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Autore: calamity julianne    27/02/2014    4 recensioni
Questa è una Dramione un po' diversa dalle altre.
Niente Hogwarts e ahimè, niente magia.
Draco ed Hermione vivono a Londra e si conoscono da sei anni, cinque dei quali passati a farsi la guerra. Sono a capo di due team di una banca d'affari di Londra e non perdono occasioni per farsi la guerra. Ma un giorno, sono costretti a lavorare insieme ad uno stesso progetto e conseguentemente, passare molto tempo insieme.
Ma Draco è lo scapolo più ambito e affascinante di tutta Londra e ben presto una loro purissima foto comparirà sulla copertina della più grande rivista di gossip londinese.
Lei furiosa, lui divertito e al contempo sorpreso, decide di farle una proposta/ ricatto indecente: lui le darà carta bianca con il progetto del facoltoso cliente, se lei accetterà di fingersi la sua fidanzata, in modo da allontanare le sue instancabili e insopportabili corteggiatrici.
Sfida accettata e iniziano i giochi/guai.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo uno.
 
Per la prima volta, in anni di onorata carriera, ero in ritardo, in un ritardo clamoroso per essere più precisi.
Correvo per le strade di Londra beccandomi ogni genere di insulto – anche il più colorito – da parte di tutta la gente che spingevo o a cui passavo davanti alla macchina rischiando di rimanere spiaccicata sul loro vetro.
 
Arrivata in ufficio, svuotai senza pensarci due volte il contenuto della borsa per terra e afferrai il badge pronta a firmare l’entrata, peccato che non feci in tempo ad alzare la testa.
«Piuttosto insolita, questa scenetta mattutina», disse una voce che sprigiona cattiveria da ogni tono.
La presa sul badge aumentò quasi senza che io me ne accorgessi e dopo aver riversato il tutto dentro la borsa, mi alzai strisciando il badge nella macchinetta.
«Buongiorno anche a te», risposi acida.
Non curante di avere una stupidissima ed egocentrissima testa bionda alle spalle, andai verso l’ascensore e premetti il tasto per chiamarlo, pregando Dio che non si fosse rotto anche quella volta.
Vidi con la coda dell’occhio che si avvicinava a me e che praticamente mi seguiva dentro l’ascensore.
«Vista l’ora non credo sia adeguato dire “buongiorno”», sputò lui con il suo solito tono da malefico, degno dei cartoni animati.
«Io sarò anche in ritardo, ma tu come mai entri a quest’ora? Un uomo ligio come te non dovrebbe commettere certi errorucci».
«Sono stato trattenuto durante una colazione con una cliente».
Ah già, perché Draco Malfoy portava a colazione tutte le sue clienti. Ha un potere tremendo sulle donne, almeno così si diceva.
Svenivano al suo cospetto e sbavavano e non solo in senso metaforico. Ovviamente, tutta la popolazione femminile sveniva e grazie a Dio, io ero l’ unica a non farlo.
Una mano si sollevò dietro di me premendo il bottone del quinto piano. «Visto il tuo ritardo, potresti almeno degnarti di premere il pulsante», disse con il suo solito tono sarcastico.
 
«Oh, Granger Granger, dimmi cosa succede. Tu non sei mai in ritardo, sbaglio?», disse con una visibilissima punta di presa in giro che accompagnava quasi tutte le frasi che rivolgeva alla sottoscritta.
Mi girai verso di lui e lo fulminai con lo sguardo, peccato che lui – anche non volendolo – ha fulminato anche me con quegli stupidissimi, bellissimi occhioni azzuri che si ritrovava. Ed era uno spreco, uno spreco imperdonabile solo pensare che due occhi tanto belli fossero di una creatura spregevole.
«Punto primo, io non devo spiegazioni a te e secondo, è ovvio che non ti interessa quindi faresti meglio a non aprir bocca».
Lì per lì, la mia frase parve priva di peso, ma a poco a poco il suo viso si scolpì in un evidente sorrisetto di derisione.
«Granger, mi ferisci. Come puoi pensare una simile cosa di me?».
Qualcuno lassù aveva ascoltato le mie preghiere e l’ascensore si aprì, permettendomi la fuga. Peccato che lui fosse ancora dietro di me.
«Comunque, insopportabile donna, mi riguarda eccome il tuo ritardo dal momento che mi hanno chiamato per placare l’ira di Lord Beverly, che attente la sua consulente fiscale – ovvero tu – da circa un’ora».
Il tono era decisamente seccato e nonostante fossi contenta di aver fatto perdere le staffe in così poco tempo, ciò che aveva detto mi lasciò per un attimo pietrificata.
 
