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Autore: Nana Kudo    26/02/2014    2 recensioni
Un sogno. È cominciato tutto così: come un sogno.
Ma poi qualcosa è cambiata, gli ingranaggi di quel orologio chiamato destino hanno deciso di andare avanti a muoversi lo stesso senza prendere minimamente in considerazione l'idea di ritornare indietro all'ora esatta. No. Hanno deciso di non farlo.
Ed ora l'unica cosa che posso fare io invece, per far sì che quel filo rosso che mi lega ancora a tutto ciò che non voglio assolutamente perdere, Ran, e ciò che ancora voglio ottenere, non si spezzi, è cercare in tutti i modi un raggio di luce in questo buio che vuole sembrare perenne, cercare in tutti i modi i Corvi e riuscire finalmente a liberare il cielo dalle loro piume scure e tetre.
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OAV 9. The stranger of ten years afters.
Abbiamo creduto tutti che fosse solo un sogno. Ma in realtà ci sbagliavamo.
Perché? Per saperlo non vi rimane altro che leggere.
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo ventisette
James Moriarty
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Adrenalina.
Quella strana sensazione che ti scorre tra le vene senza che te ne renda conto, senza capire come si sia formata, quando sia nata.
Una di quelle poche emozioni che non si possono evitare, che non si possono nascondere neanche volendolo, né si possono negare.
È come la realizzazione di qualcosa di bramata e aspettata per troppo, troppo tempo; come un fascio luminoso che si aspetta con ansia dopo quel lugubre tonfo che i lampi creano durante un temporale.
È come una scarica di energia che i tuoi nervi mandano per tutto il corpo senza alcuna esclusione, come uno di quegli inquietanti fulmini che nel giro di pochi secondi percorrono e illuminano tutto il cielo.. per poi sparire senza lasciare traccia, nessuna prova, solo un vago ricordo; come uno di quei sogni stravaganti o semplicemente insoliti che pensi di non dimenticare mai, ma che poi ti rendi conto di aver cancellato dalla tua memoria non appena aperti gli occhi.
Adrenalina.
Quella strana sensazione che, in quel momento, gli scorreva nel sangue.
Era in quell’edificio.
In un edificio assieme a loro, quegli stessi individui che dieci anni prima gli avevano cambiato, o meglio, rovinato la vita e che non sapevano nemmeno fosse lì, ancora vivo, per assicurargli il futuro che più si meritavano.
Camminava accompagnato dai due compagni in quell’impresa cercando di fare il meno rumore possibile, attenendosi ai piani prestabiliti.
Percorsero quel lungo e tetro corridoio senza alcun problema, avendo ormai la piantina di quell’edificio stampata in mente.
Dovevano inoltrarsi in quella palazzina abbandonata, salire sino al penultimo piano, e poi aspettare l’arrivo di Vermouth e gli altri, accompagnati dal boss.
Il resto, poi, sarebbe stato tutto veloce come un respiro, un battito di ciglia; non potevano sprecare o fermarsi nemmeno per un secondo.
Ormai quella tregua, quell’insolita quiete, stava per scemare.
In fondo, come tutti i grandi eventi, si partiva sempre con piccoli e rari episodi, avvenimenti, come semplici allarmi che prevedono una tempesta.
Camminarono ancora per un paio di minuti cercando la zona cui dovevano scontrarsi, quando l’eco di passi causato da un gruppo di persone non si sparse per tutto il piano.
Sorrisi spavaldi presero spazio sui loro visi.
Senza indugiare oltre, si nascosero dietro ad un pannello nei dintorni, aspettando soltanto che la preda si facesse avanti.
Adrenalina, ecco cosa percorreva ogni minima cellula dei loro corpi e che si moltiplicava assieme a loro in minime frazioni di secondo, in quegli istanti che cominciavano a divenire insopportabili.
Adrenalina, che si bloccò nel momento esatto in cui anche il loro sangue si gelò.
Adrenalina, sfrontatezza, e sorriso, che tramutarono in terrore non appena quegli individui che avevano sentito arrivare proferirono parola.
Sbarrò gli occhi, Shinichi, spiazzato, terrificato al pensiero del guaio in cui si erano cacciati tutti quanti.
-Ran…-
 
***
 
“Domani alle sette” le urlò, allontanandosi. “Non dimenticartelo”
Rimase ferma in mezzo a quel vialetto fino a quando la figura del moro non si mimetizzò nell’ombra, con gli occhi ancora sbarrati e il corpo preso da fremiti e scosse che non riusciva a placare.
“O-Okay..” osservò quella piccola stradina cui Shinichi era sparito senza un apparente motivo,  quando uno strano brivido le percorse la spina dorsale. 
Si voltò all'istante, rimanendo sorpresa del risultato: non c'era nessuno.
-Forse l'ho solo immaginato. .-
 
