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Autore: darkronin    28/02/2014    0 recensioni
Era passato solo un anno e mezzo da quando il mondo era cambiato. Eppure, quasi non riusciva a ricordare come fosse la vita, prima.
Fantasmi impalpabili, ombre traslucide, angeli lattei, spie robotiche.
Loro erano ovunque, in ogni luogo. Erano un vero incubo. Almeno, per quelli come lei: la livrea dell'uomo che la seguiva ovunque andasse dimostrava questa sua diversità.
Non poteva sapere se lui (ammesso che non si trattasse di un'altra illusione) si scollegasse mai dal suo cervello, se fosse un programma informatico o che altro.
Solo, lo vedeva sempre.
Gli Akero erano figure che potevano mettere soggezione nelle menti più deboli, ispirando un senso di paura o di totale venerazione: postura marziale, assenza di mimica e gestualità corporea, sguardo fisso... Gli occhi... o meglio, una banda orizzontale riflettente che percorreva in tutta la larghezza quella che poteva essere definita la testa di un essere antropomorfo.
Forse il loro aspetto era solo uno stratagemma accuratamente studiato per interagire meglio con la popolazione.
Forse la rigidità ad esso associata era il dettaglio che trasmetteva maggiore inquietudine: nessuno sapeva cosa potesse nascondersi dietro quella maschera.
Non rivelavano mai la loro vera natura né le loro intenzioni.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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28. Run to the hills

Run for your life






Azzurra scappò in corridoio e si rintanò tra gli scaffali colmi di libri, improvvisamente accoglienti e protettivi. Per sua fortuna, Han non ebbe la brillante idea di seguirla ma, per qualche strano motivo, la lasciò a rimuginare da sola. Si sentiva il volto in fiamme e continuava a toccarsi le orecchie ogni due secondi, quasi per accertarsi che fossero ancora al loro posto.
Non era abituata a essere trattata con tanta confidenza. Men che meno dagli uomini.
Era passato quello che a lei erano sembrati pochi minuti ma che, a conti fatti, doveva essere stata un'altra oretta di lavoro: si era appena calmata quando lui la raggiunse silenziosamente alle spalle facendola trasalire quando parlò.
“E' ora di andare” disse avviandosi veloce verso l'uscita “Muoviti o ti chiudo dentro”
Azzurra sistemò rapidamente nello scatolone quasi vuoto i libri che aveva in mano e si affrettò sulla sua scia.
“Quanta fretta... Pensavo ti piacesse questo posto...” ghignò lui guardandola da sopra la spalla quando lei lo raggiunse. Azzurra cercò di restare impassibile anche se non capiva se la stava canzonando per il bacio mancato o per il suo effettivo interesse per quel luogo colmo di cose affascinanti.
“Ora dove andiamo?” domandò mentre l'edificio tornava a chiudersi in un cubo grande come un pugno
“All'autodromo, ovviamente!” disse lui agganciandosi lo strano solido al passante dei pantaloni
“Abbiamo un autodromo?” domandò lei scettica ma affascinata
“Abbiamo di meglio...” disse uscendo all'aria aperta e tenendosi su un percorso di terra battuta che correva lungo la parete rocciosa.
“Senti...” disse lei dopo una manciata di minuti che marciava alle sue spalle senza fiatare “Perché hai accettato di seguirmi se per te sono tanto un fastidio? Non potevi lasciarmi a qualcun altro? Che ne so... non mi sembrava che Kemal avrebbe reagito allo stesso modo..”
“Aahh... Avresti preferito lo sceicco, vero?” disse lui con una risata soffocata “Ma per risponderti, è solo e semplicemente perché io sono uno dei capi, qui. E so cosa è meglio che tu sappia. Kemal è ancora un ragazzino...”
“Questo non gli ha impedito di venire spedito in superficie...” lo difese lei
“Una volta che hai compiuto i ventun'anni e hai superato il 3-18, sei automaticamente tra gli adulti e puoi essere impiegato in ogni modo che la comunità ritenga necessario.” la informò con voce piatta “Noi abbiamo la responsabilità di quelli che restano qui.”
