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Autore: Calenzano    25/02/2014    1 recensioni
Keana, intellettuale del distretto 5, introversa e inquieta. Con tanta passione per i grandi ideali quanta sfiducia in sé stessa. E con il tacito desiderio di una sorella minore. Non certo il tributo ideale per i Giochi. Ma quando Capitol City va a colpire nel profondo, non può più permettersi di restare a guardare.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Coro: Chi governa la necessità?
Prometeo: Le Moire che tessono il filo e le Erinni dalla memoria implacabile.
Coro: E Zeus è più debole di loro?
Prometeo: Anche Zeus non può sfuggire a ciò che è destinato.

(Eschilo, “Prometeo incatenato”)

 

 

Un rumore dall'esterno buca la cortina scura del sonno. Ci metto qualche secondo a connettere, la nottata passata tra sogni sconnessi e gli occhi chiusi inutilmente nel buio, ha lasciato il posto a un sonno profondo, troppo breve. Nella penombra della stanza la solita domanda mentale di ogni giorno appena sveglia: che giorno è oggi? E la risposta, in un lampo, scatena quella fitta d'ansia, stretta appena sotto il diaframma, che da settimane accompagna ogni mio pensiero: il giorno della Mietitura.

 

 

Respiro a fondo vestendomi.“ Ansia. Una manifestazione fondamentale dell'essere nel mondo.“ Come sempre, mi dà un sottile piacere trovare nella mente una citazione rispondente a quello che sento. Adoro leggere, e conservare qualcosa di ogni autore. Poeti, filosofi, mistici, ogni citazione mi provoca una piacevole vertigine, come se un soffio di vento mi sollevasse da terra come un aquilone, e, almeno per qualche momento, vedessi il distretto 5 dall'alto, lontano dal controllo opprimente del regime. Ho un quaderno, ormai consunto, in cui le raccolgo tutte.

Manca ancora un po' alla sirena che chiama in piazza, ma non mi sento di restare in casa. Mi ripeto per quella che deve essere la centesima volta che le probabilità di essere estratta sono davvero minime. Siamo centinaia dei cosiddetti “senior”, tra i diciotto e i vent'anni, non ho mai fatto inserire il mio nome più di una volta, cosa che, lo sanno tutti, è possibile fare in cambio delle tessere per razioni extra alle distribuzioni di viveri. Mio padre si è sempre opposto categoricamente; la mia famiglia, ringraziando il cielo, è sufficientemente agiata perché non ce ne sia bisogno. Perchè mai dovrebbe toccare proprio a me? “E perchè no?” La vocina maligna, subito. “D'altronde, a qualcuno dovrà pur toccare....” L'apprensione che vedo sul viso di mia madre, prima di uscire, non mi aiuta. Immagino sia un riflesso del mio. E' sempre stata un tipo chiuso ed ansioso, a volte in modo patologico. E' fragile. Parla poco, e pare sempre convinta di avere il mondo contro. Da qualcuno, del resto, dovrò pur aver preso.

 

 

Strofinandomi il dito indolenzito per la puntura della registrazione, mi incammino tra il brusio di ragazzi e ragazze accalcati nella piazza. Supero i Pacificatori schierati a breve distanza gli uni dagli altri, continuo a sentirmi addosso il loro sguardo impassibile anche una volta oltrepassati, nonostante non ci sia motivo di credere che osservino proprio me fra tanti; eppure mi è difficile camminare normalmente. Mi affretto a confondermi nella massa, faccio un paio di cenni di saluto verso quelli che riconosco. Distinguo di sfuggita alcuni miei ex compagni di scuola, e, poco più in là Baria, che parla con un'altra ragazza, e subito mi sento un po' meglio. Baria è la mia migliore amica fin da quando riesco a ricordare. Non che mi capisca sempre, specie quando attacco con quelle che lei definisce i miei “sbattimenti mentali”, ovvero il mio vizio di riflettere, rimuginare, pormi domande su tutto, e da tutto cercare risposte. E' un tipo logico, concreto, flemmatico, insomma, il mio opposto. Io sono Talete che per guardare le stelle cade nel fosso, lei il dissacrante ed essenziale Diogene. A volte mi domando come facciamo a trovarci tanto bene insieme. Eppure lei è l'unica a cui sento di poter aprire davvero una parte di quel gran caos che mi porto dentro. Baria mi vede, e io mi avvicino. In alto, nel cielo livido, un hovercraft compie lenti giri sopra la piazza.

“Possa la fortuna essere sempre a nostro favore...” Cito il motto dei giochi a mo' di saluto, sforzandomi di tenere un tono normale.

Lei sembra tranquilla, ma dietro lo sguardo fermo indovino la sua tensione. “Sì, la famosa botta di....”

