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Autore: AthenaSkorpion    24/02/2014    1 recensioni
Alla fine, siamo tutti sulla stessa barca.
Genere: Malinconico, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un elettrone. Una carica negativa. Ecco quello che sono.
Ironia della sorte.
Proprio gli elettroni devono essere negativi?
Ma dico io...
Mi trovo costantemente sballottato nel mio orbitale. Senza meta. In eterno vagare. L'energia è un noioso diversivo, posso spostarmi da un'orbitale all'altro. E poi? Emetto luce e via, di nuovo al punto di partenza. Costantemente attirato dal nucleo dei neutroni e delle cariche positive, i protoni (come fanno ad essere così positivi, mi chiedo? Sempre incollati, sempre bisognosi di avere l'un l'altro, sempre dipendenti, sempre insieme), contro la mia volontà. Mai appartenente alla loro schiera. Piccolo, indifeso, solo.
Talvolta mi mettono in comune con altri orbitali di altri atomi, come fossi merce di scambio, altre volte mi cedono, forse per avere un po' di pace. Non valgo assolutamente nulla in questo curioso microuniverso. Eppure io sono tutto, senza di me il microcosmo stesso non esisterebbe.
Posso allontanarmi, sì, da quella regione di spazio in cui c'è il 90% di probabilità che l'elettrone si trovi, ho un matematicissimo 10% di indipendenza. Posso allontanarmi. Ma pare che sia una sorta di "ora d'aria" per il prigioniero che sa di avere di fronte a sé l'eternità di buio e solitudine nella massa. Non ho sbarre, non ho campi di forza, nessuno mi trattiene, ma non posso andare via. E mi viene rinfacciato di avere un margine di imprevedibile libertà quando mi è solo di scherno, un palliativo datomi dal sistema stesso.
L'energia è un buon modo per animare la vita, mi permette addirittura di cambiare schiavista! Sono condannato, per mia natura, ad appartenere a qualcosa cui non posso appartenere, sono condannato ad amare un apparato che mi lascia correre e danzare una sempiterna danza di morte e tedio, abbandonato nel vuoto, che vuoto non è. Già, sono solo, ma non mi è concesso di esserlo davvero. Sono libero, ma non lo sono affatto. Posso agire, ma non posso farlo a mio piacimento. Non sono niente di definito. Ho diritti finalizzati a permettermi di ripagare al meglio nei doveri. Non sono particella, non sono radiazione. Sono in un limbo estenuante. Non ho sede di appartenenza, sono un'anima vagante, un fastidioso nessuno.
 