“Più uguali degli uguali...” sputò lei con acredine.
Han si fermò di colpo e si voltò, minaccioso “Se non ti sta bene, tornatene su di sopra!” tuonò “Qua cerchiamo di essere equi negli oneri quanto negli onori e di salvarci il culo a vicenda. Non mi piace la posizione di comando: si hanno solo responsabilità e il malumore dell'incomprensione altrui. E, in ogni caso, me lo sono guadagnato: sono tra quelli che sanno più cose, che usano di più il cervello....mai sentito il detto sapere è potere? Io e Hector siamo responsabili di tutti quelli che stanno qui...” disse indicando l'intero paesaggio tutt'attorno “Perché abbiamo le conoscenze per prendere o suggerire decisioni in modo più consapevole degli altri. E nonostante tutto non abbiamo alcun potere.” ringhiò stringendo i pugni e tornando a seguire il sentiero “Solo adesso che hanno la prova cominciano a prendere in considerazione la mia versione dei fatti...” sibilò con astio “Eppure non posso farci nulla, vedi? Io so, ho cercato di spiegarlo, ma non mi hanno creduto. Cosa dovevo fare? Costringerli? Mi sarebbe tanto piaciuto. Ma non è corretto. Se crediamo davvero nell'uguaglianza di tutti, non possiamo cestinare l'idea al primo ostacolo e tornare a un regime. Salvo poi boicottarlo nuovamente quand'anche questo si trovasse inadeguato nell'accontentare i nostri capricci. Ogni decisione deve essere consapevole per ciascuno: non puoi affidarti agli altri come un pesce lesso. E se un giorno dovessi acquisire più informazioni e rivalutare le tue posizioni, tanto meglio, non ci sarebbe nulla di cui vergognarsi. E nessuno ne farebbe una colpa...”
Finito ch'ebbe di sfogarsi, si voltò e proseguì lungo la sua strada come se niente fosse successo. Azzurra non aveva capito minimamente le ragioni del suo repentino mutamento d'umore e lasciò correre: camminarono per altri dieci minuti buoni e lei non si azzardò più a rivolgergli la parola. Ne aveva già abbastanza di lui e, al solo pensiero che che avrebbe dovuto averci a che fare ogni santo giorno, ciclo o quello che era, le veniva un travaso di bile. Non lo sopportava. E sembrava che la cosa fosse reciproca. Almeno su una cosa, quindi, sembravano andare d'accordo.
Quando raggiunsero una rimessa di medie dimensioni infrattata tra le frasche trovarono un gruppetto di persone che rideva e scherzava tra loro. Erano tutte facce note ad Azzurra e la cosa la rincuorò. Probabilmente, pensò, era un modo per far acclimatare i nuovi arrivati il più velocemente possibile: facendo gruppo con i primi con cui erano venuti a conoscenza, avrebbero poi esteso la loro rete, anziché partire da zero e perdersi nei meandri di quella folta comunità che seguiva uno schema matematico noto già agli antichi.
A differenza sua, sembrava che Birger si fosse già perfettamente integrato con la comunità di ribelli. Sembrava quasi un loro pari. Azzurra notò anche 24 e Loki in un angolo, da soli. Si staccò velocemente da Han, che tanto non la badava, e si rifugiò nel rigido calore che potevano offrirle le creature aliene.
“Tutto bene?” domandò 24 squadrandola da capo a piedi “Hai la faccia rossa...Cos'è successo?”
“Nulla, tutto ok, non ti preoccupare” disse prendendo tra le dita la ciocca lunga dei suoi capelli asimmetrici biondi.
Ma 24 non si fece distrarre da quel movimento. Assottigliò gli occhi, nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa che, senza i suoi occhiali speciali, gli sfuggiva “Sono abituato a sapere tutto quello che ti passa per il cervello” la informò offeso “Se stiamo separati e se tu non mi dici cosa ti succede, come posso...”
