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Autore: shereadsmysoul    28/02/2014    1 recensioni
I miei strani sogni colpiscono ancora. Questa volta mi hanno ispirata a scrivere.
Genere: Dark, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’intera stanza è ricoperta da uno strato di polvere mista a paura e passione. Nell’aria l’odore di vecchio sembra come echeggiare nel mio naso, così come il suo odore di muschio e dopobarba economico. Non che ne abbia bisogno. Lì in qualche parte nella stanza i miei vecchi stivaletti di pelle giacciono malamente sul pavimento. Sto disperatamente cercando di individuarli, ma stesa a letto stretta come in una morsa di metallo fra le sue braccia, mi riesce parecchio difficile. Mi tiene stretta a sé, non come le prime notti; lì sì che ebbi paura. Ricordo i segni sui fianchi. Ricordo i suoi, i miei pianti, le urla, lo strazio. Essenzialmente i primi giorni furono terribili, spaventosi. A volte ho incubi. Certe cose non cambiano, certe abitudini sono difficili da rimuovere. A volte non vanno mai via. Rimangono lì, a fissarti, a rovinarti fino a quando cedi di nuovo a esse. Anch'io faccio parte di questi circoli viziosi infiniti, forse sbagliati abbastanza da farti stare bene. Adesso la sua presa è piuttosto leggera in confronto a prima, riesco a girarmi più volte fino a ritrovare il suo viso a pochi centimetri dal mio. La mia mano sinistra fugge dalle grinfie della sua stretta e con il pollice disegno cerchi irregolari sulla sua guancia. Com’è freddo è il primo pensiero che invade la mia testa. Il suo corpo non ha mai emanato calore; poco importa quando lui è l’unico ad emanare amore, protezione, dolcezza e passione. Cose che solo lui mi sa dare.
Riesco a rigirarmi un paio di volte sul letto e finalmente scivolo via dalle sue forzute braccia. Sgattaiolo fuori dal letto. Addosso ho una sua vecchia maglietta blu che mi sta larga: arriva poco sopra le ginocchia. Tornata da lavoro devo essere crollata sul divano per poi essere spostata sul letto. Ha avuto la premura di togliermi gli abiti da lavoro e lasciarmi con dei  calzini e, ovviamente, la sua maglietta. Non posso fare a meno di sorridere. Deve avermi aspettato durante il turno alla caffetteria, quando invece dovrebbe dormire. Non è la prima volta; spesso controlla se io sia tornata o no.
 
Indosso un paio di shorts e a passi piccoli, raggiungo gli stivaletti, li afferro con una mano e con l’altra recupero un coltellino. Non ho intenzione di uccidere nessuno ma è ancora buio e credo che prudenza non sia mai troppa. Ho solo bisogno di sgranchire le gambe. La porta è sul lato sinistro della stanza, di fronte al letto. Con una mossa azzardata, e molto direi, balzo di fronte la porta. Mi girò un’ ultima volta a osservarlo con sguardo languido. Allungo il collo per ammirarlo meglio. Faccio tre passi.
Uno, è steso sul letto in posizione supina, con dei boxer neri. Sul collo porta una catenina a cui è appeso un plettro. È bene nascosta nell’incavo del suo collo ma brilla e riesco a individuarla.
Due, i riccioli neri ricadono morbidamente sul cuscino. Ho voglia di affondarci le mani.
Tre, è maledettamente pallido. Il mio ginocchio batte sul letto,mi accovaccio per baciarlo sulla fronte. Sto per piegare la schiena ma sono afferrata dai polsi. Non so come la mia faccia sbatte contro il suo petto. Imprecò mentalmente. Gli stivali cadono rovinosamente a terra.
- Dove stai andando? - bofonchia tra uno sbadiglio e un altro.
Tu - ringhio tentando di alzarmi - torna a dormire.
- In teoria - dice con un fare da saputello - io dovrei stare sveglio a quest’ora.
Mi aiuta a mettermi su. Per qualche strana ragione perdo il controllo del mio corpo. Arrossisco violentemente.
- Posso andare adesso? - chiedo con lo sguardo rivolto verso le mie piccole gambe incrociate.
- No, rimani qui con me -
- Tu sei matto - sputo.
- Di te – controbatte lui, credendosi brillante.
- Sentiamo -  rido - in quale sito per innamorati disperati l’hai trova..
Non faccio in tempo a finire la frase che i miei occhi si concentrano sul suo polso. Sanguina abbondantemente. Il liquido metallico sembra un fiume in piena. Porto le mani alla bocca e soffoco un grido. Il coltellino. È stato il coltellino.

