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Autore: Alepotterhead    27/02/2014    1 recensioni
Mags è l'adorabile ottantenne che tutti abbiamo conosciuto, ma anche lei è una vincitrice. O meglio una sopravvissuta.
Ecco a voi i Noni Hunger Games. Gli Hunger Games di Mags.
Dal capitolo 9
“Tributi prendete posizione”
La voce mi fa sobbalzare e la pedana si solleva leggermente, le ante del tubo che la circondano si aprono. Guardo il pacificatore alle mie spalle, non si muove di mezzo millimetro. Prendo un respiro profondo e faccio i due passi che mi separano dalla piattaforma, sento le gambe di gelatina. Prendo posizione come mi è stato detto.
“Cinque secondi rimanenti alla partenza”
Conto mentalmente… Cinque… Quattro… Tre… Due… Uno…Ci siamo.
Le porte si chiudono e la piattaforma inizia lentamente a sollevarsi.
Si apre una botola sopra la mi testa e una cascata di luce piove su di me.
Ci siamo davvero.
All’inizio non riesco a distinguere ciò che mi circonda, appena mi abituo alla luce, rimango senza fiato.
È un paesaggio incredibile."
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Camminiamo praticamente per tutti i tre giorni seguenti, finché arriviamo a proseguire nuovamente poggiando i piedi sul terreno, il che è una grande conquista, le piante sono sempre enormi, ma più rade, la terra è soffice e leggermente melmosa, ma non si sprofonda anche se calcando forte coi piedi si sente un leggero risucchio, il che vuol dire che la superficie è umida.

L’acqua non può essere lontana ed è questo pensiero che ci sprona a continuare anche siamo a pezzi e al buio.

In questi giorni c’è stato un solo colpo di cannone per il ragazzo del Dodici, avevo previsto una certa quiete, è una strategia atta a rimetterci in forze prima di distruggerci, infatti non abbiamo trovato particolari ostacoli durante la salita, solo una specie di pianta pruriginosa che non è stata difficile da evitare, ma per il resto calma piatta, la cosa inquietante è sapere che ci sono altri dodici ragazzi là fuori pronti ad assalirmi.

In realtà dieci togliendo Dave e Keri, forse nove, ma di Aiden non so che pensare, non si può mai sapere.

“Ehi Doc sono a pezzi, ci fermiamo?”

“Ci puoi scommettere, non ce la faccio più, comunque devi smetterla di chiamarmi così”

“E perché? È vero che sei il mio dottore! Infatti la informo che credo di aver perso un polmone un paio di chilometri più giù, non è che me lo riattaccherebbe con altri fantastici punti?”

Non posso fare a meno di sghignazzare “Certo, ma dovrai andare a recuperartelo da sola bella mia”

“Che crudeltà” e mette su un broncio talmente teatrale da essere buffa.

“Dai accampiamoci che ho sonno”

“Ai suoi ordini Doc, allora il primo turno lo faccio io, ti sveglio tra un po’ per il cambio”

Ci arrampichiamo su un albero e chiudo gli occhi, sono stanchissima, assetata e affamata, ma non ho osato metter mano più di tanto alle scorte perché sembra davvero non esserci altro cibo in questo posto, né frutti, né animali, non oso pensare a cosa possa crescere in terra se nelle radici delle piante scorre sangue, bleah, mi viene la nausea al solo pensiero, quindi niente cena.

Ma al momento sono molto più preoccupata per l’acqua, quella ci serve e con urgenza, perché l’abbiamo finita già praticamente da un giorno e non possiamo resistere a lungo, colpa anche del tempo terribilmente torrido, infatti il cielo continua a essere coperto da nubi creando così una cappa afosa ancora peggiore che se ci fosse il sole e poi tutti quei tuoni logorano i nervi.

La cosa positiva invece è che Keri sembra riguadagnare forza, nonostante le privazioni di cibo e acqua, e stando sempre assieme iniziamo anche a entrare più in confidenza.

Mi accorgo che la sua compagnia mi piace, so di fare una cosa malsana e masochista, ma inizio a vederla come un’amica, inizio a fidarmi davvero, a fidarmi della ragazza del Due, se me lo avessero detto una settimana fa sarei scoppiata a ridere, ma adesso tutto è diverso, forse ero davvero un po’ prevenuta, perché il suo carattere è sagace e acuto in un modo diverso dal sarcasmo bonario di Dave o da quello pungente di Aiden, lei è divertente. “Tu vedi solo quello che vuoi vedere, non sono una persona terribile, sono le circostanze che sono terribili” ah adesso ci si mette anche la mia memoria a tirarmi dei brutti scherzi, proprio le parole di Aiden dovevano tornare a girarmi in testa, come se avere uno stratega sadico che ti guarda le spalle ed essere nell’Arena non fossero già una punizione sufficiente. Meglio cercare di dormire.