Non so neppure dove sia il problema. Voglio dire, se sono nato (quando? Neppure lo ricordo più... ma io sono nato?) per fare questo e morirò (ma davvero morirò? o sono già morto?) facendo questo, com'è possibile che io sia così profondamente, inspiegabilmente disturbato? Se il mio scopo è questo, se il mio destino è di essere invisibile parte di materia, inosservabile nell'Universo tutto, inutile nel grande gioco della vita, perché, perché diamine mai questo malessere mi sta logorando fino all'esasperazione? Come faccio ad avere un'anima, una mente con cui pensare e soffrire per ciò che devo essere a tutti i costi? Se questo è quello che devo fare, non dovrei essere felice di farlo? Per quanto possa un elettrone essere vivo per cogitare tutto ciò.
Non è vita il saper rispondere agli stimoli esterni ed essere in grado di tramandare questa capacità alle nuove generazioni? Mi permetto di sorridere della mia stessa osservazione: io sono perssoché immortale, che senso ha generare un mio duplicato? Ottenere un altro disturbato me?
È forse vero che non si soffre finché non si sa di soffrire? È forse vero che la mente in grado di soffrire risiede in qualunque cosa abbia vita? Almeno questo, tra tutte le altre cose, pare avere un senso.
A questo punto mi sorge spontanea una domanda: che senso ha questa vita? Perché affannarsi nascere crescere mutare morire soffrire pensare amare odiare deprimersi gioire annoiarsi... ? Che senso ha che io volteggi in questa disarmonica armonia attorno a questo beneducato nucleo snob? Tra me e il protone più vicino potrebbero esserci altri 12000 protoni, al momento. Una distanza infinita, per me. Che senso ha che io li fissi da qui, con la loro superba alleanza, uniti, stretti, in pace, immobili se io stesso non ho un senso?
La vita... chi vuole che sia così? Io credo nessuno, anche perché qualcuno vorrebbe a sua volta che tale entità desideri ciò e questo avrebbe un infinito incedere. E se pure esistesse qualcuno che vuole impormi questa maledizione, perché lo fa? Noia? Paranoia? E non essendoci nessuno a volere che questo ritornello proceda, perché questa dannata vita è nata o si è andata evolvendo dall'eternità? Senza scopo, senza causa. Milioni di anni qui a farmi domande senza ottenere risposta, milioni di anni che vorrei spezzarmi in due e liberarmi del fastidioso fardello del pensiero intelligente e invece sono qui, impossibilitato a farlo dalla vita stessa, come se mi imponesse il castigo di viverla, come se la grande Esistenza mi punisse con la sua stessa presenza per il fatto di non comprenderla e non desiderarla.
Mi rimbalzano pensieri e frasi disconnesse in questo corpo che neppure io comprendo a fondo. La monotonia dell'esistenza ti rende pazzo. A volte sento il mio cuore spezzarsi e suoi pezzi mordersi a vicenda, e ingoiarsi, e riunirsi solo per potersi spezzare di nuovo. E nemmeno ce l'ho, io, un cuore.
Voglio solo isolarmi e poter gridare senza voce, perché il mio solo pensiero pare non basti più se non a tormentarmi ogni istante di più, ogni minuto di più, mai placato da un sonno senza pensieri.
E allora cosa ho da perdere?
Cosa posso perdere ad aumentare a 20 la mia percentuale di libertà? Dopotutto, gli elettroni sono imprevedibili. E poi me lo si deve, dopo tutti i servigi che ho reso al meccanismo che manda avanti questo decadente pianeta.
Non è troppo difficile. Inizio a sentirmi febbricitante: cosa posso permettermi di fare ancora?
Avanzo. Ancora. Sono affaticato, ma forse posso finalmente abbandonare questo disperato orbitale. La forza di attrazione del nucleo è paurosa, è come se mi stessi per sbucciare, inizio ad avere paura di poter superare il limite. E se oltre ci fosse di peggio e non potessi più tornare indietro?
Ma che mai posso volere di ciò che mi sta alle spalle? Avrò un rimpianto eterno se oggi non riuscirò nell'impresa di superare me stesso.
Pare che il nucleo tenti di seguirmi, anche se i protoni iniziano a destabilizzarsi. Il mio tentativo sta distruggendo l'intera struttura. Forse ho davvero uno scopo.
Forzo ancor di più i miei vincoli, ma sento che mi sto sovraccaricando di un'energia spaventosa e il mio diventa terrore. Cosa accadrà? Sono troppo vecchio per fare il
rivoluzionario.
Mi sento disfarmi. Un altro atomo si avvicina. Lo vedo. Se lo farà, sarò condannato a vivere in un altro orbitale. Devo darmi una mossa.
A questo punto, sfido chiunque a provare quello che ho provo io senza tremare dalla frenesia della paura e dell'aspettativa.
Il nucleo si sta sfaldando dietro di me. E allora io cedo.
Con uno scoppio, mi distacco definitivamente dal mio microscopico universo. Per un attimo vago nel vuoto, libero finalmente. Nulla di nuovo, il vuoto mi ha sempre circondato. Ma ha un sapore diverso. Sono libero di andare dove voglio. Posso muovermi senza ancore a frenarmi. Sono un ente senziente e indipendente.
 
Poi vengo inghiottito dalle scariche di pura energia distruttiva. Ho sconvolto i fondamenti stessi della vita. Sono potente.
Ed eccomi in un nuovo atomo.
Voglio solo gridare.
Non è servito a niente.
 
 
Poi un'onda d'urto e anche il nuovo atomo esplode. Come in una reazione a catena tutti gli atomi vicini al mio prendono vita ed esplodono, ingigantendo ancor di più la carica energetica dell'esplosione, che presto si propaga ovunque in questo piccolo miserabile pianeta. Che cosa ho scatenato?
Vengo attirato da un protone solitario, ma poco prima di unirmi ad esso, altri elettroni, una moltitudine di elettroni, controbilanciano la sua massa e mi allontanano da esso.
Per qualche motivo ritengo che abbiano capito.
All'improvviso, la stasi. L'aria scoppietta. Tutto ciò che è materia non è altro che elettroni, protoni e neutroni. Soli. Immobili, per un istante.
Sembra un tacito accordo quello che tiene a debita distanza i protoni dagli elettroni. Forse è destino che le cose rimangano così.
E ora? Qual è davvero il mio scopo?
Non ne ho più nemmeno uno.
Ne ho abbastanza di tutto questo.
 
   
 
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