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Autore: Jeles    22/02/2014    0 recensioni
Il mio nome è Kaori, e in quelle giornate felici da ragazza libera avevo appena compiuto 17 anni, frequentavo il liceo di città, e non avevo la minima esperienza con l'altro sesso. Per quanto avessi avuto piccole cotte o sguardi di interesse, non ero mai riuscita ad arrivare a confessare il mio amore, o a stringere un rapporto con un ragazzo. Mai. Finché non ho conosciuto lei: Saki.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo | Contesto: Scolastico
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BIP. BIP. BIP. BIP. BIP. BIP.

"Se non ti alzi da quel letto vengo lì e ti butto giù! Donna avvisata, mezza salvata!".
La sveglia continuò a suonare per almeno cinque minuti, mentre io cercai di rigirarmi sul letto per riprendere il sonno, ma un suono di tonfi pesanti che salirono per le scale mi fecero balzare giù da quel comodo nido in un baleno.
“Arrivo, arrivo! Sono sveglia!".
Sbuffai e sbadigliai impiegando una manciata di minuti: la pigrizia è pur sempre un dono, dopotutto. Mi infilai le pantofole e mi trascinai lentamente verso il bagno. Mi lavai velocemente le mani, il viso, i denti, e pettinai velocemente quei corti capelli corvini che toccavano appena le spalle. Infine, mi infilai un cerchietto di seta rossastra con un largo fiocco che cadeva sulle ciocche: in questo modo ero pronta per il mio primo giorno di scuola del terzo anno, potevo uscire di casa evitando pretese su un abbigliamento più elegante per questo evento da parte di mia madre, e coprivano quella frangia orribile che mi ritrovavo. Dopodiché rientrai in camera per vestirmi e tirai fuori dall'armadio, dopo un lungo riposo durato qualche mese, la mia uniforme scolastica. E' forse l'unico elemento di valore che amavo della mia scuola. Perché la nostra divisa era composta da una sgargiante camicia bianca, una cravatta o un fiocco blu notte, un maglione nero per l'inverno, e una gonna a scacchi azzurri, neri e bianchi. Forse poteva sembrare un abbigliamento spento, ma io lo trovavo adorabile. Mi rispecchiava un po', e soprattutto possedeva il colore che io amo in assoluto: il blu.
Finii comunque di vestirmi, e scesi velocemente le scale per la colazione. Non con calma.
"... Cosa.. sono già quasi le 8? Mamma! Non potevi svegliarmi un pò prima?!".
Mia madre spuntò dal balcone con un sacco di indumenti in mano, e mi lanciò uno sguardo feroce.
"Svegliarti prima?! Ripetilo ancora e vedi come ti faccio volare a scuola! E' da mezz'ora che ti chiamo, mentre te ne sei rimasta a letto a dormire! La prossima volta comprati una seconda sveglia! Accidenti a te, Kaori.. No no! Niente colazione ora: fila fuori o perdi anche l'autobus!
Che vergogna, in ritardo il primo giorno di scuola..!".
Accennai uno sbuffo molto irritato, ma mi zittii subito non appena vidi quegli occhi indiavolati che mi fissarono: che mi interessi o no, la puntualità nella nostra scuola è sempre stata importante, e gli insegnanti erano rigidi al riguardo, perciò afferrai velocemente un toast che trovai sopra il tavolo, e mi diressi verso l'uscita di casa per infilarmi le scarpe. Sbattei la porta uscendo, e solo per quella volta, mia madre non ci badò più di tanto dato l'orario, per cui mi fiondai verso la fermata dell'autobus del paese. Non che ci fossero molte fermate in quel paese, a dir la verità, non avevo molta scelta, e mi sorpresi non poco quando avvistai lì il mio vicino di casa Sho.
"Sho? Sei proprio tu? Che ci fai qui a quest'ora?".
Lui mi sorrise quando arrivai alla fermata, e tossì un poco prima di rispondermi.
"Beh.. Oggi è il nostro primo giorno, e pensavo di andarci insieme..". Nascose un lieve rossore sulle guance, mentre la mano destra scosse quei capelli dorati, e tornò subito a fissarmi.
"..In verità cominciavo a pensare che probabilmente eri già a scuola, ma per fortuna sei qui!".
"Per fortuna? Ehi, sono in ritardo, a quest'ora dovrei già essere là! E anche tu.".
