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Autore: brendy    24/02/2014    5 recensioni
all that you rely on and all that you can fake will leave you in the morning but find you in the day
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soliti difetti
 
 
 
 
 
 
 
Niall ha sempre avuto la pazienza di aspettare.
Aspetta il pullman tutte le mattine per andare a scuola, l’ispirazione per strimpellare qualche accordo sulla chitarra in legno che ha fin da quando è bambino, la fine di una giornata e l’alba. È in grado di aspettare la data di un concerto importante di qualche sua band preferita, il giorno delle verifiche e il risultato del test di filosofia, anche se oltre il cinque non ci arriva mai, nemmeno quando studia —quindi che importa?
Non gli pesa l’attesa, i minuti non lo sopprimono anzi, pensa sia tutto più giusto se c’è del ritardo, perché l’ansia aumenta e le cose diventano più interessanti.
Con un movimento veloce del braccio, accende la televisione per niente di ultima generazione che ha sulla scrivania e cerca MTV, perché sta per iniziare un film che non po’ perdersi, mentre Harry gli risponde all’ultimo messaggio.
Ha declinato qualsiasi tipo di invito, perché ha la testa piena di stupidi pensieri, di canzoni che vorrebbe scrivere su qualche foglio completamente bianco e la felpa blu, è sparita da giorni dal suo armadio e una vaga idea di chi possa averla, già ce l’ha.
Niall che ha definito il suo stile un po’ troppo underground, ha provato le lenti che cambiano colore perché le tinte gli avevano rovinato i capelli scuri ma che ora sono chiari più del giallo matita, il vizio di aspettare ce l’ha da sempre; per questo motivo arriva prima agli appuntamenti, conta i giorni che mancano alle vacanze estive e a quelle natalizie, guarda stupidi telefilm che fanno finire le puntate sul più bello lasciandoti con l’amaro in bocca e con il rumore dei pop-corn che scoppiettano nel microonde aspetta Daphne, che di ritardo, ne ha sempre un po’.
L’aspetta facendo avanti e indietro tra cucina e salotto, perché in effetti Daphne non è una qualunque; con lei non puoi evitare di tenere a freno le emozioni, la voglia di baciarla e quella di ascoltarla parlare. Così come non riesci a non notare i piccoli gesti che fa quando racconta qualcosa che l’ha particolarmente colpita e soprattutto, in modo particolare Niall, non riesci ad evitare di innamorarti un po’ ogni giorno.
Mademoiselle ce ne hai messo di tempo”
Scherza, aprendo la porta appena sentito il campanello suonare e Daphne, stretta nel giubbotto nero gli sorride. Non gli sorride nel modo in cui lo fa con i suoi amici, con un bambino appena incontrato in un negozio di caramelle, affatto, gli sorride come a dirgli che ha scelto ed è lui il fortunato.
“Non hai idea del traffico che c’era oggi”
“Sono solamente le otto!”
“Dici poco” dice, prima di appoggiargli una mano dietro il collo accarezzandogli i capelli “si congela fuori e a sette isolati da qui, c’è stato un incidente”
“Tu stai bene, vero?”
“Si, tranquillo Niall” si affretta a dire “quando sono arrivata, c’era già la polizia”
Lo bacia con delicatezza, un po’ per scusarsi dei minuti di ritardo che ha, perché l’ha fatto preoccupare e anche per la cena leggermente fredda. Lo bacia perché dopo due settimane in cui sono andati avanti di messaggi, gli è mancato, più di quanto avesse previsto, più di quanto dovrebbe.
Niall appoggia la testa sul muro giusto due secondi, lasciandole il tempo per posare le buste del ristorante messicano sul tavolo e non c’è bisogno di parole al momento, perché la conosce e così sa anche quanta pazienza ci vuole e quanto valga la pena aspettare per lei.
Perchè il difetto di aspettare non lo perderà ed è sicuro che prima o poi si stancherà del pullman che non è mai in orario, dei telefilm a puntate, dei concerti o delle verifiche; si stancherà perché è naturale che sia così ma, finché è Daphne a fare ritardo, allora lui può aspettarla con la consapevolezza che lei, sceglierà sempre di raggiungerlo.
 