“Ma non è più compito tuo...” lo interruppe Loki che stava imitando Azzurra, giochicchiando con le proprie appendici elettroniche
Lui rimase interdetto. Aveva ragione lei: non solo non era più il suo guardiano ma non era nemmeno più un alieno il cui compito doveva essere quello di controllare gli umani ribelli. Qual era, allora, lo scopo della sua esistenza?
“Cosa vi hanno fatto fare?” si informò Azzurra, cambiando argomento e portando il discorso su fatti più concreti e futili.
“Ci hanno portato nell'atelier” rispose vago 24
“In sartoria...” precisò Loki, pronta a lanciarsi in una dissertazione linguistica “Il termine Atelier può indicare diversi tipi di laboratorio...”
“Io sono stata in biblioteca e ho dovuto sistemare un sacco di libri, per lo più fotografici e di moda... Non immaginereste nemmeno le cose strane e bellissime che c'erano!” replicò lei gasandosi di colpo al ricordo “Ma, concretamente? Cosa avete fatto? Io è come se avessi fatto sollevamento pesi...”
“Ci hanno messi a ricamare...” rispose laconico l'alieno alzando lo sguardo sul gruppo degli umani
“Ci hanno dato dei piccoli pezzi di stoffa, un ago e un filo. Ci hanno mostrato cosa dovevamo fare. Sembrava facilissimo. Le loro dita si muovevano veloci e sicure e creavano dei disegni fantastici. Ma, nonostante la nostra capacità di archiviazione dati, non ci è riuscito proprio bene. La nostra coordinazione oculo-manuale è davvero pessima..”
“Dì pure che è venuta una porcheria...” replicò 24, braccia conserte.
Azzurra notò che, più passava il tempo, più il vocabolario e la postura del compagno andava sciogliendosi e assumendo le classiche pose che vedeva spesso fare alla controparte umana. La cosa la fece sorridere. Sembrava un bambino che cerca di imitare gli adulti.
“E loro, invece? Cosa facevano?” domandò ancora Azzurra
“Erano in dieci attorno a un pezzo di stoffa trasparente...chiffon?” domandò a Loki
“Tulle!” precisò lei “Era un velo da sposa. E tu non eri attento...” replicò la compagna
“La cosa curiosa...” disse 24 abbassando appena il tono della voce “E' che qua e là, tutte si vantavano di aver intrecciato nel ricamo un loro capello... a me sembra una cosa sciocca...”
“Avete chiesto il motivo?” domandò Azzurra
“Pare sia una superstizione antica: la nubile che porta a termine il compito sarà molto fortunata. Non è chiaro se in amore o in altri settori. Una delle ragazze, ridendo, ha detto che per lei era la quinta volta e che ancora non si vedeva nessuno di decente all'orizzonte...”
“Ma se, praticamente, sono tutti maschi, qui...” replicò Azzurra, pensando a quella strana usanza “Basta girarsi per trovare qualcuno...oh....ciao...”
“Di cosa parlate?” chiese Kemal che era appena arrivato.
“Delle vostre strane usanze.” rispose lei, contenta di vedere una faccia amica.
“Come è andata in biblioteca? Tutto bene?” domandò lui con un sorriso tirato. Era nervoso? Imbarazzato? O era una domanda di cortesia? Perché prima si era alzato malmostoso, senza guardarla e ora la cercava per parlarle.. e in modo così rigido?
“Bene... è bellissimo... solo un po' faticoso...” disse poggiando le mani sulle reni e stiracchiandosi all'indietro
“Perché non mi hai detto che ti faceva male?” saltò su 24 preoccupato
“Sapresti cosa fare?” lo canzonò Kemal “Lo vuoi un massaggio?” le chiese cominciando a rimboccarsi le maniche.
“No, grazie...” rispose lei imbarazzata, abbassando subito le mani. Il comportamento di Kemal cominciava a preoccuparla. Sembrava avere l'umore altalenante ed era convinta che non fosse sintomo di niente di buono.
“Ma...” borbottò l'arabo perplesso “L'altra volta...”
“L'altra volta era diverso.” replicò lei sempre più imbarazzata. In un lampo si era immaginata la scena e la cosa le sembrava ridicola e fuori luogo: perché lui non capiva?