Poco dopo, era già in cammino verso casa, canticchiando una canzone sentita giusto quella mattina alla radio mentre metteva faceva ordine nell’agenzia ormai quasi sempre inattiva del padre.
Dire che era allegra era poco.
Teneva le mani unite dietro la schiena, osservando quel cielo blu ornato di miriadi di stelle, e quella luna che splendeva alta nel cielo.
Più la guardava, più arrossiva al pensiero della sera prima, e più sorrideva a quello delle parole dell’amico d’infanzia.
Quell’atmosfera poi, così calma e serena, priva di qualsiasi rumore eccetto il bubolio di un gufo nascosto tra i rami degli alberi, e colorata poi dal rosa confetto dei petali dei ciliegi, si sposava a quell’opera d’arte dipinta nel cielo a perfezione.
Camminò a lungo, accompagnata da quella piacevole quiete, fino a quando quell’incantevole attimo, come una bolla di sapone, non scoppiò, rompendosi per via del suono causato da delle ruote a contatto con l’asfalto.
Non fece in tempo a voltarsi, che il motociclista, dopo una sgommata seguita da una brusca frenata, le era già accanto.
“Ran-chan!” urlò allegra la ragazza in sella alla moto, levandosi il casco dalla testa rivelando i corti e ribelli capelli corvini, per poi poggiarlo sulle sue gambe.
“Masumi-chan..” disse Ran, sorpresa di ritrovarsi l’amica del liceo lì, nei pressi di villa Kudo.
“Che coincidenza, anche tu qui?”
La karateka annuì, prima di proferire parola.
“Ero passata per dare una cosa a Shinichi, e così..” spiegò, tornando a sorridere allegramente come prima dell’arrivo della ventisettenne. “Tu invece? Come mai qui?” chiese curiosa.
“Ah niente! Stavo solo facendo un giretto qui nei dintorni” rispose, dando poi un’occhiata a quella distesa tappezzata di luci sopra di loro. “Poi questo tempo ti fa venire una voglia di uscire di casa.. non trovi?”
Ci fu un veloce scambio di sorrisi, prima che l’investigatrice proferisse nuovamente parola.
“Ora che mi ci fai pensare..” disse, con il pollice e l’indice a sfiorarle il mento a mo’ di ‘v’. “Mi ero totalmente dimenticata che villa Kudo fosse proprio nei paraggi..” pensò ad alta voce, con sguardo assorto; per poi riportare le iridi smeraldine sulla figura della brunetta, e mutare lo sguardo in uno alquanto serio. “A proposito.. Kudo ti ha detto a cosa gli serviva quella busta?”
Ran la osservò spaesata.
Come faceva a sapere della busta?
Non ricordava di averne parlato, né di averle detto che si doveva incontrare con lui proprio per quella.
Quello sguardo confuso tramutò inevitabilmente in uno insospettito.
Qualcosa non tornava.
E doveva scoprirlo il più presto possibile.
“Come fai a sapere della busta?” le domandò, cercando di apparire il più naturale e allegra possibile, nonostante quel tono e quella luce diversa nei suoi occhi la tradissero.
“Beh perché..” sembrò pensarci su parecchio, Sera, insospettendo ancora di più l’amica. “Che domande, lo sai che sono un detective, no? L’ho dedotto, semplice”
Lo sai che sono un detective, no?
Quella frase la fece sussultare.
 Era la stessa che Shinichi le disse dieci anni prima durante il caso del diplomatico.
Deglutì, non sapendo che dire, o pensare.
Forse stava lavorando troppo di fantasia, forse era come aveva detto lei: l’aveva dedotto e basta.
Si morse il labbro, prima di abbandonarsi ad un sospiro.
Già, in fondo come poteva sapere la verità se né lei né Shinichi gliel’avevano rivelata?
“Comunque no, non me l’ha detto” confessò, non stupendo affatto l’altra che, al contrario, non si scompose di una virgola. “Perché vuoi saperlo?” domandò, alquanto incuriosita dall’atteggiamento della ragazza.
“Sai” abbassò il capo, sorridendo spavaldamente. “Questa faccenda m’incuriosisce molto. Tanto che ho deciso di scavarci più affondo e scoprirne di più” ammise, lasciando interdetta la figlia dell’investigatore Mouri.
“Faccenda? Di che-” non fece in tempo a finire la frase però, che la sorella dell’agente dell’FBI era già eclissata da quella piccola stradina, abbandonandola alla più pura confusione. “parli..”
 
