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Autore: Mariposa81    22/02/2014    3 recensioni
“Per questo” riprese Soun perentorio “abbiamo deciso che da questo momento il fidanzamento è rotto”
*
La mia storia è una prosecuzione del Manga che diciamoci la verità ha lasciato un po' tutti con l'amaro in bocca. Tante volte mi sono chiesta: ma se la Takahashi avesse continuato a disegnare come sarebbe andata a finire tra quei due? Bè, questa volta a mettere il bastone tra le ruote nei i cuori di Ranma e Akane saranno proprio i loro stessi padri con risultati....inaspettati....tanto da far ricomparire anche una loro vecchia conoscenza.
Se vi ho incuriosito abbastanza non vi resta che leggere la mia fanfic che è la prima in assoluto quindi siate clementi... ;)
Spero tanto che vi piacerà!
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Genma Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Shinnosuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non eravamo amici, nemmeno fidanzati.
Ma eravamo qualcosa.
E quel qualcosa mi piaceva.
(Anonimo)



Akane spinse via Shinnosuke bruscamente.
*Che cosa ho fatto…..* pensò sgomenta, come se nel cuore della notte un brutto sogno le avesse appena fatto aprire gli occhi.
“Ranma…” mormorò il ragazzo di Ryugenzawa tra i denti, con l’amarezza di trovarsi nuovamente davanti il suo rivale.

Ranma era nero in volto e stava tremando dalla rabbia. Era avvolto da un’aura blu scuro che gli volteggiava intorno al corpo come se stesse bruciando. Akane l’aveva visto poche volte così adirato ed ogni volta era andata a finire molto male per il suo avversario.

“Maledetto bastardo!” urlò lanciandoglisi addosso. Il suo movimento fu talmente rapido che Shinnosuke non ebbe nemmeno il tempo di alzarsi. Fu trascinato all’indietro per alcuni metri raschiando la schiena sulle tegole dure, sovrastato dal suo avversario, che aveva iniziato a colpirlo spietatamente. Tentò invano  di schivare i suoi pugni ma, in quella posizione e con Ranma che non gli dava tregua, era quasi impossibile. Ben presto sentì in bocca il sapore metallico del sangue e la vista iniziò ad appannarsi.
 Akane fissava la scena immobile e spaventata: Ranma sembrava impazzito.
“Ranma fermarti! Così l’ammazzi!!” gridò in preda al panico.
La voce di Akane lo scosse riportandolo alla realtà, come un interruttore che spegne la luce in una stanza creando il buio, così lei aveva troncato di colpo tutta la sua carica adrenalinica creando il nero nel suo cuore. Si bloccò con le braccia a mezz’aria osservando sorpreso il volto di Shinnosuke, poi le sue mani insanguinate. Si sentì girare la testa.  
*Non sono un assassino* pensò barcollando all’indietro mentre si allontanava a passi incerti da quel corpo martoriato.
Posò gli occhi su Akane solo per un attimo. La sua espressione era indecifrabile: tormentata, colpevole, terribilmente sofferente. Prima che lei potesse dire qualsiasi cosa, le diede le spalle e spiccò un lungo salto verso il tetto della casa di fronte.
 “Ranma  aspetta!” gridò tendendo la mano in un gesto che era arrivato troppo tardi, perché Ranma già non si vedeva più.