 
 
 
Le lenzuola del suo letto sono perennemente sfatte. Louis trova sia uno spreco di tempo doverle rifare ogni mattina, così si limita a chiudere la porta per impedire che Zayn, il suo coinquilino, possa vedere il casino che regna in essa.
Tutti lo definiscono un ragazzo con la risposta pronta, che si imbarazza in poche situazioni e sa nascondere la timidezza del primo passo dietro ad un paio di occhi azzurri e lucidi. Louis si stringe nelle spalle e conferma, perché forse, gli altri hanno ragione. Alba invece, preferisce non descriverlo o per lo meno, non quando sono in mezzo alle altre persone, perché farebbe notare che si sbagliano o che comunque, non lo conoscono così bene. Louis in sua presenza sa creare silenzi che prontamente lei riempie, ogni tanto balbetta e le lascia sempre avere l’ultima parola. Il loro primo appuntamento è stato goffo; gesti distratti e sguardi fuggitivi, al primo bacio sono nate le paranoie nascoste da risate e mani intrecciate.
Adesso, con le cuffie nelle orecchie e la punta del naso gelata a causa del freddo, Louis entra dentro al bar dove una ragazza seduta dietro al bancone, lo ignora, ancora arrabbiata dalla litigata della sera precedente.
“Un caffè” dice.
Un bacio, vorrebbe aggiungere.
Alba non lo guarda o per lo meno, non quando sente il suo sguardo attraverso il tessuto della felpa. Aggiunge il latte, perché lo sa che lui si dimentica di dire che lo vuole macchiato e glielo lascia li, con tanto di silenzio e freddezza, come quella che c’è tra due sconosciuti.
 “A che ora stacchi?”
“Non lo so, dipende da quando arriva Luke a darmi il cambio”
E vorrebbe prenderle il volto tra le mani e baciarla, fin quando il fiato si consuma e la stanza intorno non inizia a girare. Vorrebbe essere a casa, tra le lenzuola sfatte e disordinate, che hanno ancora il profumo del suo shampoo alle rose e quasi sicuramente, melograno.
“Non c’è problema”
“E il lavoro?”
“Ho chiesto un giorno di ferie”
Alba alza lo sguardo, stringendo lo straccio che tiene tra le mani fino a farsi male; perché Louis delle volte non ragiona e con lei, sembra farlo spesso. Certo, lo ammette, è una delle cose che più gli piace di lui perché le fa capire che la ama,in quel modo che lascia i segni e che è la sua priorità, ma resta il fatto che non ragiona e che il suo cervello è un po’ come le sue lenzuola; incasinate.
“Potrebbero volerci ore”
“Non ho fretta”
“Oh” diminuisce la presa “lo so”
Lo sa, davvero, perché Alba conosce ogni minima sfaccettatura di quel ragazzo; ogni gesto, cambio d’umore, sguardo, tremolio eppure sa sempre come fregarla, come sorprenderla con gesti del tutto semplici e scontati.
“Come devo fare con te Louis Tomlinson?”
“Accetta il mio invito”
“Ne abbiamo già parlato”
“Facciamo alle sette e mezza?”
Alba sta ai suoi giochi, perché quel lato da bambino non sparirà e il difetto di non rifare le lenzuola, di balbettare quando saranno al telefono e discuteranno per qualche stronzata, resterà negli anni però non ci da peso, lo accetta anche per questo.
 “Potrei mai dirti di no?”
“Impossibile” le bacia velocemente le labbra, nell’esatto istante in cui un cliente entra salutandoli “ah— sono seduto la in fondo, nel caso avessi tempo per sai, due chiacchiere”
Alba ride, dimenticandosi il motivo per cui era tanto arrabbiata con lui o il motivo della loro precedente litigata. Serve una ciambella all’uomo in abito elegante e con un altro caffè macchiato sul vassoio, si accomoda al fianco di Louis che le lascia l’ultima parola, come sempre, com’è solito per loro.
 
 
 