Quando apro gli occhi c’è chiaro.
Il primo pensiero coerente è: perché c’è chiaro?
Ma soprattutto perché mi sono svegliata senza che nessuno mi avesse chiamato?  Non dovevamo fare cambio di guardia? Mi volto per chiedere spiegazioni a Keri, ma trovo il vuoto.
Mi guardo intorno. Dov’è?
Ho un momento di panico. Puro panico.
Il mio cervello va in black out per almeno trenta secondi prima di tornare a ragionare coerentemente.
Ok, analizziamo la situazione: magari è andata a perlustrare la zona… ma non spiega il fatto che non mi abbia svegliato all’ora stabilita, quindi potrebbe essere stata attaccata… ma io avrei sentito, non dormo come Dave, magari ha trovato l’acqua, ma ancora non spiega perché mi ha lasciato qui…

Lasciato. Mi ha lasciato qui.  Da sola.
Teoria che trova conferma nel fatto che le sue cose non ci sono, né zaino né armi, niente segni di una lotta furiosa, niente di niente.
Sono sola.
Se ne è andata. Senza una parola.
Certo, non mi ha accoltellato nel sonno, ma chissà perché mi sento ugualmente ferita e fa male, sapevo sarebbe finita così, quello che non avevo previsto è la sensazione che provo, simile a come mi sono sentita quando ero nella saletta del Sindaco subito dopo la mietitura ad aspettare i miei cari, solo che invece che salirmi le lacrime mi sta montando la rabbia.
Magari anche lei iniziava a vedermi come un’amica e ha deciso di lasciarmi, ma non avrebbe dovuto piantarmi così, se voleva rompere l‘alleanza poteva dirmelo e avremmo preso due direzioni diverse, semplice, così invece sa di tradimento e non lo trovo affatto giusto.

Nuovo ordine del giorno: per prima cosa trovare l’acqua e poi andare alla ricerca di Keri per dirgliene quattro, perché se pensa che la lasci andare in giro bella felice dopo avermi mollata da sola su un albero si sbaglia di grosso, adesso che si è rimessa pensa di andarsene da Aiden per farmi fuori? Io mi fidavo e lei se ne è andata come se nulla fosse, superare insieme certe situazioni crea un legame o almeno così credevo. Bene, che vada per la sua strada, tanto la troverò e le farò capire che non è facile sbarazzarsi di me.

Quindi mi metto in marcia con tutta la mia determinazione, proseguo dritta anche se ormai la salita è finita e ora quello che si dipana di fronte a me è un prato umidiccio e pianeggiante costeggiato sempre dalle solite simpatiche piante gigantesche, isso zaino in spalla, coltello alla cintura e arpione ad impugnatura lunga in mano, in questo momento mi sento forte e tutto sommato sto bene, se si toglie lo strato di sporco che mi ricopre da capo a piedi, le gambe piene di croste doloranti, il fatto che non bevo da più di un giorno e ho fame.

Ok forse non sto così bene, ma potrei stare molto peggio, quindi non mi lamento. Devo trovare anche Dave, non posso più avere l’ansia di non averlo sott’occhio, se Keri si dirige alla velocità della luce da Aiden, io farò lo stesso con Dave, non è l’unica a poter contare sul proprio compagno di Distretto.

Sono così persa nei miei pensieri che non mi accorgo di quando il terreno sparisce improvvisamente da sotto i miei piedi, così che mi ritrovo a precipitare.

Spalsh

Grandioso, sono atterrata in una pozza di fango, l’impatto col suolo mi toglie il fiato, ma riesco a rimettermi in piedi, sgocciolando fango come il mostro della palude e con qualche ammaccatura, ma niente di serio. Però se c’è una pozza di fango ci deve essere anche dell’acqua, no? La cosa mi piace.

Mi guardo intorno, devo essere caduta di qualche metro da quello che pare un piccolo dirupo, almeno non sono finita in una trappola e nella caduta non ho perso coltello e zaino, ma ho mollato il mio arpione e non riesco a vedere dove sia finito, inizio ad andare in giro. Qualcosa non mi torna, ci sono erba, cespugli con strani fiorellini, foglie, la vegetazione sembra completamente differente , molto più verde, molto più viva.