Sho si era trasferito con la sua famiglia nel nostro quartiere due anni prima. Venne ad abitare lì per poter frequentare il liceo della mia città, e sin dal primo giorno che lo conobbi si dimostrò gentile e cordiale. Non era esattamente il tipo di ragazzo che preferivo, dava l'idea di essere una persona debole che si faceva facilmente condizionare, e confesso che inizialmente non mi piacque neanche un pò, ma imparai a conoscerlo. Dietro le sue insicurezze si nascondeva semplicemente un ragazzo pieno di sogni e di desideri, e il suo era quello di diventare un fotografo professionista. Strinsi con lui una bella amicizia, e, dovendo andare nella stessa scuola, divenne un'abitudine percorrere la strada insieme, anche se di solito era lui che aspettava me fuori casa. Quel giorno ero convinta che mi sarei dovuta sorbire i venti minuti in autobus da sola, ma per fortuna Sho era con me. Aspettammo qualche minuto in silenzio in quella fermata, insieme ad un'anziana che attese insieme a noi la corriera, ma non ci mise molto: non appena quel largo autobus giunse verso di noi, ci preparammo a salire.
Ci mettemmo meno del previsto prima di raggiungere l'entrata della scuola, e da lì ci precipitammo dentro correndo come non avevamo mai fatto prima, ma venimmo tempestivamente fermati da un insegnante nei paraggi.
“Ehi voi due! Che credete di fare a quest'ora? Siete in ritardo!”.
Lo riconobbi subito. Lui era il mio professore di inglese, un tiranno autoritario ed esigente; pregavo ogni anno di poter avere un nuovo docente più cordiale, ma puntualmente si presentava quella testa calda che non faceva altro se non mettermi in ridicolo di fronte alla classe. E questo era uno dei motivi del perché odiavo così tanto quella lingua. Sbuffai molto irritata alle sue parole.
” Ma no, davvero? Credevo di essere arrivata puntuale a scuola, anzi in anticipo, visto che nei corridoi non c'è nessuno!”.
Lo fulminai, ma lui non prese la battuta sul ridere.
”Mi prendi in giro ragazzina? Credi che non ti abbia riconosciuta? Prova ancora a prendermi per il culo e io...”.
“E lei cosa, professore?”
Dall'aula degli insegnanti spuntò all'improvviso una donna alta e snella, dalle forme morbide e sinuose e dai lunghi capelli castano chiaro che scendevano sulle spalle: una parte erano raccolti dietro l'orecchio, mentre il volto era parzialmente coperto da un ciuffo ribelle, costantemente spostato dalla mano della donna in questione; balzarono all'occhio le mani ben curate le cui unghie erano dipinte con uno stile floreale anche molto lieve dai colori chiari, abbinato a quegli occhi giallo miele intenso. Ella portava un paio di scarpe con dei tacchi di altezza media azzurri, un completo blu che comprendeva giacca, camicia, e gonna che le raggiungeva appena le ginocchia, mentre reggeva delle cartelle in mano. Sospirò alla visione del professore.
“Certi termini dovrebbero essere dosati, almeno verso gli alunni, non crede sia il caso di trattenersi un poco?”.
“Oh, signorina, io conosco bene questa ragazza, e se parlo così è che so che è una scansafatiche che ozia tutto il giorno, soprattutto durante le mie ore! E proprio oggi che è il primo giorno di scuola non tollero che si arrivi in ritardo!”.
Sho tremò un poco dalla paura, ed in quell'istante mi sentii un po' in colpa per lui.
“... Mi dispiace interromperla professore, ma se siamo in ritardo è colpa mia, potrebbe almeno far partecipare alla cerimonia di inizio anno al mio amico? Tanto sa che io rimarrei qui a discutere anche tutto il pomeriggio, ma non credo che lui abbia altrettanta voglia.”.
La donna di prima volse lo sguardo verso di me, e mi fissò intensamente: sentii un brivido percorrermi per la spina dorsale. Era il primo sguardo che scambiai con lei, e non dimenticai quegli occhi che, insieme alle labbra, mi sorridevano con un pizzico di euforia.
“Non ti preoccupare. Voi andate pure in aula magna, al professore penserò io.”.
“Come?! Non se ne parla, loro staranno qui in punizione, signorina...!”.
“Per quanto sia nuova, io ho un nome. Sono la professoressa Okamoto, non signorina. E comunque è un obbligo per loro partecipare alla cerimonia se sono a scuola. Coraggio, andate!”.
Sho chinò il capo di fronte a lei, continuando a ringraziarla, mentre io esitai un poco: rimasi ammaliata dalla sua bellezza, non avevo mai pensato che l'aspetto di una donna potesse essere così imponente. Ma scossi il capo a questi pensieri assurdi, e mi inchinai a mia volta.
