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Autore: _joy    25/02/2014    4 recensioni
Contesto: tra "Morsi di ghiaccio" e "Il bacio dell'ombra":
Rose non ha ancora visto il fantasma di Mason, non sono ancora iniziati i problemi legati allo Spirito. Lei e Lissa sono tornate all'Accademia e hanno ripreso le loro vite. Finché Lissa non le chiede di tornare a NYC e riprendere le loro vecchie identità in nome di un amore passato.
ATTENZIONE: questa storia è sempre un crossover con Gossip Girl ma non c'entra niente con "Escape": non sono legate, è diverso il contesto e Lissa e Rose sono scambiate rispetto a quella storia: Rose è Serena Van der Woodsen e Lissa è Blair Waldorf (capelli a parte!)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Rose Hathaway
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Did you see that dress?”
"I saw the dress.”
"Did you like it?”
He didn't answer. I took that as a yes.
"Am I going to endanger my reputation if I wear it to the dance?”
When he spoke, I could barely hear him.
"You'll endanger the school.”
I smiled and fell asleep.” 
― 
Rose and Dimitri, Vampire Academy


 

Ero felice.
 
Davvero felice.
Mi trovavo nella città più bella del mondo e Dimitri era accanto a me.
Non nel senso completo che avrei sperato, ma era lì.
Non se ne era andato con Tasha, era rimasto per me.
Perché era innamorato di me. E io lo ero di lui.
E, mentre di solito la consapevolezza che la nostra storia non poteva avere futuro mi faceva incazzare come una belva, oggi ero semplicemente felice di averlo vicino.
«Vieni» gli sorrisi, radiosa, guidandolo ai piani alti di Barneys «Da questa parte»
Lui studiò il mio sorriso e parve rilassarsi.
«Non sei più arrabbiata, quindi»
«Non sono arrabbiata» ripetei per la millesima volta «Solo che…»
«Solo che disapprovi, lo so» terminò lui.
«Sì, ma ora che Lissa non c’è posso concentrarmi su quanto è fantastica questa città e sul fatto che è stupendo rivederla!»
Lui fece un sorrisino.
«Sorridi, compagno!» lo esortai «Non crolla mica il mondo!»
Una delle cose che mi facevano impazzire di Dimitri era la sua capacità smodata di controllarsi: espressioni, sentimenti…
Io ero trasparente come il cristallo e lui criptico come nessun altro.
Eppure… mi completava.
Mi feci distrarre dai suoi occhi color cioccolato per un attimo di troppo, ma riuscii a rimangiarmi il commento poco generoso che mi stava salendo alle labbra.
Con Tasha Ozera sorrideva e rideva spensierato, con me era sempre in modalità istruttore-inflessibile.
Certo, aveva scelto me e non Tasha.
E, tecnicamente, lui era il mio istruttore.
Va bene Rose, stai zitta.
 
Salii su una scala mobile e lui mi seguì, Alto ci raggiunse in un paio di secondi.
«Questa città fa schifo» grugnì.
Io alzai gli occhi al cielo.
Ed era solo il primo di molti, molti suoi grugniti.
 
