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Autore: Viki_chan    24/02/2014    1 recensioni
- Seconda serie di (s)fortunati eventi -
Anna-chan ha vissuto qualche giorno in Corea, nel quale ha avuto modo di conoscere meglio se stessa e un mondo che da sempre l'ha affascinata. Tornata a Tokyo da qualche mese, il suo breve periodo a Seoul diventa un sogno da cui svegliarsi definitivamente.
Ma è davvero possibile dimenticare?
E soprattutto, è davvero solo lei a soffrire di questa situazione?
Evento #1: Nuova vita, nuovo lavoro, vecchia Anna
Evento #2: Cambi di programma, una faccia conosciuta e il ritorno di Anna-chan
Evento #3: Amiche deluse, telefonate inaspettate e cosmetici
Evento #4: Pensieri umani, pennarelli scarichi e messaggi cifrati
Evento #5: yakitori francesi, hotel blindati e il libro
Evento #6: le stesse parole, il silenzio e la crisi
Evento #7: l'uomo alla porta, luci drammatiche e accordi disattesi
Evento #8: Gimpo, le fan e la colazione per due
Evento #9: Provocazioni, Kim Camille e il sorriso di Ryeowook
Evento #10: lo schedule, la Kyobo e l'evento dell'anno
Evento #11: la sposa, i manager e la fine della discussione
Evento #12: l'appartamento, lo sguardo di Siwon e il ritorno
Evento #13: Il volo, il Capitol e la tenda bianca
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #6


 

Sono rientrata, mi sono struccata, ho controllato dei documenti che mi sono portata a casa dall'ufficio. Ho fatto tutte queste cose promettendomi di stare calma, ma alla fine mi sono buttata sul letto e ho preso Super Junior Photobook tra le mani.
E' un libro alto più o meno tre centimetri, con una bella copertina rigida.
E' scritto in hangul.
Da quando ho iniziato il corso di coreano, Ayane mi ha chiesto tante volte di tradurlo per lei.
Scuse su scuse, ho sempre rifiutato.
La verità è che ho paura.
Ho tanta tanta paura, quando penso a loro.
Ho paura di non tornare più indietro, di dover rivivere di nuovo i bei ricordi.
Rendendomi conto di quello che sono davvero, ricordi.
Passato.
Ho paura.
La copertina è facile da guardare.
E' un'immagine dei Super Junior, gli idol.
Va bene.
Sfoglio alcune pagine e, a pagina 15, trovo la mia prima foto.
E' Donghae.
Potrei dire il giorno, l'ora e il minuto preciso in cui ho scattato quella foto.
Donghae sta ripassando il testo di Go nei camerini del grande hangar dove è stato girato il video di quella canzone.
Guardo la foto e la accarezzo, poi non resisto.
Scatto a pagina 145.
Dovevo immaginarmelo, credo.
La maggior parte delle due pagine in cui mi trovo è occupata da una grande tavolata.
Ci sono quasi tutti.
Sorridono.
C'è un posto apparecchiato, a capotavola, vuoto.
Il mio posto.
Il titolo di quelle due pagine è The big family, in inglese.
Quella è una mia foto, l'ho scattata durante la nostra cena italiana.
Sul tavolo vedo avanzi di cibo.
Una bottiglia di vino che Yesung ha allontanato da Kyuhyun dopo l'ennesimo brindisi.
Intorno alla foto, i ragazzi hanno scritto dei messaggi per le fan.
Vengo attirata da una delle più lunghe, quella scritta da Siwon.
Alle nostre Elf,
Anche quando ci riposiamo, pensiamo a voi. Dopo un tour e tanti fan meeting, ci ritroviamo al dormitorio e ci raccontiamo la nostra giornata. Anche se siamo separati, siamo una grande famiglia.
Anche quando siamo lontani da voi, la vostra presenza non ci abbandona mai.

Sostenete sempre i Super Junior.
Siwon

Prendo un respiro profondo, leggere il coreano non è per niente facile.
Siwon ha scritto delle belle parole, tipiche parole da idol a fan.
Non sono un messaggio per me, sicuramente.
Torno a guardare l'immagine solo un istante, poi cerco il messaggio di Ryeowook.
Il messaggio di Ryeowook è più breve.
Alle Elf,
Vorrei essere con ognuna di voi. Vorrei potervi dire “Fatti sentire. Sempre, ad ogni ora. Non pensare al fuso orario. Se vuoi parlare con me, farò in modo di esserci”.
Siamo una grande famiglia unita, vero?

