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Autore: kishal    28/02/2014    0 recensioni
La guerra magica è finita da tempo e Lord Voldemort ha vinto. Insediatosi sul trono del mondo magico, domina sui suoi sudditi grazie all'aiuto della Veggente Bianca, sua prigioniera, le cui profezie involontarie vengono da lui usate per prevedere e bloccare l'avanzata dei ribelli capeggiati da Harry Potter e la sua schiera. Proprio nel tentativo di proteggere la sua arma più potente, è costretto ad affidare la veggente al suo più oscuro collaboratore, il Primo Alchimista. Da qui ha iniziato questa storia di magia e oscurità, di speranza e rancore, di amore e paura.
Una storia di mostri.
Genere: Azione, Generale, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Luna Lovegood, Un po' tutti | Coppie: Draco/Luna
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
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Mostri

 

 

 

-          Capitolo 4     -

 

 

Quando tornò in casa era quasi l'alba.

Il ghiaccio gli si era depositato su tutto il corpo, soprattutto su barba, baffi e capelli, ma nonostante la nudità neanche un centimetro di lui tremava.

La Veggente Bianca, accoccolata davanti al camino acceso con un paio di coperte addosso, gli rivolse uno sguardo carico di attesa e preoccupazione. Sicuramente era felice fosse rincasato, ma era evidente si chiedesse cosa avesse in mente di fare.

 

“Non riesci a leggermi, Veggente?” Le chiese, sfrontato. Sì, è vero, aveva deciso che non sarebbe più stato uno stronzo con lei, ma al momento non riusciva proprio a fare di meglio.

“Troppo caos.” Fu la sua replica.

Draco ghignò. Il caos gli piaceva.

“Bene! Per una volta, dunque, le mie parole non saranno inutili! Potrò parlarti senza sentirmi un perfetto coglione!”

“Mi dispiace se è successo.” Disse lei, abbassando lo sguardo con fare colpevole. Quel gesto lo fece infuriare.

“Perché ti scusi? Perché non mi dici che me lo merito, visto quello che ti ho fatto? Perché non mi dici Malfoy, ma tu sei un coglione! Se non fosse per te nessuno di noi due sarebbe in questa situazione!” Le strillò addosso, furente.

“Sei arrabbiato.”

“Sono arrabbiato.”

“Sei arrabbiato con te stesso.”

 

Un pugno seguì l'affermazione. Luna tremò dentro il suo bozzolo di calde coperte, e quando rialzò lo sguardo vide Draco tenersi la mano insanguinata, il viso deformato da una smorfia di dolore.

“Tremi. Mi guardi e tremi.” Le disse, pacato. “Non tremavi neanche davanti al Signore Oscuro. Sono un mostro peggiore di lui, Veggente?”

Il silenzio di lei fu una risposta più che sufficiente. La fissò, non ricambiato, poi si diresse con passo lento verso il suo laboratorio.

“Nevicherà per un po'.” le disse “Faccio portare altra legna in casa.”

 

“Non andare laggiù, Draco!”

Sentì dirle proprio mentre poggiava il piede sul primo gradino della scala a chiocciola in pietra che portava dabbasso. Con la coda dell'occhio la vide in piedi, bella e pura come una dea, le coperte raccolte ai suoi piedi per il brusco movimento con cui si era alzata.

Gli si strinse il cuore.

Lei ci teneva a lui.

Ci teneva come una donna tiene al suo uomo.

 

“Molte cose mi sono state portate via, Lovegood.” Disse, con calma. “Di una oramai ne ho la certezza. E ho intenzione di riprendermela.”

 

 

 

Quella notte, in effetti, il gelo delle acque del suo lago gli aveva portato consiglio.

Non sapeva ancora quanto fosse vasto il campo di merda in cui aveva navigato inconsapevolmente fino ad allora, ma immaginava tanto. E se tre delle persone che gli stavano attorno erano state maledette per non rivelargli quell'informazione, non solo significava che di mezzo c'era il Signore Oscuro, ma che qualche incanto infame era stato gettato pure contro di lui.

Quel gran figlio di puttana aveva giocato con la sua memoria, ci avrebbe scommesso le palle.

Null'altro spiegava il caos che aveva dentro, le sue notti insonni, quelle parole insensate che ogni tanto gli tornavano alla mente.

La Lovegood. Null'altro spiegava la Lovegood e il suo rapportarsi con lui. La premura che Blaise usava nel parlare di lei. Aveva pure fatto carte false per salvarla dalla follia di Voldemort.

 

Qualcosa gli era stato portato via. Di sicuro, molti ricordi.

Per riaverli indietro avrebbe dovuto sudare parecchio.

Il Signore Oscuro era un mago molto potente, e doveva aver usato un incantesimo altrettanto forte per strappargli via quelle memorie dal cervello.

Lui conosceva una sola pozione – oscura, ovviamente – in grado di ripristinare ciò che gli era stato rubato. Occorreva un mese perché fosse pronta, e gli effetti si sarebbero fatti vedere solo nel lungo periodo.