“Come vuoi..ma sarebbe meglio sciogliere subito i muscoli... se aspetti troppo poi ti farà male per giorni...”
“Va bene così...” lo ringraziò lei
“Allora... se siamo tutti pronti...” disse la voce stentorea di Alain, al di là del gruppetto, richiamando l'attenzione dei presenti “Direi che possiamo cominciare...” qualcuno, alle sue spalle, aprì la saracinesca a doppio battente non oliata che strideva con uno sferragliare fastidioso sui binari mezzi arrugginiti. “Azzurra...tu sai guidare, vero?” domandò quando la ragazza si apprestò ad entrare seguendo il flusso di persone che si riversavano all'interno.
“Certo!” rispose lei orgogliosa
“Come no..” la canzonò Han bloccando i presenti, incuriositi da quella replica “Trasmissione automatica o manuale?” domandò con fare professionale e scettico al tempo stesso.
Lei strabuzzò un attimo gli occhi “Che?”
“Appunto! Dicevi Alain?” chiese lui incrociando le braccia al petto con un sorriso sarcastico
“Scusa, Azzurra... come funzionano le auto, da te? Birger è arrivato con una vecchia jeep ma... non pensavamo potessero esserci differenze... Cioè... girate ancora con i cassoni di quando noi abbiamo abbandonato la superficie. Gli alieni vi lasciano con ferrivecchi...?”
Fu 24 a rispondere per lei “Hanno sviluppato un sistema di trasporto praticamente privo di inquinamento. Le auto sono intelligenti e servo assistite nella maggior parte delle operazioni. Si sale a bordo dell'auto, accesa a distanza, si aggancia la cintura di sicurezza automatica e si comanda la destinazione. L'utente può inserire il pilota manuale solo in autostrada o su terreni non tracciati a suo rischio e pericolo...”
“Peggio di quanto pensassi...” borbottò Han, zittendo l'elencazione dell'Akero.
“Cioè... fammi capire... sai come funziona almeno il volante? Ho capito che per i pedali dovremo aspettare...” domandò Alain
“So inserire il manuale in autostrada per sorpassare!” rispose lei con orgoglio, in quanto era caldamente sconsigliato avere simili alzate d'ingegno e prove di autonomia a fronte del pericolo di non riuscire a controllare il mezzo. Ma le sue parole suscitarono solo risatine imbarazzate.
“Che vuol dire che sai pigiare solo l'acceleratore e andare dritta. E' già qualcosa. Ma niente manovre da parcheggio, quindi...Han...” Alain si rivolse all'amico con un sospiro “Credo dovrai cambiare la tua tabella di marcia”
“Ah, me n'ero già accorto... mi domando solo come facciano a vivere ai piani alti”
“Ormai per oggi è andata. Azzurra, tu siederai accanto ad Han così avrai un'idea di quello che ti aspetta... e fai attenzione!” Le raccomandò il francese “Guardare e osservare attentamente è la prima e fondamentale cosa da fare per imparare”
“Non posso sedermi accanto a Birger? Anche lui sa guidare...” protestò quella, esasperata
“Il tuo istruttore è Han.” tagliò corto Alain.
“Rassegnati... una volta che Hector decide non si può più tornare indietro” ghignò l'interessato poggiandosi di peso sulla sua spalla “Ricorda: ciò che non uccide, fortifica. E non voglio certo sporcarmi i vestiti...” disse avviandosi all'interno e lasciandola indietro. Lei, per tutta risposta, non vista, gli fece la linguaccia. Si armò di pazienza e avanzò, scortata dai due alieni, all'interno della rimessa dove erano stipate su due piani, in spazi sovrastanti alti quel tanto che bastava per far salire le persone a bordo, più di un centinaio di automobili di ogni tipo e colore. Le sembravano tutte spigolose e fatiscenti, nulla a che vedere con le piccole, graziose ed eleganti auto impilabili ed elettriche a cui era abituata. Vide Birger e Loki scomparire a bordo di un mostro gigantesco, alto quasi il doppio delle altre vetture, tutto sporco di fango e con una maschera metallica sul muso che sembrava un bavaglio per una bestia di disumana violenza. 24 scomparve al seguito di Alain e lei rimase a osservare quell'ammasso di lamiere e pneumatici.
