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Autore: ChiaraBaroons    25/02/2014    3 recensioni
Maya, fotografa emergente, non ne vuole più sapere del mondo a cui, suo padre, ha sempre cercato di incatenarla: il nuoto. Le piacerebbe viaggiare, vedere il mondo, e invece, per uno scherzo del destino, dopo la laurea si ritrova costretta a convivere con quell'ambiente che poco sopporta, solo per ottenere un lavoro degno di essere chiamato tale.
Ed è qui che spunta fuori Travis, nuova stella del nuoto italiano, bello da far male, ma con un ego talmente grande capace di far concorrenza a quello di Sua Maestà, la Regina Elisabetta II; ed è proprio lui il soggetto che Maya dovrà immortalare per ottenere quel fantomatico lavoro, ma non tutto risulterà semplice quanto sembra. Non sarebbe divertente, almeno per noi lettori.
Due caratteri predominati messi a confronto, due prime donne che, purtroppo oppure per fortuna, non riusciranno a restare nella stessa stanza a causa del loro orgoglio, troppo grande per rendere le cose semplici sin dall'inizio.
Sono solamente esseri umani e, complicarsi la vita nel peggior modo possibile, sembra proprio la loro linea guida.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Maya3




*****



La mattina dopo mi svegliai completamente intontita e con un mal di testa lancinante. Avevo l’aspetto di un mostro, con le occhiaie pronunciate sotto gli occhi e i capelli terribilmente in disordine, ma il lavoro mi chiamava a gran voce, fischiandomi nelle orecchie.

Il letto era lì a tentarmi e sembrava che mi pregasse perché tornassi sotto le coperte, al calduccio e al sicuro, ma strinsi i denti e decisi di tornare in quella piscina.

Quando arrivai, tutto era già in pieno fermento. Sembrava che ci fossero persino più nuotatori del giorno prima e, con piacere, riuscii a scorgere anche qualche ragazza qua e la: almeno quell’ambiente non era monopolizzato dal sesso opposto.

Vista la brutta esperienza del giorno prima mi spostai dall’ingresso principale e cominciai a camminare piano vicino alle piscine, in cerca di mio padre in mezzo a tutto quel movimento frenetico.

Non riuscii a trovarlo, ma in compenso riconobbi, mentre era in acqua, Travis. Sembrava molto concentrato a terminare la sua vasca

Presi dalla borsa la mia macchina fotografica e cominciai a scattare, regolando varie impostazioni di tanto in tanto.

L’obiettivo quasi ingannava: lui sembrava una persona normale e con un carattere normale, ma avevo già appurato il contrario. Avevo già appurato quanto detestassi il suo carattere da diva, da prima donna e quando riuscisse ad infastidirmi anche solo con l’accenno di un sorriso.

Una mano si poggiò sulla mia spalla, distogliendomi dal mio lavoro. Papà.

Ciao”, dissi in tono svogliato.

Buongiorno Maya”. Lui, invece, sembrava tutto pimpante ed allegro come un bambino a Natale. Il mio completo opposto.

In fin dei conti aveva sempre cercato di avvicinarmi al nuoto, di far nascere anche in me quella passione che era diventata il suo lavoro e la sua vita, e sembrava che, grazie a quel lavoro che tanto smaniavo per avere, ci stesse riuscendo.

Non c’è motivo per essere così felici, papà”, mugugnai continuando con i miei scatti.

Che succede, tesoro?”. A quella domanda mi voltai verso di lui, con gli occhi spalancati per la sorpresa.

Possibile che non si fosse accorto davvero di niente?! Di come avesse sbagliato nella scelta del mio soggetto, di come avesse sbagliato sul conto di travis?

“Me lo stai chiedendo veramente? Sono costretta a lavorare con un idiota!”.

Posai ancora lo sguardo, attraverso l’obiettivo, su Travis che aveva cominciato un’altra vasca. E scattai ancora. E ancora. E ancora.