Poi si sente. Chiaro e distinto. Un ronzio.

Ne cerco la fonte e infatti vedo che ci sono degli insetti verde brillante che svolazzano sopra la mia testa illuminati da una luce azzurrina, sono una buona presenza, perché se inizia a esserci vita, deve esserci assolutamente acqua e io la voglio trovare. Stupidamente mi metto a sorridere.

Grazie a chissà quale colpo di fortuna riesco a recuperare la mia arma e inizio ad avanzare, imboccando una direzione a caso, ma man mano che proseguo mi sento sempre peggio: inizia a farmi male la testa, vedo le cose fuori fuoco e ho come le vertigini.  Magari sono solo i sintomi della disidratazione, ma non mi sembra di ricordare che si manifestino così improvvisamente, nel giro di un paio di minuti, quindi o mi sta colpendo una sorta miopia fulminante o qualcosa non va.

Decisamente c’è qualcosa che non va quando le gambe mi cedono e mi accascio per terra con la testa che mi scoppia, è il ronzio, è fortissimo ed è dentro la mia testa.

Faccio fatica a respirare, mi sembra di avere degli spilli che tentano di sparami fuori dalla testa, vorrei urlare, ma non ce la faccio, sono come paralizzata, se tento di muovermi il dolore mi squarcia ancora di più e non posso sopportarlo, sono raggomitolata a terra, a occhi chiusi, sprofondata in un cespuglio, ma niente è peggio che essere completamente in balìa del dolore acuto e vibrante che si irradia dalla testa e fa urlare ogni parte del mio corpo, potrebbero infilzarmi diverse volte con una qualsiasi arma e me ne accorgerei a malapena.

Non riesco a respirare, figurarsi se riesco a pensare a come fare per risollevarmi da questa situazione: sono arrivata al capolinea, Mags tributo del Distretto Quattro dodicesimo caduto dei Noni Hunger Games.

E poi il buio.


Buio… dolore… nausea

Il cielo, il cielo azzurro mi sta guardando… poi altro buio… agonia… orrore…

Non si può avere un po’ di pace?

Ancora fitte alla testa…

Uno spasmo, poi due, tre, male ovunque.

Dolore…buio…foglie verdi sulla faccia…paura…morte

Morte, che sia così la morte?

Uno strano stato di incoscienza dolorosa? In cui non si riesce a controllare il proprio corpo?

Male…male ovunque…buio… verde…ancora buio

E poi finalmente silenzio.

E pace.



Allora è vero che il paradiso non esiste. Perché è ancora tutto scuro?
Poi il mondo lentamente torna a fuoco.
Sono sdraiata supina a terra, sto guardando uno squarcio di cielo nero e le verdi fronde degli alberi.

È notte.

Non sono morta.

Non è una riflessione particolarmente profonda ma sono stremata e mi sento debole, non so per quanto devo essere rimasta incosciente o semi incosciente, a spanne direi parecchio considerando che prima di stare male mi ero appena svegliata.

Ma cosa diamine è successo? Mi sento ancora indolenzita, come se mi avessero scardinato gli arti dal corpo, ma a parte la testa un po’ pesante, il dolore è quasi completamente sparito. Tento di mettermi a sedere e mi accorgo di non essere nello stesso punto di quando mi sono accasciata a terra, o per lo meno mi pare di non essere nello stesso punto, ma è assurdo perché non credo di essermi mossa, cioè almeno non di mia spontanea volontà.

Barcollando mi metto in piedi e noto che poco lontano ci sono quegli insettini verdi che ho visto al mattino, solo che sono tutti morti disseminati tra le foglie cadute sul terreno. È un pensiero assurdo ma mi domando se non sia stata colpa loro, mi avvicino cautamente, faccio per prendere il coltello alla cintura per toccarne uno, ma mi accorgo che non ho nessun coltello, fatto strano e assai sospetto.

Comunque raccolgo un legnetto e lo allungo verso l’insetto più vicino, sembra una coccinella, a parte il fatto che è verde ed è grande come il mio pollice, appena lo tocco col legnetto ne esce uno sbuffo di polvere, che a ben vedere mi pare azzurrina. Mi ricordo quando li ho visti svolazzare sopra la mia testa e mi sembravano illuminati da una luce particolare, quasi come se emanassero un alone azzurro. Sono un’idiota, quando mai gli animali normali emettono un alone? E poi stavano svolazzando sopra la mia testa. E io ho anche pensato che fossero una presenza positiva, sì, sono decisamente un’idiota.