***
 
 ..Questa faccenda m’incuriosisce molto… tanto che ho deciso di scavarci più affondo e scoprirne di più..
Quelle frasi, quelle poche e semplici parole, continuavano a riecheggiare nella sua mente.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma qualcosa le diceva che quella ragazza nascondeva qualcosa. Prima la busta, poi quello..
Cioè, la prima poteva anche passargliela, ma la seconda di affermazione..
Continuava a formare ipotesi una sopra l’altra mentre affettava le verdure per la cena di quella sera, affiancata da Kazuha che invece si stava occupando del dolce tra un discorso e l’altro riguardo al matrimonio che si faceva sempre più vicino, il vestito e quanto fosse contenta per il ritorno di Shinichi.
Discorsi che, ovviamente, Ran non seguiva più di tanto.
Tutti gli ingranaggi del suo cervello, in quel momento, erano concentrati solo e unicamente sull’incontro con Masumi, alla ricerca di qualche indizio che la potesse portare alla soluzione.
Provò a pensare a ciò che Shinichi le diceva sempre per aiutarsi nell’impresa, ma quel rompicapo le sembrava talmente complicato..
“Ran? Ci sei?” la risvegliò da quel suo stato la ragazza del Kansai, sorridendo maliziosa all’espressione dell’amica. “Dì la verità, stai pensando a Shinichi, non è così?”
“Cosa? NO!” sbottò la karateka, gesticolando con le mani mentre il viso le diveniva completamente paonazzo. “Che ti salta in mente?! Stavo solo pensando..”
“Se lo dici tu..” rise, Kazuha, mentre l’altra intraprendeva un’espressione imbronciata che la divertiva parecchio. “Comunque” cambiò discorso, piegandosi per controllare l’impasto della torta nel forno. “Hai per caso visto Heiji in giro? È da un’ora che lo cerco, ho provato anche a chiamarlo ma ha risposto la segreteria!” disse, poggiando le mani ai fianchi una volta tornata in posizione eretta. “Quello stupido di un detective non si smentisce mai”
“Posso provare a chiamare Shinichi, magari sono insieme” propose Ran, digitando il numero dell’amico d’infanzia mentre l’altra annuiva d’accordo.
Premé il tasto verde, per poi avvicinare il cellulare all’orecchio.
Non fece nemmeno in tempo a completare l’azione, però, che udì subito la segreteria del ragazzo.
“Strano..” sussurrò, portando il dispositivo lontano dal timpano per controllare bene se avesse chiamato proprio il numero del detective, rimanendo poi stranita nel confermare fosse il suo. “Anche il cellulare di Shinichi risulta irrintracciabile”
“Davvero?” disse più confusa ancora la ragazza dalle iridi smeraldine, avvicinandosi a lei. “E adesso? Non è che gli è successo qualcosa?” le domando cominciando a preoccuparsi. Non era normale che sia l’uno che l’altro sparissero così, all’improvviso e con i cellulari per giunta spenti. Forse gli era successo qualcosa.
Guardò l’amica aspettando una risposta uscire dalle sue labbra, mentre quella, invece, mutò radicalmente espressione, abbassando al contempo il capo.
..Bramano qualcosa..
Alzò nuovamente lo sguardo verso Kazuha, ormai priva di alcun dubbio su ciò che era accaduto qualche ora prima con l’ex compagna di classe.
“Conosco qualcuno che può aiutarci”
 
***
 
“Sicura si trovino qui?” la voce di Kazuha, seppur bassa e tremante, riecheggiò tra le pareti di quel corridoio, mentre le sue mani si stringevano alla felpa di Ran che, anch’ella preoccupata, si stringeva a lei con un braccio e teneva una torcia nell’altro.
La donna dinanzi a loro si limitò ad un mugugno e un semplice movimento di capo, continuando a camminare con lo sguardo che navigava da una parte all’altra di quella zona, sempre all’erta in caso di pericolo.
Si voltò per lanciare uno sguardo furtivo alle due dietro di sé, per poi ritornare a guardarsi di fronte.
Avrebbe preferito non venissero anche loro due, a dir la verità.
Aveva come l’impressione che, in quel modo, le stava mettendo in pericolo.
Non stavano andando ad un parco giochi pieno di bambini di sei anni che al massimo potevano lanciarsi sabbia negli occhi a vicenda, ma in un posto che lei stessa sapeva fosse rischioso.
Non era un gioco, ecco.
Ma a quell’atteggiamento così insistente non era proprio riuscita a declinare il tutto, purtroppo.
Continuarono a camminare nel buio cercando di fare il meno rumore possibile, fino a quando qualcosa, o meglio, degli urli soffocati non costrinsero Masumi a voltarsi.
I polmoni smisero di inalare ossigeno, quando, dinanzi a lei, non trovò nulla se non la torcia che l’amica del liceo teneva prima stretta tra le mani.
“Ran? Toyama?!” provò a chiamarle, preoccupandosi nel non trovare più alcuna traccia di loro.
Avanzò verso la torcia a terra per raccoglierla, ma quando si abbassò per prenderla percepì una presenza dietro di lei.
Si girò di scatto pronta per sferrare una delle sue potenti e pericolose mosse, quando quella stessa presenza nascosta dal buio di quel posto non le afferrò il polso, bloccandola.
Provò a dimenarsi, ma quando quella la attirò più a sé per coprirle la bocca, il mondo sembrò caderle addosso.
“Shu-nii…”
 