Lui mi passò davanti, andando a passo svelto verso la sala riunioni ed io accennai una corsetta per raggiungerlo. Appena fui al suo fianco, spalancò le porte in legno della sala che più che una sala per le riunioni, sembrava un salottino da the.
 
Lord Beverly, con l’aria vagamente infastidita, stava comodamente seduto su una poltroncina in pelle sorseggiando il suo the e al suo fianco, un Colin in preda al panico minacciava di sputare fuoco da ogni poro.
 
Era nervoso e ne aveva tutti i motivi: il mio ritardo e Lord Beverly in persona. Era uno di quei tipi che ti mettono in soggezione anche solo con uno sguardo, uno di quei nobili convinti di essere ancora nel XVIII secolo e che non perde un attimo per dire a tutti quanto sia grande la sua ricchezza e come potrebbe schiacciarli in un nanosecondo.
Era uno di quelli che si sentono superiori sin dalla nascita e che considerava noi comuni mortale, semplice plebe da quattro soldi.
Noi, non Draco ovviamente.
«Draco, ragazzo mio!», disse Beverly con un tono che riservava solo ai nobili come Malfoy.
Si strinsero la mano e Draco sorrise e per un attimo, mi convinse che fosse un sorriso spontaneo. Per un attimo, ci terrei a precisare.
 
«Lord Beverly, è un piacere rivederla», disse il biondo platinato rilassato.
«Oh, il piacere è tutto mio. E dimmi, come sta tuo nonno?».
Io e Colin ci lanciammo un’occhiata allarmata e per un attimo mi venne in mente l’idea di scappare e di lasciare quei due ai loro discorsi da aristocratici.
«Ah, Miss Granger finalmente ci ha onorato della sua presenza», disse Lord Beverly accorgendosi della mia esistenza.
Non nascondo che mi sentii molto piccola davanti a quelle parole, i rimproveri hanno sempre avuto questo effetto su di me.
 
«Non so come scusarmi con lei per il ritardo e …», ma prima che potessi concludere la frase mi bloccò con un gesto della mano, come se fossi il suo cane.
E prima che Beverly riuscisse a sputarmi un po’ del suo veleno addosso, il biondo intervenne. «Si è trattato di un grave problema familiare, Lord Beverly. Spero che accetterà le scuse della mia collega».
Gli occhi di Beverly guizzarono da me alla testa bionda ed era ovvio che fosse combattuto su cosa fare con me.
Avrebbe potuto gettarmi in pasto ai leoni senza pensarci due volte, solo perché mi ero permessa di ritardare all’ appuntamento ma entrare nelle grazie di Malfoy, era sicuramente più importante.
«Beh, certo immagino. Può succedere», concluse Beverly.
Malfoy batte Beverly 1 a 0. Scioccante.
 
Una parte di me era quasi delusa, ma l’altra – quella razionale – ne era di certo rasserenata.
Colin emise un leggero sospiro, come se fosse stato in apnea per tutto il tempo. «Bene, credo che possiamo andare, Draco. Lasciamo Miss Granger e Lord Beverly ai loro affari», e prima che potesse  scomparire dalla porta, Lord Beverly lo fermò sollevando l’ indice.
«Sai Colin, pensavo che anche Draco potrebbe essere presente alla riunione, che ne dici?».
 