“Ah…”, disse mio padre in tono che mi parve sconsolato, quasi offeso. Guardai di nuovo verso di lui e vidi che fissava il pavimento con un cipiglio sul viso.

Oh no, non tu, papà! Quel Travis!”, esclamai.

Ah ora capisco. Scusa, sarà la vecchiaia”.

Restammo per un paio di minuti in silenzio a guardare tutto il movimento nel palazzetto.

Sapevo che per mio padre, tutto quello che vedevo, era “casa”, era la sua vita, ma ai miei occhi si mostrava come un semplice allenamento giornaliero.

La mia “casa” era la fotografia, la possibilità di bloccare i momenti a mio piacimento, di congelare attimi per poi farli diventare indelebili, non tutto quello che avevo davanti agli occhi in quel momento, e sapevo che a mio padre non sarebbe mai andato a genio, ma non potevo davvero risolvere la situazione. Avevamo passioni diverse, pensieri diversi e obiettivi diversi.

Mi ero innamorata della fotografia quando ancora ero un’adolescente in cerca di un sogno da raggiungere e, dopo un po’ di tempo, mi disse che ce l’avrei fatta. Ad ogni costo. Sarei diventata brava, sarei diventata famosa e ognuno avrebbe visto e conosciuto la mia storia e l’impegno impiegato per diventare qualcuno. E a piccoli passi ci stavo riuscendo: stavo scalando quella montagna, forse un po’ troppo alta, ma a piccoli passi mi stavo avvicinando sempre più alla meta.

Comunque Travis è un bravo ragazzo, forse un po’ arrogante, ma io lo conosco bene e, dopo tutto quello che ha passato si è ripreso alla grande”, ruppe il silenzio mio padre, in tono pieno di orgoglio. Il suo sguardo, mentre seguiva il protagonista del nostro dialogo, diceva tutto: era davvero fiero di lui, come se stesse parlando del proprio figlio, ma faticavo moltissimo a credere che, proprio quel Travis conosciuto appena un giorno prima, potesse davvero aver passato dei guai.

Dopo tutto quello che ha passato?! Il parrucchiere gli ha sbagliato taglio di capelli?”, dissi fingendomi dispiaciuta.

Non scherzare, Maya! ”, mi rispose mio padre, severo. “Non so chi, tra te e lui, abbia sofferto di più”.

A quelle parole il sorriso che avevo sulle labbra svanì e sentii il sangue gelarsi nelle vene.

Ero perfettamente consapevole di non essermela passata nel migliore dei modi, quando ero più piccola, quindi pensai a cosa poteva essere successo a Travis per essere paragonato a me.

Nonostante tutto, mio padre ed io abbiamo sempre avuto il coraggio e la forza di rialzarci dopo ogni caduta e di uscirne sempre più forti, sempre più indistruttibili.

Beh il suo passato non conta, adesso. Ieri mi ha trattata come una stupida!”.

Mio padre si voltò verso di me con aria divertita e un sorriso sulle labbra. “Oh ti prego, Maya, sai come difenderti”.

Sorrisi anche io, sapendo che aveva perfettamente ragione.

Non ero mai stata simpatica a tutti per la mia sincerità. Alla gente non piace quando gli viene spiattellata in faccia la dura verità. A volte sembrava un male, ma io ho sempre preferito dire le cose come stavano, la realtà, piuttosto che inventare scuse su due piedi e costruire una stupida messa in scena.

Feci un altro paio di scatti qua e la, prima di rendermi conto che Travis mi fissava con sguardo serio, quasi glaciale. Colsi l’opportunità e scattai, senza considerare minimamente lo sguardo di Travis che ancora mi sentivo addosso.

Guardai il risultato nel piccolo schermo della macchina fotografica e notai, con sollievo, che il risultato sembrava decente.

Riposi ancora l’obiettivo su Travis e continuai a scattare, mentre usciva dalla vasca e spariva negli spogliatoi.

“Sono venute bene?”, chiese mio padre.

