire, comunque.
Matt lo guarda. Brian sta facendo l’ultimo tiro dalla sigaretta prima di buttarla fuori. Rabbrividisce leggermente, protestando a mezza voce per il freddo sollevando nuovamente il finestrino.
-…cosa?- mormora Matthew.
Brian si volta a guardarlo brevemente.
-In tour. Puoi venire.- circostanzia.- Se non hai cambiato idea, s’intende.
-Non l’ho cambiata.
-Allora, puoi venire.- ribadisce Brian, stringendosi nelle spalle e fingendo un’indifferenza che Matt sospetta sia estremamente fasulla.
Preferisce non farglielo notare. Non è l’entusiasmo travolgente in cui sperava, ma l’opposizione ferma che l’altro gli ha manifestato per un mese è stata sufficiente a fargli capire che quell’entusiasmo non lo avrebbe visto comunque.
E poi, non sarebbe stato da Brian!
Sorride a quel pensiero, badando che lui non lo veda perché è quasi certo che lo troverebbe un ottimo spunto per litigare. Brian è stato fin troppo arrendevole con lui, stasera, difficilmente il suo orgoglio ne manderà giù altre. Per cui, meglio evitare di sfidare la sorte.
 
Nota di fine capitolo della Nai:

E siamo a due. Manca un capitolo alla fine, finissima. Salvo ripensamenti…o meglio…salvo che trovi il tempo per una cosa che, comunque, vedrà la luce in funzione del prossimo Natale. Siamo ancora a febbraio…
Beh, spero che vi siate divertite anche stavolta.
Grazie infinite a tutte, perché siete davvero splendide.
MEM

  
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