Grufolò pesantemente quando capì dove eravamo diretti («Reparto “Personal shopper”? Che cavolo è un “reparto personal shopper”??!»), poi quando capì perché eravamo lì («Cosa significa che questi ti vestono??»), quindi quando comprese che non c’era scampo in quanto lui era un ignorante totale in fatto di moda («Io so vestirmi da solo, dannazione! E Belikov, perché tu non dici niente?!»).
Ero talmente stufa dopo soli due minuti che, quando entrammo nel reparto, lo abbandonai alle cure della prima poveretta che ci capitò a tiro e condussi Dimitri a un divano il più possibile lontano.
Mi sedetti e lui mi imitò, ma era chiaro che era perplesso.
«Non intendi comportarti come Alto, vero?»
Lui sorrise.
«No. Ma…»
«Ma?»
«Ma parzialmente lo capisco. Non è esattamente il mio campo, questo»
«Lo so: sono qui per questo! Comunque, compagno, rilassati: è più facile che uccidere Strigoi»
Non sembrava convinto, ma mi lasciò fare.
Una ragazza simpatica ci assisteva e fui io a suggerire e proporre e la cosa strana fu che era un po’ come allenarsi con lui.
Avevamo un nostro ritmo e una nostra complicità.
Dimitri mi lasciava spazio e interveniva di rado, ma nel complesso parve piacevolmente sorpreso dal fatto che l’intera procedura non fu imbarazzante né complicata.
Certo, non era abituato a gente che ti serve champagne mentre corre a cercare abiti per te e tu sei comodamente seduto (e non mi permise di bere lo champagne, per quanto io obiettai), ma si comportò benissimo.
Ovviamente, la personal shopper se lo mangiava con gli occhi e gli lanciava occhiate languide.
Smise solo quando io mi schiarii bruscamente la voce e le feci cadere per sbaglio (cioè apposta) la borsa sui piedi.
Al che lei batté in ritirata e Dimitri mi sorrise, divertito.
«Sì?» chiesi, sostenuta, di fronte al suo ghigno.
«Fai sul serio?» ribatté, per niente impressionato.
«Riguardo a cosa?»
La mia aria candida non lo trasse in inganno nemmeno per un secondo, ma in quel momento Stan ci passò davanti imprecando, mentre cercava di allacciarsi una cravatta.
Mi scappò da ridere e anche Dimitri sembrava parecchio divertito.
Era fantastico vederlo così.
«È fantastico stare qui!» dissi d’impulso «Non trovi?»
«Mi sembra una città molto caotica, veramente. Difficile da controllare se proteggi qualcuno…»
Alzai gli occhi al cielo.
«Certo. Ma a parte la logistica… NY è stupenda! È piena di vita, di movimento… di tutto! Non si può non amare NY!»
Lui sorrise del mio entusiasmo.
«D’accordo, è affascinante… Ma sai che la mia preferenza va ai luoghi silenziosi e tranquilli…»
Arricciai il naso.
«Andiamo, non sei serio! Non puoi paragonare la tundra a Manhattan!»
Lui sospirò.
«Come faccio a farti entrare in testa il concetto che la Siberia non è una landa misera e desolata?»
 
Il ritorno della commessa, che portava alcuni completi per lui, mise fine al battibecco.
Spinsi un recalcitrante Dimitri in camerino e, mentre aspettavo che uscisse, selezionai un paio di modelli per me.
Dopotutto, che shopping era se non mi compravo almeno un abito?
Lanciai un’occhiata verso Alto e la povera persona shopper che lo seguiva e che aveva tutta l’aria di aver bisogno di ferie anticipate, dopo quell’appuntamento.
Repressi l’ennesima risatina… e, all’improvviso, non c’era più nulla da ridere.
Dimitri era uscito dal camerino con addosso uno smoking.
E io, all’improvviso, non ricordavo più come si faceva a respirare.
Lo guardai a bocca aperta, mentre lui, a disagio, lanciava un’occhiata allo specchio e poi si voltava verso di me.
La commessa accorse armata di puntaspilli, per prendergli le misure per le modifiche all’abito: era così alto che i pantaloni andavano allungati.
Mentre lei si chinava e iniziava a rivoltargli il tessuto, lui mi lanciò un’occhiata implorante.
Io ero ancora seduta, che lo fissavo senza parole: lo avevo già visto in giacca, ma le divise dei guardiani erano austere e non avevano nulla del fascino di questi abiti eleganti.
Mi riscossi bruscamente e mi avvicinai a lui; finsi di esaminare gli orli mentre Dimitri restava immobile, palesemente a disagio.
Eravamo così vicini…
Quando alzai gli occhi incontrai i suoi e abbozzai un sorriso, tanto lo vidi teso: era più a suo agio in un combattimento che da un sarto, chiaramente.
Posai istintivamente una mano sul suo petto, sopra il risvolto della giacca, e lo lisciai.
Volevo dirgli di starsene calmo, ma non feci in tempo a scherzare perché lui sobbalzò al mio gesto e anche io ritrassi la mano, come se mi fossi scottata.
Accidenti.
Non dovevo toccarlo.
Era come una calamita: mi attirava a sé e io volevo, volevo, volevo stargli così vicina…
Ed eravamo alle solite: non potevo.
Non potevamo.
 