Non so, ma non sembrano male”, gli risposi alzando gli occhi su di lui.

Al suo fianco si era materializzata una donna che pareva più un condominio: altissima con dei tacchi vertiginosi, pelle perfettamente tirata e truccata quasi a regole d’arte. I capelli castano scuri, con un taglio a caschetto, facevano risaltare le sue iridi blu oceano e la schiera di denti perfetti, che mostrava in un sorriso, facevano quasi spavento.

Strabuzzai gli occhi davanti a quell’ammasso di chirurgia plastica.

Claudio!”, esclamò la modella in pensione

Mio padre si voltò sorpreso verso la voce e sorrise. “Oh Tanya, che piacere rivederti”.

La donna lasciò due baci sulle guance di mio padre, dandosi importanza, prima di tornare a mostrare la schiera di denti bianchi.

Anche per me è sempre un piacere”. Solo in quel momento riuscii a distogliere gli occhi da quel viso innaturalmente bello e giovane e mi resi conto del suo accento straniero: sembrava americana.

Fortunatamente quella donna non mi considerò minimamente, altrimenti avrebbe visto la terribile quantità di stupore e di shock che avevano preso in possesso il mio viso, impedendomi qualsiasi tipo di colloquio.

Cosa ti porta qui, Tanya? Sei venuta a trovare tuo figlio?”.

Figlio?! Chi poteva essere il figlio di quel disastro?

“Oh si, devo chiedergli un favore. Inoltre, è molto tempo che non lo vedo”.

I modi di fare di quella donna mi lasciarono allibita: sembrava essere nata per il ruolo della gatta morta. Sorrideva e ammiccava a mio padre come se volesse ottenere qualcosa oppure come se fossero… amanti!

Oddio no!

Sperai con tutto il cuore che, le mie, fossero solamente fantasie.

Notai l’abbigliamento da ragazzina che indossava e pensai che, quel vestito succinto, sarebbe stato stretto addirittura a me.

Di certo il fisico, a quella Tanya, non mancava: mostrava gambe chilometriche e anche belle, ma per l’età che le davo, avrebbe potuto decisamente evitare mise del genere.

Cercai di distrarmi, così cominciai a girovagare, per l’ennesima volta, per le piscine facendo alcuni scatti che, magari, mi sarebbero stati utili in un altro momento.

Di tanto in tanto gettai lo sguardo ancora su mio padre ancora intento a parlare con quella Tanya, ma mi convinsi a non farmi tante paranoie. Avevo già abbastanza grane per dover pensare a mio padre e a quella donna. Insieme.

Trovai una sedia a un lato di una piscina e la spostai vicino al muro, così da non essere in mezzo. Mi sedetti e guardai le fotografie che avevo appena scattato.

Le osservai con attenzione un paio di volte, prima che qualcuno bussò alla mia spalla. Sollevai lo sguardo e… Evviva!

Travis torreggiava su di me con sguardo impassibile.

Ciao Maya”.

Ciao Travis”.

Trovò una sedia poco distante e la sistemò vicino alla mia, sedendosi e sospirando. Rimase in silenzio un paio di minuti prima di cominciare a parlare.

Io, intanto, guardai in giro pur di non dover guardare la sua faccia da sbruffone.

Se non ti dispiace, oggi preferirei saltare il tuo prezioso servizio fotografico”.

Mi voltai di scatto, assalita dalla rabbia nei suoi confronti.

Speravo scherzasse, che mi prendesse in giro, e quella volta lo avrei addirittura accettato, perché non avevo nessuna voglia di tornare in quel posto un altro giorno, ma quando vidi il suo viso sembrava terribilmente serio.

Come, scusa?!”, chiesi allibita.

Non sono in vena di essere il tuo soggetto oggi, mi dispiace”. Quel suo tono scontroso mi fece ribaltare lo stomaco dal nervosismo.

Cosa… Perché?!”.