Akane voleva immediatamente corrergli dietro ma i suoi occhi si fermarono sul corpo inerme di Shinnosuke;  Ranma doveva aspettare. Ricacciò indietro le lacrime con quanta forza aveva in corpo e si inginocchiò  accanto al ragazzo per soccorrerlo. Il suo volto sembrava un campo di battaglia: diversi tagli coloravano di rosso il bel viso del giovane mentre lo zigomo destro si stava gonfiando a vista d’occhio assumendo un colore violaceo.
“Mi…mi dispiace Akane!” riuscì a mormorare.
“Non ti muovere vado a prendere la cassetta del pronto soccorso”
Akane corse in casa. Mentre saliva, le scale due gradini per volta, intravide con la coda dell’occhio il signor Genma seduto in soggiorno di fronte a suo padre. *Probabilmente staranno piangendo come due bambini* pensò biasimandoli. Del resto anche lei voleva piangere. Ranma era finalmente tornato e l’aveva appena vista baciare un altro, ma lei quel bacio non lo voleva. Doveva spiegargli tutto. Doveva trovarlo.
La piccola Tendo poggiò il ghiaccio sulla parte gonfia del viso ed iniziò a disinfettare le ferite ma davanti a lei non c’era Shinnosuke. C’era Ranma, con i suoi occhi infuriati che la giudicavano. *E se non mi perdonasse?* Aveva un nodo in gola così grande che non riusciva a parlare.  Nemmeno davanti al suo amico ridotto in quel modo non faceva che pensare a lui.
Il ragazzo con la fascia bianca teneva gli occhi chiusi; non voleva che Akane vedesse la sua espressione addolorata. Finalmente aveva capito e si sentiva uno schifo per quello che le aveva fatto.  
Le sue palpebre si aprirono ma i suoi occhi non cercarono quelli di lei, si limitarono a fissare il punto in cui era scomparso Ranma. Nel silenzio della notte disse solo due parole.
“Vai Akane”
“Come?”
“Vai da lui. Io…io starò bene”
Annuì. “Grazie Shinnosuke  e ….perdonami”.  Si mise subito in piedi fermando con una mano la sua gonna rossa che il vento cercava di sollevare. Balzò giù dal tetto ed iniziò a correre cercando di seguire la stessa direzione che aveva preso Ranma.
“No, sei tu che devi perdonarmi” bisbigliò il ragazzo al vento mentre una lacrima scendeva a rigargli il viso malconcio.
*Nemmeno con la magia sono riuscito a spezzare il vostro legame*
Tentò di rimettersi in piedi sollevandosi sui gomiti. “Hai!” esclamò dolorante. *Quel Ranma è davvero geloso. Spero almeno che riuscirà a dichiararsi*

Ormai stava per albeggiare e Ranma Saotome non si trovava da nessuna parte. Il vento continuava a far correre in cielo le nuvole sempre più scure, facendole giocare a nascondino con il sole che timidamente cercava di sorgere. Akane correva per le strade di Nerima guardando a destra e a sinistra, ma in giro non si vedeva nessuno. Era troppo presto e la città dormiva ancora. Si fermò un attimo sul ponte bianco che attraversava il canale per riprendere fiato e ad un tratto lo vide: era seduto sull’erba, lungo il letto del torrente, che scagliava con rabbia sassi nell’acqua limpida.  
La ragazza gli si avvicinò piano da dietro ma prima si fermò a guardare la sua figura: la sua forte schiena a cui spesso si era aggrappata, avvolta nella solita camicia cinese, il codino nero che gli scendeva tra le scapole. Quanto gli era mancato tutto questo? Il cuore le stava battendo nel petto ad un ritmo irregolare.
“Ranma….”
“Vattene Akane! Non voglio vederti mai più!”  esclamò lui senza nemmeno voltarsi.

Akane fece un passo indietro, vacillando. Un lampo illuminò il cielo seguito da un tuono che squarciò la barriera del suono. Anche dentro di lei qualcosa si era squarciato, rotto, andato in mille pezzi.
Piccole gocce, come tante piccole lacrime, cominciarono a cadere dal cielo annunciando quello che sarebbe stato, solo qualche minuto dopo, un forte temporale.
Era troppo. Il dolore la invase dalla cima dei capelli fino alla punta dei piedi. Si girò di scatto e corse via a perdifiato. Le lacrime scendevano dai suoi occhi mescolandosi alla pioggia che diventava sempre più forte. Nel giro di pochi minuti si ritrovò completamente fradicia. I capelli, del colore della notte, le si erano appiccicati al viso e i vestiti zuppi le facevano sentir freddo ma non le importava nulla. Non le importava più nulla. Voleva soltanto correre il più lontano possibile dall’unica persona in grado di portare il sole o scatenare un uragano nel suo cuore. Svoltò l’angolo, sapendo che sarebbe stata l’ultima volta, perché nella sua casa non sarebbe potuta più tornare. Doveva andare via. Scappare da quella città, dimenticarlo e ricominciare da capo. Salì in camera cercando di fare meno rumore possibile, gli atri stavano ancora dormendo. Buttò furiosamente qualche vestito dentro uno zaino e prese tutti i soldi che aveva dentro il salvadanaio a forma di porcellino. Ridiscese frettolosamente le scale ma al piano inferiore si trovò davanti Shinnosuke.
“Akane, che stai facendo? Dov’è Ranma?”
“Scusami ma vado di fretta!” disse oltrepassandolo a testa china, nascondendo le lacrime che aveva appena versato ma che sentiva già tornare.
Il ragazzo la scrutò dubbioso. Poi il suo sguardo si fermò sullo zaino che teneva dietro le spalle e l’afferrò per un braccio trattenendola.
“Stai partendo? Perché? Cosa è successo?”
“Voglio andare via da qui! Non voglio vedere più nessuno!”
“Ma dove andrai? Aspetta!”
“Lasciami andare Shin” esclamò strattonandolo e liberandosi dalla sua presa.
“Maledizione!”  esclamò il ragazzo guardandola correre via sotto la pioggia battente.
Shinnosuke si infilò l’impermeabile e si issò il cappuccio sulla testa. Stava quasi per uscire di casa ma una volta in giardino vide entrare Ranma dal portone di legno.
Lui lo fulminò con lo sguardo “Sei ancora qui? Non ne hai avute abbastanza?” ringhiò.
Deglutì a fatica l’orgoglio nonostante la grande voglia di replicare, ma lo doveva ad Akane.
“Idiota! Akane se n’è andata! Sta partendo per non so dove! Che diavolo le hai detto?”
“E perché lo stai dicendo a me? Perché non ci provi tu a fermarla?”
Il ragazzo abbassò la testa e un sorriso amaro, che gli fece doppiamente male, comparve sul suo viso ferito: “Perché non sono io quello per cui rinuncerebbe a partire”
Alzò lo sguardo e glielo piantò negli occhi: “Quel bacio…..è stato tutto un inganno” spiegò tristemente iniziando a raccontare tutto quello che era successo durante la sua assenza.
 
