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Autore: GingerHair_    27/02/2014    8 recensioni
SOSPESA (FORSE PER SEMPRE)
Perché mai un ragazzo dovrebbe tenere un diario segreto? Insomma, è una cosa da bambine di nove anni. Inoltre se chi lo deve scrivere è un sedicenne obbligato a farlo la cosa si complica ancora di più. Lui non vorrebbe tenerlo, ma una madre molto apprensiva, uno psicologo particolare e due indimenticabili occhi blu lo terranno incollato a quelle pagine: paure, sogni, speranze e un pizzico di sarcasmo nel diario segreto di Harry Styles, che racconta la sua adolescenza.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo: Diari e psicologi

 
Tutte le persone che conoscevano Harry Styles dicevano di lui che fosse un ragazzo simpatico e dolce. A Holmes Chapel era amato da molti, in primis dalle anziane signore che non perdevano occasione di stringergli le morbide guance e regalargli una caramella ogni volta che lo vedevano passare, nemmeno avesse avuto tre anni, invece che sedici.
Harry si chiedeva spesso cosa trovassero in lui; forse il fatto che quando sorrideva gli spuntavano due fossette, che tutti parevano adorare e che lui non trovava per niente belle. Insomma, a quale sedicenne piacerebbe avere due buchi nelle guance quando sorride? Di certo non a lui e ogni volta che qualcuno gli diceva “Che belle fossette” il ragazzo mandava il malcapitato molto scortesemente a quel paese.
Era un adolescente, un cavolo di adolescente, come amava definirsi, e certe cose non gli andavano a genio: odiava il fatto di avere il viso coperto di brufoli, di dover tornare a casa entro le undici dalle feste e di non capire quasi nulla dei suoi sentimenti. Non capiva perché non potesse essere come sua sorella Gemma: tornare a casa a qualsiasi ora, anche ubriaco senza che nessuno se ne accorgesse. L’unica volta che si era sbronzato sua madre l’aveva capito appena aveva messo piede in macchina e si era dovuto sorbire una lunghissima ramanzina sul fatto che i giovani si rovinano solo la vita con l’alcol, beccandosi una punizione durata ben due settimane.
Era sicuramente per colpa di sua madre troppo apprensiva se ora sedeva accanto a lei, in una squallida sala d’attesa, per incontrare quello che la donna chiamava “uno specialista”.
Se sua madre fosse stata un po’ più attenta a lui (o, per meglio dire, attenta alle cose giuste) ora Harry non sarebbe stato ad aspettare il suo turno dallo psicologo, ma avrebbe potuto investire il suo tempo facendo altre cose. Magari, chissà, esercitarsi a cantare per l’imminente provino che aveva.
Sua sorella Gemma, ad esempio, aveva capito alla perfezione che i suoi brutti voti, la mancanza di attenzione e di concentrazione erano dovuti a quello, invece che a qualche strano problema di cui il ragazzo non aveva mai sentito parlare.
Anne, però, era la classica madre dolce e tendente alla tragedia, che si preoccupava immediatamente per qualsiasi problema - anche presunto - che il figlio presentava, ragion per cui in quel momento gli lanciava occhiate preoccupate e arrabbiate contemporaneamente in un modo che Harry sospettava sapesse fare solo lei; mentre si sventolava con un volantino.
Non era caldo, per cui il sudore che scendeva copioso dalle sue tempie era probabilmente dovuto all’imminente incontro con lo psicologo.
Quando finalmente entrarono, il dottore li fece sedere su due comode poltroncine davanti a lui, mentre spiegava come si sarebbero svolte le sedute e chiedeva il motivo per cui madre e figlio fossero lì.
Si chiamava dottor Fisher ed era un uomo di mezza età pelato e piuttosto grassoccio. Harry sperò di non diventare come lui alla sua età: gli piacevano i suoi ricci folti, forse era l’unica cosa che gli piaceva di se stesso oltre al colore degli occhi; per cui era meglio che restassero attaccati al proprio posto, o avrebbe perso quel poco d’autostima che aveva.
«Mio figlio in questo periodo sta andando molto male a scuola ed io sono preoccupata per la sua carriera futura, non so se mi spiego…» Anne parlava agitata e con tono febbrile, mentre Harry sembrava improvvisamente concentrato a catturare tutti i dettagli di un bonsai davanti alla finestra, da cui si poteva anche scorgere il cielo, grigio come solo quello dell’Inghilterra pareva essere.
«Secondo lei a cosa è dovuto ciò?» chiese lo psicologo, facendo strani versi con la bocca e rigirando una penna che aveva fra le mani.
«Oh, non so, credo che sia tutta colpa mia. Io e il padre di Harry, Des, ci siamo separati quando lui era molto piccolo e temo che questo l’abbia potuto traumatizzare».
Harry parve vedere gli occhi di sua madre che si velavano di lacrime e giurò che se si fosse messa a piangere lì sarebbe stato lui a lasciare lo studio per permetterle di scoprire quali fossero i suoi problemi.
«Grazie signora, ora vorrei parlare con il ragazzo da solo» le spiegò il dottore, accompagnandola alla porta.
«Allora Harry» disse rivolgendosi al ragazzo per la prima volta «Vuoi raccontarmi qualcosa di te?».
Harry attese che l’uomo tornasse a mettersi seduto al proprio posto prima di iniziare a parlare.
«Non c’è molto da dire, ma le sarei grato se saltassimo i convenevoli e arrivassimo subito al punto: fra poco dovrò superare un… ehm… esame importante e se ci riuscirò potrei davvero fare carriera. Sono preoccupato per questa ragione, per cui in questi ultimi tempi ho sottovalutato lo studio e tutto il resto, ecco la causa dei miei voti» Harry parlò con franchezza.
Non aveva nulla, o forse poco, da nascondere, ma su questo argomento poteva essere chiaro: era ansioso, nulla di più.
«Vedo che non ti piace parlare e che sei un tipo deciso» lo psicologo si tolse gli occhiali e si massaggiò il naso.
«Grazie, suppongo».
Harry non sapeva mai quali frasi dovesse prendere come complimenti e quali no.
«Non credo che tu abbia un vero problema e non penso che sia bello far spendere dei soldi a tua madre per un qualcosa che, secondo me, non sussiste per niente» si rimise gli occhiali e continuò il discorso «Ma vorrei che tu facessi ancora una cosa per me».
«Cioè?» chiese Harry.
Un tempo ad affermazioni simili Harry era abituato a domandare “Cosa?” ma i suoi compagni lo prendevano sempre in giro con questo trucco rispondendogli “La cacca rosa” che ormai aveva perso l’abitudine di usarlo.
«Vorrei che tu scrivessi tutte le tue emozioni, sensazioni e ciò che ti capita in un diario».
«Un diario?» ripeté confuso.
«Esattamente. Sai quei libri pieni di pagine bianche su cui si scrive sopra» rispose lo psicologo ridendo.
«So cos’è un diario, solo che non ne ho mai avuto uno e non capisco perché dovrei farlo ora. Non è una cosa da maschi» precisò Harry scuotendo le spalle.
«Ti preoccupa farlo solo perché non è abbastanza da maschio?» chiese il signor Fisher, improvvisamente interessato alla piega che stava prendendo il discorso.
«No, certo che no!» si affrettò a dire Harry, che non voleva passare più tempo del necessario dentro quella stanza poco accogliente per parlare dei suoi problemi con uno sconosciuto.
«Capisco. Comunque secondo me scrivere in un diario è una cosa unisex… non è importante chi scrive, puoi anche firmarti Mary, l’importante è che tu scriva» il dottore tornò serio e riprese a guardarlo negli occhi «Promettimelo».
«Va bene, lo farò» promise Harry, che si sentiva lo stesso piuttosto idiota a dover fare una cosa del genere.
Con quello salutò lo psicologo e tornò da sua madre, le spiegò ciò che gli aveva detto lui in precedenza e andarono insieme a comprare il diario. Harry ne scelse uno non troppo femminile, assomigliava a un piccolo quaderno marrone, le pagine erano gialle e attraversate da righe verdi.
Me ne pentirò, poco ma sicuro pensò Harry, rigirando l’oggetto tra le mani.
Quella sera, dopo aver cenato, si chiuse in camera, prese una penna dal suo astuccio e cominciò a scrivere: Caro diario.