Travis voltò di scatto lo sguardo verso di me: aveva un’espressione quasi da allucinato. Le pupille dilatate facevano risaltare ancora di più le sue belle pupille cangianti, ma ciò non mi distolse dal risentimento che mi aveva investito come un fiume in piena.

Questi non sono affari tuoi!”, sibilò.

Incrociò le braccia al petto e distolse l’attenzione da me. Mi sembrava di aver a che fare con un adolescente, in quel momento.

Sentivo le mani cominciare a tremare. Avrei tanto voluto lanciargli qualcosa addosso a quella sua stupida faccia e a quel suo stupido broncio stizzito, ma per sua fortuna non avevo niente a portata di mano, se non la mia macchina fotografica, perciò preferii ingoiare anche quel rospo e provare a calmare i nervi.

Oh mi dispiace se la piccola star si è alzata con il piede sbagliato, stamattina, ma si da il caso che a me quelle foto servano. E subito. Quindi si, sono affari miei!”. I miei onesti tentativi di reprimere la rabbia non stavano funzionando: mi stavo facendo divorare. “Si da il caso che non navighi nell’oro, a differenza tua, suppongo. Ho bisogno di quel lavoro e di quei soldi!”. Sembrava che neanche mi sentisse, quel ragazzo, ma io continuai il mio monologo sperando di fargli venire un po’ di sale in zucca. “Non mi interessa niente dei tuoi capricci da diva!”, aggiunsi quasi senza fiato.

Mi sentivo il volto in fiamme da quanta rabbia avevo in corpo.

Tu non sai niente di me, Maya. Niente! Perciò mi faresti un favore se smettessi di parlare come se mi conoscessi”.

La mascella mi cadde: l’offeso era diventato lui.

In condizioni normali mi sarei addirittura complimentata con lui per come fosse riuscito a rivoltare la frittata.

Riposi l’attenzione altrove con fare scostante, come aveva fatto Travis poco prima.

Allora perché non te ne vai?! Stavo molto bene qui da sola, prima che arrivassi tu”.

Meno sto con mia madre, meglio è!, mormorò.

Madre?!

“Madre?”. Tornai con lo sguardo su di lui, con gli occhi leggermente fuori dalle orbite.

Per quanto mi costasse ammetterlo anche solo a me stessa, era palesemente un gran bel ragazzo, Travis, il ché lo rendeva ancora meno sopportabile e ancora di più l’idiota che si dimostrava, ma quello sguardo serio e quasi cattivo era davvero particolarmente affascinante. Gli occhi cangianti sembravano essersi rabbuiati, ma riuscivano a donargli un qualcosa di estremamente pericoloso.

Cercai di distogliere l’attenzione dai particolari del viso di Travis.

Si, madre. Quella mora con l’atteggiamento da star e che sta parlando con Claudio”.

Lanciai un’occhiata a mio padre che ancora chiacchierava animatamente con quella Tanya. Soffocai una risata, sperando che lui non se ne fosse accorto, al pensiero che quella donna, in realtà, fosse la madre di Travis. Tornai seria.

Non mi sembra italiana, però”, dissi nella speranza di sviare il discordo e di calmare il mio istinto di scoppiare in una risata.

Californiana”, disse posando lo sguardo sul mio. “È lei che ha scelto il nome Travis… che idiozia!Non puoi immaginare quanto, per anni, abbia desiderato un nome italiano, normale”, mormorò con un sorriso mesto. “Non è una madre facile. Per niente!”, aggiunse senza distogliere gli occhi da me.

Cavolo…

Continuò a guardarmi, con gli occhi assenti e forse ancora un po’ arrabbiati, per alcuni secondi prima di riporre l’attenzione sul fermento nelle piscine. Ognuno restò in silenzio per alcuni minuti, poi mi alzai decisa a tornare a casa, non avendo più niente da fare.

Allora me ne torno a casa! Grazie ai tuoi capricci da diva sono venuta fin qui per niente”, aggiunsi regalandogli un piccolo inchino. “Fantastico!”.