Dico che sei un deficiente ottocentesco.
La mia mascella si contrasse e sinceramente non so se fossi più bianca io o Colin. Certo, come biasimarlo?
Dopo aver assistito per anni a me e Malfoy che ci facevamo la guerra, un attacco di panico era il minimo.
«Credo che Draco abbia un altro impegno, Lord Beverly», disse Colin.
«Oh, beh credo che non sia nulla di importante, non è così Draco?».
Draco, al contrario di me e Colin, aveva il viso tremendamente e fastidiosamente rilassato e sembrava perfettamente a suo agio. «Mi libero in due minuti, perdonatemi un secondo», e prendendo il cellulare dalla borsa, sparì dietro la porta delle riunioni.
 
Colin uscì dalla stanza dopo un rapido saluto a Beverly e mi lanciò una di quelle occhiate che urlano panico.
Tirai fuori i documenti dalla borsa e in due minuti esatti Draco rientrò sorridente e con lo sguardo sicuro di sé. Immagino che fosse una mattinata divertente, per lui.
 
Per un attimo mi sentii come in una prigione del Settecento.
Nobili contro plebe.
Lord Beverly, marchese ricco sfondato e Draco Malfoy, nipote del duca di Revington, figlio di un marchese, nonché successore al titolo di nonsochecosa, mi scrutarono dalle loro posizioni.
 
Sospirai e cercando di sorridere,  mostrai loro i miei progetti, sperando che accidentalmente il ferma carte finisse alla gola di Malfoy.
 
***
Ero sfinita e la testa minacciava di esplodermi da un momento all’ altro.  E come se non bastasse:
  1. Non avevo sentito la sveglia due ore prima;
  2. Ero in ritardo per l’appuntamento più importante della mia intera carriera;
  3. Ero reduce dalla prima, grande sbronza della mia vita.
Non avevo mai avuto problemi di autocontrollo, ma quella sera ero davvero crollata.
Non tanto perché il mio ragazzo mi aveva lasciata, più che altro mi ero resa conto di essere una frana nei rapporti amorosi. Ma non una di quelle frane carine, impacciate, uno di quei disastri dolci che vengono definiti teneri, no no io ero proprio un disastro con la D maiuscola.
 
La colpa dei miei fallimenti amorosi era solo e solamente mia. Sceglievo sempre accuratamente i miei fidanzati, non nel senso che li volevo aitanti, belli da togliere il fiato e con un lavoro stabile, no.
Io volevo qualcuno che fosse interessante, ma nemmeno troppo.
Qualcuno che avesse una bella vita, un bel lavoro ma non ostacolasse il mio.
Ecco il mio vero problema, ero così impegnata con il lavoro che la sola idea che un maschio smidollato qualunque distogliesse la mia attenzione dal mio lavoro, mi terrorizzava.
 
Così, quella sera mi ero lasciata convincere da Lauren e Mia ad uscire e inutile dirlo, avevano trasformato il mio fegato in una spugna assorbi alcol.
E per un po’ ero anche riuscita ad attutire i miei pensieri e a non pensare alla mia vita incasinatissima e alla mia mania di avere il controllo su tutto e tutti.
Il tutto, mi era tornato alla mente una volta tornata alla realtà e mentre snocciolavo i miei progetti e le mie informazioni davanti a Lord Beverly e a Draco Malfoy, le persone più stronze dell’ universo mi resi conto, che per qualche perversa ragione, li trovavo alla mia altezza.
 