 
 Posa gli occhiali sul libro di sociologia aperto, con le righe evidenziate in giallo e qualche sbavatura sul bordo della pagina.
Zayn chiude gli occhi, stanco.
La testa gli fa male, domani ha un esame che deve assolutamente passare; uno di quegli esami in cui non può permettersi nemmeno un errore o un dubbio, dove deve avere la risposta pronta in meno di mezzo secondo e dove mostrarsi o forse essere sicuro, è la cosa fondamentale. Sul tavolo ci sono il posacenere pieno di mozziconi che giura, non sono tutti suoi, una tazza di thè, che è ormai freddo e che sicuramente butterà nel lavandino quando troverà la forza di alzarsi.
“Zayn..”
Si volta a guardarla, perché è una delle cose che gli riesce meglio.
Spancer ha addosso un pigiama scolorito che Louis definirebbe come ‘l’anti-sesso’, la matita un po’ sbavata sotto gli occhi —in modo particolare in quello sinistro, in cui lei ci vede difetti inesistenti e i capelli spettinati, in una treccia fatta nel pomeriggio a lavoro.
“Torna a dormire, ne avrò ancora per molto qui”
“Dovresti riposarti invece, sono settimane intere che studi e ti avrò sentito ripetere ogni pagina di quel libro a memoria” gli si avvicina, circondandogli il collo con le braccia per poi farle scendere lentamente sul petto poco muscoloso ma ben delineato “le sai le cose Zayn, non farti prendere dall’ansia”
“Tu non capisci”
“Ho appena finito gli esami anche io, direi che ne so qualcosa”
Appoggia la testa sulle sue spalle, cercando di guardarle il profilo della mascella piccola, le labbra rosse per via del rossetto che non è ancora andato via e il naso un po’ alla francese, che lei dice stoni con i suoi lineamenti.
Spancer, per lui, è un po’ come un esame di trigonometria, come le interrogazioni di letteratura inglese in cui si perde ed inizia a parlare, senza riuscire a fermarsi. Parlerebbe con lei, di lei, per ore intere e ogni volta, saprebbe trovare nuove cose di cui nemmeno lui si era accorto prima.
“Non riuscirei a rilassarmi comunque, tanto vale se studio”
“Come vuoi”
Dice, con la voce un po’ assonnata e gentile.
Zayn la guarda sparire dietro la porta della camera, che si chiude ed è nuovamente solo, cercando di concentrarsi su quelle dannate definizioni, che sicuramente, farà fatica a scrivere correttamente.
Il telefono si illumina, perché Niall quando non sa cosa fare, si diverte ad inviare foto sul gruppo di whatsapp intasandolo di notifiche e riesce, in qualche modo, a distrarlo.
Spancer, lo raggiunge nuovamente, questa volta con una felpa addosso a coprire la maglietta bianca del pigiama e i capelli sciolti, con ancora i nodi sulle punte e diversi ciuffi sul viso.
“Quanti capitoli ti mancano?”
“Cinque, escludendo questo”
Lei annuisce, prende la tazza dal tavolo e ne svuota il contenuto nel lavandino.
“Che stai facendo?”
“Il caffè, non vedi?”
“Ma è tardi e domani devi alzarti presto per andare con Alba”
“Non è un problema e poi, quello più bisognoso d’aiuto qui sei tu”
Zayn ride, roteando gli occhi al cielo per poi alzarsi dalla sedia, ignorando il formicolio al piede e quello che sta per prendere anche la gamba sinistra. Le si avvicina, stringendole i fianchi e fa scorrere il naso lungo la linea del collo, dove ci lascia un bacio.
“Prima o poi, ti sposerò”
“Ci mancherebbe”
“Sono serio”
“Anche io” chiude gli occhi, sentendo la temperatura corporea aumentare “ma adesso, hai qualcosa di più importante a cui pensare”
E giura, Zayn, di saperlo che il suo difetto è il volere che tutto sia perfetto, al posto giusto. Vuole avere tutto programmato e non lasciare ogni cosa al caso, però se Spancer gli manda all’aria appuntamenti, cambia posto alle sue cose quando pulisce il casino che lui non ha mai tempo di riordinare, allora tutto sommato non è poi così sbagliato prendere le cose al momento. E la sposerà veramente, magari non regalandole un anello pieno di diamanti in centro a Time Square, sarà in un giorno qualunque, quando nemmeno lei se lo aspetterà e lui non lo avrà programmato. Potrebbe essere anche in quel momento, però Zayn scuote la testa e torna al libro di sociologia, di cui sa praticamente tutto mentre Spancer gli si siede accanto, iniziando a pasticciare su un foglio parole sconnesse per ammazzare il tempo.
 
 
 
