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Autore: TheRebelInk    23/02/2014    1 recensioni
-Fermati! – urlai correndogli incontro – No! Fermo! Non lo fare! Aspetta!
Tremava come una foglia. – Lasciami in pace!
-No! Scendi per favore! Non sai quello che stai facendo!
- TU non sai quello che stai facendo! – e si alzò in piedi. Ero nel panico, disperata. Non sapevo come fermarlo e lui sembrava sempre più deciso.
- Come ti chiami? – gli chiesi.
Lui esitò poi, tra le lacrime, rispose:- Ettore.
Due vite.
Le stesse scelte.
La storia di come ognuno di noi può rialzarsi anche nei momenti più difficili.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 11
 
Prima di tornare all’ospedale quella sera, feci una doccia veloce e mi pettinai per bene. Non so perché, ma i carabinieri mi mettevano soggezione e forse se mi fossi resa presentabile non avrebbero fatto domande o sospettato nulla. Probabilmente era solo la mia timidezza.
Ettore mi venne incontro non appena uscii dall’ascensore. Si spingeva impacciato su una sedia a rotelle. Sembrava una persona diversa, nuova. Era cambiato da quando lo avevo conosciuto. Le occhiaie erano sparite e così i suoi occhi scuri brillavano ancora di più. Aveva fatto la doccia anche lui. Non portava più il pigiama dell’ospedale, ma i pantaloni di una tuta grigia e una maglietta bianca. Lo salutai e gli corsi incontro, facendo tintinnare le chiavi nella borsa a tracolla. Lui mi studiò da capo a piedi.
- Avrei preferito la maglietta con il boccino d’oro, ma così va bene lo stesso. – Fece spallucce e fissò per un po’ le mie ballerine nere, sorridendo con un angolo della bocca.
Mi sporsi un po’ e gli scompigliai le ciocche scure. – La prossima volta metto quella con la faccia di Silente! Aspetta, faccio io. – Spinsi la sedia a rotelle fino alla sua stanza e poi aspettammo in silenzio.
L’espressione di Ettore si incupiva sempre di più ogni minuto che passava. Sembrava molto preoccupato, troppo per alcune domande dei carabinieri. Neanche mi accorsi che stavolta era stato lui a cercare la mia mano e a stringerla forte. Poi Ettore spinse la sedia a rotelle di fronte a me. Improvvisamente sembrava più calmo.
- Sono nato il 10 ottobre 1995 in questo ospedale – mormorò fissando il vuoto. – Rimasi in incubatrice due settimane. Ero piuttosto gracile anche allora – disse. – La mia prima parola è stata “giù”, perché quell’anno si era trasferita da noi mia cugina Giulia. Con Marco, mio fratello, ci torturavamo fin da piccoli e lui, quando avevo tre anni, mi fece uno sgambetto epico! – Sorrise ancora, poi piegò la testa è scoprì una cicatrice orizzontale sulla nuca. – Adoravo la scuola. Mi piaceva, e soprattutto ero soddisfatto dei risultati. – Alzò lo sguardo su di me e mi fissò intensamente. – Leggevo solo classici. I miei preferiti erano quelli di Salgari. Sandokan! Volevo viaggiare, girare il mondo…
Silenzio.
- Mia madre è morta quattro anni fa. E ci è crollato tutto addosso. – Sorrise. – Abbiamo venduto casa e ci siamo trasferiti in periferia. E mio padre ha iniziato a bere e ha perso il lavoro. Mio fratello e io ci siamo trovati soli. Lavoravamo nei week-end, poi anche lui non resse più.
Ho iniziato a odiare tutto e tutti. – Gli sfuggì un singhiozzo. – Mi sono impegnato al massimo. Poi torno a casa con una borsa di studio in Medicina e mio padre la strappa e mi picchia ancora più forte delle sere prima. 
Le sue lacrime erano silenziose, come le mie.
- Il giorno dopo esco, decido di andarmene una volta per tutte con le foto di mia madre e i miei risparmi. Ho incontrato Christian, e lui ha sputato sulle foto e… mi ha ucciso… - sussurrò distrutto. – E mi dispiace, io non volevo! Non volevo buttarmi! – continuò scuotendo i capelli scuri bagnati di lacrime.
Mi inginocchiai accanto alla sedia a rotelle e lo strinsi forte a me. Lui mise le mani sulle mie braccia e piangemmo a lungo, ignorando tutto ciò che ci circondava. In Silenzio.
Ettore mi aveva regalato una parte di sé, il suo passato. E aveva voluto dirmelo in faccia, mostrarmi tutte le sue fragilità. Aveva voluto fidarsi di me.
Quando due carabinieri in uniforme apparvero sulla porta ci staccammo piano, sudati e scompigliati. Guardai Ettore. Lui mi sorrise commosso e mi portò una ciocca bionda dietro l’orecchio. Capii che mi stava salutando, che voleva superare questa cosa da solo.
Lo baciai lievemente sulla guancia umida, incurante dei due uomini che ci stavano guardando, e me ne andai.
 
 
 
Pardon,  scusate tanto se il capitolo è arrivato un po’ in ritardo ma questo Carnevale mi sta proprio stressando!!! Tra i preparativi per il costume, lo studio e i libri (Il Lato Positivo, ve lo consiglio caldamente ;) ho davvero i minuti contati!
A presto,
TheRevelInk
 
  
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