Le mani mi tremano, mi guardo intorno come se Ryeowook avesse sussurrato quelle parole al mio orecchio.
Riguardo quella foto e so che quelle sono le parole che lui voleva che leggesse.
Avevo scattato io quella foto, avevo pronunciato io quelle parole.
Il giorno del mio addio a Seoul.
Le avevo disattese.
Su ordine del signor Park avevo cancellato il contatto dei ragazzi, per proteggere me stessa avevo fatto di più: li avevo cancellati dalla mia vita.
Via le canzoni, i poster, gli articoli di giornale ritagliati con cura.
Poi tutto era tornato indietro.
Avevo rivisto Kyuhyun, avevo capito che stare ai giochi della SM avrebbe comportato avere sempre un legame con loro.
Sottile, quasi invisibile.
Non riesco a spiegarmi da dove viene tutta quella rabbia, ma mi viene voglia di chiamare il signor Park e rovesciare addosso a lui la mia frustrazione.
Chiedergli perchè mi ha trasformata in questo modo, perchè pochi giorni in Corea hanno ucciso Bibi e fatto nascere Anna.
E i suoi sogni.
E le sue ambizioni.
Vorrei dire al signor Park che io non sono una fotografa e non volevo esserlo. Ma ora sono così innamorata del mio lavoro che talvolta mi dimentico che sia tutto precario.
Che basta un mio errore perché il castello si sgretoli.
Perché io rompa il patto e venga rimandata in Italia.
Sono confusa, arrabbiata, stanca.
Chiudo Super Junior Photobook e prendo un respiro profondo.
Mi sdraio sul letto a braccia e gambe aperte, mi muovo come se stessi facendo un angelo nella neve.
Un tonfo mi avvisa che il libro è caduto a terra.
Lo ignoro.
Ripenso alle parole di Ryeowook, alle mie parole.
Quella sera di qualche mese prima, nell'andare via dal dormitorio, gli avevo promesso che sarei sempre stata disponibile per lui. Quelle parole, per qualche strano motivo, gli erano rimaste in testa.
Tanto da farle scrivere in quel libro.
Vorrei ringraziarlo, spiegargli perché sono scomparsa.
Chiedergli scusa.
Chiedergli spiegazioni.
L'unica soluzione, la più ovvia, è quella di incontrarlo di nuovo.
Mi alzo, prendo il portatile e lo accendo.
Mentre si carica, riprendo il Super Junior Photobook da terra e lo appoggio accanto a me.
Il computer richiede la mia attenzione emettendo uno strano suono.
Una richiesta di contatto sul Skype.
Non ci credo.
Accetto subito e, senza pensarci, videochiamo.
Yeoboseyo?” dice la voce dall'altra parte qualche secondo dopo. Non ha attivato la webcam.
“Ryeowook?”
“No.” dice la voce, poi tace.
Non ha attivato la webcam e questo mi mette a disagio.
Io contro un avatar immobile.
Un panda che dorme disegnato nella maniera più cicciosa possibile.
1642 è il contatto che mi ha cercata.
Deve essere lui.
Eppure dall'altra parte non c'è la voce allegra di Ryeowook, ma un silenzio denso.
“Io non...” dico in italiano, poi in giapponese. Prendo un respiro profondo. “Con chi sto parlando?” chiedo in coreano.
La voce tace.
“Ryeowook ti ha cercata” commenta in inglese la voce. “Lo sapevo l'avrebbe fatto.”
Il tono in cui lo dice è piuttosto rassegnato.
“Non avrei dovuto andare al fansign, credo” dico alla voce.
“Lo so. Non è colpa tua, Anna. Il nostro lavoro...”
“Siwon?” chiedo interrompendolo. “Sei tu, vero?”
La voce tace.
“Scusa. Io...”
“Anna. Non dovevi accettare questo contatto” prosegue la voce, sempre in inglese. “Non devi dare seguito ai capricci di Ryeowook.”
Questa volta tocca a me tacere.
Faccio davvero fatica a non arrabbiarmi. Stringo le labbra e scuoto la testa.
“Non sono in Giappone, io. Raggiungerò gli altri domani. Devo dire qualcosa a Ryeowook?”
“Digli che...”
Taccio.
Chiudo gli occhi, prendo un respiro profondo. So che non dovrei lasciarle scendere, ma le lacrime mi rigano il viso. Mi ricordo troppo tardi che il mio interlocutore mi vede.
“Non dirgli niente. Io non avrei dovuto accettare il contatto. Hai ragione, Siwon.”
Abbasso lo sguardo e, quando lo alzo, sullo schermo vedo il suo volto.
Siwon indossa un paio di occhiali di corno dalla montatura rotonda.
“Non volevo farti piangere” commenta facendo un mezzo sorriso.
“Sono io che mi faccio piangere, non è colpa tua” dico, emettendo un suono a metà tra un gemito e una risatina. “Questa situazione è complicata.”
Siwon annuisce.
“Come hai fatto a riconoscermi?”
“Dal tuo silenzio, dalla tua cadenza. Dal modo in cui dici “il nostro lavoro”. E' così...” cerco le parole giuste, ma al momento sono davvero confusa. “E' così da te.”
Siwon fa un mezzo sorriso e guarda fisso in camera.
Mi asciugo le guance e sorrido di rimando.
“Devo andare, ora. Mi prometti di cancellare questo contatto, again?” dice sottolineando l'ultima parola. “Fallo per te stessa.”
“Sì. Buona notte.”
“Buona notte, Anna.”
La conversazione si chiude e io, distrutta, mi lascio cadere sui cuscini.

 



 

   
 
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