 
Camminare per le strade di Londra lo tranquillizza.
Liam non sa come sia possibile una cosa simile, semplicemente, accade e lui non si pone troppe domande —non fa per lui.
Ha le cuffie nelle orecchie, il biglietto del treno se lo rigira tra le dita fino a consumarne leggermente i bordi colorati di un verde un po’ squallido.
Grace gli ha scritto un messaggio dieci minuti fa, perchè deve ancora fare i regali di Natale e lui, che è il suo migliore amico (prima ancora di essere il suo fidanzato) deve assolutamente dargli una mano o rischierà di avere un esaurimento nervoso nel giro di qualche istante. Ha trattenuto una risata, mentre leggeva quelle poche righe illuminate sul display del telefono, nella testa tutte le note della sua voce ad ogni parola.
La vede seduta sulla panchina in legno vicino alla gelateria, il cappello rosso a coprire leggermente la frangetta e tra le mani, una piccola lista con i nomi fondamentali e accanto, una decina di regali da scegliere.
“Sei in ritardo”
“Mi hai chiesto di uscire agli ultimi minuti”
“Colpa mia, sono un danno con queste cose e odio le feste, perché mi rendono ansiosa e non nevica nemmeno, che Natale è senza la neve? Seriamente —”
Liam la stringe a sé, impedendole così di continuare a dire stupidaggini e a blaterale, anche se ama quando lo fa, soprattutto perché le guance si colorano e gli occhi sono così grandi, da far risaltare il grigio.
“Calmati, siamo in tempo a prendere i regali per tutti e faremo un figurone”
“Lo dici perché sei in dovere di dirmi queste cose”
“Forse” ammette “ma ehy!, sono i nostri amici, qualsiasi cosa andrà bene”
Grace lo prende a braccetto, dando ritmo ad una camminata tranquilla, mentre si avvicinano al centro dove si possono già sentire i vari clacson delle macchine e il brusio sostenuto delle persone che accanto a loro, camminano frettolosamente, quasi corrono proprio come le vite in cui sono capitati.
Le vetrine del centro commerciale sono piene di luci e addobbi, affianco alla scala mobile c’è un enorme albero fatto in vetro e due bambini stanno giocando a nascondino tra i camerini del negozio di abbigliamento maschile.
“Ci pensi mai?”
“Mmh?”
“A tutto Liam, stiamo crescendo e tra poco saremo progettati nel futuro dei grandi” dice, indecisa se sorridere o meno “non ti spaventa la cosa? Questo è il nostro ultimo anno spensierato”
“Ti fai troppe paranoie lo sai?”
Grace annuisce e lo guarda qualche secondo, prima di picchiettarsi il palmo della mano sulla fronte.
“Dobbiamo tornare indietro”
“Come?”
“Abbiamo superato il negozio di profumi e volevo regalarne uno ad Alba”
“Che non sia uno di quelli troppo dolci”
“Le piacciono così”
Liam sbuffa, terrorizzato dalle quantità che l’amica si mette di profumo quando devono uscire. Grace ride, ribadendogli che lui è un po’ troppo esagerato e che adesso, sta ingrandendo la cosa.
“E a me?”
“Cosa?”
“Il mio regalo”
“Non ci sperare, non ti dirò cosa ti ho preso”
“Sei ingiusta”
“E’ la vita”
“Stasera paghi tu le pizze”
“Tanto via comunque tu a prenderle”
Cerca di cambiare discorso, limitandosi a guardarla mentre entra in un negozio e con la voce un po’ più bassa, chiede gentilmente se possono impacchettarle ciò che ha appena comprato. Ancora non sa come sono arrivati a quel punto, perché il solito difetto di non farsi domande Liam ce l’ha dall’età di sette anni, quando ha iniziato le elementari e a studiare. Non si fa domande per non dover perdere tempo a cercare una risposta soddisfacente, per non uscire fuori di testa nel caso non ci fossero soluzioni  e perché, semplicemente, non ne ha bisogno; non quando Grace, che fa tutto agli ultimi secondi e che parla troppo velocemente. gli da tutte le sicurezze di cui ha bisogno.
 
 
 