”Grazie mille!”.
Corremmo di nuovo verso l'aula magna, e con cautela aprimmo le porte dell'aula, piena zeppa di studenti del terzo anno. Almeno evitammo la cerimonia delle matricole del primo anno, arrivammo proprio nel momento giusto! Ci mettemmo in fondo nei primi posti che trovammo, mentre Sho si passò una mano sulla fronte per l'ansia avuta un momento prima. Aya da lontano mi salutò con un sorriso smagliante, prima di correre velocemente verso di noi.
“Kaori!”.
“Aya!”.
Ci abbracciammo teneramente, e lei si mise subito accanto a me.
”Allora? Che è successo, come mai siete arrivati tardi?”.
Sho mi guardò subito, quindi rise un poco per la situazione.
“Chiedilo alla signorina qui di fianco!”.
“Ugh, mi dispiace, ok? … Mi ero addormentata. Stamattina dovevo venire a scuola con Sho e lui mi ha aspettata, ma sono arrivata un po' tardi..”.
Mi grattai il capo con un sospiro, mentre Aya si mise a ridere, e poi mi baciò la fronte.
”L'importante è che ora siete qui! Non vi siete persi nulla comunque: hanno parlato prima ai ragazzi del primo anno, hanno dato un buon proseguimento di studio a quelli del secondo, e ora con noi stanno parlando da almeno mezz'ora di discorsi noiosi sul futuro, sulle scelte, e roba varia. Che idioti! Dovrebbero sapere che tanto diventerò una stilista molto famosa!”.
Aya aveva sempre sognato di diventare una stilista. Se c'era bisogno di descrivere una donna, Aya era la femminilità in persona, e sapeva bene come esprimerla attraverso l'abbigliamento, l'atteggiamento, e persino il trucco. Aveva sempre sognato di aprire in futuro una boutique tutta sua di abiti, e voleva finire al più presto la scuola per iniziare l'accademia e divenire una stilista professionista. In quanto a me, beh, lo ammetto: pigra com'ero non ci avevo mai pensato a cosa fare, e forse sono state proprio le parole di Aya a farmi riflettere un poco sulla questione.
Dopo mezz'ora il preside accese un piccolo discorso verso noi studenti, ci invitò come ogni anno ad impegnarci e a studiare, e ci diede un “bentornati” per concludere quella cerimonia. Ci alzammo dalle sedie, e non appena ci pensai mi rivolsi ad Aya.
”Un momento, non ho controllato i tabelloni delle classi. Siamo in classe insieme quest'anno? Ti prego, dimmi di si!”.
Strinsi le mani come a voler pregare, e la fissai con un'espressione disperata, ma ella mi anticipò la notizia corrucciando la fronte.
”Mi spiace, ma neanche quest'anno saremo insieme.. Però tu e Sho siete nella stessa classe, vi farete compagnia. Oh, a proposito, ho adocchiato qualche ragazzo del primo anno, sono carini! Forse ce ne sarà uno adatto a te, finalmente è il momento giusto per trovarti il ragazzo!”.
Mentre lei sognò ad occhi aperti, io sbuffai infastidita.
”Oh, non ricominciamo ancora con questa storia. Solo perché non ho ancora un ragazzo non è detto che debba per forza trovarmelo ora..!”.
Sho ci fissò da dietro grattandosi la nuca e fingendo quasi di non ascoltare la nostra conversazione, ma prima che Aya potesse replicare il preside riprese per qualche istante l'attenzione.
”Ohoh! Stavo per dimenticarmene! Ragazzi, quest'anno si è aggiunta a noi una nuova docente che insegnerà inglese in una delle vostre classi, e vorrei che voi le deste il benvenuto: salutiamo la professoressa Okamoto!”.
Quel nome mi risuonò come una campanella nella mente, e ricordai subito la donna che poco prima aveva aiutato me e Sho. Non me ne accorsi nemmeno, ma con lo sguardo cercai subito quell'affascinante figura, e un sorrisetto mi spuntò in volto non appena la vidi su quel palco, mentre si dilettava a presentarsi e a sorridere verso i ragazzi.
Credo che tutto cominciò proprio da lì. Dall'attimo in cui i nostri sguardi si incrociarono, malgrado fossi in mezzo ad una folla feroce di studenti, ed ella mi sorrise senza esitare, rammentando quella ragazza chiassosa e scorbutica incontrata nel corridoio.

  
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