In quanto al mio fidanzato beh, per un piccolo, piccolissimo istante avevo pensato che Ron fosse la persona adatta a me. Insomma, era un sognatore, uno di quelli che vorrebbero cambiare il mondo ma che alla fin fine non fanno nulla per farlo. Ma cosa ben più importante, aveva instaurato con i miei genitori quel rapporto che io non ero mai riuscita a creare.
A distogliermi dai miei pensieri ci pensò la telefonata di Mia. «Ciao Mia», risposi sorridendo.
«Ecco la sopravvissuta! Come va?».
Feci una smorfia. «Beh, potrebbe andare meglio».
«E la rappresentazione com’è andata?».
Mi lasciai sfuggire una risatina isterica mentre le raccontavo tutto. «Oh beh, Beverly ama i nobili e non ha perso occasione per invitare il suo amato amico, Testa Platinata ad assistere alla mia  rappresentazione».
«Oh. È stato tanto terribile?».
Mia aveva passato notti intere a sopportare le mie crisi di nervosismo causate da Malfoy e conosceva ogni piccolo particolare del nostro passato e dei nostri celebri litigi.
Basti pensare che ai neoassunti vengono raccontate storielle su di noi e sulle nostre colossali lotte che secondo Mia, sono dovute a motivi  “ di classe”.
La mia teoria è un po’ diversa: Malfoy è solo un idiota pallone gonfiato che non perde occasione per farmi perdere le staffe e la diversità sociale non ha nulla a che fare con i suoi neuroni bruciati.
«A dire la verità Draco è rimasto in silenzio la maggior parte del tempo, quindi è stato altamente passabile».
«Meglio così, no?».
«Sì, ma  è sempre Malfoy, chi ci assicura che non stia mettendo in atto qualche spudorata e diabolica vendetta?».
Mia rise. «Sei paranoica».
Feci una smorfia e vidi da lontano che Colin mi faceva segno di raggiungerlo. «Devo salutarti, il capo mi reclama, a dopo».
«A dopo».
 
***
Uscii dalla stanza e andai verso Colin, intento a prendere due caffè alla macchinetta.
«Colin, mi dispiace molto per oggi, non si ripeterà più», dissi una volta arrivata accanto a lui.
Si voltò e mi rivolse un leggero sorriso mentre mi porgeva un caffè. «Non preoccuparti. Tieni, devo parlarti di una cosa».
Il suo viso si tese leggermente e iniziai a pregare affinchè i miei sospetti non fossero veri.
Presi un sorso di caffè e notai che era estremamente, fastidiosamente dolce. Arricciai il naso sentendo quel sapore. «Dimmi la verità, hai messo due kg di zucchero nel mio caffè per attutire il colpo».
Abbassò lo sguardo sorridendo. «Okay, evitiamo i giri di parole. Lord Beverly vuole essere seguito da te e da Draco… insieme ovviamente».
Certo, un po’ me l’ aspettavo ma credevo anch’io di avere un angelo custode.
«Ah», riuscii a dire.
Colin girò nervosamente ciò che rimaneva del suo caffè con aria pensierosa e nervosa al tempo stesso. «Senti, so che ci sono stati problemi in passato ma è passato un anno, Hermione».
«Colin, passi per Beverly che non ha idea dell’errore che sta commettendo, ma tu,  tu sai cosa significherebbe farci lavorare insieme di nuovo».
«Hermione, pensavo l’aveste superata. Come ho detto, è passato un anno e vi ritengo abbastanza maturi».
Feci una piccola smorfia.
«Guarda il lato positivo, lui ci rimarrà malissimo appena lo saprà».
Una luce di cattiveria mista a compiacere m’ illuminò gli occhi e sorrisi. «Lui lo sa già?».
Colin rise e scosse il capo. «Siete due bambini, Hermione…».
«Io ho un anno in più di lui, quindi teoricamente è lui il bambino».
«Questo famoso anno di differenza».
«Questo fondamentale anno di differenza», lo corressi.
La verità è un anno fa tutto nacque per una questione d’ età: quando fondarono il primo team, misto di consulenza fiscale, avvocati e economisti, furono costretti a scegliere chi mettere al comando.
Io avevo venticinque  anni e Draco ventiquattro e nonostante fossimo giovanissimi vantavamo entrambi una splendida e brillante carriera alle spalle.
Insomma, dopo varie riunioni, il consiglio decise di scegliere qualcuno che avesse un minimo di “anzianità”, ovvero io.
Malfoy prese malissimo questa decisione, tant’è che in un primo momento tutti pensavano che si sarebbe licenziato, ma sarebbe stato troppo facile. Per me.
Da quel momento il suo unico, grande obiettivo fu di mettermi i bastoni tra le ruote e rendermi la vita impossibile. Per i primi tempi l’ ostilità fu ben mascherata ma poi sfociò in una vera e propria guerra. Le nostre riunioni vengono ricordate ancora oggi e vengono raccontate come leggendarie lotte di potere.
Io dicevo bianco, lui nero. Io dicevo si e lui no e così via per mesi e mesi.
Ma quando lui iniziò a screditarmi agli occhi di ogni cliente la mia  pazienza crollò miseramente, così ci affrontammo una volta per tutte.
Io gli dissi cosa pensavo di lui e lui ovviamente, mi insultò a più non posso e inutile dire che finì malissimo.
Persi il controllo e lasciai che a guidarmi fosse solo la rabbia e l’odio che in vita mia non avevo mai provato per nessun’altro se non lui.
Gli diedi un pugno sul naso, anche ben riuscito dal momento che lui ne uscì con il setto nasale rotto ed io con una prognosi di una settimana alla mano.
E ci tengo a precisare, che prima di allora non avevo mai fatto del male ad una mosca.
 
