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Autore: Artemisia89    21/06/2008    1 recensioni
L’uomo guardò la sua mano destra.
Adagiato su di essa, brillava uno splendido orecchino d’argento.
"Caro,
qui non riesco a comprendere il tempo. Sembriamo condannati ad eterne giornate di fine estate. Scrivimi, mi dicesti. E in due mesi non ho spedito neanche una delle lettere che ho scritto per te, ma sappi che ti scrivo ogni giorno caro, ogni giorno ti scrivo parole che non leggerai...
"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Chiara

 

Dovuti credits, e dovute avvertenze. Questa storia è liberamente ispirata al gioco "Sherlock Holmes and the silver earring", non so come si svilupperà, tutto quello che ho scritto è in questa pagina, ma tutto quello che riguarda i monili, e la storia del caso è preso da quel punta e clicca.

Spero vi piaccia, e spero riusciate a capirla.

 

 

 

 

Prologo

[Portagioie]

 

 

 

Le foglie si piegavano dolci al vento leggero che soffiava fuori dalla finestra. Il sole donava loro un colore così brillante che sembrava far quasi male agli occhi. Tra le lacrime che le appannavano la vista e il dolore che le galvanizzava la memoria e i ricordi, miss Veronica Davenport non poté non rammentare che era lo stesso colore degli occhi di Miriam.

Riportò lo sguardo all’interno del teatro ormai quasi vuoto, fatta eccezione per uno sparuto gruppo di persone. Nelle lenti di uno di loro, si rifletteva la sua immagine sfatta.

Il vestito chiaro, l’acconciatura semplice, il trucco leggero ma accurato delle attrici.

E una profonda, profonda tristezza, provocata da ricordi smossi.

Veronica Davenport scese i gradini che la separavano dalla zona del teatro destinata al pubblico e contemporaneamente, una mano andò a sfilare qualcosa di brillante dall’orecchio candido.

Un uomo dalla statura alta, chiuso nel suo lungo cappotto grigio da cui poteva però intravedersi un completo nero, le stava davanti. La scrutava con occhi che sembravano lame e che palesavano un’intelligenza ancora più tagliente.

La donna gli si parò davanti, quel luccichio ancora stretto nella mano.

<< Dovrei ringraziarla. >>

L’uomo non mosse un muscolo.

<< Ma non ci riesco >>

La donna portò ancora una volta lo sguardo alla finestra, gli occhi ipnotizzati dal colore delle foglie. Parlò con voce affranta. L’uomo rimase ad ascoltarla in silenzio.

<< Per quanto non ne avessi mai avuto la certezza, sapevo che lei era morta. Ma il fatto che lei me lo abbia confermato mi ha…- rise quasi, tra le lacrime – mi ha tolto ogni speranza. >>

Prese le mani di lui e aprendogli la destra depositò nel palmo l’oggetto che lei teneva qualche attimo prima sull’orecchio.

<< La prego, lo porti via da me, ne faccia quello che vuole. >>

E detto questo, salendo lentamente le scale si avviò mesta verso i camerini, per poi fermarsi e rivolgersi nuovamente al suo interlocutore, volgendosi con un movimento lento del capo.

<< Amavo Miriam più di ogni altra persona al mondo, ma lei non l’aveva mai capito. Ma credo che questo…lei lo sappia già. >> e non avendo più altro da dire, sparì dalla scena. Come un’attrice che avesse recitato nella sua ultima sera.

Riluttante. Stanca.

 

L’uomo guardò la sua mano destra.

Adagiato su di essa, brillava uno splendido orecchino d’argento.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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