Mostri
- Capitolo 4 -
Quando
tornò in casa era quasi l'alba.
Il
ghiaccio gli si era depositato su tutto il corpo, soprattutto su barba, baffi e
capelli, ma nonostante la nudità neanche un centimetro di lui tremava.
La Veggente
Bianca, accoccolata davanti al camino acceso con un paio di coperte addosso,
gli rivolse uno sguardo carico di attesa e preoccupazione. Sicuramente era
felice fosse rincasato, ma era evidente si chiedesse cosa avesse in mente di
fare.
“Non
riesci a leggermi, Veggente?” Le chiese, sfrontato. Sì, è vero, aveva deciso
che non sarebbe più stato uno stronzo con lei, ma al momento non riusciva
proprio a fare di meglio.
“Troppo
caos.” Fu la sua replica.
Draco ghignò. Il caos gli
piaceva.
“Bene! Per
una volta, dunque, le mie parole non saranno inutili! Potrò parlarti senza
sentirmi un perfetto coglione!”
“Mi
dispiace se è successo.” Disse lei, abbassando lo sguardo con fare colpevole.
Quel gesto lo fece infuriare.
“Perché ti
scusi? Perché non mi dici che me lo merito, visto quello che ti ho fatto?
Perché non mi dici Malfoy, ma tu sei un coglione! Se non fosse per te
nessuno di noi due sarebbe in questa situazione!” Le strillò addosso,
furente.
“Sei
arrabbiato.”
“Sono
arrabbiato.”
“Sei
arrabbiato con te stesso.”
Un pugno
seguì l'affermazione. Luna tremò dentro il suo bozzolo di calde coperte, e
quando rialzò lo sguardo vide Draco tenersi la mano
insanguinata, il viso deformato da una smorfia di dolore.
“Tremi. Mi
guardi e tremi.” Le disse, pacato. “Non tremavi neanche davanti al Signore
Oscuro. Sono un mostro peggiore di lui, Veggente?”
Il
silenzio di lei fu una risposta più che sufficiente. La fissò, non ricambiato,
poi si diresse con passo lento verso il suo laboratorio.
“Nevicherà
per un po'.” le disse “Faccio portare altra legna in casa.”
“Non
andare laggiù, Draco!”
Sentì
dirle proprio mentre poggiava il piede sul primo gradino della scala a
chiocciola in pietra che portava dabbasso. Con la coda dell'occhio la vide in
piedi, bella e pura come una dea, le coperte raccolte ai suoi piedi per il
brusco movimento con cui si era alzata.
Gli si
strinse il cuore.
Lei ci
teneva a lui.
Ci teneva
come una donna tiene al suo uomo.
“Molte
cose mi sono state portate via, Lovegood.” Disse, con
calma. “Di una oramai ne ho la certezza. E ho intenzione di riprendermela.”
Quella
notte, in effetti, il gelo delle acque del suo lago gli aveva portato
consiglio.
Non sapeva
ancora quanto fosse vasto il campo di merda in cui aveva navigato inconsapevolmente
fino ad allora, ma immaginava tanto. E se tre delle persone che gli stavano
attorno erano state maledette per non rivelargli quell'informazione, non solo
significava che di mezzo c'era il Signore Oscuro, ma che qualche incanto infame
era stato gettato pure contro di lui.
Quel gran
figlio di puttana aveva giocato con la sua memoria, ci avrebbe scommesso le
palle.
Null'altro
spiegava il caos che aveva dentro, le sue notti insonni, quelle parole
insensate che ogni tanto gli tornavano alla mente.
La Lovegood. Null'altro spiegava la Lovegood
e il suo rapportarsi con lui. La premura che Blaise
usava nel parlare di lei. Aveva pure fatto carte false per salvarla dalla
follia di Voldemort.
Qualcosa
gli era stato portato via. Di sicuro, molti ricordi.
Per riaverli
indietro avrebbe dovuto sudare parecchio.
Il Signore
Oscuro era un mago molto potente, e doveva aver usato un incantesimo
altrettanto forte per strappargli via quelle memorie dal cervello.
Lui
conosceva una sola pozione – oscura, ovviamente – in grado di ripristinare ciò
che gli era stato rubato. Occorreva un mese perché fosse pronta, e gli effetti
si sarebbero fatti vedere solo nel lungo periodo.
Controindicazioni?
Qualche linea di follia.
Ma non lo
preoccupavano.
Era già
folle.
Lo
preoccupava di più tutto quel tempo necessario per ottenere il Nihilus, aggiunto all'attesa per i suoi
risultati.
Draco temeva di non avere
molto tempo a disposizione. Se era vero che erano già passati tre mesi
dall'ultima, nefasta visione della Veggente Bianca, significava che il giorno
del giudizio era alle porte.
Eppure
quella era l'unica strada che aveva davanti. E questo lo rendeva furioso oltre
ogni dire.