“Hmm! Hmm!” continuarono a dimenarsi Ran e Kazuha tra le braccia di quei due individui che, avendole prese di spalle, non erano riuscite a riconoscere.
Le avevano prese tenendogli le bocche chiuse con le mani per evitare potessero urlare e farsi scoprire dalla ragazza da cui erano accompagnate, e le mani tra quelle del rispettivo rapitore così da impossibilitargli qualche pugno o mossa.
Le portarono dietro a un muro, nonostante la loro disapprovazione e i tentativi di scappare dalle loro prese, per poi sussurrargli un semplice suono che bastò a far capire a entrambe le identità dei due.
“Shinichi” sussurrò Ran, mentre quello le intimava di non fare troppo rumore.
“Che ci fate qui?” chiese Heiji, piuttosto serio, lasciando Kazuha che appena scorsa la sua faccia non riuscì ad evitare di fulminarlo con lo sguardo.
“Che ci facciamo qui?! Se voi non foste spariti così all’improvviso spegnendo pure i cellulari magari non ci saremmo preoccupate, idiota!”
“Baro! Ti ho detto di non urlare!” rispose il detective dell’ovest, dando inizio all’ennesima litigata tra di loro.
Ran e Shinichi assisterono alla scena allibiti. Quello, senza alcuna ombra di dubbio, non era il momento più opportuno per bisticciare come sempre.
“Comunque Kazuha-chan ha ragione” proferì parola Ran, stupendo i due ragazzi. “Dovevamo cenare insieme, ma eravate entrambi irrintracciabili” disse, voltandosi verso Shinichi che provò a fingere una risata per nascondere che in realtà se lo fosse dimenticato per via dell’organizzazione e il piano.
“Ah certo! Come potrei dimenticarlo?” mentì, non convincendo però la fidanzata che con fare scocciato gli lanciò un’occhiata truce.
“Parlando di cose serie” cambiò discorso il detective dell’est, voltandosi verso l’amico che arrestò all’istante la litigata con la futura sposa. Inutile dire che le due li guardarono entrambe con un’espressione stizzita dipinta sul viso. “Forse è il momento di tornare da Akai”
“Sì, hai ragione” disse di rimando il giovane dalla pelle olivastra, portando Kazuha dietro di sé e avvicinandosi a Shinichi che fece lo stesso con Ran, mentre si recavano dal compagno di squadra che, in realtà, era solo a pochi metri di distanza da loro.
 
