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Autore: Xenjas_translations    27/02/2014    6 recensioni
Duncan, 18 anni, incontra una giovane ragazzina, Courtney. I due formano una strana amicizia anche se Duncan inizia a mettere in discussione i suoi sentimenti per la giovane e inizia a chiedersi se ciò che lo lega a lei è solo amicizia o qualcosa di più...
~
La prima volta che la incontrai era un giorno di pioggia scrosciante…
TRADUZIONE ♪
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Unstable
 
Passarono un paio di giorni da quando scoprii che la mia ragazza, ex ragazza, mi stava tradendo con il mio migliore amico, da quando incontrai quella ragazzina, Courtney, che si era presa cura di me senza sapere chi fossi e che mi fece giurare che ci saremmo rincontrati.
Non ho mantenuto la promessa.
Forse in quel momento Courtney mi odiava per questo, ma io credevo che se ne era già dimenticata, sia chi fossi che il mio nome.
Insomma, quale ragazzo di18 anni fa amicizia con una ragazzina di 11 anni? E’ ridicolo! E poi ci siamo incontrati nel posto sbagliato, nel momento sbagliato!
No, stavo solo cercando dirmi che quello che avevo fatto a quel piccolo angelo era una cosa giusta e inevitabile vista la nostra grande differenza d’età… ma erano tutte balle. Continuavo a sentire uno strano, spiacevole dolore allo stomaco, per non parlare della stretta al cuore che mi impediva di respirare. Continuavo a supporre che fosse una cosa normale e passeggera, ma questa non andava via…
Certo, uscire al freddo e al gelo con la pioggia che veniva giù a più non posso e sedersi su un marciapiede ad aspettare che il dolore passi non era una grande idea. Così, dopo un paio di giorni di permanenza in casa, decisi di tornare in quel buco infernale chiamato scuola… ma stavo iniziando a pensare che tornare non fosse stata una grande idea!
 