Controindicazioni? Qualche linea di follia.

Ma non lo preoccupavano.

Era già folle.

Lo preoccupava di più tutto quel tempo necessario per ottenere il Nihilus, aggiunto all'attesa per i suoi risultati.

Draco temeva di non avere molto tempo a disposizione. Se era vero che erano già passati tre mesi dall'ultima, nefasta visione della Veggente Bianca, significava che il giorno del giudizio era alle porte.

 

Eppure quella era l'unica strada che aveva davanti. E questo lo rendeva furioso oltre ogni dire.

 

Quando, tuttavia, aprì la cassa dove teneva nascosti i libri per le pozioni oscure e gran parte degli ingredienti proibiti – una cassa vecchia, polverosa, che non apriva da secoli – trovò ad attenderlo una ironica sorpresa.

Due boccette stavano davanti a lui. Due graziosissime boccette di cristallo, sormontate dal tappo viola con cui soleva identificare i prodotti più pericolosi del suo armamentario. La scritta sul loro panciotto colmo di liquido argenteo citava “Nihilus”, ed era più che certo si trattasse della propria scrittura. Peccato non ricordasse nulla a tal riguardo.

 

Imbambolato, rimase lì, piegato in due sulla cassa, un braccio a tenerne aperto il coperchio, mentre fissava quei due doni del cielo.

Un brivido gli corse lungo la schiena.

Se era stato lui a produrre le pozioni, significava che aveva previsto tutto quanto.

Non una, ma due.

Doppia razione.

Significava dimezzamento dei tempi necessari perché facesse effetto.

Significava doppie possibilità di indurre nelle controindicazioni.

 

Il nome Nihilus derivava dal latino Nihil, nulla, ed era riferito alla controindicazione più grave di quella magia imbottigliata: l'azzeramento totale della coscienza dell'individuo. La demenza più totale.

 

Cazzo. Ora sì che gli venivano i brividi.

 

Prese un bel respiro, imprecò sonoramente, afferrò le due boccette e lasciò che il coperchio si richiudesse rumorosamente sul contenitore, sollevando nugoli di polvere.

Di nuovo, aveva altra scelta? No.

 

Fanculo il Nihilus. Fanculo quella situazione del cazzo. Fanculo la sua memoria, Blaise, la Veggente, suo babbo e Lord Voldemort in persona. Fanculo a tutto.

Rivoleva quello che gli era stato tolto, a qualunque costo.

E lo avrebbe ottenuto.

 

 

 

 

 

Quando abbandonò il laboratorio si era fatta luce. Certo, non se ne vedeva granché in giro, visti i nuvoloni neri che ricoprivano il cielo, ma l'alba era comunque già passata.

Con sua grande sorpresa non trovò la Lovegood in piedi ad aspettarlo in salotto, davanti al camino, come invece si era immaginato, e ciò gli provocò uno strano senso di costrizione alla bocca dello stomaco. Non la trovò neppure in cucina; in giardino sicuramente non era – visto il freddo – così andò a controllare nella sua camera.

Le aveva dato una piccola stanza poco distante dalla sua, esposta al nord, la più fredda della casa, in effetti. Che grandissimo coglione. Di certo quella disposizione andava rivista. Quando vi giunse non si curò neppure di bussare. Aprì lentamente la porta e si affacciò con cautela, per timore che fosse addormentata.

“Sono sveglia, entra pure.” Lo informò invece la voce di lei. Era sotto le coperte – molte coperte, fortuna che il suo elfo sopperiva alle sue cazzate – e fece per alzarsi quando lo vide, ma lui la bloccò.

“Si gela qui, stai giù.”

“Me ne sono andata quando mi sono accorta che la neve si era sciolta.”

“Non devi darmi spiegazioni. Non sei tenuta ad aspettarmi.” Mentì.

Lei sorrise, abbassando lo sguardo.

 

“Un tempo mi aspettavi alzata?” Chiese lui, un poco titubante. Lo sguardo colmo di terrore che lei gli rivolse fu una risposta più che sufficiente.

Assentì col capo, deglutendo l'amaro boccone. “Ho preso il Nihilus.” La informò poi.

 

Lei si coprì le labbra con una mano. “Il Nihilus?! Draco, quella pozione rende pazzi!”

Fu forse una delle poche volte che vide esprimersi in lei un'emozione tanto umana come la paura. Gli venne da sorridere. “Ti sto facendo scomporre parecchio in questi giorni, Veggente Bianca!”

“Non è il momento di fare dell'umorismo! Sai cosa rischi?! Sai quanto è pericoloso quell'incanto?!”

“Sono il Primo Alchimista della Corte Oscura, certo che lo so.” La canzonò lui. “Ne ho preso una doppia razione.”

“Per Merlino!”

 

“Il fatto che non ti sia meravigliata della scelta di questa pozione, tuttavia, è un ottimo indizio: significa che sto incamminandomi sulla giusta strada.”