Mi fece un po’ pena per un momento, pensando alla madre che si ritrovava, ma quel momento passò in un attimo: ero ancora furiosa per il modo con cui mi aveva dato buca.

Lui rise ed io lo fulminai con lo sguardo.

Sono ancora arrabbiata con te, non mi sembra che ci sia qualcosa da ridere! Due minuti passati a parlare con me da persona civile non ti cambiano il carattere e non cambiano l’idea che mi sono fatta di te”, dissi tutto d’un fiato.

Alle mie parole, Travis mi gelò con lo sguardo.

La nostra, sembrava una gara tra chi dei due guardava più in cagnesco l’altro, ma  non ero intenzionata a cedere. Di certo non per fargli crescere ancora di più quel suo ego spropositato.

Ho provato a parlarti da persona civile, me se proprio vuoi fare la stronza, va bene!”, disse alzandosi dalla sedia e sovrastandomi con la sua altezza. “Vedremo chi avrà la meglio”.

Detto questo se ne andò senza dire altro, lasciandomi allibita davanti alla sua uscita trionfale.

 

Passò una settimana.

Ogni giorno andavo alla piscina per nuove fotografie perché ancora non avevo fatto quello che volevo fosse lo scatto vincente.

Durante quella settimana tornai anche alla redazione della rivista sportiva con alcuni scatti, ma la direttrice, bionda, perfetta e terribilmente glaciale, mi disse che nessuna mia fotografia la conquistava.

Fantastico!

In compenso mi disse anche che vedeva nel mio lavoro molto potenziale, ma anche che la solita location era scontata e cominciava a stancarla, così mi suggerì di portare Travis in altri posti per nuovi servizi fotografici.

Dopo quel colloquio mi segregai in casa a sperare che i miracoli esistessero davvero.

Sperai con tutta me stessa di trovare lo scatto giusto e farla finita con quella storia.

I giorni seguenti furono un inferno: un continuo via vai dalla piscina alla mia camera oscura.

Mi sentivo stremata e la presenza di Travis non aiutava

Sembrava avesse come unico obiettivo quello di rendermi la vita impossibile: quando ne aveva la possibilità, faceva di tutto per rovinarmi gli scatti, altrimenti gli riusciva molto semplice ridicolizzarmi davanti a tutti.

E ci era riuscito: per svariate volt, poi.

Cercai di vendicami quando si presentò ancora sua madre, agghindata per l’ennesima volta come fosse una sedicenne.

Quando ne ebbi l’occasione, le spiegai a cosa servivano i miei scatti e le dissi , con suo grande e palese dispiacere, che Travis non sembrava adatto alla macchina fotografica.

In quel momento non mi sembrava un piano eccezionale, anzi pareva un’azione molto adolescenziale, ma speravo che Tanya sarebbe andata a rimbeccare suo figlio per un maggior impegno da parte sua.

Quello stesso giorno, quando mi incamminai verso l’ufficio di mio  padre per avvisarlo che sarei tornata a casa di lì a poco, mi sentii strattonata da qualcuno che mi fece entrare in quello che sembrava il ripostiglio per tutto l’occorrente per le pulizie.

Venne accesa una solitaria luce al neon attaccata al soffitto. Quello stanzino era davvero minuscolo con al suo interno una quantità incredibile di scope, stracci e secchi, il che rendeva tutto molto più stretto. Davanti a me si stagliava una scaffalatura in ferro piena di prodotti, detergenti per le pulizie.

Indietreggiai e mi scontrai contro chi mi aveva scortato non proprio gentilmente in quel buco.

Mi voltai e vidi gli occhi di Travis. Molto, troppo vicini.

Quella stanza era talmente piccola che ci trovavamo costretti a rimanere a meno di un metro di distanza l’uno dall’altra.

Lui indossava solamente il costume da bagno e notai che la sua pelle ancora luccicava di gocce d’acqua.

Accidenti!

Davvero un colpo basso, Maya!”, sibilò inferocito con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque.