Le persone mi stavano fissando con sguardi simpatici e continuavano ad indicarmi sin da quando ero entrato in quel cazzo di edifico e stavano davvero incominciando a darmi sui nervi! Di solito non ho bisogno di pacche sulle spalle o incoraggiamenti, la gente nemmeno ci prova se non vuole trovarsi sbattuto a terra quasi morto… ma da quando si era sparsa la voce che quella puttana di gotica mi tradiva, le persone continuavano a tormentarmi! Me!
Voglio dire, non è che se ero stato tradito, allora bisognava trattarmi come un mollaccione e guardarmi senza un briciolo di paura nei miei confronti. L’unica ragione per cui ero così ‘simpatico’ era perché mi sentivo troppo triste e deluso per prendere uno di quegli insolenti per il collo e menarlo lì, davanti a tutti!
Forse stavo impazzendo… ma è tutta quella cazzo di gente che mi dava fastidio! E anche questo freddo!
“Ehi Duncan!” qualcuno mi chiamò, ma non ci pensai nemmeno a fermarmi e girarmi per vedere chi era. Continuai solo a camminare per i corridoi. Non poteva mica avere il coraggio di avvicinarsi…
“Ehi, amico! Ho sentito parlare che tu e Gwen avete avuto qualche, beh…” commentò Geoff mentre mi dava amichevoli pacche sulla schiena, questa era una delle poche persone che tieneva veramente a me, non era falso come gli altri “Ah, amico, andiamo! Ti fissano tutti qui e tu non gli hai nemmeno spezzato il collo o dato un’occhiataccia!” mi disse Geoff come se io fossi così stupido da non averlo notato…
“Quindi?” sbiascicai. Non avevo voglia né di parlare né di tirare il collo alle persone, avevo cose migliori da fare, come trovare un sacchetto per il vomito.
“Amico! Non è proprio da te! Di solito sei più simpatico, anche se un grande stronzo… ma ora sembri uno zombie che cammina! O forse questa storia ti ha trasformato in una mammoletta...” balbettava Geoff mentre mi aumentava la nausea. Avevo bisogno di quel dannato sacchetto! E di sicuro quelle stupide teorie buttate al vento non mi facevano sentire meglio, anzi, non facevano altro che aumentare il mio dannato mal di testa che mi stava uccidendo la fronte!
“Chiudi quella cazzo di bocca!” gli urlai in faccia stordendolo.
“Amico, cosa cazzo ti ho fatto?” ribatté lui. Ero a pezzi.
“Non mi hai fatto niente! Sono malato, cazzo! Il mal di testa mi sta uccidendo e il tuo balbettio non lo sta di sicuro migliorando, mi sento fiacco e devo vomitare e tutto quello che mi serve non è altro che un dannato sacchetto! Non voglio sentire le tue teorie su ‘che cosa cazzo ho fatto a Duncan’ perché io sto perfettamente bene se togliamo il fatto che posso svenire da un momento all’altro! Quindi, sta zitto e lasciami stare!” la mia faccia era rossa e gonfia per la rabbia. Corsi lungo i corridoi per cercare di uscire al più presto da quel dannato edificio.
Pochi minuti dopo mi ritrovai nel cortile della scuola ringraziando il cielo che quella merda di giornata fosse finita. Improvvisamente un conato di vomito mi strinse le budella dello stomaco. Barcollai cercando di appoggiarmi contro il muro di mattoni e la sensazione del vomito che stava per arrivare quando nel mio stomaco non c’era praticamente nulla era schiacciante.
Forse non mangiare per tutta la giornata era stata una cattiva idea…
Ero appoggiato al muro, quando la vista iniziò a divenire sfocata e saettate di dolore mi attanagliarono l’addome, il respiro cominciò a mancarmi e faticai a riprendere una respirazione regolare.
Nonostante fossero solo dieci minuti, sembrarono passate ore prima che tutto ritornasse ad avere un senso e, anche se la nausea mi faceva girare la testa, riuscii a ritrovare l’equilibrio… o forse no. Mi riappoggiai al muro cercando sostegno e ricominciando a respirare irregolarmente, quando all’improvviso sentii delle voci al di fuori del cancello. Mi sforzai ad ascoltare e mi pave di sentire voci maschile e una voce femminile. Mi feci attento per capire ciò che dicevano…
