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Autore: HellWill    22/02/2014    1 recensioni
(Commission per GinkoKite (http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=99574)
I personaggi e il contesto in cui si muovono sono completamente inventati da lei e pertanto appartengono a lei.)
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Commission per GinkoKite (http://ginkokite.deviantart.com/).
I personaggi e il contesto in cui si muovono sono completamente inventati da lei e pertanto appartengono a lei.


«...e quindi con un colpo in faccia li ha stesi!»
«Non è andata esattamente così» protestò Hikaru ridendo, ma il bambino non lo considerò nemmeno.
«E poi così!» diede un colpo all’aria con il bastone che aveva in mano, mentre i suoi compagni saltellavano e lo imitavano, stendendo le braccia e dando pugni qui e lì al nulla. «E così!» diede un calcio e quasi perse l’equilibrio: Hikaru, ancora ridendo, lo riacchiappò giusto in tempo e ammiccò. Il bambino non si scompose e incrociò le braccia, con difficoltà visto il bastone che ancora stringeva in  mano. «E poi si è sbaciucchiato con la Boss» tese le labbra al nulla e poi fece una faccia schifata: tutta la sua platea scoppiò a ridere e Hikaru li guardò divertito. Tutti i bimbi si aspettavano una smentita anche di quello, eppure l’uomo incrociò le braccia ed annuì con convinzione.
«Sì, questa è andata proprio così!» confermò, e tutti i ragazzini intorno a lui esplosero:
«Bleah!».
«Come hai potuto!?».
«Oh no! Dopo un combattimento così!».
«Ah, davvero è andata così? Me la devo essere persa».
Hikaru si voltò verso la nuova arrivata: Ginko si scostò i capelli bianchi dal viso, evidentemente divertita, ma si schiarì la voce e socchiuse gli occhi carmini, improvvisamente seria.
«Kite-chan! Ben svegliata» la accolse lui, facendole spazio sul prato. Il bambino che fino a quel momento aveva narrato si scostò, intimidito, e Ginko lo osservò senza muoversi.
«Di cosa parlavate?».
«Della nostra ultima avventura» le annunciò Hikaru, ridacchiando. «Un po’ romanzata, ma..»
«Un po’?» Ginko sollevò un angolo delle labbra in un sorriso sarcastico. «Ma no. Credevo che ci fossimo davvero sbaciucchiati dopo che tu avevi dato calci e pugni a chiunque» ironizzò, spostando poi lo sguardo sulla platea. I bambini si irrigidirono e arretrarono di un passo.
«Mi scusi, Boss» mormorò quello che aveva parlato in un primo momento. Ginko lo guardò per qualche istante, poi socchiuse gli occhi e si sedette accanto ad Hikaru, che le gettò un’occhiata in tralice.
«Sei perdonato. Ora, se volete, vi racconto la storia vera» propose, lisciandosi il kimono mentre i bambini si guardavano fra loro, ammutoliti e sorpresi.
«Sì!»
«Sì, racconta!»
«Molto bene. Vi conviene sedervi, però» li avvertì, schiarendosi la voce. I bambini ubbidirono, trepidanti, e la guardarono ad occhi sgranati, in attesa che cominciasse a narrare. «Questa è la storia.. di come io sia morta e tornata dall’aldilà per la mia vendetta» sussurrò con fare misterioso. I pargoli spalancarono gli occhi e Hikaru alzò gli occhi al cielo, divertito. Ginko, osservando la sua platea sotto il metro e mezzo d’altezza, batté lentamente le palpebre, soddisfatta.
«Scar stava per essere ucciso come uno stupido dal cattivo di turno» iniziò, e Hikaru spalancò la bocca; lei gli mise una mano sulle labbra, zittendolo ancor prima che proferisse parola, e continuò: «Ma il brutto e cattivo bastardo non aveva alcuna intenzione di uccidere me... mi voleva tutta per sé!» chiuse il pugno davanti ai bambini, che sussultarono.
«E poi?» chiesero con un filo di voce. Ginko si scostò nuovamente i capelli bianchi che le erano andati davanti agli occhi.
«Scar non poteva lasciare che ciò accadesse... noi siamo legati per la vita, e un giorno proteggeremo insieme entrambe le nostre famiglie» disse seria, e Hikaru incrociò le braccia con un sorriso sorpreso. «Ma il bastardo non voleva me per proteggere la sua famiglia... no. Lui voleva il potere, i soldi, ed era disposto a tutto pur di avere ciò che desiderava!» esclamò teatralmente, conquistando in quel modo anche i pochi che si distraevano. «Il bastardo, però, sapeva che non poteva sperare di mettere le mani sul potere finché Hikaru fosse stato in vita.. così lo voleva uccidere. E questo idiota» disse, rivolgendo un’occhiata divertita a Scar, che inarcò un sopracciglio. «stava per rimetterci le penne.. se solo non mi fossi messa fra lui e il colpo di pistola che doveva ucciderlo» completò, soddisfatta nel vedere i bambini sgranare gli occhi.