“Shu-nii…”
Quegli occhi verdi smeraldo pieni di odio e risentimento velati da uno strato di ghiaccio, coperti da uno scudo che li nascondeva dal resto del mondo.
Quelle borse nere sotto di essi che più volte la gente aveva creduto fossero portate dal poco sonno, quelle occhiaie che anche lei aveva, ereditate da uno dei genitori.
Quel sorriso che aveva sempre una certa nota di sfrontatezza mista a dolore e perspicacia che, oltre al mago, solo lui aveva.
E quel berretto di lana scuro che rigorosamente portava sempre.
Abbassò lo sguardo, mentre l’uomo mollava la  presa sul suo braccio, lasciandolo penzolare fino ai suoi fianchi.
“Lo sapevo” bisbigliò, rendendosi quasi inudibile all’udito di altri, permettendo alle sue labbra di curvarsi in un sorriso che, a dirla tutta, non mostrava un’emozione precisa.
L’altro rimase immobile dinanzi a lei, impassibile, continuando a rimanere in silenzio.
“Sapevo che seguendolo,” disse, accorgendosi dell’arrivo di Shinichi che rimase un po’ stupito da quelle parole dirette proprio a se stesso. “Ti avrei ritrovato, niichan” alzò lo sguardo verso il fratello maggiore, che non riuscì a trattenere un mezzo sorriso.
“Come seguendomi?” s’intromise l’investigatore, curioso così come gli altri tre accanto a lui che assistevano a quella scena a dir poco sconcertati. Anche se Heiji, come Shinichi, più o meno aveva capito che succedeva, a differenza delle due ragazze che erano completamente estranee alla faccenda.
“Ti ho già detto una volta che noi due ci siamo già incontrati, non ricordi?”
Il detective dell’est osservò la donna con sguardo serio e in silenzio, incitandola con un cenno del capo ad andare avanti.
“Diciamo che alla morte di Shu dieci anni fa, una donna di nome Jodie Starling mi chiamò per dirmelo e invitarmi a tornare in Giappone per ritirare i suoi effetti. E quando sono tornata, ho saputo che un bambino delle elementari aveva partecipato all’ultima missione cui era complice anche mio fratello e ho cominciato a chiedere di lui” cominciò a spiegare, fissando dritto negli occhi cobalto del ventisettenne. “Dopo qualche tempo passato ad investigare sono arrivata a un nome, ovvero Conan Edogawa, e così ho pensato di incontrarti e fingere che il tutto sia accaduto per pura casualità”
“Quindi quella volta..?” sussultò Ran al ricordo di quel loro primo incontro su un autobus, dove avevano scambiato Sera per un ragazzo e per giunta un pervertito, pensando fosse lei ad aver toccato Sonoko.
La mora rise, annuendo.
“Anche se dopo aver visto la tua perspicacia e velocità nel risolvere i casi ho cominciato a pensare che tu in realtà fossi Shinichi Kudo, il detective liceale sparito nel nulla dieci anni fa, e a quanto pare..” disse, squadrandolo dalla testa ai piedi con un sorriso spavaldo e soddisfatto al tempo stesso. “Avevo ragione”
“A-A-Aspetta un attimo…” ruppe quell’atmosfera Kazuha, strabuzzando gli occhi e tremando puntando il dito indice verso il fidanzato della migliore amica. “Conan e Shinichi sono l-la stessa p-persona?!”
“Sì” rispose Shinichi senza molti giri di parole, lasciando a bocca aperta la mora che guardò Heiji con sguardo interrogativo.
“Più tardi” mosse le labbra il detective dalla pelle olivastra.
La donna annuì, per poi arrossire di colpo mentre abbassava il capo.
-Significa che quando ho dormito con Conan io.. io in realtà- il viso le andò letteralmente a fuoco, al solo ricordo di cosa lei e Ran non avevano fatto con il bambino o detto di fronte a lui.
Mentre lei si perdeva tra i ricordi imbarazzanti, Sera tornò a proferire parola.
“Ho deciso però di non dirti nulla per tutto questo tempo perché volevo vedere se saresti riuscito a capire chi fossi veramente e dove ci eravamo già incontrati” disse, sorridendo nostalgica. “Ricordi? È stato a-”
“Come sei arrivata qui?” arresto la sorella, Akai, squadrandola con uno sguardo piuttosto serio.
Alzò lo sguardo un po’ confusa, all’inizio, per poi tornare a sorridere spavaldamente.
“Vi ho spiati” ammise con nonchalance. “E’ da u po’ che lo faccio; in pratica dall’episodio del Beika Sun Plaza” aggiunse, mentre l’agente dell’FBI era impassibile di fronte a lei, senza nessuna emozione trapelante dal suo viso, una freddezza quasi impossibile che lo avvolgeva. L’altra si aspettava le dicesse qualcosa, ma dato il silenzio dell’uomo, preferì andare avanti con la sua spiegazione. “Quando mi hanno detto della presenza di Kudo e come fosse sparito così, di punto in bianco, e i dettagli del caso, ho cominciato ad insospettirmi, fino ad arrivare a seguirlo per cercare di scoprirne di più” spiegò, senza mai abbandonare quel sorriso audace dipinto sul suo viso.
Strabuzzò gli occhi, Shinichi, alla frase della donna.
 
-È quello che mi chiedo anch’io-
Osservò l'abitazione a lungo, finendo con assottigliare gli occhi alla vista di quell'ombra che da minuti ne percepiva la presenza ma che non riusciva a individuare.
Qualcuno li stava spiando.. Ma chi?
*
 