“...naso.” La prevengo. E' un nostro vecchio scherzo, ma in questo momento non ho proprio voglia di fare ironia. “Almeno per te è l'ultimo anno.” Dico. Ha compiuto vent'anni due mesi fa, e dopo questa volta sarà definitivamente al sicuro.

“Andrà bene anche stavolta.” Cerca di rassicurarmi lei.

Parlare mi fa sentire un po' meglio, e vorrei aggiungere qualcosa, ma gli altoparlanti tuonano. In breve il brusio si spegne, gli sguardi di tutti si concentrano sul palco dove a passi elastici si fa strada un uomo vestito a colori sgargianti. Non distinguo bene per la distanza, ma mi sembra che abbia una specie di colletto alto, o forse è proprio la pelle colorata di blu fino al mento, che fa sembrare separato il resto del viso, di un pallore innaturale. Pare che quest'anno la pelle bianca sia di gran moda nella capitale, e molti se la fanno scolorire chimicamente. “Buongiorno distretto 5! Janus, per voi! Benvenuti alla quarantaquattresima edizione degli Hunger Games!” Esclama nel microfono con un entusiasmo piuttosto forzato. “Prima di procedere al sorteggio, il nostro sindaco ha qualcosa da dirci.”

Colgo solo qualche brandello della consueta storia di Panem letta solennemente dal sindaco, stessa retorica roboante, stesso pathos stucchevole del libro di testo unico che dovevamo utilizzare a scuola. La rivolta, la pace, il suo prezzo: il patto di sangue tra la capitale e i distretti.

“Il ricordo del passato, la speranza del futuro: resti così viva la testimonianza di ciò che è stato, possa così la nostra nazione vivere per sempre.” Conclude il sindaco, prima di tornare a sedere.

“Sì.” Annuisce Janus tutto compreso. “Ma eccoci a noi. Scopriamo chi saranno i fortunati protagonisti di questa edizione. Cominciamo con le giovani forze, vogliamo fare largo ai giovani, qui, non è vero, Michael?” Esclama in direzione del sindaco, che accenna un sorriso di circostanza. “Allora, prima i giovanissimi, i junior!” E immerge la mano nella grande urna.

Sento la stretta allo stomaco serrarsi, nonostante la selezione non mi riguardi, non più. Sto già pensando a quella che avverrà tra pochi minuti, quella dei senior. Ricordo bene il panico dei miei primi anni di Mietitura, lo sguardo fisso sulle strisce di carta danzanti dietro il vetro, gli attimi senza fine mentre una di esse viene portata alla luce, lo spietato sollievo al suono di un nome sconosciuto. E oggi ancora tutto questo si rinnova nella preghiera silenziosa, disperata, che in questo momento di certo si sta alzando muta da decine e decine di cuori in tumulto come il mio. Non io, non io. Janus estrae una strisciolina, la spiega. Il silenzio è tale che posso sentire distintamente il respiro di Baria, accanto a me.

“Codrina Wheaterson!”

Il sangue si fa ghiaccio. Lo sento improvvisamente immobile nelle vene, mentre il respiro mi si mozza. No. Non è possibile. Baria si fa scappare un'esclamazione a mezza voce, mentre intravedo Codrina nel movimento generale di teste delle sue amiche e coetanei che si voltano a guardarla. Lentamente, come in trance, lei esce dalla fila e a passi esitanti si avvicina al palco. Due Pacificatori le si mettono subito dietro per scortarla a destinazione. E' di spalle, ma posso vedere come se l'avessi di fronte il suo bel viso reso pallido dallo sgomento. Come in un brutto sogno, la vedo salire sul palco, Janus la fa presentare.

“Allora, Codrina, quanti anni hai?”

“...Dodici.”

Non vedo i suoi genitori, nella folla alle nostre spalle, ma posso immaginare senza fatica anche le loro facce, mentre assistono impotenti. “Un bell'applauso per la nostra Codrina!” Esclama giulivo il presentatore, mentre pochi e svogliati battimani si alzano qua e là. “E ora il giovane o la giovane senior che la accompagnerà nell'arena!” Fa per avvicinarsi di nuovo all'urna.

Sento il mio corpo che scatta in avanti, come se qualcuno mi spingesse con violenza, ma nessuno mi spinge, sono invece io che spingo e sgomito freneticamente per farmi largo; mentre sento qualcuno che urla “VOLONTARIO!!! Mi offro volontario!”

Avverto delle esclamazioni, tra cui, mi sembra, la voce di Baria che urla qualcosa, ma ormai sono fuori dalle file, ed è solo quando il tipo esclama sorpreso ed entusiasta, e stavolta non deve simulare, “Abbiamo una volontaria!”, che mi rendo conto che la voce che urlava era la mia.

 

 

 

 

 

  
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