«È per questo che hai i capelli bianchi? Sei un fantasma?» chiese un bambino, incredulo, e Ginko inarcò un sopracciglio senza rispondere: il suo piccolo interlocutore si zittì.
«Il bastardo si sparò da solo, per la follia che io stessa gli avevo iniettato nelle vene» disse, agitando una mano con fare noncurante, ma i bambini arretrarono un po’ con i sederi per terra, nel sentire quelle parole. «Hikaru mi portò via... e io mi risvegliai fra le sue braccia. Lì, il vostro capo si è dato alle smancerie, subito abbandonato dalla sottoscritta mentre vomitava zucchero» disse infastidita, mentre i bambini esultavano.
«Questo finale è meglio!»
«La boss!»
«Kite-sama è fantastica!»
«Ehy, ehy, non è andata proprio così!» protestò Hikaru, aggrottando le sopracciglia, ma i bambini lo sommersero e Ginko si concesse una risata.
«E invece è andata proprio così!» annuì, alzandosi dall’erba: i bambini si scostarono da lei e, dopo aver eseguito una piccola riverenza e averla ringraziata per la storia, corsero via, combattendo fra di loro con i bastoni, annunciando le proprie ‘mosse’ con fantasiosi nomi inventati sul momento. Ginko li osservò giocare con un sorrisetto appena accennato, mentre Hikaru la osservava dal prato, semi-steso dopo l’assalto dei bambini.
«A cosa pensi?» chiese a bassa voce, scuotendola dalla contemplazione del parco e del quartiere prettamente tradizionale da cui era circondato; dopo qualche secondo si decise a rivolgere lo sguardo ad Hikaru, che le sorrise appena.
«Alle espressioni che fai con i bambini» gli disse lei, atona, e lui inarcò un sopracciglio.
«Che espressioni faccio?» chiese, incuriosito.
«Sei tutto facce strane ed esagerate. Ti trovi bene con i pargoletti, no?» lo sfidò a negarlo, ma lui non sembrava averne l’intenzione.
«È la mia famiglia. Non vedo perché mai non dovrei av-».
«È solo strano» disse lei, fredda, distogliendo lo sguardo e lasciandolo vagare sulla superficie del laghetto: fra le piccole increspature create dalla cascatella artificiale vagava qualche petalo di fiori di ciliegio, a volte scambiati per insetti dai pesciolini rossi. La ragazza sobbalzò quando sentì una mano sulla spalla, e si voltò di scatto: Hikaru seguiva il suo sguardo e osservava anche lui i pesciolini, l’acqua e tutto il resto... ma lei aveva improvvisamente perso ogni interesse per quel quadretto di Giappone tradizionale. Tutta la sua attenzione era assorbita dal profilo inconfondibile dell’uomo che era accanto a lei, con un braccio attorno alle sue spalle, e che fissava imperscrutabilmente ciò che aveva davanti.
«È strano... avere una famiglia?» mormorò, con voce così bassa che fu quasi inudibile. Eppure Ginko si spostò di scatto, come se le avesse appena urlato contro, e lo fissò con espressione indecifrabile. Era strano avere una famiglia? Forse sì, lo era.. per lei. Ma non poteva rispondergli in quel modo, dopotutto. Forse non poteva dirgli proprio nulla. «È così strano, per te, sapere di essere amata?» le chiese, con tono più dolce, e stavolta Ginko fu visibilmente infastidita dalla domanda.
«No. Tutti mi amano» rispose, e si voltò per andarsene; ma Scar fu più veloce, e le afferrò un polso. Pur sapendo che avrebbe potuto liberarsi in poco, Ginko non aveva la minima voglia di farlo: lasciò che lui la voltasse per guardarla negli occhi carmini.
«Ma non così» sussurrò lui, stringendo le palpebre, e lei chiuse gli occhi. Era vero, non così. Non in quel modo assurdo e dolce. Il suo mondo era sempre stato di morte, vendetta, sangue... cosa se ne faceva di un amore simile? I suoi amori erano sempre stati passione e desiderio per il puro potere, nessuno l’aveva mai amata per ciò che era. Tutti amavano e temevano il Bossu, ma Ginko? Se le si fosse chiesto chi era Ginko, nemmeno lei avrebbe saputo rispondere.
“Occhi rossi, capelli bianchi, cuore nero”. Forse avrebbe risposto così. Ma ad Hikaru avrebbe mai potuto dire quella frase? Riaprì gli occhi e li piantò in quelli di lui, fissi, immobili, come se ne dipendesse la sua vita. Respirò e batté le palpebre. Poteva dirla?
«Ma non così» ammise a denti stretti.
No, non poteva dirla. Forse perché semplicemente risultava molto difficile mentire ad Hikaru, soprattutto quando lui la guardava in quel modo. Ma se lui avesse detto la verità, quando diceva di amarla, allora avrebbe anche saputo aspettare.
   
 
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