Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: aria    24/02/2014    1 recensioni
Katniss si lava le mani di continuo. Le strofina con forza, ma il sangue continua ad essere lì. Strofina ancora finché quello che vede non è il suo sangue.
Ma il mio sangue va bene, il mio sangue è giusto. Avrei dovuto versarne di più. Avrei dovuto versarlo tutto.
Leggero accenno Katniss/Haymitch
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mani Sporche di Sangue









Quando mi guardo le mani vedo il sangue. Il sangue di quelli che sono morti a causa mia. Non importa se li ho uccisi io o se sono caduti durante la rivoluzione, è comunque colpa mia. Sono la responsabile. Allora mi lavo le mani. Le tengo sotto l'acqua bollente e le strofino finché non si scorticano e il sangue sulle mie mani diventa il mio. Ma il mio sangue va bene, il mio sangue è giusto. Avrei dovuto versarne di più. Avrei dovuto versarlo tutto.

Sarei dovuta morire la prima volta che ho partecipato agli Hunger Games. Vorrei essere morta allora. E mi odio per questo pensiero. Perché se fosse andata così i giochi esisterebbero ancora, ragazzi come Prim e Peeta che vengono mandati al macello per il piacere di Capitol City. Non potrei sopportarlo. Sarebbe intollerabile. Ma vorrei comunque essere morta lì. Si sarebbe potuto salvare solo Peeta. Lui è un bravo ragazzo. O forse lo era. Gli hanno manomesso la mente e io ho paura che gli abbiano manomesso anche l'anima. Era riuscito a rimanere buono anche dopo la nostra vittoria. Io non ci sono riuscita. Ma non lo ero neanche prima. Non ero una ragazza serena nemmeno prima che accadesse tutto. Ma ora porto dentro un peso che mi ha resa più amara e infelice di prima.
Nemmeno Gale mi capisce.

La prima volta che è venuto a trovarmi e mi ha trovata con le mani piene di sangue pensava fosse stato un incidente. Che avessi rotto un bicchiere e che mi fosse tagliata con i vetri. “Ho lavato le mani,” gli ho detto. Quella volta Gale si è limitato ad annuire senza chiedere troppo e mi ha fasciato le ferite. La seconda volta ha fatto più domande e ha aggrottato la fronte. La terza volta Gale ha gridato così forte che Haymitch si è precipitato in casa mia, con la camicia abbottonata male per la fretta. Gale non ha capito. Non ha capito perché è pieno di rabbia. Io invece sono piena di dolore, rimpianto, amarezza e rimorso. Haymitch invece ha capito. Ora vado da lui tutti i giorni. Mi presento con le mani insanguinate e Haymitch mi disinfetta i tagli, mi spalma una pomata e mi avvolge le mani nelle bende, lasciando libere solo le ultime due falangi.

Haymitch non fa mai domande. Si limita a farmi una carezza sui capelli e a sospirare. Gliene sono molto grata. Lui mi capisce. Molto più di quanto Gale potrà mai fare e ormai credo che valga anche per Peeta. Una volta io e Gale eravamo simili, eravamo arrabbiati, pronti a lottare o a fuggire, se necessario. Peeta invece era un ragazzo innocente, troppo buono per il suo stesso bene, ora invece quando mi osserva il suo sguardo non è quello giusto. Peeta non mi ama. Non mi odia nemmeno, è troppo confuso per capire esattamente cosa prova. Ma non è questo il problema. Il problema è che non capisce come mi sento.

Sono rotta, distrutta, mi hanno fatto a pezzi e poi mi hanno ricostruita secondo i loro comodi. Solo che si sono scordati di aggiustarmi, alla fine di tutto. Haymitch è come me. Sa perché quasi tutte le notti corro in casa sua e mi rifugio nel suo letto, scossa dalle lacrime per i sogni sui morti che mi sono passati davanti agli occhi negli ultimi anni. Haymitch mi lascia stare lì, raggomitolata su me stessa, mentre spero che un po' di calore umano possa aiutarmi. Lui sa quali orrori invadono la mia testa. Lo sa, perché li ha anche lui. Certe volte ci svegliamo di soprassalto nello stesso momento, col fiato corto, madidi di sudore gelido. Come se avessimo sentito qualcosa. Ed è così. Certe volte è il rumore assordante del cannone. Un colpo, il viso di una persona che è morta per far vivere me. Certe volte sono urla. Le urla disperate della folla, l'esplosione delle bombe. Bambini che mi chiedono aiuto, mentre lentamente la loro carne brucia.