 
Il muretto del parco in fondo alla via di casa sua, è sempre stato uno dei suoi preferiti. Forse perché è appartato, le luci sono funzionanti e a pochi metri, c’è l’altalena dove giocava da bambino o semplicemente, come qualche sera gli capita fare, si schiarisce le idee.
Harry non sopporta la notte, soprattutto nei periodi dell’anno in cui è obbligato ad alzarsi dal letto quando suona la sveglia. Soffre di insonnia da quando ha quindici anni e lui lo sa, che quello è l’unico difetto che davvero gli pesa. Gli pesa perché lo rende perennemente stanco, gli fa venire giramenti di testa e lo rende debole —e lui odia sentirsi in quel modo.
Un altro motivo per cui proprio non sopporta l’insonnia, è perché la notte tutti i pensieri che ha cercato di nascondere durante il giorno gli piombano addosso, sopprimendolo insieme alla musica incredibilmente triste che invade la stanza e la sigaretta consumata che tiene tra le labbra screpolate. E odia in modo particolare quella fottuta ora, le tre, perché da li non ne esce mai.
“Scusami, ma il tipo del take-away ci ha messo tanto. Quando sono entrata nel ristorante stava anche dormendo”
Harry alza lo sguardo dal telefono per puntarlo sui polsi pieni di braccialetti di Gwen.
“Beh, dopotutto sono le due passate di notte”
“Mattina”
“Fa lo stesso”
“Certo, sicuro” dice, posando il sacchetto sul muretto per poi sederglisi accanto “comunque ti ho preso il pollo al curry, per i ravioli non mi bastavano i soldi”
“Questo perché non vuoi mai che io contribuisca”
“Ti scrocco già abbastanza passaggi in macchina, non mi sembra il caso”
“Stiamo insieme, è una cosa normale”
La vede storcere il naso in segno di disapprovazione, perché ancora non riesce a credere al fatto che siano davvero una coppia, che la cosa non la spaventi, stare con lui sia incredibilmente bello e allo stesso tempo, le faccia bloccare il respiro tra gli spazi vuoti delle costole. Gwen approfitta del silenzio per passargli una cuffia, impaziente di fargli ascoltare l’album dei Neighbourhood che ha scaricato nel pomeriggio. Harry prende a mangiare, nonostante l’ipod dica che siano le 3 AM e gli occhi non troppo scuri della ragazza gli fanno capire che quella è un’ora in cui solitamente si dorme, non si sta in un parco con il freddo pungente di Dicembre che entra attraverso i giubbotti pesanti.
“Stavo pensando che per Natale potremmo preparare noi il primo e il dolce, mi dispiace far fare tutto a Spancer e Zayn”
“Domani li avvisiamo”
“Davvero?”
“Si” Harry si passa la mano agli angoli della bocca, per poi sporgersi in avanti “ogni tanto hai anche tu buone idee”
Gwen si limita ad alzare gli occhi al cielo, fregargli il pacchetto di sigarette per estrarne una e con aria distratta, cercare l’accendino tra le scatole vuote davanti ai suoi occhi.
“Tra me e te dovrà pur esserci qualcuno che ragiona”
“Allora siamo messi male”
Scherza, fregandole la sigaretta dalle labbra e un bacio.
Parlano del più e del meno, del 22 che andranno a trovare Anne e Gemma, della festa di Louis che è ancora da organizzare e di altre stronzate.
Harry la tiene vicino, un po’ perché fa freddo un po’ perché gli piace la sensazione di lei addosso. Consumano altre sigarette, fanno passare il tempo e decidono di alzarsi solamente quando le stelle abbandonano il cielo e la luna, non splende più come qualche ora fa.
Si allontano dal parco quando il primo turno dei pullman inizia e sono talmente infreddoliti, che raggiungere l’appartamento disordinato di Harry sembra un’impresa ardua. Gwen crolla sul divano, nello stesso momento in cui Harry la raggiunge con una coperta tra le mani. Sorride, facendo comparire le fossette che Gwen dice di adorare e la copre, perché ha notato il modo in cui si stringe.
Non sa esattamente come andrà la loro relazione, perché gli alti e bassi li avevano anche prima di ufficializzare le cose, le paure ci sono e il fatto che lei ami dormire mentre lui, passa la notte sveglio, è già un bel problema; però sono insieme ad affrontare il nuovo giorno e Harry, il difetto di odiare la notte(mattina) non lo perderà con gli anni, semplicemente inizierà a tollerare di più la sua insonnia se c’è Gwen, a tenergli compagnia.
“Sei i miei pensieri delle tre del mattino” riflette ad alta voce, prima di alzare il volume di West Coast e lanciare uno sguardo alla ragazza che, dormiente sul divano, si stringe maggiormente nel calore della coperta.
 
 
 
 
Natale è passato, Capodanno è appena finito e sono già nell’anno nuovo —anche se, di nuovo, c’è ben poco.
Ci sono i soliti difetti di Niall, che Daphne ancora non capisce però custodisce insieme alla promessa di non farlo aspettare come si fa con gli aerei; quelli di Zayn che ancora non riesce a non programmarsi le giornate e Spancer, che adesso ha un anello al dito e ogni tanto ha qualche crisi, perché ancora non ci crede. Ci sono i difetti di Alba e Louis che ancora giocano e si rincorrono, tra le pareti del bar all’angolo di Oxford Street e le lenzuola sfatte, che parlerebbero volentieri al posto loro; quelli di Liam per le domande che ancora gli scivolano addosso mentre cammina con Grace per le strade di Londra. Ci sono i soliti difetti di Harry che si possono contare insieme alle notti in bianco che continua a passare, solo che a fargli occupare le ore c’è Gwen, con la sua convinzione che il normale non le piace e la loro storia è bella così; tra alti e bassi delle tre, ora che Harry sta smettendo di odiare.

 
  
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