Presi un respiro, cercando di dominare l’ondata di insoddisfazione che minacciava di travolgermi.
Desideravo così tanto toccarlo…
Forse commisi il secondo errore del giorno, ma lo guardai di nuovo negli occhi e vidi che anche lui era in difficoltà, come me.
Mosse un passo all’indietro e la commessa si lamentò.
Serrai le palpebre, quindi mi allontanai, mormorando una scusa sul vedere se ad Alto serviva una mano.
Distanza di sicurezza, Rose.
 
Quando mi riavvicinai, speravo di aver riacquistato il controllo.
Mi ero data una bella scrollata mentale, ricordando a me stessa le ragioni sempre valide che ci impedivano di stare insieme e il mantra: è inutile protrarre l’agonia.
Ok. Tieni duro.
Anche lui sembrava più calmo.
Non mi guardò durante le due prove successive, ma quando uscì dal camerino vestito con i suoi abiti (seriamente, quello spolverino da cowboy non si poteva vedere, qui in città!) e la commessa gli chiese cosa aveva deciso, lui si voltò verso di me con una muta domanda negli occhi.
Restai seduta a distanza di sicurezza, ma mi espressi a favore di tre completi, più jeans, tre maglioni di cachemire e un certo numero di camicie.
Lui aggrottò le sopracciglia, chiaramente contrario a quello spreco eccessivo, io però congedai la commessa con un cenno affermativo.
Era chiaro che Dimitri si preparava a dar battaglia verbale, ma fu interrotto da Alto, che mi piombò addosso brandendo un cartellino con il prezzo di una cravatta.
Pareva prossimo a un colpo apoplettico.
«Sì?» chiesi.
«Ma…ma…hai visto quanto costa??» sputacchiò.
Repressi un sospiro.
«Non si preoccupi, va in conto a Lissa»
«Cosa? No!» si oppose Dimitri.
Riconobbi lo scintillio ferreo nei suoi occhi e seppi che c’erano guai in arrivo.
«Ascoltate» argomentai a bassa voce, cercando di essere persuasiva senza offenderli «Mi rendo conto che non vorreste essere qui e non ve ne può fregare di meno di avere smoking eleganti: serve tutto per la protezione di Lissa, quindi è giusto che lei…»
«Non esiste» mi interruppe Dimitri, secco «Non permetterò che sia una ragazza a comprarmi i vestiti»
Ero sicura che avrebbe reagito così.
Però ero contemporaneamente in difficoltà, perché mi rendevo conto che il suo stipendio da guardiano non gli avrebbe mai permesso di fare acquisti da Barneys.
Alto non aveva gli stessi scrupoli:
«Belikov, di’ un po’, sei impazzito? Ma hai visto i cartellini? Ci puoi giurare che io non tiro fuori un dollaro!»
Dimitri aveva la faccia scura delle peggiori occasioni: lo avevo visto così infuriato di rado.
Discusse con Alto a lungo e poi, di malagrazia, si allontanò dal reparto senza dire una parola.
Ahi.
Peggio del previsto.
La commessa mi portò tre abiti, ma non riuscii a divertirmi.
Ne provai uno solo, poi il senso di colpa e il disagio mi spinsero a cercare Dimitri a piano terra, dove lo trovai vicino alla zona bar, che guardava il traffico a braccia incrociate.
«Allora… abbiamo fatto presto, tutto sommato!» tentai un tono brioso, senza successo.
Mi lanciò un’occhiataccia e rimase in silenzio.
Il suo malumore durò per il viaggio di ritorno in taxi, la salita in ascensore e il rientro: in casa marciò verso la sua stanza e si chiuse la porta alle spalle con un gran tonfo.
Schizzai a cercare Lissa.
Era in camera sua; il Legame mi disse che era in ansia per Chuck, ma prima di pensare a lei volevo che risolvesse questo problema.
Le parlai dello shopping e lei promise di sistemare le cose con Dimitri: era cosa nota che non avevo né il suo tatto né la sua diplomazia e la cosa mi tranquillizzò.
Detestavo che Dimitri ce l’avesse con me, seppure indirettamente.
Ed ero stata così felice quella mattina…
 
