Una one shot ambientata nell'ultimo periodo di scuola dei Malandrini.Mi è venuta oggi pomeriggio,mentre leggevo dialoghi di un ex pirata e un ex educatore.E ovviamente,mi sono venuti in mente i miei due carissimi Sirius e Remus.La loro amicizia mi ha sempre affascinata tantissimo...Cosa strana,la storia mi piace!Ci terrei davvero tantissimo se commestaste.Per me è importante sapere ciò che pensano gli altri di quello che scrivo.Sono ben accette anche critiche negative.Pleeease la storia non dovrebbe rubarvi molto tempo.Spero di sentire le vostre voci...ora vi lascio alla torre più alta xDD
-E' disumano!Non è possibile che
tu abbia sempre una parola da dire. La parola giusta per di più! Oppure
sei capace di farci capitolare con un solo sguardo. Sei un maledetto
filosofo,Remus.-
Remus rise al
parlare concitato dell’amico.
-Sul serio?Non mi ci
riconosco nelle tue definizioni,Sirius. A volte mi trovo in seria
difficoltà nello scegliere queste parole giuste. Però…vi voglio bene,in
fondo-
-già…anch’io…-
Detto questo,lo
sguardo di Remus si perse lontano,oltre il parco e la foresta. Oltre
chissà che cosa. Perso. Alla vigilia della loro ultima settimana a
Hogwarts si sentiva perso come non mai. Era stato lì che,per la prima ed
unica volta in vita sua,aveva avuto degli amici che gli volevano bene,che
lo apprezzavano. Lo accettavano,con semplicità. James. Sirius. Peter. I
Malandrini. Avrebbero rinunciato a quella convivenza forzata e a quel
cameratismo che ora gli sembravano la cosa più bella del mondo,avrebbero
rinunciato alle serate passate ad elaborare scherzi più o meno innocenti,e
forse avrebbero anche messo da parte la loro inguaribile voglia di
divertirsi. Tutto quello per affrontare ciò che si preannunciava loro,in
quella che tutti,con una spaventosa cadenza nella voce,chiamavano la “vita
reale”. Ma non poteva separarsi dai suoi amici,non sopportava
l’idea.
-adesso,invece,sei
particolarmente impegnato in pensieri dalla dubbia legittimità che non mi
è dato conoscere. È così?-
Certo che quando ci
si metteva,Sirius poteva essere davvero una spina nel
fianco.
Una spina nel fianco
piacevole,però.
-forse ti è dato
conoscerli,Padfoot…d’altronde…non conosco nessun altro che si vanta di
detenere i diritti di mio migliore amico accanitamente quanto te.
–
-e ho ragione,eccome
se ne ho!-
-se lo dici
tu…-
-e dai Moony…senza
di me non avresti mai dormito nell’ufficio di Ruf - oddio te la ricordi
quella notte!- e non avresti mai arricchito il tuo curriculum di
Malandrinate e,per Merlino,non saresti nemmeno qui seduto a un passo dal
baratro sulla Torre di Astronomia-
-hai ragione…anche
se mi sento in dovere di puntualizzare che senza di me non ti ricorderesti
nemmeno la collocazione della Torre di Astronomia,dato che sicuramente
saresti stato bocciato all’incirca…si,direi al secondo
anno…-
I due risero. Remus
gettò la testa all’indietro,lasciandosi pervadere dai ricordi che quelle
parole gli rievocavano. Le serate trascorse ad inculcare a Sirius i nomi
di tutte le lune di Giove,accompagnati dalle battute ironiche di James e
le risate di Peter,o la famosa notte nell’ufficio di Ruf che era stata
un’idea di Sirius e a sentire lui,era la cosa più bella che avesse mai
fatto.
-Ma io giuro che
eravamo venuti solo per raccogliere materiale sulle guerre dei Giganti,lo
giuro!- le bugie al volo di James
-Esatto!E
poi…abbiamo finito per addormentarci…-Peter rincarava la
dose
-Ma non volevamo,sul
serio-aveva detto Remus nel tentativo di placare le
acque.
-E’ che Moon…cioè
volevo dire Remus Lupin ci ha assicurato che di notte si studia di gran
lunga meglio- Sirius aveva sfoderato un sorriso a trentadue denti e quella
era di certo la sua parte preferita dell’intera storia,mentre Remus
cercava di tirargli un calcio al di sotto della
veste.
Ruf aveva sbuffato
–Dite a questo Lepus Rumin che si sbaglia di
grosso!-
Dopodiché aveva
sbattuto la porta ai quattro Malandrini
ghignanti.
Ritornò al presente.
Seduto accanto a Sirius sulla torre più alta,con i piedi che penzolavano
giù sfidando la vertigine.
-Pensavo a noi-
disse improvvisamente Remus –a cosa ne sarà di noi,ecco. Usciremo di qui,e
poi?Cosa ne sarà dei Malandrini?-
Sirius ghignò ma
anche nel suo sguardo si era acceso danzando un primo barlume di
malinconia.
-Non ne ho la più
pallida idea. Ma so che io non sono Sirius Black senza di
voi.-
-Ed io non sono
Remus Lupin,detto Moony,il Lupo Mannaro più temibile nel raggio di
miglia.- disse a metà tra il divertito e
l’amaro.