* * *

Akane camminava con passo svelto verso la stazione. *Maledizione per la fretta ho dimenticato l’ombrello! Bà! Poco importa ormai sono zuppa* Nemmeno il tempo di pensarlo e la pioggia che si era un po’ calmata riprese a scendere a secchiate. La ragazza si mise a correre cercando un riparo; entrò nel parco e si fermò sotto un grosso albero dalla fronda ancora ricca di fogliame sopravvissuta al rigido inverno. Sapeva che poteva essere pericoloso restare lì durante un temporale ma non gliene importava. In quel momento non le importava nemmeno di morire. Le parole di Ranma l’avevano terribilmente ferita. Poggiò la schiena sul tronco e rimase così, ad aspettare che i battiti del cuore tornassero regolari e il respiro rallentasse. L’acqua scendeva fitta formando un muro d’acqua davanti a sé e i suoi occhi velati di lacrime non le facevano vedere nulla. Si portò le ginocchia al petto e si strinse nelle spalle cercando di scaldarsi un po’, godendosi quel po’ di asciutto.


Ranma correva più in fretta che poteva verso la stazione di Nerima saltando muri, aiuole e qualsiasi altro ostacolo gli si parasse davanti. Le strade sembravano tanti piccoli torrenti a causa dell’enorme quantità d’acqua che si stava riversando dal cielo e i passi concitati di Ranma la tramutavano in spruzzi che si alzavano dal manto stradale. Akane non aveva detto dove si sarebbe diretta e se non fosse arrivato in tempo, forse non l’avrebbe rivista mai più. Sono uno stupido, pensò maledendosi mentalmente. Quando finì di ascoltare il racconto di Shinnosuke, due cose avrebbe voluto fare: ucciderlo per davvero, per aver usato un artificio sulla sua Akane e correre a cercarla. Ovviamente non c’era tempo per la prima. Era profondamente pentito per le parole dure che le aveva risolto. Come aveva potuto non fidarsi di lei? Doveva immaginare che c’era sotto qualcosa di losco ma in quel momento era così arrabbiato e deluso: vedere Akane tra le braccia e sulle labbra di un altro gli aveva fatto andare il sangue al cervello e non era riuscito più a ragionare.
 *Sicuramente starà piangendo* pensò con una stretta al cuore. Riesco sempre a farla piangere si disse correndo più forte.
Era quasi arrivato, doveva soltanto superare il parco e due ristoranti. Decise di attraversalo per fare prima; guardò distrattamente il grande albero davanti a sé pronto a proseguire oltre ma la sua attenzione fu catturata da dei colori troppo sgargianti per il luogo dove si trovava: il verde e il marrone delle piante e del terreno, il grigio del cielo e dei ciottoli sui sentieri del parco, il giallo e il rosso di una persona rannicchiata ai piedi dell’albero. Akane? Erano a qualche metro di distanza l’uno dall’altra ma lei non sembrava averlo notato. Ranma si sentì ad un tratto intimorito: gocce di pioggia gli scendevano dai capelli strisciando lungo il viso per poi cadere al suolo staccandosi dal suo mento, altre si posavano tra le sue ciglia. Si spostò la frangia da davanti agli occhi, in un gesto nervoso, per vederla meglio.
Non era preparato per parlarle, ma del resto non lo era mai. Cosa le avrebbe dovuto dire? Ammettere che era geloso? Che l’amava? Confessarle tutto?
Ma fu il destino a decidere per lui. Un fulmine si accese, creando una saetta che si schiantò dal cielo proprio davanti ai suoi occhi. Il tronco dell’enorme albero si spezzò in due parti uguali come se fosse stato tagliato da un coltello e non colpito da un fulmine. E’ incredibile quanti pensieri possono passare nella mente in una frazione di secondo, perché quello fu il tempo che ebbe Ranma per passare dal terrore di non riuscire a fare in tempo allo scatto quasi non umano che il suo corpo fece per salvare la ragazza, con il rischio di rimetterci la vita.
“Akaneeeeeeee!!!” urlò con quanto fiato aveva in corpo.