-Era lei- dedusse, al ricordo di quella strana sensazione, o meglio, impressione che aveva avuto il pomeriggio prima.
Socchiuse le palpebre, scrutando l’investigatrice con alquanto interesse.
“Allora eri tu l’altra sera, l’ombra dietro ai cespugli” disse Ran distogliendo l’attenzione di tutti quanti dalla figura della corvina sulla sua.
L’amico d’infanzia le lanciò uno sguardo interrogativo, così come gli altri, a cui lei rispose immediatamente.
“L’altra sera, quando sono venuta a casa tua, Shinichi, avevo come l’impressione qualcuno ci stesse guardando; solo che quando mi sono girata verso i cespugli non ho trovato nessuno e ho pensato fosse stata solo la mia immaginazione..” ammise, voltandosi verso il ventisettenne che era rimasto piuttosto sorpreso dalla dichiarazione della donna, incapace di spiegare a se stesso come la fidanzata fosse riuscita a percepire la presenza di qualcun altro e lui no.
“Hai ragione, sai?” disse all’improvviso Sera, incrociando le braccia al petto con fare sicuro e sfrontato. “Ero io quell’ombra tra i cespugli l’altra sera, ed ero sempre io ad osservarti dal giardino di casa tua mentre eri dal dottor Agasa” confessò, andando ad accertare i sospetti di Shinichi. “E’ stato semplice scoprire dov’eri, visto che Ran quel pomerig-” provò a spiegare l’ennesimo ragionamento e deduzione, ma quel tono così spavaldo si dissolse nella fitta e pesante atmosfera attorno a loro non appena fu interrotta da una semplice frase.
“Non è un gioco per bambini, questo” proferì parola Akai, con quella perenne espressione enigmatica che altro non era che un misto di ironia, freddezza, sfrontatezza e distacco che non celava mai cosa in realtà ci fosse realmente dietro, cosa in realtà nascondeva quella maschera che una mano esperta aveva dipinto talmente bene da riuscire a nasconderne ogni minimo difetto e debolezza.
 “Non dovevi seguirci” continuò l’ex agente dell’FBI, mantenendo un tono piuttosto basso e controllato.
Deglutì, la donna, fissandolo dritto nelle iridi color smeraldo mentre le mani si serravano in pugni.
“Lo so benissimo che-”
“E allora torna a casa, questo posto non fa per te” disse, sorpassandola senza aggiungere nessun’altra parola.
I presenti rimasero in silenzio ad osservare la scena.
Ran diede uno sguardo preoccupato a Shinichi, che si affrettò a calmare con un leggero movimento di capo.
“È meglio torniate a casa anche voi” asserì, ricevendo l’approvazione di Heiji che incitò la futura sposa a lasciare quell’edificio assieme alle due amiche; amiche che, nonostante le inesistenti opposizioni, rimasero un po’ indecise alla vista dell’amica di vecchia data che, con le mani chiuse a pugni e le nocche ormai bianche dalla pressione, non demordeva.
Non avrebbe lasciato quel posto, non dopo ciò che aveva dovuto passare prima di trovare suo fratello, nonostante il suo atteggiamento nei suoi confronti.
“Masumi-chan?” poggiò una mano sulla spalla della ragazza, Ran, cercando di essere il più delicata possibile, sorridendole dolcemente.
Quella si limitò a spostare solo lo sguardo verso la figura di Shuichi poco distante da sé, uno sguardo veloce, fugace, che come un pesce fuor d’acqua scivolò nuovamente a dov’era inizialmente, riuscendo ad evitare di farsi afferrare dalle mani di quell’esperto pescatore.
Ricambiò all’affettuoso sorriso di Ran con un’occhiata indecifrabile, prima di avviarsi verso un lungo corridoio innanzi a sé, costringendo le altre due a seguirla.
“A-Aspettaci!” provò ad urlare Kazuha, affrettando il passo così da riuscire a starle dietro.
Prima di lasciare quel posto però, Ran si voltò un’ultima volta verso Shinichi preoccupata.
Lui le sorrideva, come la volesse rassicurare, come se volesse far sembrare tutto ciò uno scherzo, macchiandolo di sorrisi, ironia e serenità, quando sapeva benissimo che nulla di tutto ciò era vero.
Centravano loro.
Non era stupida, l’aveva capito subito.
Le era bastata la frase dell’amica investigatrice il giorno prima, per far scattare qualche scintilla dentro di lei e farle venire quel presentimento, quella sensazione di pericolo.
Qualcosa le diceva di restare lì con lui; lui che la incitava a lasciare quel posto, con quel sorriso finto dipinto in volto.
Qualcosa le diceva che non sarebbe più riuscita a dirgli tutto ciò che avrebbe voluto, che sarebbe fuggito da lei un’altra volta, ma che non sarebbero più riusciti a ritrovarsi di nuovo.
Qualcosa di indefinito, di misterioso, la attraeva a lui come fosse una calamita.
Arrestò il passo.
Aveva fatto quell’errore già una volta, era da sciocchi inciampare nuovamente nella stessa trappola.
Forse quello era il momento di restare.
Roteò il corpo in direzione del detective, sicura ormai della sua decisione.
Detective che, all’inizio confuso, strabuzzò gli occhi all’eco di tacchi proveniente dall’inizio di quel lugubre e lungo corridoio alle loro spalle.
“Ran, vattene!” le urlò, abbandonando quella calma e razionalità che fino a pochi istanti prima albergavano nel suo corpo.
“Shinichi io non-”
“Vai!” ripeté il ventisettenne sempre più agitato per via di quel rumore che velocemente si faceva sempre più forte.
Una sola lacrima solcò le sue gote, per poi sparire nell’ombra come la sua figura.
Abbassò il capo, Shinichi.
Avrebbe preferito che l’amica d’infanzia lasciasse quel posto senza opporre resistenza, ma dato che loro ormai erano vicini, non poteva rischiare di mettere in pericolo anche lei.
Ci fu uno svelto scambio di sguardi tra i tre, che senza indugiare oltre, tornarono a nascondersi dietro le pareti come prima dell’arrivo delle tre ragazze.
Ormai la frittata era fatta, non potevano più tirarsi in dietro.
 