L’azienda per salvare quel briciolo di dignità che gli era rimasta  a causa delle nostre continue lotte, prese la saggia e assolutamente comprensibile decisione di non farci mai più lavorare insieme e da quel giorno, il mio team e il suo iniziarono una lotta per decretare chi fosse il migliore.
Ma dopo anni, eravamo bloccati in un costante pareggio.
 
***
«Hai ragione tu, è passato un anno, possiamo provare ad essere almeno civili», dissi in un sospiro.
Colin sorrise e mi mise una mano sulla spalla. Per certi versi mi faceva tenerezza e anche un po’ pena: aveva dovuto sopportare le monellerie di due bambini per così tanto tempo che mi faceva piacere rendergli semplice almeno questa storia.
«Vado a parlare con Draco, allora», disse lui.
«No, vado io. In fondo mi tocca, no?».
Abbozzò un sorriso. «Buona fortuna».
 
 
Rimasi incollata sulla mia sedia per tutta la giornata, incapace di alzare un dito. L’ ufficio si era praticamente svuotato, l’ ora di cena era passata da un pezzo e grazie al Cielo, il giorno dopo sarebbe stato sabato quindi chi poteva usciva prima per passare fuori il week – end o per qualche appuntamento.
George, il mio vice fece capolino nel mio ufficio. «Ancora qui?».
«Così pare».
«In bocca al lupo», sapevo perfettamente a cosa si riferiva, anzi probabilmente tutto l’ ufficio lo sapeva.
«Crepi. Buon week-end, George».
 
Purtroppo per me, Draco non era ancora andato via e la sua presenza mi urtava ora più che mai. Sbuffai e andai verso il suo ufficio. Nemmeno Tamara, la sua fedele e innamoratissima assistente era ancora lì, evidentemente nemmeno la cotta per il suo insulso capo la faceva restare.
 Bussai ed entrai senza attendere una risposta. Lo avevo probabilmente colto di sorpresa visto che il suo sguardo era sinceramente stupito, ma bastò un secondo per far sì che quello sguardo si trasformasse in uno sguardo gelido e guardingo. Gli occhi limpidi divennero leggermente più scuri e solo in quel momento mi resi conto di quanto la mia sola presenza gli cambiasse l’umore, in peggio.
Era seduto sulla sua poltrona in pelle nera, con un fascicolo di fogli accanto, la luce del PC ad illuminargli il volto, la cravatta allentata e due bottoncini della camicia sbottonati.
 
