27/02/2014
0 recensioniLa poca luce offuscata dalle nuvole entrava dalla finestra, mostrando particelle di polvere che danzavano tristemente nell'aria.
Una lacrima rigava il mio viso, per la prima volta nella mia vita non ero riuscito a trattenerla. Il mio corpo era avvolto da piccoli tubicini invadenti, che mi permettevano di vivere nutrendomi.
Lei stava in un angolo nella penombra. Non si muoveva. Abbracciava le sue gambe e poggiava la testa sulle ginocchia.
Piangeva. Piangeva in silenzio, come ormai aveva imparato a fare da tempo.
Quando piangeva lei, piangevo anche io. E sapere che ero io la causa delle sue lacrime mi faceva piangere ancor di più.
Quando piangeva lei, piangevo anche io. E sapere che ero io la causa delle sue lacrime mi faceva piangere ancor di più.
Il silenzio regnava nella stanza d'ospedale. Entrambi eravamo come statue, non emettevamo suoni, non battevamo ciglio.
Le palpebre iniziarono a farsi pesanti, riuscivo a fatica a rimanere sveglio.
La guardai un'altra volta. Si era alzata, non me ne ero accorto.
Sulle sue guance il nero del mascara che colava e finiva fino al mento. Nonostante fosse distrutta la trovavo sempre bellissima, come nessun'altra. Più volte mi era capitato di chiedermi perché un tale angelo avesse deciso di stare al mio fianco.
Si avvicinò a me, e mi accarezzò il viso.
Chiusi gli occhi, era diventato troppo faticoso tenerli aperti.
Il calore della sua mano mi infondeva coraggio.
Non avevo più paura.
Aprì gli occhi un'ultima volta, e, con le ultime forze che mi erano rimaste alzai il braccio per riuscire a sfiorarle il viso. Sorrisi, e la salutai con lo sguardo.
Pianse più forte, questa volta i singhiozzi riempivano la stanza.
Chiusi gli occhi, per sempre.
Era buio intorno a me, e così fu per qualche secondo, prima di ritrovarmi nel nulla.