Lei lo fissò, gli occhi colmi di lacrime, il volto stravolto dalla paura.“Ti preferisco lontano e vivo” Gli disse, soppesando bene le parole in modo da sviare la maledizione del silenzio che le era stata imposta. “Lontano e vivo” Ripeté, con più enfasi. “Piuttosto che vicino e morto.”

Draco capì. Intendeva dirgli che lo preferiva vivo e all'oscuro di tutto, piuttosto che ridotto a un vegetale da un folle tentativo di riacquisire la sua coscienza.

“Ma non è quello che preferisco io.” Le rispose, semplicemente.

 

E fu allora che Luna scoppiò a piangere.

Draco, colpito nel profondo da quella reazione, senza pensarci due volte saltò sul letto e la abbracciò, stringendola forte al petto.

“Non ce la faccio più!” Sussurrò lei, nel suo petto. “Non ce la faccio più a soffrire!”

Era così piccola. Così delicata e minuta. Le sue mani, a contatto col suo petto nudo, lo fecero vibrare interiormente, risvegliando in lui istinti di protezione e possesso che non avrebbe mai pensato di provare nei suoi confronti.

“Siamo in guerra, Veggente. Gettare la spugna significa morire. Io non l'ho fatto: ho preso quella pozione per essere di nuovo pronto a combattere. Non farlo neanche tu. Resisti.”

“Ho resistito finora!”

“Resisti ancora. Aspettami.” Le baciò il capo e le accarezzò i capelli, invitandola a guardarlo. Quando lo fece, quando sollevò il viso e puntò i suoi giganteschi occhi di mare su di lui, credette di annegarvi dentro.

“Merlino, Lovegood...” Esclamò, deglutendo e accarezzandole con represso desiderio una guancia. “Non so cosa ci fosse fra noi, né so quando riuscirò a ricordarlo. Ma se non la finisci di essere così... così bella, così dolce...” lei sorrise, strofinandosi sulla sua mano. “... e così premurosa nei miei confronti, credo non aspetterò di scoprirlo.”

Cazzo. Non ricordava di aver mai detto cose del genere a una donna. Forse a sua madre sì, in effetti... ma non a una che si voleva scopare o che si era scopato. Di sicuro la Lovegood oramai rientrava nella prima categoria... ma nella seconda? Poteva essere. Anzi, probabilmente era così.

E il solo pensiero del suo corpo nudo sotto di sé, del suo morbido abbraccio, del suo pene immerso fino allo spasmo nel suo ventre umido e accogliente lo costrinse a fare un balzo indietro, sciogliendo in maniera brusca e repentina il loro abbraccio.

 

“Non sono in me. E' meglio che me ne vada.” Spiegò, frettoloso.

Lei scosse la testa. “Dormi qui, per favore.”

Draco la fissò, esterrefatto. “Lovegood, quale parte di non sono in me non ti è chiara? Perché se continui così, credo diverrà tanto evidente che non riuscirai più a ignorarla...”

Lei ridacchiò, mostrando una naturalezza sull'argomento che lo spiazzava. Nonostante tutto, non poteva fare a meno di vederla come una creatura innocente. Come una vergine.

“Lo sei?” Le chiese, quasi sottovoce, come a scusarsi per l'indelicatezza della domanda. Sapeva bene che lei aveva ripreso a intuire i suoi pensieri.

 

La bionda scosse la testa, abbassando pudicamente lo sguardo.

Lui si avvicinò di nuovo, l'istinto di possesso che ancora manovrava le sue mosse. “Eri mia, vero? Eri mia. Soltanto mia.” Le disse, ben sapendo che lei non poteva rispondergli. Le accarezzò di nuovo il viso, affascinato da quei lineamenti così fuori dal comune, fiero di quella bellezza che sapeva appartenergli.

“Se dormi qui potrò badare al tuo sonno. Non lascerò che nulla di male ti turbi mentre sei incosciente.” Gli disse, invece, lei.

“Non ti lascerò assumere su di te i miei demoni come hai fatto la notte passata, se è questo che intendi.”

“Sono arrivata tardi, non potevo fare altrimenti per aiutarti. Ma se mi lasci rimanere al tuo fianco, ti proteggerò. E nessuno di noi due si risveglierà in una fossa.”

 

Draco sospirò. Forse non correva il rischio di risvegliarsi in una fosse, ma folle sì... e non per effetto del Nihilus.

Tuttavia assentì col capo, e quando lei si scostò per fargli spazio, si coricò al suo fianco.

“Ci risveglieremo al calar del sole, come i vampiri!” Commentò lei, sorridendo come una bimba.

“Non dormo mai così tanto.”

“Questa volta riposerai, vedrai. Ci sono io vicino a te.” Era proprio quello il problema. Il costante alzabandiera immaginava non gli avrebbe dato tregua.

 

E invece, quando la Veggente allungò una mano e con questa strinse la sua, uno strano senso di pace e benessere lo avvolse, e Morfeo lo rapì quasi immediatamente fra le sue braccia.

 

 

 

 

To be continued…

 

 

 

   
 
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