«Pensavo, perché bussare se non vuoi nemmeno aspettare che io risponda?».
«Vuoi davvero che risponda?», dissi sedendomi nella poltroncina davanti alla sua.
Fece un mezzo sorriso infastidito. «Ovviamente no. Hai bussato giusto per rispettare una certa forma ma te ne sei altamente fregata della mia risposta per avere il vantaggio di un ingresso a sorpresa, no?».
Sorrisi in modo forzato. Certo che hai ragione.
Purtroppo devo ammettere che il cervello di quel biondo da strapazzo è sempre stato un problema: la sua intelligenza perfida e perversa era alla pari della mia e la cosa era piuttosto avvilente.
«A cosa devo l’onore?».
Feci una piccola pausa non sapendo da dove iniziare.
Si sistemò sulla poltrona. «Vuoi forse ringraziarmi?», sputò quella serpe dagli occhi azzurrissimi.
«Ringraziarti? E per cosa?».
Ridacchiò. «Per averti salvato il culo con Beverly, Granger».
«Io mi sono salvata da sola con Beverly».
«Questo solo perché la mia presenza l’ha addolcito, altrimenti chissà come ti saresti salvata da sola».
Una parte di me sapeva che aveva ragione, ma non l’avrei ammesso nemmeno sotto tortura.
«Mi sarei salvata anche senza la tua presenza, che sia chiaro».
«Questo è tutto da vedere, Granger».
Per qualche istante non facemmo altro che fissarci e – come due bravi bambini in guerra – nessuno dei due era disposto a distogliere lo sguardo per primo, ma alla fine fu lui a cedere. «Mi piacerebbe restare qui tutta la sera a chiacchierare e sputare veleno con te, ma ahimè ho un appuntamento e visto che tra dieci minuti devo essere fuori da questo ufficio, ti pregherei di venire al punto».
«Il punto è Beverly: vuole che lavoriamo insieme al suo caso».
Lui non si scompose. «Certo che lo vuole, siamo le menti più brillanti dell’ intero ufficio quindi tu lavorerai al progetto e poi lo sottoporrai a me che lo modificherò».
Ammetto che questa non me l’aspettavo e rimasi anche un po’ delusa dalla sua reazione pacata. «Okay, ho capito che la sciacquetta che ti porti a cena stasera ti ha mandato il cervello in tilt, ma vorrei che rimanessi concentrato per qualche minuto».
 
Lo feci alterare: si sporse sulla sedia e afferrò il bordo della scrivania avvicinandosi pericolosamente al mio volto.
«Una sciacquetta?», rispose adirato.
E giuro che vidi veri e propri lampi azzurri percuotere quegli occhi maledetti.
«Lo sono sempre, o forse hai cambiato genere nell’ ultimo periodo?», chiesi con un’espressione di perfetta innocenza.
Draco afferrò il mio volto e sforzandosi di non stritolarlo mi disse: «Dio, quanto vorrei mettere a tacere questa cazzo di bocca che ti ritrovi. Non sai che soddisfazione sarebbe».
Mi fece quasi paura il suo tono, così mi divincolai dalla presa e ristabilii la distanza di sicurezza tra di noi.
«Ascoltami bene, Beverly vuole che lavoriamo per lui e noi lo faremo. Niente team, nessuno se non noi due perché diciamocelo, siamo già abbastanza deliranti senza dover coinvolgere altra gente in questa pazzia e infine, quando ci uccideremo a vicenda – in senso figurativo ovviamente – lo faremo fuori da questo ufficio».
Il suo sguardo era un misto fra irritazione e comprensione. «Non vuoi testimoni, per farla breve».
«Esattamente come non li vuoi tu».
«Io ci ho rimesso il naso», mi ricordò.
«E non vorrei mai rovinare quello che il tuo chirurgo plastico ha messo insieme così bene», risposi sarcastica.
«Quello che avrei voluto che il chirurgo rimettesse insieme», disse arrabbiato.
«Sei peggio di una donna. Io non ho un naso perfetto eppure sto benissimo».
«Tu hai un naso perfetto per il tuo viso».
Perché da Beverly eravamo passati a fare apprezzamenti sul mio naso?
E cosa più grave, perché proprio Draco Malfoy faceva apprezzamenti sul mio naso?
«I tuoi capelli invece, beh quelli sono piuttosto discutibili invece».
Oh, è tornato normale.
 