Quando capita Haymitch versa due bicchieri di scotch e poi me ne passa uno. Io lo ringrazio con un cenno del capo e bevo a piccoli sorsi, grata del bruciore caldo che mi entra in corpo. Il sapore non mi piace, ma è abbastanza forte da distrarmi, da rimettermi a posto momentaneamente. Non mi chiede mai niente. Non ne ha bisogno, sa esattamente quello che succede dentro la mia testa. Mi permette di urlare, di piangere, di lanciare il bicchiere contro il muro. Certe volte lo lancio ancora pieno. Haymitch non mi rimprovera mai. Fa sparire i cocci e mi stringe a sé, come se potesse tenere i pezzi insieme se mi stringe abbastanza forte. A volte mi piace credere che sia vero, che potrebbe funzionare più a lungo che per quei pochi momenti in cui riesce ad assorbire parte del mio dolore.

Ogni mattina ricomincio. Levo le bende che ho sulle mani e inizio a lavarle, lasciando che le piaghe e le ferite si riaprano. Il sangue scivola nel lavandino del bagno e l'acqua diventa rosa. E' giusto che io versi il mio sangue. Tanti l'hanno versato per me, è giusto che io li ripaghi. Certe volte Haymitch mi mette le bende così strette che non riesco a liberarmi e mi ritrovo sul pavimento, piangendo perché vedo il sangue anche attraverso le garze, ma non posso lavarlo via. Gli chiedo di togliermele, ma lui scuote la testa, Dice che ogni tanto devo lasciare guarire la pelle almeno un po'. In quei casi so che il mio sguardo è pieno d'odio. Io non dico niente quando lui beve per cancellare il dolore, vorrei che mi lasciasse fare quello di cui ho bisogno. Non lo odio davvero, non potrei mai, è l'unica persona che non mi fa sentire peggio quando mi guarda.

Gale è tornato ancora. Inizialmente mi ha sorriso, quando ha visto l'espressione serena sul mio viso. Poi i suoi occhi sono scivolati lungo il mio corpo, fino alle mani. Il sangue che gocciolava sul pavimento ha fatto scattare qualcosa dentro di lui. Mi ha schiaffeggiata, forte, mandandomi a sbattere contro il tavolo della cucina. Poi ha incominciato a gettare per terra tutto quello su cui riusciva a mettere le mani. Haymitch è corso di nuovo da me. Ha visto il segno rosso sul mio viso e ha cacciato Gale da casa mia. Non era necessario, in realtà. E' stato una delle poche volte in cui ho sentito qualcosa di diverso dal solito. C'era solo il dispiacere di aver perso quello che una volta era il mio migliore amico. E' stata un'emozione stranamente riposante.

Non vado mai trovare Peeta. Ci ho provato, un paio di volte, ma ha il sorriso incerto di chi non sa esattamente quale emozione provare, mi ha fatto troppo male. Peeta mi ricorda tutti i danni che ho fatto, tutto il male che ho provocato. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio farmi uccidere da lui. C'è stato un momento in cui ho creduto che alla fine di tutto saremmo stati insieme, che mi avrebbe amato nonostante tutto e che il suo amore mi avrebbe aiutato a vivere. Era un pensiero molto egoista, lo so, ma era anche rincuorante. Ora Peeta nemmeno è sicuro di chi io sia o di cosa sente per me. Dell'amore incondizionato di un tempo non c'è più nulla. Ora ho anche il suo sangue sulle mani.

L'unico amore che ho ora è quello di Haymitch. E' l'unica famiglia che mi rimane, l'unica persona che non mi giudica, l'unico che riesco a guardare negli occhi senza voler essere morta. Non è una forma sana d'amore, è qualcosa fatto di dolore, amarezza e distruzione, qualcosa messo insieme con le macerie di quello che eravamo una volta. Non sono sicura nemmeno che “amore” sia la parola giusta. So solo che quando mi guardo le mani, il suo è l'unico sangue che non vedo.









Fine

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: aria