 
 

 
 
Ehilà, salve a tutti! Come potete vedere ho pubblicato una nuova storia (chi mi conosce sa che ne parlavo da tanto) e l'ho voluto fare oggi, prima che l'altra mia long - Outlaws of love - fosse finita, perché oggi è un anno che mi sono iscritta su EFP. Beh, so che magari non è molto, però davvero, per me è un avvenimento molto importante, così tanto da farmi decidere di pubblicare questa cosa oggi.
La chiamo cosa perché non so come verrà fuori. Mi spiego meglio: dal prossimo capitolo in poi sarà scritta sotto forma di diario e farà conoscere appunto i pensieri di Harry durante la sua adolescenza. Spero che comunque piaccia, non so dirvi se sia una cosa originale o meno, sappiate solo che metterò tutto il mio impegno e il mio sarcasmo, in questa specie di diario-comico che tratterà nella prima parte del periodo di x-factor, mentre la seconda sarà ambientata a fine 2012. 
Spero davvero che vi piaccia e se voleste lasciarmi una recensione per dirmi qualsiasi cosa, consigli, che vi fa schifo, cose da migliorare, io sono disponibile ad accettarla, perché voglio davvero che ciò che scrivo piaccia.
Vi ho trattenuto anche troppo a lungo, vi lascio i miei contatti come al solito e vi aspetto al prossimo capitolo (con la speranza che ci sia qualcuno da aspettare ♥)

Ps: vorrei ringraziare Irene che mi sostiene sempre e comunque e la mia beta, che è davvero bravissima a correggermi i capitoli, nonostante tutti i miei errori (che sono molti).

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