Ci misi un po’ a sintonizzarmi sul problema di Lissa: Chuck non le rispondeva al telefono.
Scrollai le spalle.
«Liss, suo padre è morto. Non avrà voglia di parlare al telefono con tutti quelli che lo chiamano!»
Sentii distintamente la sua delusione.
«Ma…si tratta di me!»
«Sì, lo so… Ma forse è persino peggio, Liss. Ascolta, è per questo che non volevo che ti precipitassi qui. Lo sai benissimo che il vostro rapporto è sempre stato altalenante. E ora, vista la situazione…secondo me sarà anche peggio. Non puoi pensare che lui abbia le forze anche per gestire un carico emotivo supplementare»
«Ma io non voglio niente, davvero» rispose, pacata «Sono qui per lui. Non perché lui faccia qualcosa per me»
Sprofondai nel suo letto.
«Senti… mi pare un buon momento per farsi due domande. Tipo: perché sei corsa qui da lui, senza dire nulla a Christian?»
Esitò, ma non si tirò indietro:
«Perché mi spiace per lui. Io l’ho amato, Rose, lo sai… e sai quanto teneva a suo padre. L’idea di lui qui, solo, mi strazia»
«Ok. Ma comunque non potrete stare insieme, per cui… a che serve?»
«Se può aiutare lui, allora non è inutile» ribatté lei, convinta.
Io sospirai.
«Farà stare solo peggio entrambi. E Christian? Come farai a guardarlo in faccia quando torneremo?»
Lei arrossì.
«Non sono mica venuta per sedurre Chuck! Perché dovrei avere problemi con Christian?»
Ma lo disse senza guardarmi in faccia e io sospirai ancora.
«Perché il tuo ex-grande amore ha bisogno e tu corri senza nemmeno che lui te lo debba chiedere?»
Lissa sembrava in difficoltà.
«Rose… ma a te non capita mai di chiederti se…»
Non finì la frase ma capii ugualmente.
La risposta?
No, non mi capitava.
Io amavo Dimitri: il mio mondo era dove c’era lui.
Scossi il capo, attenta a non avere un tono da maestrina saccente.
Capivo che per lei non era facile: era talmente buona e generosa che una parte di lei avrebbe sempre messo gli altri per primi.
«Liss… ho paura per te. Lo so che nervosa e… bè, che non vedi l’ora di vedere Chuck. E questo mi preoccupa»
Lei arrossì.
Era seccata perché il Legame, come sempre, mi dava una panoramica totale sui suoi sentimenti.
«Ehi» le sorrisi «Niente privacy con me!»
«Se fosse bilaterale mi darebbe meno fastidio» borbottò lei, ma si stava rasserenando.
 
Pensai a tutto quello che le avevo nascosto.
Fortuna che il legame era a senso unico.
 
