PROLOGO: Perché no?


Un urlo che probabilmente si sentirà in tutta la base esce dalla sua bocca – ESCI IMMEDIATAMENTE DA QUI, IDIOTA! – un marine visibilmente spaventato esce da quell’ ufficio. Esausto, si lascia cadere sulla sedia. Si massaggia le tempie con l’indice e il medio. Un inetto, ecco cos’era! Uno stupido, incapace di fare anche le cose più semplici. Tsk, cretino. Questo è quello che pensa del marine terrorizzato che se ne era appena andato.

Uno sbuffo divertito alquanto fastidioso giunge alle sue orecchie – Sembri stressato, Sakazuki – fa Kizaru, guardandolo dal divano di fronte alla sua scrivania, sul quale è seduto – No, sto benissimo – gli ringhia lui. Prende un bel respiro. Guarda un’altra volta le scartoffie sul tavolo, alle quali muore dalla voglia di dare fuoco – E comunque, cosa ci fai tu qui? – domanda. Lui scuote la testa e sorride, apparentemente divertito – Sì, Sakazuki, sei stressato: non ti ricordi nemmeno che mi hai convocato tu qui.

Appoggia la fronte su una mano: giusto, l’aveva fatto – Sai, ti serve proprio una vacanza – fa lui, scrutandolo meglio – Sai, questa mi aveva  quasi fatto ridere – gli dice serio il grandammiraglio, sistemando i fogli – Peccato che non fosse una battuta. Io dicevo sul serio: ti serve una pausa. Tanto la Marina può restare anche dieci giorni senza grandammiraglio – 

Sbuffa e chiude gli occhi. Una storia che è meglio dimenticare, ma spezzoni della battaglia continuano a passargli nella mente. Riapre gli occhi, riflette. Certo che, magari, qualche giorno tranquillo … - Lo conosco quello sguardo: ci stai pensando – afferma sicuro Kizaru – Sì, certo, come no, è il primo dei miei pensieri – gli mente lui, ma probabilmente non lo sente – Sai, si dice che il mare Occidentale sia il migliore, al momento – continua lui.

Be’, potrebbe non essere una cattiva idea, il mare Occidentale, chissà poi perché ha nominato proprio quello …

Un’idea gli passa per la testa di sfuggita, ma attira subito tutta la sua attenzione. Guarda l’ammiraglio: il suo ghigno divertito fa intuire a cosa pensa. E il grandammiraglio ne è quasi disgustato – NON SE NE PARLA! Io là non ci torno. E poi saranno tre anni che non li vedo – dice con un accenno di rabbia e … paura, forse ?

- Un motivo in più per tornare allora, no ? – dice Kizaru con voce ragionevole – Ammettilo, tu in realtà non vuoi vedermi tornare. Mi vuoi morto – lo accusa Akainu. L’ammiraglio sorride beffardo.

Il grandammiraglio pensa a quello che lo aspetta nel mare Occidentale: meglio i lavori forzati.

In quel momento l’occhio gli cade su un foglio più piccolo, uscito dal mucchio. Lo squadra un attimo. Lo prende in mano e legge – Kizaru, quando abbiamo distrutto il pavimento di un locale a Dressrosa? – 

L’ammiraglio si fa pensoso – Penso sia stato Issho – fa alla fine – E perché i danni sono stati messi sul conto del QG e non sul suo ? – domanda Akainu lentamente, fremendo sempre di più per la rabbia – Perché diavolo dobbiamo pagarlo noi ?! – grida in uno scoppio d’ira e con molta forza colpisce il tavolo. Forse troppa forza.

Infatti la bella scrivania di mogano adesso è per terra, spezzata a metà e carbonizzata, sotto lo sguardo stupito del grandammiraglio e indifferente dell’ammiraglio, che si aspettava un reazione simile. Questo scuote la testa – Direi di aggiungere pure il costo della scrivania … –   

Akainu si rilassa in una espressione seccata – Va bene. Ma una sola settimana. – il volto di Kizaru si illumina – Ma sì, una settimana, un mese, un anno, è uguale. Parti domani. Sono curioso di sapere come torni – dice con la solita lentezza che lo contraddistingue e lo contraddice allo stesso tempo.

Akainu sospira cominciando a risalire, nella mente, ai loro ricordi – Molto semplice – dice assente, per poi scuotere la testa lentamente e tornare al mondo reale – non tornerò – 


È sera, ma questa sta diventando notte. La valigia è pronta e una nuova scrivania è arrivata tempestivamente nell’ufficio del grandammiraglio. Su di questa vi è l’unica fonte di luce nella stanza buia: la lampada illumina il piano del nuovo tavolo.

Akainu porta le mani nel fascio di luce e si toglie i guanti di pelle. Le osserva.
Forti, ma non mostrano le morti che hanno causato. Non si vede il sangue con cui si sono sporcate. E anche se si vedesse, lui non ci farebbe nemmeno caso.

Ciò che veramente ha attirato la sua attenzione è il fioco luccichìo su una falange della mano sinistra: l’anello dorato brilla alla fievole luce.

Lo stringe, lo rigira tra le dita, come a sincerarsi che sia vero, a sperare che ciò che rappresenta sia ancora reale.

Lo guarda e poi non crede nemmeno lui che quello che prepotentemente si sta stirando sulle sue labbra sia un sorriso generato dal loro ricordo – Ma sì, perché no ? –

Il perché no? l’avrebbe capito già il giorno dopo.


Angolo dell'autrice (?):
Be', che dire, l'idea di questa storia mi è venuta per puro caso. Così ho deciso di far muovere Akainu in un ambiente che molte e molti credono che per lui non esista: la
famiglia. Una famiglia allargata. E tranquilli, per quanto abbia scritto OOC, terrò conto di chi sto scrivendo, quindi la suddetta famiglia è composta solo di persone pazze, bastarde e traditrici almeno quanto lui, dove l'affetto reciproco è un optional non troppo contemplato.
Spero di avervi incuriosito e incitato a continuare a leggere anche i prossimi capitoli.
*Bacio* 
By Lupus