Come, scusa?”, chiesi cadendo dalle nuvole.

Dire quelle cose a mia madre!”, esclamò. Mi arrivò alle narici il familiare odore di cloro che, evidentemente, emanava la pelle di Travis. “Mi è venuta a dire che sono un pessimo soggetto e che non si sarebbe mai aspettata una cosa simile da me, avendo una madre come lei”. Era davvero arrabbiato.

A me sembrava una banalità, uno scherzo alla pari con quelli che mi aveva fatto lui, ma Travis l’aveva presa decisamente sul personale.

Mi chiesi cosa potesse aver fatto sua madre, in passato, per essere tanto detestata dal figlio.

Non ne capii il motivo, ma un sorriso divertito mi comparve sul viso. Come poteva essersela presa per così poco?!

Oh la piccola star ha l’ego ferito, ora?”, dissi con finta compassione. “Quanto mi dispiace!”.

Non ho l’ego ferito, stupida, ma se deve per forza esserci questa specie di guerra psicologica tra noi, che rimanga tra te e me. Mia madre mi crea già abbastanza problemi da sola!”, quasi urlava, Travis. Pregai con tutta me stessa che il corridoio fosse completamente deserto.

Era palesemente adirato con me, ma non potevo lasciare che mi mettesse i piedi in testa. Dopotutto, se ero andata a parlare con sua madre c’era stato un motivo più che valido. Si lamentava tanto e diceva che quella nostra “guerra psicologica” doveva restare tra noi due, quando lui era stato il primo a coinvolgere l’intera palestra.

Mi aveva ridicolizzata fin troppo bene quando, uno dei giorni precedenti, mi aveva “accidentalmente” spintonata, facendomi capitolare a terra, davanti gli occhi di tutti.

Gli sguardi di scherno, le risate ed i bisbigli che ne seguirono mi avevano fatta imbestialire.

Non mi sembra che ti stia dando un limite per ridicolizzarmi davanti a tutti, o sbaglio?”, gli puntai l’indice contro il petto. “Ti sto solamente ripagando con la stessa moneta, Travis!”, aggiunsi in collera.

Le mie parole non ebbero l’effetto che avevo sperato: Travis sgranò gli occhi, incredulo poi divenne, se possibile, ancora più infuriato.

Come potevano, due occhi così belli, appartenere ad una persona come lui, ad una persona tanto piena di se ed irritante?

Fece un passo verso di me, prendendomi alla sprovvista e costringendomi ad arretrare. Mi ritrovai con la schiena poggiata alla scaffalatura in ferro.

Travis si mosse ancora verso di me e poggiò le mani su di essa, ai lati della mia testa. Ero in trappola.

Lui, tuttavia, mi era pericolosamente vicino, come non lo era mai stato, e quei suoi occhi furenti cominciavano farmi davvero paura.

Si, cominciavo ad avere paura. Non aveva avuto ancora occasione di vederlo così imbestialito e con l’espressione da allucinato.

Piantala di crearmi problemi, Maya, e forse avrai quelle tue maledettissime foto, così finalmente te ne andrai”, disse con un filo di voce piena di veleno e rabbia.

Mi sentivo impietrita. Travis mi sovrastava con fin troppa facilità e una sensazione di impotenza mi prese le ginocchia, facendomele sentire deboli.

Si avvicinò ancora a me, sempre con quella strana ira nei suoi occhi cangianti. Mi squadrò da capo a piedi, come per schernirmi, e se ne andò sbattendo la posta, come era arrivato: in un attimo.

Oddio”, sospirai accasciandomi a terra, esausta ed impaurita.





*

Eccomi ancora qua!
Come al solito parto con i ringraziamenti, perchè mi sembra d'obbligo... Quindi GRAZIE a tutti! Da chi recensisce a chi se ne sta zitto zitto in un angolo a leggere la mia storia! Se potessi stritolerei tutti in un abbraccio!
Comunque... Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e che la storia stia procedendo per il verso giusto! Fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima! :)
  
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