 
Alla fine, Lissa riuscì a placare Dimitri.
Più o meno.
Quando uscii dalla mia camera, vestita per il funerale, lo trovai in corridoio che si controllava il nodo della cravatta nello specchio.
Portava uno dei completi acquistati quella mattina e io mi ritrovai di nuovo senza fiato.
Mi vide arrivare e abbozzò un sorriso.
«Ancora arrabbiato?» mormorai.
«Non sono arrabbiato»
Sembrava il mio ritornello di quei giorni.
«Ancora furioso?» ritentai, scherzosa.
Stavolta sorrise un po’ di più.
«Sì»
«Lo sapevo. Mi dispiace» dissi, sincera.
Sapevo quanto tenesse all’onore.
Lui annuì brevemente.
«Ho capito le circostanze…Non parliamone più, va bene?»
Gli sorrisi.
Lo ammiravo così tanto… veramente, lo amavo così tanto.
Porca miseria, che casino.
Ovviamente, parlai prima di rendermi conto di quello che stavo dicendo:
«E comunque stai benissimo, vestito così»
Lui sembrò spiazzato e si rifugiò nel pragmatismo:
«Bè, è poco pratico…»
«Ah già, la logistica…» feci un cenno rassegnato «Dovremmo andare tutti in giro in tuta da ginnastica»
«Di certo sarebbe più comodo» mormorò, ma lo scintillio nei suoi occhi lo smentiva «Ma… tu sembri molto a tuo agio…»
Storsi la bocca.
«È un complimento? Devi impegnarti di più!»
Lui represse un sorrisetto.
«Solo una constatazione: sei molto a tuo agio, pur portando quelle scarpe»
Ero in piedi su tacchi altissimi, in effetti, e comunque gli arrivavo a mala pena al mento.
Scossi le spalle.
«Ci ero abituata: li portavo sempre»
Lui fece un’espressione buffa.
«Mi sembra una tortura inutile»
«Bè, è bello essere curate e femminili, vestire bene. A volte mi manca molto… Non che sia pratico o funzionale per quello che facciamo, ma è bello sentirsi carina, ogni tanto»
Lo sguardo di Dimitri si incupì.
«Tu non hai bisogno di vestiti per…»
Si interruppe appena sentimmo aprirsi una delle porte nel corridoio.
Celeste emerse con un’aria da martire: indossava un tailleur pantalone nero e dei tacchi molto ragionevoli, se paragonati ai miei.
Io le sorrisi allegramente.
«Sta molto bene»
«Figuriamoci» lei sbuffò, poi mi sorrise «Tu sì che stai bene, Rose. La principessa Dragomir naturalmente è abituata… ma anche tu sei insospettabile in questi abiti… a differenza mia!»
«Li ho portati spesso» mi schermii, imbarazzata.
Mi sentivo gli occhi di Dimitri addosso e, di nuovo, mi chiesi cosa pensava lui di questa Rose elegante e griffata.
 
Scendemmo al piano inferiore, dove trovammo Lissa in agitazione folle: apriva e chiudeva la borsa, raccoglieva il giacchino, lo posava su una poltrona, controllava il cellulare, lo metteva in tasca, lo riprendeva subito…
«Liss, ti verrà un colpo se non la smetti» mormorai, sedendomi sul divano.
Lei mi lanciò un’occhiata apprensiva.
«State molto bene» disse poi ai guardiani «Vi ringrazio. Dov’è il Guardiano Alto?»
«Starà cercando di allacciarsi la cravatta» commentai io, che ancora sbirciavo di sottecchi Dimitri.
Lissa scrollò le spalle, quindi riprese in mano il cellulare.
«La macchina è arrivata, signorine!» annunciò Dorota.
Io mi alzai e Lissa mi lanciò un’occhiata ammirata.
In effetti, il mio abito Jenny Packham era davvero raffinato.
«Sei bellissima… Io faccio schifo, devo andare a cambiarmi!» esclamò.
«Oh, Liss» sospirai «Non fai schifo, calmati»
Lei guardò la sua tenuta e poi la mia.
«No, no, ho sbagliato tutto!» strillò, isterica.
La presi per un braccio.
«Ok, se Sali a cambiarti non usciamo più. Non vorrai arrivare tardi, vero? Tra parentesi… Perché usciamo così presto?»
«Andiamo a prendere Chuck» rispose, categorica «Così vediamo se mi evita ancora»
Alzai gli occhi al cielo: povera me.
 
Alto ci raggiunse quando già eravamo saliti: sembrava che l’ansia per la sicurezza gli fosse uscita completamente di testa, dopo lo shopping mattutino.
Vero che era giorno e gli Strigoi non possono esporsi alla luce del sole, ma insomma!
Mi aspettavo un comportamento più professionale!
La macchina ci condusse all’hotel dove Chuck viveva.
Io sospirai e chiesi solo:
«Sicura?»
Lissa annuì e mi strinse la mano.
«Va bene» capitolai «Scendo a prendertelo»



***

Buongiorno!
Oggi ho deciso di aggiornare "Sogno" invece che "Nothing Else Matters", perchè quella storia l'ho aggiornata anche venerdì, ma settimana prossima torniamo alla pubblicazione di mercoledì!
Per tutti gli aggiornamenti, sapete che mi trovate qui:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp

Buona lettura,
Joy

   
 
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