“Ti muovi??” urlò Han in fondo alla sala. Lei non poté fare altro che raccogliere la propria pazienza e avanzare, cercando quell'uomo fastidioso tra la folla di mezzi e persone
“Spider gialla...” disse Jordan affacciandosi da una cosa che Azzurra non sapeva se poteva essere catalogata tra le auto tanto era piccola e compatta. Ci stavano a mala pena due persone e gli interni erano così spogli che pensò che non ci fosse stato il tempo per ultimarla. “In bocca al lupo.” disse strizzandole l'occhio “Ricordo bene come son state le prime lezioni di guida con lui. Non preoccuparti...in una decina di incontri dovresti essere a posto. E non temere le urla... can che abbaia non morde”
Azzurra sbiancò al pensiero di dover sorbirsi così tanti incontri conditi anche di sfuriate isteriche “Cosa può esserci di così difficile?”
Ma il ragazzo rise divertito “Vai, prima che si incazzi definitivamente e decida di venirmi addosso...”
Lei lo guardò scettica prima di dileguarsi, domandandosi dove potessero mai andare tutti quei mezzi stipati com'erano in quel buco. Individuò facilmente l'auto gialla. Diversamente dagli alti veicoli era priva del tetto. Ora che era vicina al veicolo, notava che le ruote non poggiavano a terra ma erano lasciate libere di pendere nel vuoto. Tutte le auto, notò osservando meglio tutt'attorno, erano sospese da uno speciale ponte di metallo.
“Salta dentro!” le disse lui senza badarla, continuando a rovistare tra strani dischi della larghezza di una spanna. “Anzi no... non voglio trovarmi i tuoi denti sulla carrozzeria...”
“Non ci pensavo neanche a saltare...” replicò lei tirando la portiera verso di sé. Ma quella rimase ostinatamente al suo posto “C'è la sicura?” domandò guardando irritata il suo istruttore
“No...” disse solo, concentrato a sfogliare il suo catalogo “E' una portiera a serramanico, non vedi? Si apre verso l'alto... non devi tirare verso di te, devi farla ruotare in avanti...”
“A serramanico, certo...” replicò lei non avendo la più pallida idea di cosa fosse.
“Non sai nemmeno che ci sono diversi tipi di portiera?”
“Quante per la precisione?” domandò riuscendo a sistemarsi sul suo sedile morbido e avvolgente e a non sembrare già sconfitta prima ancora di cominciare le lezioni.
“C'è la controvento, la cui cerniera è messa sul montante centrale” disse indicando il vecchio macinino in cui si era infilato Jordan  “La scorrevole” e indicò la monovolume con cui 24 stava prendendo confidenza “Quella ad ala di gabbiano, che si aprono verso l'esterno” disse indicando un'auto aperta e posta su un piedi stallo, lontano da tutti “E poi c'è quella a farfalla che è simile a questa solo che la portiera scorre sul parabrezza, coprendolo...Ah! E...guarda Hector... Quella è l'apertura a carlinga.”
Il francese arrivò tenendo sottobraccio uno strano casco e fece scattare l'apertura. Azzurra rimase allibita vedendo come il cofano e il parabrezza si sollevassero e ruotassero di novanta gradi per dare modo all'uomo di accomodarsi all'interno.
“Ora infilati il casco...” le ordinò l'uomo.
Azzurra ubbidì. Inizialmente non vide nulla e stava già per replicare quando qualcosa comparve sul vetro scuro che le stava davanti agli occhi. Sembrava essere una sorta di test di trasmissione. Quindi, l'oscurità si dipanò e si rivide seduta a bordo della stessa auto ma in uno spazio aperto. Come avevano fatto a uscire in così breve tempo? Soprattutto. Dov'erano finite le altre auto? Perché erano soli?