Quando,
tuttavia, aprì la cassa dove teneva nascosti i libri per le pozioni oscure e
gran parte degli ingredienti proibiti – una cassa vecchia, polverosa, che non
apriva da secoli – trovò ad attenderlo una ironica sorpresa.
Due
boccette stavano davanti a lui. Due graziosissime boccette di cristallo,
sormontate dal tappo viola con cui soleva identificare i prodotti più
pericolosi del suo armamentario. La scritta sul loro panciotto colmo di liquido
argenteo citava “Nihilus”,
ed era più che certo si trattasse della propria scrittura. Peccato non
ricordasse nulla a tal riguardo.
Imbambolato,
rimase lì, piegato in due sulla cassa, un braccio a tenerne aperto il
coperchio, mentre fissava quei due doni del cielo.
Un brivido
gli corse lungo la schiena.
Se era
stato lui a produrre le pozioni, significava che aveva previsto tutto quanto.
Non una,
ma due.
Doppia
razione.
Significava
dimezzamento dei tempi necessari perché facesse effetto.
Significava
doppie possibilità di indurre nelle controindicazioni.
Il nome Nihilus derivava dal latino Nihil,
nulla, ed era riferito alla controindicazione più grave di quella magia imbottigliata:
l'azzeramento totale della coscienza dell'individuo. La demenza più totale.
Cazzo. Ora
sì che gli venivano i brividi.
Prese un
bel respiro, imprecò sonoramente, afferrò le due boccette e lasciò che il
coperchio si richiudesse rumorosamente sul contenitore, sollevando nugoli di
polvere.
Di nuovo,
aveva altra scelta? No.
Fanculo il Nihilus. Fanculo quella
situazione del cazzo. Fanculo la sua memoria, Blaise, la Veggente, suo babbo e Lord Voldemort
in persona. Fanculo a tutto.
Rivoleva quello
che gli era stato tolto, a qualunque costo.
E lo
avrebbe ottenuto.
Quando
abbandonò il laboratorio si era fatta luce. Certo, non se ne vedeva granché in
giro, visti i nuvoloni neri che ricoprivano il cielo, ma l'alba era comunque
già passata.
Con sua
grande sorpresa non trovò la Lovegood in piedi ad
aspettarlo in salotto, davanti al camino, come invece si era immaginato, e ciò
gli provocò uno strano senso di costrizione alla bocca dello stomaco. Non la
trovò neppure in cucina; in giardino sicuramente non era – visto il freddo –
così andò a controllare nella sua camera.
Le aveva
dato una piccola stanza poco distante dalla sua, esposta al nord, la più fredda
della casa, in effetti. Che grandissimo coglione. Di certo quella disposizione
andava rivista. Quando vi giunse non si curò neppure di bussare. Aprì
lentamente la porta e si affacciò con cautela, per timore che fosse
addormentata.
“Sono
sveglia, entra pure.” Lo informò invece la voce di lei. Era sotto le coperte –
molte coperte, fortuna che il suo elfo sopperiva alle sue cazzate – e fece per
alzarsi quando lo vide, ma lui la bloccò.
“Si gela
qui, stai giù.”
“Me ne
sono andata quando mi sono accorta che la neve si era sciolta.”
“Non devi
darmi spiegazioni. Non sei tenuta ad aspettarmi.” Mentì.
Lei
sorrise, abbassando lo sguardo.
“Un tempo
mi aspettavi alzata?” Chiese lui, un poco titubante. Lo sguardo colmo di
terrore che lei gli rivolse fu una risposta più che sufficiente.
Assentì
col capo, deglutendo l'amaro boccone. “Ho preso il Nihilus.”
La informò poi.
Lei si
coprì le labbra con una mano. “Il Nihilus?! Draco, quella pozione rende pazzi!”
Fu forse
una delle poche volte che vide esprimersi in lei un'emozione tanto umana come
la paura. Gli venne da sorridere. “Ti sto facendo scomporre parecchio in questi
giorni, Veggente Bianca!”
“Non è il
momento di fare dell'umorismo! Sai cosa rischi?! Sai quanto è pericoloso
quell'incanto?!”
“Sono il
Primo Alchimista della Corte Oscura, certo che lo so.” La canzonò lui. “Ne ho
preso una doppia razione.”
“Per Merlino!”
“Il fatto
che non ti sia meravigliata della scelta di questa pozione, tuttavia, è un
ottimo indizio: significa che sto incamminandomi sulla giusta strada.”
Lei lo
fissò, gli occhi colmi di lacrime, il volto stravolto dalla paura.“Ti preferisco
lontano e vivo” Gli disse, soppesando bene le parole in modo da sviare la
maledizione del silenzio che le era stata imposta. “Lontano e vivo” Ripeté, con
più enfasi. “Piuttosto che vicino e morto.”