***
 
I tacchi delle loro scarpe emanavano rumori che fastidiosi continuavano a riecheggiare per tutta l'area dell'edificio.
Il più autoritario del gruppo e l'uomo dai lunghi capelli color platino tenevano uno un tozzo e pregiato sigaro, e l'altro una semplice e sottile sigaretta stretta tra le labbra.
"Dove dovevamo incontrarci?" domandò il capo, scostando il tabacco dalla bocca.
"In quest'area del piano" rispose Vermouth, sostando i passi, seguita poi dai compagni.
Gin tirò fuori la pistola, preparandosi all'arrivo del loro cliente, copiato dagli altri che fecero lo stesso.
"Che ore sono?" domandò Amuro con un sorriso spavaldo a colorargli il viso.
Gin gli lanciò un'occhiata confusa. Che aveva da ridere adesso?
Fece per rispondere, quando un oggetto freddo e duro gli sfiorò la tempia.
"Lo so io” una voce, una tenue e roca voce, fu l'unico suono che sentì dietro le spalle. “L'ora di tornare in gabbia"
A quel punto anche il suo boss si voltò, ma la situazione si fece identica a quella del suo subordinato: il suono di un caricatore gli fece intuire che c'era una pistola puntata su di lui.
Sorrise, nel realizzare ciò che stava succedendo.
Vermouth e Amuro tenevano sotto tiro Gin, mentre Akai e Kir il Boss di quell'organizzazione criminale.
Il primo strinse i denti, innervosito da quella a dir poco spiacevole situazione, mentre l'altro sembrava piuttosto a suo agio.
"E così ce l'hai fatta alla fine” disse il capo, sorridendo soddisfatto alla vista delle figure dei due detective mancanti all’appello che lentamente si facevano sempre più nitide, avvicinandosi ai fiochi fasci di luce che penetravano dalle finestre lì intorno.
“Dubitavi?” rispose Shinichi con un sorriso sfrontato dipinto sul viso, accanto ad un Heiji armato di una katana che poggiò al pavimento non appena raggiunsero il gruppo.
L’uomo annuì, socchiudendo le palpebre.
“Sapevo avresti capito subito a cosa serviva la busta”
“Non agisci mai solo per il piacere di farlo, c’è sempre un motivo dietro ogni tua mossa
“E dimmi, Silver Bullet, how did you crack the code**?” chiese il boss, mentre le pistole poggiate alla sua testa si abbassarono lentamente sotto lo sguardo indecifrabile di Gin.
“James Moriarty” disse il detective, ponendo le mani nelle tasche dei pantaloni chiari con fare sicuro. “E la frase che hai lasciato sotto a quel nome” si fermò per qualche istante come volesse aumentare la suspense e la tensione di quel momento, prima di tornare a parlare.
“’Never trust to general impressions, but concentrate yourself upon details’***. Non è stato poi difficile fare due più due” ammise, tirando fuori le mani dall’indumento con un oggetto tra di esse; oggetto che si rivelò essere la stessa busta di cui stavano discutendo. “Come Moriarty, era qualcuno che agiva nell’ombra, senza mai sporcarsi le mani in prima persona; ma allo stesso tempo, era qualcuno di cui nessuno avrebbe mai dubitato per via della sua immagine, qualcuno che avrebbe potuto agire senza alcun intralcio perché, francamente, chi potrebbe mai dubitare di lui? E a quel punto mi sono tornate in mente le parole di Hidemi, ‘L’ultima cosa che farebbe Akai è chiamare il Federal Bureau’, ed il resto è venuto da sé” abbassò lo sguardo, sorridendo soddisfatto di quei ragionamenti rivelati poi essere esatti.
“Poi mancano i dettagli” disse, alludendo all’ultima parte del contenente della busa. “’James’, ovvero, il primo. ****‘Black’, nero… Il primo nero, o meglio, James Black”
“È piuttosto strano che dopo tutti questi anni l’FBI non sia ancora riuscita a sgominare quest’organizzazione, per quanto pericolosa e sfuggente che sia, e che anche quando è stata sul punto di riuscirci, saltava sempre tutto” si unì allo scambio di battute Heiji, lanciando uno sguardo sfrontato e sicuro al tempo stesso all’amico.
“E poi, a provare tutto ciò, è la decisione di Akai di dieci anni fa di tenere nascosto all’FBI la verità sull’accaduto al Passo di Raiha*****” riprese parola il detective dell’est, riportando l’attenzione di tutti su di sé. “Avrebbe potuto farsi aiutare da loro, era un’ottima occasione per agire poiché gli uomini in nero non sapevano fosse ancora vivo, ma ha invece preferito mantenerli all’oscuro di tutto”
Akai ruppe quella spessa e resistente maschera che aveva in viso per qualche istante, giusto il tempo di abbozzare un sorriso, stimolato dalla frase del detective.
Sapeva che quel ragazzino che con tanta astuzia li aveva aiutati contro i corvi anni addietro era molto più di un semplice bambino delle elementari, e che quella immagine fungeva come illusione, uno di quei trucchi che un solo mago esperto poteva inscenare; che dietro a tutto ciò si celava un individuo di cui si sarebbe potuto fidare.
Sorrise, James, avvicinando una mano alla fronte.
“Mi congratulo con lei, Holmes. Davvero perspicaci, you and your friend” disse, cominciando a levarsi maschera e parrucchino, rivelando alcune ciocche dorate che ribelli le sfioravano i fini ed eleganti lineamenti.
Sembrava tutto sotto controllo, ormai.
Sembrava.
Giacché bastò un piccolo dettaglio inaspettato, per far cambiare rotta a quella sfrontatezza e sicurezza che tutti mostravano, eccetto Gin.
Fossi in te non riderei, Vermouth
Una voce, una semplice voce, bastò a capovolgere completamente la situazione.
I sorrisi svanirono dai loro visi, dipingendosi invece su quello dell’uomo dai lunghi capelli biondi, che sembrava godere da quella situazione, a differenza degli altri.
Spalancarono gli occhi alla vista di un uomo sulla settantina che arrogantemente si avvicinava a loro.
Più che l’uomo stesso, fu la persona intrappolata tra le sue braccia, a far perdere il respiro ai detective e gli altri.
Capelli corti e a caschetto, chioma ramata, iridi color verde, corpo esile che con foga si dimenava tra gli arti del criminale provando a liberarsi dalla presa.
“Haibara…”
 