Allungo un mano e mi tocco la sommità del capo e come volevasi dimostrare mi rimane altra polvere sulle dita che iniziano a bruciare appena.

Ho capito cosa mi ha causato la crisi, ma com’è che adesso sono lì stecchiti a terra?

E dove diamine è il mio coltello?

Devo accantonare per un momento questi interrogativi, per risolvere un problema ancora più urgente: trovare l’acqua, perché mi sento spossata, quindi decido di andare avanti, anche perché voglio mettere una cera distanza tra me e le coccinelle psicopatiche.

Ma proseguendo, cresce la sensazione di avere un paio di occhi sempre puntati addosso, così di tanto in tanto mi volto di scatto per cogliere di sorpresa qualcosa o qualcuno, ma non vedendo nulla mi sento solo stupida. E paranoica. Molto paranoica.

Mi metto a correre alla massima velocità consentitami dalla stanchezza che provo, perché so che ci deve essere una fonte d’acqua, ci sono il fango, gli insetti, la vegetazione è più verde… sento le lacrime pungermi gli occhi perché sto cercando di autoconvincermi di una cosa che non c’è. Sto per lasciarmi cadere per terra.

E poi all’improvviso compare davanti a me.
Alta, imponente, quasi minacciosa, terrificante e bellissima, piangerei se non fossi a corto di liquidi.
Una cascata.
Un laghetto al centro del quale c’è una cascata scrosciante, anche al buio si capisce che l’acqua è cristallina.

È così bello e perfetto che temo sia un’allucinazione o peggio che sia avvelenata, necessita un sopralluogo, quindi nascondo lo zaino sotto un cespuglio insieme agli stivali, appendo solo la mia borraccia tristemente vuota alla cintura e per buona misura tengo l’arpione in pugno. Mi avvicino cautamente alla riva, faccio rimbalzare qualche sasso sulla superficie e rimango a osservare i cerchi che si allargano sempre di più sull’acqua leggermente mossa dal precipitare della cascata, ma non sono mai stata una persona paziente: non resisto oltre ed entro fino alle caviglie, l’acqua è fresca e incredibilmente piacevole e cosa più importante è che risulta trasparente perché riesco a vedere i miei piedi, quindi magari sta volta riesco a evitare di guadagnare qualche animaletto da compagnia attaccato alle mie gambe.

Evidentemente non dovrei farlo, ma devo raggiungere la cascata, la scusa ufficiale è che è più sicuro raccogliere l’acqua da bere dalla cascata che dal lago, senza contare che posso contare sulla copertura offertami dal buio ed è un’operazione necessaria, la verità è che non vedo l’ora di lanciarmi in acqua.

Entro con calma, fino ai polpacci, pausa, non succede niente. Fino alla vita, pausa, non succede niente. Mi lego l’arpione all’avambraccio per avere le mani libere e fare questo piccolo gesto ha sapore di casa, ma non devo pensarci così senza ulteriori precauzioni mi lancio: i miei piedi si staccano dai ciottoli del fondo e divento senza peso, l’acqua inizia ad avvolgere ogni centimetro di pelle disponibile, prendo una boccata d’aria e mi immergo totalmente.

E resto lì, sott’acqua, ferma, rilassata, sto rinascendo e se non fosse che devo riprendere fiato me ne starei lì per sempre, non sento più male da nessuna parte, nemmeno il senso di spossatezza mi opprime più, ma non posso continuare a starmene con le mani in mano, ho qualche questione da portare a termine, così riemergo e con poche poderose bracciate arrivo ai piedi della cascata, proprio nel punto in cui si schianta nel laghetto ed è uno spettacolo bellissimo.

Prendo la borraccia e la metto direttamente sotto la cascata, appena piena cautamente faccio scivolare poche gocce lungo la gola e mi sembra di provare la sensazione migliore sulla faccia della terra. Continuo a bere e riempire quell’unico mezzo a mia disposizione per conservare l’acqua, ormai ho perso il conto di quanto ho bevuto, è possibile ubriacarsi di acqua? Perché mi sento leggermente euforica, anche in una situazione assurda come questa: sono nell’Arena, nel cuore della notte, seduta in riva a un lago, bagnata fradicia e appena ritornata dal mondo dei morti a causa di stupidissimi insetti dopo essere stata piantata in asso da quella che non solo credevo una mia alleata, ma anche mia amica.