Sirius
sorrise.
-Ti ci
vedo,Moony…-
-Cosa?Che faccio a
pezzi il panorama nel giro di miglia?- scherzò
Remus.
-No- ribattè
Sirius,pensoso –sposato. Con una donna intelligente,ma non filosofa come
te,assolutamente no. Solare,ecco. Tu che ne dici?Con un figlio
magari…-
-Si…e magari
suddetto pargolo avrà terrore costante delle visite dello zio Padfoot che
gli racconterà le storie spaventose della sua
adolescenza…-
-No no,non credo che
le mie avventure dovrebbero essere un dramma paragonate alle tue…- Sirius
sghignazzava.
-E tu che hai
intenzione di fare?Sposato,Padfoot. Con una donna… paziente,innanzitutto.
E molto matura.-
-paziente…uhm hai
detto bene,Moony…o non sopporterà le incursioni notturne degli amici in
casa mia.-
Sghignazzarono un
altro po’.
-E che dici…la Evans
ci sopporterà?- Sirius gettò uno sguardo al
parco.
Lì,piccoline ma
assolutamente riconoscibili,c’erano le sagome di James e Lily che
camminavano costeggiando il lago.
-Povera Lily –
sospirò Remus – all’età di sessant’ anni Prongs non si stancherà mai di
dirle quanto è bella appena sveglia. O semplicemente di ridere. O di
invitarci a colazione ogni qualvolta gli va-
risero.
-Povera Evans…chissà
se le sue colazioni saranno all’altezza di quelle di casa Potter -rincarò
Sirius.
Il tardo pomeriggio
volgeva al crepuscolo e attimo dopo attimo le stelle cominciavano a fare
capolino nel lucido cielo blu pervinca. Nemmeno una nuvola velava
l’orizzonte. Il tempo scorreva inesorabile.
-Non voglio
invecchiare- esordì Sirius.
- Dev’essere così
strano…svegliarsi e andare al lavoro,giorno dopo giorno. Non andare in
Sala Grande e non avere l’intera Hogwarts
davanti…-
-Una mappa e un
mantello non basteranno più a salvarci la
pelle-
-E sarà tutto mille
volte più pericoloso,maledizione…-
-Che
pensieri,Moony!Siamo giovani,abbiamo una lunga vita davanti! Sono certo
che troveremo il rimedio…e resteremo uniti…-
Remus gli sorrise.
Forse l’amico non sapeva quanto quelle parole gli scaldassero il
cuore.
Stettero per un po’
in silenzio,a guardare solo le loro gambe penzolare giù,mentre eccitazione
e paura di cadere si mescolavano dentro di
loro.
- Com’è che ti senti
adesso,Padfoot?
-Pronto.
Dannatamente pronto,Moony. Voglio vivere,voglio sapere cos’è vivere anche
fuori di qui. E,non vorrei dirlo,però mi sento anche maledettamente
malinconico. So che questo posto mi mancherà come nient’altro al
mondo.-
Il silenzio fece da
struggente complice a quelle parole.
-E tu come ti
senti,Moony?-
Remus non dovette
pensarci molto.
-Io mi sento solo
perso,Sirius,infinitamente perso. Non so dove andare- aggiunse in risposta
allo sguardo interrogativo dell’amico –non so se troverò un altro posto in
questa società che mi accetterà e che…beh,che magari mi apprezzerà. Non so
se riuscirò mai a essere me stesso come lo sono stato in questi sette
anni. E questo mi spezza il cuore. Non sono mai stato felice come adesso.
E ho la consapevolezza che non lo sarò mai più. Volente o
nolente.-
Sirius lo guardò
scettico…-Perso…- ripeté…
Remus guardò
nuovamente l’orizzonte. Una stella brillava candida proprio davanti a lui.
Un mucchio di persone diceva che guardare le stelle voleva dire speranza.
E Remus cosa sperava?Non se l’era mai chiesto davvero. Poi però pensò a
Peter –che in sala comune cercava di rivedere le ultime cose per gli esami
imminenti,a James,giù al parco con l’amore che aveva sempre sognato,a
Sirius accanto a sé…e riguardò quella stella incredibilmente lucente.
Forse un’idea ce l’aveva.
Si voltò di nuovo
verso il suo amico.
-La sai una
cosa,Padfoot?-
Sirius si voltò a
guardarlo.
-Mi sento perso.
Eppure non mi sono mai sentito così a casa. -
L’amico
ghignò.
-Maledetto
filosofo-
Remus abbozzò un
sorriso.
-Maledetto
cagnaccio.-
Sirius gli mollò un
calcio non proprio amichevole.
-come mi hai
chiamato?-
-e dai
Padfoot…quando la smetterai di essere così
suscettibile…-
-in verità non è nei
miei programmi immediati…-
-lo immaginavo
brutto cagn…-
-non ho
sentito…-
-niente,non ho detto
niente-
E giù a
ridere,ancora,infinitamente.
Anche quando la
notte scese su quell’amicizia che non sarebbe mai
finita.
Fino all’ultima
speranza.
Fino all’ultima
stella.