Akane non si accorse di nulla. Vide il cielo illuminarsi a giorno e sentì solo un gran frastuono. Qualcuno che urlava il suo nome e poi più niente. Solo la pioggia, di nuovo battente, che le colpiva il viso.
Probabilmente era morta e stava sognando perchè il profumo che sentiva l’avrebbe riconosciuto tra mille anche se era passato tanto tempo dall’ultima volta. Un piacevole calore le avvolgeva la guancia destra e il torace, come se qualcuno la stesse abbracciando stringendola al proprio petto. Belle sensazioni, guastate da un fastidioso dolore che avvertiva alla caviglia sinistra ma che la faceva sentire viva. Aprì lentamente gli occhi.

“Akane…..come ti senti,  ti fa male?”

Due occhi blu così vicini e apprensivi la fissavano con un espressione dolcissima.
Per non arrossire, girò lo sguardo sulla sua caviglia rimasta schiacciata da uno dei rami dell’albero che era stato appena distrutto. Un brivido di paura le percorse la schiena.
Voleva richiudere gli occhi e rimanere così, tra le braccia di Ranma, infischiandosene della pioggia, della caviglia e di tutto il resto. Ranma non lasciarmi più; avrebbe voluto dirgli solo questo, avrebbe dovuto dirgli solo questo. Ma una parte di lei, quella testarda, quella orgogliosa che spuntava sempre al momento sbagliato, non poteva ignorare quello che era successo. Sarebbe stato più facile cedere e perdonarsi tutto, fingere che andava tutto bene per poi ricominciare, di nuovo, giorno dopo giorno come se non fosse accaduto nulla, come se tra loro non ci fosse nulla, lacerandosi dentro lentamente.
No, questa volta:  O tutto o niente.

“Sto bene” gli rispose gelida interrompendo il contatto dei corpi e spezzando con un colpo di mano quel ramo che le stava bloccando la caviglia ferita.

“Stupida! Vuoi stare più attenta così rischi di farti ammazzare!”la sgridò tentando di scacciare con la rabbia la paura che l’aveva pervaso risultando come al solito privo di tatto.

Akane si rimise in piedi di scatto, grugnendo dentro il dolore improvviso di quel gesto così naturale. Sollevò di poco il peso del suo corpo dal piede sinistro scaricandolo sul destro, per cercare un po’ di sollievo e lo guardò dall’alto con aria di sfida:
 
“Sbaglio o mi hai appena detto di non volermi vedere mai più?” chiese tagliente con gli occhi che le bruciavano di rabbia e rancore.

Ranma la fissò sorpreso; l’aveva vista arrabbiata un mucchio di volte ma questa volta era diverso. Lei era diversa. Sembrava lo volesse sfidare; ma in cosa? Non certo a combattere, non con la caviglia conciata in quel modo. Lui comunque, non era certo tipo che si tirava indietro quando si trattava di competere. Si alzò dal terreno con un balzo e le si parò di fronte.

“E’ vero Akane l’ho detto! Ma non lo pensavo davvero!” Si guardò per un momento la punta dei piedi per dare al suo cuore il tempo di prendere coraggio e farlo parlare: “La verità è che ero furioso……..! Dannazione Akane, hai baciato Shinnosuke davanti ai mei occhi!”

Akane girò lo sguardo alla sua destra prendendo tempo. Ormai la città si era svegliata e ombrelli di diversa forma e colore correvano frettolosamente per le strade.
Akane soffiò aria dal naso, in uno sbuffo seccato. “E quindi? Non vedo dov’è il problema?”