Draco capì. Intendeva
dirgli che lo preferiva vivo e all'oscuro di tutto, piuttosto che ridotto a un
vegetale da un folle tentativo di riacquisire la sua coscienza.
“Ma non è
quello che preferisco io.” Le rispose, semplicemente.
E fu
allora che Luna scoppiò a piangere.
Draco, colpito nel
profondo da quella reazione, senza pensarci due volte saltò sul letto e la
abbracciò, stringendola forte al petto.
“Non ce la
faccio più!” Sussurrò lei, nel suo petto. “Non ce la faccio più a soffrire!”
Era così
piccola. Così delicata e minuta. Le sue mani, a contatto col suo petto nudo, lo
fecero vibrare interiormente, risvegliando in lui istinti di protezione e
possesso che non avrebbe mai pensato di provare nei suoi confronti.
“Siamo in
guerra, Veggente. Gettare la spugna significa morire. Io non l'ho fatto: ho
preso quella pozione per essere di nuovo pronto a combattere. Non farlo neanche
tu. Resisti.”
“Ho
resistito finora!”
“Resisti
ancora. Aspettami.” Le baciò il capo e le accarezzò i capelli, invitandola a
guardarlo. Quando lo fece, quando sollevò il viso e puntò i suoi giganteschi
occhi di mare su di lui, credette di annegarvi
dentro.
“Merlino, Lovegood...” Esclamò, deglutendo e accarezzandole con
represso desiderio una guancia. “Non so cosa ci fosse fra noi, né so quando
riuscirò a ricordarlo. Ma se non la finisci di essere così... così bella, così
dolce...” lei sorrise, strofinandosi sulla sua mano. “... e così premurosa nei
miei confronti, credo non aspetterò di scoprirlo.”
Cazzo. Non
ricordava di aver mai detto cose del genere a una donna. Forse a sua madre sì,
in effetti... ma non a una che si voleva scopare o che si era scopato. Di
sicuro la Lovegood oramai rientrava nella prima
categoria... ma nella seconda? Poteva essere. Anzi, probabilmente era così.
E il solo
pensiero del suo corpo nudo sotto di sé, del suo morbido abbraccio, del suo
pene immerso fino allo spasmo nel suo ventre umido e accogliente lo costrinse a
fare un balzo indietro, sciogliendo in maniera brusca e repentina il loro
abbraccio.
“Non sono
in me. E' meglio che me ne vada.” Spiegò, frettoloso.
Lei scosse
la testa. “Dormi qui, per favore.”
Draco la fissò,
esterrefatto. “Lovegood, quale parte di non sono
in me non ti è chiara? Perché se continui così, credo diverrà tanto
evidente che non riuscirai più a ignorarla...”
Lei
ridacchiò, mostrando una naturalezza sull'argomento che lo spiazzava.
Nonostante tutto, non poteva fare a meno di vederla come una creatura
innocente. Come una vergine.
“Lo sei?”
Le chiese, quasi sottovoce, come a scusarsi per l'indelicatezza della domanda.
Sapeva bene che lei aveva ripreso a intuire i suoi pensieri.
La bionda
scosse la testa, abbassando pudicamente lo sguardo.
Lui si
avvicinò di nuovo, l'istinto di possesso che ancora manovrava le sue mosse.
“Eri mia, vero? Eri mia. Soltanto mia.” Le disse, ben sapendo che lei non
poteva rispondergli. Le accarezzò di nuovo il viso, affascinato da quei
lineamenti così fuori dal comune, fiero di quella bellezza che sapeva
appartenergli.
“Se dormi
qui potrò badare al tuo sonno. Non lascerò che nulla di male ti turbi mentre
sei incosciente.” Gli disse, invece, lei.
“Non ti
lascerò assumere su di te i miei demoni come hai fatto la notte passata, se è
questo che intendi.”
“Sono
arrivata tardi, non potevo fare altrimenti per aiutarti. Ma se mi lasci
rimanere al tuo fianco, ti proteggerò. E nessuno di noi due si risveglierà in
una fossa.”
Draco sospirò. Forse non
correva il rischio di risvegliarsi in una fosse, ma folle sì... e non per
effetto del Nihilus.
Tuttavia assentì
col capo, e quando lei si scostò per fargli spazio, si coricò al suo fianco.
“Ci
risveglieremo al calar del sole, come i vampiri!” Commentò lei, sorridendo come
una bimba.
“Non dormo
mai così tanto.”
“Questa
volta riposerai, vedrai. Ci sono io vicino a te.” Era proprio quello il
problema. Il costante alzabandiera immaginava non gli avrebbe dato tregua.
E invece,
quando la Veggente allungò una mano e con questa strinse la sua, uno strano
senso di pace e benessere lo avvolse, e Morfeo lo rapì quasi immediatamente fra
le sue braccia.
To be continued…