“Vieni bambina, vieni a giocare con noi! Promettiamo che sarà un bel gioco!” ridacchiò una voce.
“Credi che io sia stupida? Io non gioco con dei ragazzi immaturi e poi, sono qui per aspettare qualcuno” dichiarò la ragazza.
“Chi dice che devi essere d’accordo con noi? E comunque, penso che ti divertirai un sacco, principessina!” rise maligno l’altro. Uno strano pensiero mi passò per la testa…
“Giuro su Dio, se mi tocchi ti prendo a calci così forte che non camminerai più per una settimana” dichiarò la ragazzina con voce minacciosa, peccato che la sua voce un poco tremante di paura, tradì tutta quella sicurezza.
Quella voce mi era famigliare un po’ come… click!
Mi lanciai fuori dal cancello di ferro battuto per trovarmi faccia a faccia con una scena inquietante. Una coppia di ragazzi sui quindici o sedici anni tenevano fermi una ragazzina e uno dei due giovani teneva la faccia della piccola tra le mani mordendole di tanto in tanto un lembo di collo esposto. Gli occhi color cioccolato della bambina era pieni di lacrime… poi incontrarono i miei. Si spalancarono dal terrore perché sapevano quello che stavo vedendo. Quella scena spaventosa stava avvenendo davanti ai miei occhi che avevano avuto la sfortuna di vedere la vittima: Courtney.
Una sensazione d’impotenza mi salì rapida per le vene, per poi trasformarsi in rabbia e infine in un furore incontrollabile. Mi precipitai verso i due bulletti trappando la ragazzina delle loro grinfie. Poi lo colpii con un pugno talmente forte che la sua testa scattò all’indietro. Cadde a terra perdendo sangue dal naso e dalla bocca. Guardai gli altri con aria di sfida e loro fecero qualche passo all’indietro, terrorizzati.
“Che cosa cazzo fate? Credete che questa ragazzina scopi con delle merde come voi? Sparite dalla mia vista prima che cambi idea e vi faccia fuori a tutti!” ringhiai. Loro presero per le ascelle il compagno semi-cosciente e scapparono.
Mi voltai verso la ragazzina tremante accanto a me. Courtney mi guardò attraverso le sue calde lacrime.
“Loro mi… loro mi avrebbero…” le sue labbra tremavano mentre cercava di formare una frase, anche se io avevo capito che cosa intendeva. Annuii scioccato e subito le lacrime iniziarono a ricadere dai suoi occhi color cioccolato, prima che lei svenisse.
La bloccai appena in tempo ed evitai che picchiasse a terra la testa. Il suo corpicino svenuto ciondolava sospeso tra il terreno e il mio corpo, completamente inerte. Iniziai a dirigermi verso la strada di casa con la ragazzina svenuta al sicuro, tra le mie braccia.
Per fortuna mi ricordavo a grandi linee dove si trovava la casa di Courtney, anche se qualche informazione mi sfuggiva di mente dato che quando lei mi accolse non ero proprio così in forma per ricordarmi tutto per filo e per segno. Ma una cosa la ricordo molto bene: la chiave stava nascosta sotto un vaso di fiori spinosi ed inquietanti.
Feci scivolare la chiave nella toppa e mentre la giravo, pregavo che i genitori di Courtney non fossero a casa. Le mie preghiere furono esaudite.
Portai la piccola principessa in sala e la posai sul divano. Poi mi voltai per andarmene e lasciarla sola, ma non ci riuscii. Mi fermai e guardai la ragazza sdraiata sui cuscini del divano, inerme. Mi vennero i brividi.
Sospirai e mi sedetti sul pavimento, vicino alla testa della bambina, iniziando ad accarezzare i suoi capelli di seta castana- Courtney si rannicchiò nel mio abbraccio e sospirò dolcemente.
“Duncan…” piagnucolò e subito mi bloccai. Nessuno aveva mai pronunciato il mio nome con una nota tanto amorevole nella voce! Mi sorpresi per quella strana sensazione calda che mi aveva invaso le guance e mi maledissi per il mio comportamento così gentile e per aver salvato quella ragazzina. Io non ero gentile e tanto meno un salvatore… giuro, non lo farò mai più!
 