A Ranma mancò un battito. Inghiottì cercando di non sembrare troppo nervoso, con scarsi risultati. “Ma…ma allora ti piace sul serio?” Non era sicuro di voler ascoltare la risposta ma ormai quella domanda era scappata dalle sue labbra ansiose.

Lei era decisa a non cedere di un millimetro, non immaginava nemmeno il tormento che stava provocando al povero ragazzo. Questa volta voleva andare fino in fondo. Questa volta voleva la verità con tanto di prove al seguito.
“Non penso che la cosa ti riguardi. Non siamo più fidanzati no?”

Ranma si sentì punto sul viso ed esclamò furente facendo un gesto di stizza con la mano:
“E quanto pare a te la cosa non ti dispiace affatto…!”

Lei alzò un sopracciglio con un espressione sarcastica in volto. “Perché a te sì? Te ne sei andato il giorno dopo la rottura del nostro fidanzamento senza dare nessuna spiegazione. Mi hai lasciato sola un mese intero! Un mese Ranma! Sei soltanto un codardo!”

“Codardo, io? Ma non ti sei accorta di niente? Non noti niente di deverso in me?” sbraitò lui frustrato

Era così arrabbiata e con il cuore a pezzi che non si era nemmeno accorta che davanti a lei c’era un ragazzo; un bellissimo ragazzo con i vestiti scuriti dalla pioggia e appiccicati addosso, che mettevano in risalto il suo fisico muscoloso, ciocche di capelli nere come la pece gli cadevano in modo sexy sugli occhi, quegli occhi profondi come il mare che la stavano facendo morire dal desiderio.
“Ma tu….non ti sei trasformato….. sei, sei stato alle fonti maledette!?” 
 
“Già e secondo te per chi credi che l’abbia fatto?”

“Non capisco….per me? Perchè? Oltre che codardo sei anche stupido! Ma non capisci che quel giorno io ti avrei sposato con o senza maledizione! Dannazione Ranma! Non hai mai capito niente di me! Niente!!” urlò delusa e voltandogli le spalle si allontanò  zoppicando in malo modo.

Lui restò un attimo impietrito. Aveva ragione, forse non aveva mai capito niente dei suoi sentimenti ma il fatto era che non aveva mai capito nemmeno i suoi.

“Akane aspetta!” gridò andandole dietro

 La ragazza cercò di affrettare il passo anche se così facendo la caviglia le faceva più male. Strinse i denti e continuò a camminare risoluta.
“Akane non te ne andare!

“E per quale motivo non dovrei?

“Perché…. io ti amo!”

Akane si fermò. Lo aveva quasi bisbigliato ma non si sa come quelle parole riuscirono a raggiungere lo stesso le sue orecchie, nonostante il picchiettare continuo della pioggia sulle cose.
Ranma vide Akane che lentamente tornava sui suoi passi. *Oh Dio, mi ha sentito?* pensò diventando completamente rosso e iniziando a sudando freddo.
Si fermò davanti a lui; teneva la testa bassa quindi non poteva leggere negli occhi la sua l’espressione. Era felice? Stava sorridendo? Era arrossita?

Lo schiaffo fu talmente forte che il rumore sulla pelle bagnata riecheggiò intorno a loro. Ranma rimase di stucco, con gli occhi sgranati e con la testa ancora girata di lato per la foga del contatto. In vita sua nessun colpo incassato in uno dei suoi combattimenti gli aveva fatto più male di quello schiaffo.
“Credi…credi…che io sia così stupida da cascarci un’altra volta?” chiese con la voce rotta e il corpo che tremava “Tanto lo so che domani fingerai di non averlo mai detto!”

Ranma restò immobile a guardarla mentre si allontanava nuovamente da lui e il mondo gli crollava addosso.  Cosa poteva dirle di più per trattenerla? Cadde in ginocchio con la testa e le mani in avanti sul terreno fangoso. Alla fine era riuscito a farsi odiare. E come poteva biasimarla. Come in un film gli passarono davanti tutte le scene in cui l’aveva trattata male, fatta ingelosire, usata per riuscire a tornare normale. Tutte le volte che le aveva mentito, nascondendole i suoi veri sentimenti. 
*Il cuore di Akane ti appartiene* riecheggiò nella sua mente la voce di Ryoga.

No, Ryoga, l’ho persa, ormai è troppo tardi, disse mentre la pioggia arrivò anche dentro i suoi occhi.
 
  
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