- Abigail, ti prego, rimani calma. - mi rassicura, mettendo l’altra mano sul taglio. Presto delle gocce scarlatte colano giù dalle punte delle dita. Il mio corpo comincia a tremare e il respiro si fa irregolare. Non posso. Prendo fiato a più non posso. Cerco di ricordare a me stessa come si fa:  prendo dell’aria e la butto fuori;  non funziona. Sento il cuore martellare. Esploderà con me. Dentro di me è come se si fosse formato un vortice che sta spazzando via tutto.
Sento chiamare il mio nome, lo urla. È Nate.
Grandi affusolate mani mi afferrano le clavicole, mi strattona, mi scuote.  Ho paura. Voglio urlare ma mi rendo conto di non avere fiato. Riesco a tornare in me stessa.  Sto già piangendo. Stringo tra le mani i lembi del lenzuolo ormai rosso. Le mie nocche sono bianche per quanto forte stringo.
- Fallo - mi supplica – non succerà nulla.
Scuoto violentemente la testa in dissenso. Sto singhiozzando. - Non di nuovo -
- È successo solo una volta e lo sai che quella non conta -
Nate piazza il polso davanti al mio viso. La testa sta per scoppiare. Urlo un fermo no ma ho già afferrato il braccio. Sento il sapore metallico circolare dentro di me fino alle ossa. È caldo, è rassicurante, è dolce. Lo sento gemere mentre continuo a nutrirmi. Continuo a leccare il polso. Lo sento respirare pesantemente. Ricomincio a piangere ma non mi fermo. Il sangue continua a sgorgare, si mischia alle mie lacrime. Chiudo gli occhi. Mi mordo il labbro; i canini lo stanno tagliando ma non m'importa.
- Abigail, non piangere. Ti prego - sussurra accarezzandomi la guancia. Prendo la sua mano e la scosto malamente.
- Sono un mostro, smettila!- urlo.
Sto per vomitare. Mi sembra di essere tornata a due anni fa. Quando bevvi il suo sangue per la prima volta. Quando completai la trasformazione. Lo sgomento. Quello lo ricordo bene. Fu come un temporale, come una tromba d’aria che distrusse tutto quello che ero, come un 'onda anomala. All’inizio non ti rendi conto della sua imponenza ma man mano che si avvicina cresce, si innalza e con violenza trasporta via tutto. Solo che i temporali finiscono e arriva l’arcobaleno e dopo che l’onda si è infranta tutto torna tranquillo. Ho costruito una vita su delle rovine e Nate, il mio arcobaleno, è stata la parte migliore.
Mi sta abbracciando. Non parla. Mi accarezza la schiena dolcemente. Mi sento cullata. Torno a respirare normalmente. Annaspo, riesco a liberarmi da quella stretta malinconica. Ho i lati della bocca sporchi di sangue, ormai secco. Li pulisce con le dita.
Sorrido timidamente. Mi afferra le mani, ci giocherella.
- Non sei affatto un mostro - sussurra baciando una mano – sei uno spettacolo – continua baciando l’altra. Mi getto sopra di lui. Lo abbraccio. Lo stringo forte come fa lui la notte. Lui è tanto alto e forte che sembra che stia per sfuggirmi di mano. Mi scosta i capelli, mi sorride. Osservo i suoi occhi. Sono ghiaccio. Vorrei caderci dentro e non uscirne più.
- Dimmi, ho un buon sapore? -  Sorride.
I canini sporgono, sono aguzzi e maledettamente teneri.
- Buonissimo -
Gli poso un bacio sulla fronte, uno sul naso e uno sulle labbra.
- Ti amo -Sussurra lui.
- Anche io - rispondo.
 
 
 
 Angolo autrice
 Ciao! È davvero strano per me pubblicare qualcosa qui. Sono da sempre poco attiva nel sito. Spesso leggo solamente storie e BASTA. Ugh, sono vergognosa! Adesso ho deciso di uscire dall'anonimato e SBAAM pubblicare un qualcosa. Spevo vi piaccia! :-)
  
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