Ruotai gli occhi al cielo. «Allora, affare fatto?».
«Ho altre alternative?».
«Ovviamente no».
Tesi la mano verso di lui e aspettai che la stringesse. Guardò la mia mano dubbioso, tanto che pensai che non l’avrebbe mai stretta, e invece quando stavo per ritirarla, l’afferrò e la strinse in modo deciso.
Alzai gli occhi e incontrai il suo sguardo e il perché tutta Londra fosse ai suoi piedi – non metaforicamente – mi fu subito più chiaro.
Era un uomo fastidiosamente, oggettivamente bello.
 
Tutti i giornali scandalistici parlavano di lui: un nobile, futuro duca ed erede di un impero d’ indubbio valore con una presenza fisica che non passava inosservata.
Per non parlare dei suoi innumerevoli flirt con donne giovanissime che venivano sempre identificate come PR pseudo lavoratrici o modelle che non facevano altro che idolatrarlo e inutile dire che lui le amava solo ed esclusivamente per questo.
 
Liberai la mano dalla sua come se mi fossi scottata e distolsi lo sguardo come infastidita dal luccichio dei suoi occhi. «Buona serata allora», dissi magnanima.
Lui alzò un sopracciglio con fare ironico e le mie intenzioni si scavarono la fossa da sole. Prima di uscire dalla stanza mi voltai verso di lui e sorrisi. «Sbrigati Malfoy, mai fare attendere le sciacquette».
 
Tornai al mio ufficio contenta più di prima.
Grazie biondo, grazie di cuore.
 
Al ritorno dal fine settimana, non ero più io.
Lauren e Mia erano convinte che avessi bisogno di un cambiamento radicale nella mia vita e come due pazze complete mi tinsero i capelli di biondo.
Ero serena ma la mia allegria si estinse quando ricordai che quello sarebbe stato il mio primo giorno di collaborazione  con Draco.
Tamara mi passò davanti all’ improvviso. «Giorno, Hermione».
«Buongiorno, Tamara».
Lei era sempre carina e gentile con tutti, era il suo capo il bastardo di prim’ordine.
Mi guardava in modo strano e capii che il merito era della mia testa biondissima soprattutto per una che aveva portato lo stesso taglio di capelli per ventisei anni della sua vita.
Come se non bastasse, indossavo una gonna con uno spacco audace nera, una camicia e un paio di tacchi alti e per una abituata a lavorare con un abbigliamento adatto ad un uomo era un grande cambiamento.
 
Poche ore dopo, Colin entrò nel mio ufficio. «La sala delle riunioni è libera», disse scrutandomi dalla testa ai piedi.
«Va bene, Colin».
«Ma ci terrei a ricordarvi che non è insonorizzata, quindi occhio. Sai com’è, avete un modo di fare… focoso».
Alzai un sopracciglio. «Beh, non è esattamente la parola che avrei usato ma il messaggio è chiaro».
«Buon lavoro», e in men che non si dica sparì dal mio ufficio.
Mezz’ora dopo andai nella sala delle riunioni che era praticamente essenziale, spoglia di tutti gli oggetti che vi erano prima. La gente diceva che l’avevano svuotata ai tempi dei nostri litigi, con il terrore che potessimo lanciarci oggetti durante una delle nostre liti furibonde.
Draco era comodamente seduto su una poltroncina e parlava al telefono mentre mi guardava perplesso. «Ti devo salutare», disse al telefono. «Non so quali saranno i miei progetti per quella data, non prometto niente ma se dovessi capitare in quella zona farò di certo un salto. Okay. Ciao mamma», e riattaccò.
«Tamara mi aveva detto che avevi fatto un restyling imponente, ma di certo non pensavo fino a questo punto», disse.
Alzai un sopracciglio guardando nella sua direzione. «C’è forse una qualche legge che m’ impone di restare sempre uguale?».
«Cambiare il tuo aspetto esteriore non ti aiuterà a fuggire da chi sei», sputò la serpe.
«Infatti io non voglio cambiare».
«Tu no, ma i tuoi fidanzati evidentemente sì visto che scappano sempre da te», concluse ridacchiando.
Grazie Tamara, piccola serpe.
 