“E' un vecchio trucco da realtà virtuale, opportunamente migliorato. E' tremendamente realistico” la informò Han “E non temere. Gli altri sono qua accanto. Noi non ci siamo mossi.” disse girando la chiave e ingranando la marcia. L'auto ruggì sotto di loro e sobbalzò avviandosi sul terreno sterrato per raggiungere la strada asfaltata. “E' rilassante farsi un giro, ogni tanto. E mi aiuta a pensare...”
“Perché tu pensi, ora...” replicò la voce di Frederick giungendo dalle cuffie.
Azzurra si voltò, convinta di riuscire a vedere la vettura del tedesco ma l'asfalto scivolava sotto di loro come un fiume che si tuffa in una cascata.
Vide Han arricciare il naso “Dove ti sei nascosto?” domandò perplesso
“Lo scoprirai presto...” ghignò l'altro di rimando.
Erano partiti in mezzo a un bosco di betulle e si stavano avvicinando a un centro abitato lungo una strada sinuosa e pulita. Erano in montagna e le case erano basse e coi tetti spioventi per permettere alla neve di scivolare a terra rapidamente. “Il percorso lo scegli tu o è il computer?” domandò Azzurra affascinata dal grado di realtà offerto da quel simulatore
“Il computer ridisegna solo l'ambiente al di là del vetro. Ma dove vado lo decido io. E devo fare attenzione. Perché se faccio manovre inconsulte rischio di danneggiare l'auto.”
“Ma se siamo sospesi...” replicò lei
“Certo, i cerchioni non si deformano. Ma se vado in testa coda devo pregare di essere il solo o mi sfascerò sui veicoli che sono parcheggiati attorno a me per quanto ci sia dello spazio di sicurezza tutt'attorno. Le molle su cui è sospesa la macchina, che danno questo piacevole senso di realtà...” disse saltando su una cunetta “Fanno anche ruotare o inclinare l'auto per dare al tuo corpo la sensazione di essere davvero...qui” disse mentre sfrecciavano nel centro “Hector?” chiamò all'interfono “Niente pedoni, niente casualità...niente di niente?” si informò confuso.
“E' un giro di prova per i novellini...” replicò l'altro
“Ma voi dove siete?”
“Siamo quasi tutti andati verso il lago... non mi dirai che tu stai puntando i tornanti?”
“Certo!”
“Allora ci rivedremo più tardi...” rispose l'altro chiudendo la comunicazione
Rimasti nuovamente soli, Han proseguì con la sua spiegazione “Diciamo che è un gigantesco gioco di ruolo multiplayer. Non dirmi che non sai nemmeno cosa sono i video giochi, ti prego...” nella sua voce c'era una nota supplichevole. Era un caso così disperato?
“Certo che so cosa sono. Anche se non so cos'è il multiplayer.” replicò lei piccata
“Bene... ricordami che dobbiamo fare un giro anche in sala giochi.”
“Ehi, Han!” lo canzonò la voce di Frederick, all'improvviso “E gli autoscontri, no?” disse prima che nella loro visuale comparisse un auto blu con strisce bianche che correvano dal muso alla coda, passando per il tetto. Han inchiodò letteralmente mentre l'auto tagliava loro la strada e si dileguava a gran velocità. Azzurra sentì il fiato mozzato dalle cinture di sicurezza, il corpo spostato in avanti, le gomme che stridevano. Gomme che non poggiavano a terra. Possibile che ci fosse un sensore acustico collegato al pedale del freno?
“Fanculo, stronzo di un crucco su auto americana!” ringhiò Han dando nuovamente gas. “Ti vengo addosso la prossima volta che corriamo sul serio!”
“Devi mangiare la polvere Han, voi americani non sapete guidare!” ridacchiò, chiudendo la comunicazione con un bip acustico.