 
 
 
*Capitolo ventisei, “Il Mago”
** “Come hai fatto a decifrare il codice?”
*** “Non dare mai affidamento a delle impressioni, ma concentrati piuttosto sui dettagli.”
****Sì, sono andata in internet a cercare il significato del nome James, e dopo un sacco di tempo ho trovato anche questo significato, ovvero, “il primo”.
*****Episodio 504 (Jap)/552 (Ita). Una morte inattesa. (Ma è anche descritta nel tredicesimo capitolo della fiction ^^)

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Nana’s Corner:
Konbanwa!! :DDD
Come va?
In anzitutto, volevo chiedere scusa per il ritardo, ma purtroppo mi ero bloccata al punto di Sera e Akai e non riuscivo più ad andare avanti .-.
Ero letteralmente a corto di idee ^^”
Ma! Sì, come sempre c’è un ma lol, nel frattempo ho già preparato lo schemino per il prossimo capitolo (che vi avviso, avrà molta azione ;)) e anche per il primo di “Zero”, l’altra mia fiction. Meglio di niente, no? ^^
Cooomunque, siamo qua, parliamo di questo capitolo ora che ha bisogno (credo) di essere un po’ spiegato casomai ci sia qualcosa di confuso ecc.
Quindi, l’ombra che nello scorso capitolo seguiva i nostri protagonisti altri non era che Sera. Ve lo aspettavate?
E poi, proprio perché ci mancava, hanno addirittura raggiunto Shinichi e gli altri.
Ecco, per quanto riguarda la spiegazione di Sera, ho evitato di proposito di finire la frase sul primo incontro con Shinichi e Ran, proprio perché non ho intenzione di rivelarlo in questo momento per due motivi, uno lo scoprirete nell’ultimo capitolo, e l’altro… fidatevi, meglio non saperlo ^^”
Per l’ultima parte, invece, ci sono più particolari da precisare.
In anzitutto, se non l’avevate ancora capito, il capo era Vermouth travestita.
Il piano era quello di prendere in un primo momento Gin, che non sapeva del travestimento di quest’ultima, e poi gli altri, che in tutta onestà, non sono difficili da ingannare al contrario di Gin.
Poi abbiamo i ragionamenti del nostro Holmes e.. la busta!!!!!!! :DD
FINALMENTE, sappiamo cosa conteneva u.u
Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno, con il contenuto.
Comunque, il capo, secondo me, è James Black, e la spiegazione l’ho già data come Shinichi. Lo so, è un po’ azzardata come teoria, ma non per questo deve essere errata. Chi lo sa, magari ho ragione u.u
… Ok, forse sogno troppo ^^”
Il  finale lo lascio così, non voglio rovinare la suspense che spero di aver creato. Gommen :P
Ora  passiamo al Metantei’s Corner ^^
  1. Che succederà ora? (che domanda -.-“)
  2. Avete notato qualcosa che non torna nel chap? ;)
  3. Ricordate lo special del venticinquesimo capitolo? In parte, la risposta è in questo capitolo, ma il continuo è nel prossimo J
 
Bene, ora posso passare ai ringraziamenti.
Grazie mille a shinichi e ran amore e sakura kudo per aver recensito lo scorso capitolo. Arigatou gozaimasu!! <3<3
Grazie ai tre lettori che hanno aggiunto la storia tra le seguite e ricordate (gommen, non ricordo i vostri nomi al momento :’( ) <3
E grazie anche a tutti i lettori silenziosi che continuano a seguire questa storia che è ormai quasi giunta al termine. Mancano solo tre capitoli ormai…
Va beh, grazie ancora per seguirmi e per aver letto anche questo capitolo che spero vi sia piaciuto.
Ci vediamo presto! ^^
 
xxx,
Nana Kudo.
   
 
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