Mi viene quasi da ridere per l’assurdità di tutto, ma mi sento forte, come se sentissi scorrere la vita dentro di me che mi urla di lottare per tenermela stretta, ho letto da qualche parte che nella vita non importa di essere forti, ma di sentirsi forti, di misurarsi almeno una volta, di trovarsi almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani e la propria testa*. In questo momento sono io, sola, contro l’Arena, magari ho ricevuto qualche aiutino, ma nonostante tutto sono ancora qui, viva. E mi sento viva.

A questo punto tanto vale sistemarsi del tutto, mi sfilo maglietta e pantaloni e rimasta biancheria mi rilancio in acqua e sfrego con energia i miei luridi vestiti, tentando di eliminare qualsiasi traccia di fango e sangue, ora non rimane che sistemare i capelli, li sciolgo e guardo il pezzo di corda che ho in mano.

Casa. Sale. Persone a cui voglio bene.

Tutte cose a cui non posso permettermi di pensare in questo momento, come se tornare a nuotare non mi avesse portato alla mente pensieri sufficientemente dolorosi.

Quindi mi sciacquo velocemente i capelli e li rilego nella pratica coda alta, esco dall’acqua e stendo i vestiti su una roccia, il caldo dovrebbe asciugarli alla svelta, comunque non mi sento a disagio a starmene in biancheria, tanto è come se stessi girando in costume no? Non mi importa che la nazione intera mi stia a guardare, anzi che guardino pure, soprattutto le gambe martoriate, le braccia piene di escoriazioni, i lividi sulla schiena e le costole sporgenti, che guardino cosa stanno facendo, di cosa sono responsabili.

Recupero lo zaino e, mentre guardo sconsolata i miei vestiti che sono tornati di un bel arancione vivo, mangio qualcosa perché ho come l’impressione che presto mi serviranno energie. Devo decisamente mascherare quell’orribile arancione, la prima cosa che penso di fare è coprirli con delle foglie, ma col caldo che fa collasserei nel giro di poche ore, forse devo solo rassegnarmi ad aggirarmi per la foresta sembrando un capitolino al mercato del pesce, sbuffo, li raccolgo me li rinfilo, bevo ancora la mia deliziosa acqua e mi arrampico su un albero per riposare qualche ora anche se mi sento decisamente bene.



Quando la luce mi sveglia mi sento anche meglio di quando ho chiuso gli occhi, sento una fitta di nostalgia nel non vedere Keri accanto a me, ma mi faccio forza e scendo dall’albero, mi infilo gli stivali, bevo e impugnato l’arpione decido di esplorare i dintorni, tenendo come punto di riferimento il lago, perché non voglio rischiare di rimanere di nuovo senz’acqua. Devo comunque essere molto prudente , perché una zona con l’acqua è decisamente un punto delicato in quanto grande attrattiva anche per gli altri tributi.

Cammino senza una meta precisa, con tutti i sensi all’erta, ho sempre la sensazione di essere seguita e spiata, ma probabilmente come al solito è la mia ansia che mi tiene compagnia, perché guardandomi attorno non vedo la benché minima traccia di ulteriori presenze né tributi né animali, ma osservando attentamente il suolo sembrano esserci delle impronte di stivali.
La scelta giusta sarebbe continuare nella direzione opposta, ma io non sono una persona normale e decido di ignorare quello che il mio buon senso mi sta gridando, così mi metto a seguire quelle labili tacce tra erba e fango. Se devo incontrare un tributo preferisco farlo ora, quando ho riposato, mangiato e bevuto.


Sbuffo, deve essere tardo pomeriggio ormai, ho buttato un intero giorno a seguire tracce che non portano a nulla invece che fare qualcosa di sensato come trovare del cibo, ma quando sto per voltarmi e ritornare sui miei passi per andare alla cascata sento delle voci.

Avanzo cautamente finché sbuco in un piccolo spiazzo in cui mi trovo davanti una scena che non avrei mai voluto vedere: la ragazza del Cinque e Keri pestate a sangue e legate alle radici di un albero e accanto a loro due figure ghignanti che mi fissano.

“Ciao Quattro, ti stavamo aspettando” il sangue mi si cristallizza nelle vene.

Mannaia e il ragazzo del Sette armati fino ai denti.

Oh merda.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
*“Ho letto da qualche parte che nella vita importa non già di essere forti, ma di sentirsi forti. Di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani, e la propria testa”
Citazione di Primo Levi tratta dal film ‘Into The Wild’




  
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