Han fece lo stesso, in modo da rimanere isolato con Azzurra all'interno del veicolo “Te lo faccio vedere io chi non sa guidare.” Ringhiò ingranando la marcia, la mano artigliata sul cambio. Da sotto il sedile, estrasse il catalogo di dischi che stava sfogliando prima che Azzurra salisse a bordo. Se lo poggiò sulle ginocchia e, senza guardare, girò un paio di pagine e ne estrasse, sicuro, un disco che infilò in una fessura orizzontale della macchina. Chiuse di scatto la custodia e la passò al suo passeggero “Fa' attenzione, due lezioni in una...” disse mentre i tamburi e le chitarre cominciavano a scandire il tempo con aggressività “Questo ti spiegherà anche a cosa può servire la musica...”
Ora, la velocità che sembrava aver acquisito la macchina (Azzurra dovette sforzarsi di ricordare che era fittizia) la schiacciava contro il sedile, dandole le vertigini tanto il cuore le galoppava in petto. Ma non si trattava di paura. Non ancora o non solo.
Nel giro di pochi secondi, Han riguadagnò la strada persa e quasi si appoggiò col muso alla coda dell'auto che lo precedeva. Riaprì la comunicazione “Vuoi una spinta?” disse pigiando appena l'acceleratore. L'altro veicolo accelerò a sua volta, ponendo un paio di metri di distanza tra loro finché, subito dopo una curva, imboccarono un tunnel scavato nella montagna. Una parete di quel lungo budello di calcestruzzo armato era traforato da colonne che lasciavano intravedere la foresta sotto di loro. Han cercò di accostarsi all'auto blu e bianca nel tentativo di superarla ma l'altra zigzagava in modo da costringerlo nella sua scia. L'auto blu scodò un paio di volte nelle curve successive, ma Han conosceva la strada ed evitò gli errori del tedesco. “Tienti forte...” disse a un certo punto, prima di svoltare bruscamente in una laterale nascosta dagli edifici. Mancò poco che salisse sul marciapiede ma controsterzò immediatamente e si rimise in carreggiata
“Così lo perdiamo!” protestò Azzurra, ormai calata completamente in quella sfida
“Non ti preoccupare... conosco questi tracciati come le mie tasche. L'ho progettato io questo giochino...” disse pieno di orgoglio, forse convinto di impressionarla.
Lei tacque, effettivamente colpita, ma non disse nulla. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione. Procedevano più lenti, ora, infilandosi in strade secondarie che curvavano dopo poche centinaia di metri. Azzurra era ormai convinta che non avrebbero più rivisto Frederick quando Han le ripeté di tenersi saldamente. Lo vide impugnare l'asta che stava tra i due sedili e tirarla. Subito si sentì schiacciata da una forza invisibile contro lo sportello e non ebbe fiato, forza e prontezza per cacciare un urlo di terrore. Si sarebbero cappottati, lo sapeva, ne era più che sicura. Sarebbe morta intrappolata in uno stupido gioco di realtà virtuale. Invece, l'auto si fermò e il motore rallentò i suoi giri: erano messi di traverso lungo la strada che sbucava da un'altra galleria buia. E l'auto di Fred emerse da quel buio abbagliandoli con i suoi fari. La vide inchiodare e, all'ultimo, scartare di lato, sullo sterrato, per evitare il muso della loro auto.
“Dannazione... me l'ha fatta!” replicò Han irritato rimettendosi all'inseguimento “C'è nessun altro sul versante nord?” chiese aprendo le comunicazioni.
“Ci siamo noi...” disse la voce di Birger “Credo di essermi perso...”
“Puoi darmi le tue coordinate? Le trovi nel visore in alto a destra.”
Solo allora Azzurra notò che, ovunque girasse lo sguardo, effettivamente, c'erano dei numerini più chiari in sovrimpressione e un piccolo reticolo che probabilmente era una mappa “Benissimo!” sentì dire ad Han “Alla prossima gira a destra e piazzati al centro della strada...” ordinò dando ancora gas alla sua macchina.
Erano nuovamente in coda alla vettura blu. Lo videro inchiodare e andare in testa coda, intrappolato, in fondo alla strada, da un bestione nero, il muso minaccioso protetto da un rostro aggressivo. L'auto ruotò di centottanta gradi e la videro puntare nuovamente contro di loro per poi fermarsi, come sorpresa di averli ancora alle calcagna.