«Detto dall’ uomo che non sa nemmeno come si chiama l’ultima donna che si è intrufolata nel suo letto è un complimento. Ti consiglio di chiamarle tutte nello stesso modo, qualcosa di banale tipo “tesoro”, così non rischi di mandare tutto all’aria sul più bello».
Mi guardò come se avesse voluto uccidermi da un momento all’altro, ma in fondo la mia era pura verità. «Direi di passare al lavoro».
«C’è qualcosa che vorrei precisare. La gente come Beverly è abituata a fare affari in maniera tradizionale. Tu puoi avere anche un’idea brillante ma se lui propone qualcosa è perché vuole che venga realizzata, per farla breve non bisogna mettere in dubbio che sia lui ad avere le idee migliori».
«Allora non capisco perché ci paga, se è capace da solo», risposi.
Draco era sempre Draco e s’ innervosì facilmente. «Non essere stupida, lo sai benissimo. Noi serviamo solo a presentargli delle idee che lui venderà per proprie».
«Scherzi? Io non ho intenzione di curare le manie di un vecchio nobile snob da strapazzo!», esclamai nervosa.
Lui sbuffò. «Cadiamo sempre su questo punto, eh? Per te è solo una guerra di classe!», urlò.
«Non è affatto una questione di classe, si tratta di intelligenza! Se paghi un esperto è per ricevere il suo aiuto ma se sei in grado di risolvere i tuoi problemi da solo, allora te ne stai al tuo posto in silenzio!».
«Perfetto, allora faremo così: avremo un periodo di osservazione e uno predecisionale durante il quale avremo modo di valutare attentamente Beverly e il suo modo di ragionare e poi parleremo. Se non presentiamo nel modo giusto le soluzioni, non servirà a niente».
«Stai dicendo che non so fare il mio lavoro?».
«No, ma hai la sensibilità di un rinoceronte!».
«Io? E tu? La sensibilità e la perspicacia di un bradipo!».
«Sempre meglio di te! Ti hanno scolpita nel granito appena nata?».
«Ma sentitelo! Guarda Malfoy che…».
E Dio solo sa per quanto avremmo ancora continuato se un Colin rosso in viso per la rabbia non avesse fatto irruzione nella stanza.
«Per inciso ho bussato prima di entrare, ma eravate troppo impegnati a mangiarvi vivi no?».
Abbassai il capo rossa in viso mentre con la coda dell’ occhio vidi Draco muoversi appena. «Pensavo di avere a che fare con persone mature, ma evidentemente parlo con dei bambini. D’ora in avanti voi non metterete piede in questo ufficio per le vostre riunioni, vi incontrerete fuori da qui, per un aperitivo, una cena e vi consiglierei di vedervi anche l’uno a casa dell’altra ma visto che non sono sicuro se quella casa esisterà ancora dopo questo incontro, eviterò. Suggerisco un posto malfamato, lontano, lontassimo da qui! La mia pazienza con voi è finita, pensavo che dopo quell’anno tremendo pensavo che aveste superato i conflitti, ma mi sbagliavo. Volete mandare la vostra carriera a puttane? Liberissimi di farlo, ma io non verrò giù con voi. Sono stato chiaro?».
 
Con le guance infiammate mormorai una flebile risposta. «Chiarissimo».
«Perfettamente chiaro», rispose Draco dopo di me.
«Fissate un dannatissimo appuntamento per domani sera e vedete di sbrigarvi, perché Beverly vi aspetta sabato mattina per trascorrere uno splendido fine settimana insieme ai suoi due consulenti preferiti. E sinceramente, non lo invidio affatto».
E senza dire altro uscì dalla sala riunione sbattendo la porta facendomi sussultare. Prendemmo tutte le nostre cose e senza nemmeno guardarci in faccia uscimmo dalla sala e andammo nei rispettivi uffici.
 
Una volta arrivata a casa, mi arrivò un messaggio.
Da: Cane rabbioso.
Domani sera, al Crown, alle sette. Niente “no”,  “se” o “ma”. Proviamo a fare le persone civili.
D. M. 
  
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