Dovevo essermi appisolato perché quando mi svegliai mi ritrovai sotto una calda coperta e di Courtney non c’era traccia. Mi prese il panico. Mi alzai di scatto perdendo l’equilibrio per la nausea e cadendo sul pavimento con un sordo tonfo.
“Merda!” imprecai un po’ troppo forte. Sentii dei passi veloci arrivare dalla stanza accanto.
Merda, merda, merda… pregai sperando che non fossero i genitori di Courtney.
Improvvisamente mi trovai in faccia un paio di grandi occhioni pece che mi guardavano di sbieco con la faccia rivolta verso il pavimento, come quelli di un piccolo angelo seduto a gambe incrociate sul freddo legno.
“Duncan! Ti sei svegliato finalmente! Pensavo fossi morto o quasi… ma poi ho pensato che era stupido pensare che fossi morto perché tu respiravi e i morti non respirano. Comunque, ho notato che hai la febbre, credo che l’hai presa l’altro giorno quando eri sotto la pioggia e credo anche che sia colpa mia perché non ti ho curato per bene… quindi mi dispiace che tu ti sia ammalato ” finalmente si bloccò per riprendere il fiato. Si sedette sulle mie gambe togliendosi dal freddo del pavimento e poi mi fissò con i suoi occhioni da cerbiatta, la colorazione calda di quelle iridi sciolse le mie, fredde.
Prese esitante le mie mani congelate tra le sue.
Rimasi lì seduto, immobile, anche se avrei voluto alzarmi e andarmene.
“Duncan” Courtney esitò e il suo respiro accelerò un poco, prima di posizionare il suo volto di fronte al mio “Duncan, ti sono grata per avermi salvato oggi… non posso neanche immaginare che cosa mi sarebbe successo se tu non fossi stato lì, in quel momento. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto oggi per me, così ti ringrazio e basta sperando che un giorno potrò ricambiare il tuo favore” Courtney finì quella frase in un sussurro e gli occhi, che erano stati fissi per tutto il tempo nei miei, si riempirono di lacrime. Si sporse e mi baciò una guancia. Un brivido improvviso mi attraverso il volto arrivandomi al cuore e facendo venire a galla tutti i miei sensi di colpa.
Courtney si ritrasse subito, rossa in viso lasciandoci immersi in un silenzio imbarazzante, mentre lei ancora sedeva sulle mie gambe.
Poi qualcosa di molto importante attirò la mia attenzione “Courtney”
Lei fece un ‘Mmmmmh’ di risposta.
“Perché oggi sei venuta alla mia scuola?” chiesi e lei subito si irrigidì.
“Io, ehm… si che ero… ehm” inciampò sulle sue stesse parole più volte cercando di trovare una buona scusa.
“Ti sei resa conto ti che cosa ti sarebbe potuto accadere? Hai capito? Capisci che cosa poteva succedere se non ci fossi stato?” urlai irato.
“Sì, ma…” mormorò.
“Hai capito che ti stavano per violentare?” gridai io in tono duro. Courtney trasalì e i suoi occhi iniziarono a versare lacrime su lacrime.
“Non ti rendi conto dei tuoi errori…” sospirai, ma lei mi fissò con un’intensità tale che mi sentii bruciare.
Alzò la testa e fece combaciare la sua fronte con la mia “Non ho fatto niente di male! Hai fatto tutto tu! Tu mi avevi promesso che ci saremmo rivisti, ma non hai mantenuto il nostro patto!” gridò. Cercai di interromperla, ma lei continuò “Ho aspettato e aspettato che tu venissi a trovarmi, ma invece non sei mai venuto! Perché hai rotto il nostro patto? Eh, perché? Volevo solo avere un amico, solo questo volevo. Un amico! Solo un amico!” sussurrò tristemente facendo scorrere fiumi di lacrime lungo le gote.
Io la ascoltavo, stordito e un’angoscia profonda mi invadeva. Ecco il segreto di questa bambina: un amico. Lei voleva solo un amico… e Dio le ha scelto il peggior amico del Mondo.
“Ma… Courtney, perché io?” mormorai.
“Perché…”
“Perché… insomma, io sono la persona peggiore del Mondo con cui si possa fare amicizia. Perché proprio io?” chiesi sperando di reprimere quella stupida fantasia che si era creata nella sua giovane mente.
“Perché tu sei l’unica persona che mi ha detto che il vero. Mi hai detto che ti facevo solo arrabbiare, al posto di aiutarti. Perché tu sei più vecchio di me e quindi più maturo e in grado di tollerarmi sia quando voglio parlare seriamente o quando sono prepotente. Tu mi sai ascoltare quando io voglio confidarmi con qualcuno e con te posso essere me stessa. Volevo solo qualcuno che sarebbe stato mio amico, Duncan. E io vorrei che quella persona fossi tu” mi confessò e il mio cuore perse un colpo, facendomi sentire strano… non so che genere di sensazione era, ma sapevo di non averla mai provata.
“Courtney, tu ti rendi conto che io sono una persona spregevole? Che diritto ne ho io di essere tuo amico?” le chiesi debolmente. Lei annuì.
“E ti rendi conto che probabilmente questo è il più grande errore della tua vita che potrebbe rovinare la tua reputazione?” insistetti. Lei annuì nuovamente e io annuii con lei, dando il mio consenso a quell’amicizia, una strana amicizia. Il suo volto si illuminò con il sorriso più bello e angelico che avessi mai visto. Mi si avvicinò e mi abbracciò talmente forte che credetti di rimanere stritolato tra quelle braccine.
“Oh, Duncan! Grazie! Grazie tante!” strillò allegramente.
“Non c’è di che” sospirai felice.
“Prometto che sarò l’amica migliore che tu abbia mai avuto” promise Courtney stringendomi ancora.
“Di certo, Principessa!” risposi accarezzandole i capelli setosi.
Non so per quanto tempo rimanemmo lì, seduti sul pavimento e abbracciati. Quando alla fine ci lasciammo, quel piccolo sorriso che avevo stampato sul volto si allargò gioioso. Una leggera pioggerellina iniziò a cadere e per la prima volta la benedii per il bene e il male che mi aveva portato in quei giorni.
E fu così che iniziammo questa strana, imprevedibile e instabile amicizia. Un Delinquente e una piccola Principessa.
 
~ Written by Silent Unheard Child
~ Translated by Xenja

 
ANGOLO DELLA TRADUTTRICE
Salve gente!
In questo angolo volevo solo ringraziare tutte quelle persone che hanno recensito la storia e messa nelle preferite/ricordate/seguite. Grazie tante, da parte mia e dell’autrice che mi ha detto di essersi quasi commossa per le 9 recensioni ricevute. Thank you so much *-*
Solo un piccolo avviso: come avete potuto vedere, la storia è scritto con un linguaggio molto colorito e con scene un po’ volgari o violente, beh, non saranno le uniche. Questa storia è un po’ violenta, volgare, con presenza di parolacce o parole a riferimenti sessuali, ma, ripeto per l’ennesima volta, io non sono l’autrice e non mi posso permettere di cambiare le parole della storia!
Con questo vi ringrazio ancora per la vostra simpatia, gentilezza e disponibilità,
La traduttrice
Xenja
~


 
  
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