“Credi di spaventarmi?” domandò il tedesco
“Io non mi scanserò!” disse Han in risposta.
“Vedremo!” e dettò ciò, Azzurra vide i fari dell'auto blu impennarsi lievemente.
Subito si sentì schiacciare nuovamente dal peso dell'accelerazione e capì di cosa parlavano “Non vorrai andargli contro?”
“Di che ti preoccupi? È solo un simulatore...” replicò lui divertito e stranamente euforico
“Ma tu hai detto...” protestò lei
“Silenzio!” disse incrementando ancora la marcia.
Le due auto si avvicinavano rapidamente, muso contro muso, al centro della carreggiata, impedendo a ciascuno di svicolare di lato all'ultimo momento.
Chiuse gli occhi, preparandosi a impattare.
Ma l'auto, all'ultimo scartò a destra e piroettò su se stessa. Non aveva sentito alcun colpo. Ma era un simulatore, quindi....
Aprì gli occhi e vide che anche l'altra auto, specularmente, stava volteggiando su se stessa: si erano evitati a vicenda nello stesso momento.
“Ma sei completamente matto?” gli urlò nelle orecchie quando la macchina si fu fermata e il motore, fumante, spento.
“Hector, noi usciamo!” disse Han, senza badarla, disattivando i caschi.
All'improvviso, laddove si stagliavano montagne innevate e abeti massicci illuminati da un tenue sole invernale, si trovò a fissare il buio della rimessa. I suoi occhi ci misero un po' ad abituarsi al buio dopo l'esposizione a tutto quel candore. Quando riuscì a mettere nuovamente a fuoco l'ambiente circostante, Han era già sceso dal veicolo e aveva aperto il cofano, trafficando all'interno e imprecando sommessamente.
“Cos'è successo?” domandò lei scendendo con cautela dal mezzo e andando a sbirciare quello che faceva il suo istruttore, immerso in una nuvola di vapore bollente proveniente dal vano motore.
“Ho fatto una cazzata...” disse levandosi la maglia e per fasciarci la mano e proteggerla dal calore. Svitò un tappo e si allontanò immediatamente, prima di venire investito da un getto concentrato. “Cosa che tu non devi fare!”
“Sei riuscito a surriscaldare il motore?” disse la voce divertita di Frederick arrivando a controllare perché il suo sfidante si fosse scollegato così all'improvviso
“E' grave?” domandò lei che non capiva se il problema fosse serio o meno
“Andranno controllate un paio di cose, ma in teoria no. E' solo stata ferma a lungo e Han si è fatto prendere la mano dalla sfida. E non ha tenuto sott'occhio i valori...” spiegò Frederick.
“E va beh...” sbuffò “Qualche stronzata posso farla anch'io, ogni tanto, no?” replicò l'hacker battendogli una mano sulla spalla. I due scoppiarono a ridere come se l'hacker avesse appena fatto la battuta più divertente del mondo. E dopo quella sfida all'ultimo respiro, quell'inseguimento quasi mortale... i due ridevano di gusto, più amici di prima.

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Ragazzi, vi chiedo scusa per il ritardo ma da che non vado più in Università ho perso il conto dei giorni. Mi accorgo sempre troppo tardi di aver sforato le scadenze. Vi chiedo scusa.

Dunque, eccoci calati ancora una volta nella realtà dei ribelli. Prima di tornare all'azione ci saranno un paio di capitoli di acclimatamento, tanto per far capire quanto i novellini siano impreparati. Presto, comunque, raggiungeranno gli altri ribelli e, ahivoi, si avvicina anche questa fatidica 3-18. Cosa sarà mai? È un nome quanto mai stupido ma...non ho trovato di meglio.
A presto, dunque. E non temete... i ribelli non rimarranno inattivi a lungo.

PS: il titolo è omaggio alla famosa canzone degli Iron Maiden. Se vi piace, pensatela pure come colonna sonora della corsa (anche se io avevo pensato ai Nickelback, Burn it to the ground)
   
 
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