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Autore: WouldBeRebel    28/02/2014    3 recensioni
I miei occhi scandagliano lenti la stanza, che conosco bene, ma che non mi stanco di guardare. Ti rivedo sulla porta a salutarmi, sbattendo sulla scrivania i documenti di un nuovo caso, prima di propormi di prenderci qualcosa al bar qua vicino, rimandando per cinque minuti il lavoro. Ti rivedo sul divano a dormire, placido, russando leggermente. Ti ricordo sfocato, perchè mi sono scivolati appena gli occhiali, mentre ti fissavo ostinatamente, beato nel tuo sonno. E ancora, vedo le tue mani scorrere appena sul legno della libreria, dicendomi che lo trovi veramente raffinato.
Wright...
Mi porto le mani davanti alla faccia, l'aroma di tè che abbandona per un momento le mie narici. Qualche flebile raggio arancione mi colpisce sulla nuca, la scalda, tanto che temo quasi di bruciarmi. Socchiudo gli occhi oltre le dita appena aperte, ma la stanza rimane vuota.
Dove sei?
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Accenno Shonen-ai. Wright x Edgeworth.
Ambientata nei periodi di Dual Destinies.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Goodbye Mr. Prosecutor Edgeworth

Goodbye, Mr. Prosecutor Edgeworth
Il sole muore al tramonto.




La tazza di tè fuma poggiata sul legno, la luce del tramonto filtra appena dalle serrande socchiuse, creando una penombra strana nel mio ufficio. Uno scorcio di luce illumina la mia scrivania, la tua foto in cornice, tu che sorridi alla fotocamera, alzando tutto contento un panino dall'aria poco salutare.
Fuori non c'è traffico, sento lo scorrere placido delle auto per le strade di Los Angeles. Lavoratori che tornano, lavoratori che vanno, turisti, gente che ha appena visto la propria vita andare in pezzi.
I miei occhi scandagliano lenti la stanza, che conosco bene, ma che non mi stanco di guardare. Ti rivedo sulla porta a salutarmi, sbattendo sulla scrivania i documenti di un nuovo caso, prima di propormi di prenderci qualcosa al bar qua vicino, rimandando per cinque minuti il lavoro. Ti rivedo sul divano a dormire, scomposto, russando leggermente. Ti ricordo sfocato, perchè mi sono scivolati appena gli occhiali, mentre ti fissavo ostinatamente, beato nel tuo sonno. E ancora, vedo le tue mani scorrere appena sul legno della libreria, dicendomi che lo trovi veramente raffinato.
Wright...
Mi porto le mani davanti alla faccia, l'aroma di tè che abbandona per un momento le mie narici. Qualche flebile raggio arancione mi colpisce sulla nuca, la scalda, tanto che temo quasi di bruciarmi. Socchiudo gli occhi oltre le dita appena aperte, ma la stanza rimane vuota.
Dove sei?
Incosciamente, so di essere un completo imbecille. Hai una figlia ormai, per la miseria. Adottata, ma è pur sempre la tua famiglia. E Maya. Che ne facciamo di lei, eh?


«Vengo io nel tuo ufficio per le cinque. Aspettami, eh, che dobbiamo parlare!»
«E dove vuoi che vada, alla cinque del pomeriggio? Sei il solito incompetente, Wright.»


La stanza ha un profumo strano. Capto un lieve sentore dei fiori alle mie spalle, e il profumo dei tanti volumi e documenti archiviati. Questa stanza sa di ufficio, con l'aria famigliare e mai pesante, leggermente tiepida nella luce del tramonto.
Come a confortarmi della tua assenza, mi stringe calda e mi rassicura. Tornerai presto.
Il cellulare rimane nero e morto accanto alla mia tazza. Quante volte avrò chiamato. Dieci, venti forse? Alcune solo per riascoltare la tua voce alla segreteria.
Sembri un'idiota come tuo solito. Ti presenti formalmente, dicendo che sei via, e poi...scoppi a ridere. Oh, quante volte ho chiamato, ben sapendo che il tuo cellulare era spento, solo per risentire quella risata, facendola penetrare nelle pareti di questa stanza.

Phoenix, dannazione...
Nell'aria, illuminati dal sole rosso che sta scivolando all'orizzonte, vedo volteggiare minuscoli granelli di polvere. Sia io che te li abbiamo sempre detestati, eppure vederli cadere vicino alla mia mano, in un certo senso, mi fa sentire meno solo.
Sento caldo, il collo scoperto è colpito dalla luce del tramonto. Ma dentro di me tutto è freddo, freddo come le altre tre tazze di tè che ho preparato, per poi lasciarle raffreddare, senza riuscire a berne nemmeno un sorso.
Due ore e mezza. Santo cielo, nemmeno un imbecille ritarda così tanto. Nemmeno se ti chiami Wright.
Spazientito premo il pulsante centrale del telefono, osservò il pannello delle notifiche. Vuoto, proprio come questa stanza. E poi ci sei tu, sullo sfondo. Per la miseria, smettila di guardarmi, razza di scemo! Sorridermi non ti renderà più semplice ottenere il mio perdono!


«Miles, io...»
«Cosa c'è adesso? Ho del lavoro da sbrigare, sono un procuratore famoso, a differenza di qualcuno.»
«...Forse non sarà proprio alle cinque.»
«Ma di che stai parlando? Ti sei messo a parlare per enigmi?»



Me lo avevi detto, no? Forse non proprio alle cinque.
Ma ormai sono le sette e mezza, il mio lavoro è finito da un pezzo, dovrei già essere a casa a controllare gli ultimi dossier degli odierni processi. Dove diavolo sei?
Perchè non rispondi? Il telefono suona, premi quel dannato tasto verde.
Mi alzo in piedi, quasi contro alla mia volontà. Mi avvicino ad un raggio che colpisce il divano, osservo il rosso del tessutto, simile al colore del vino. Ho il petto pesante. E, dannazione, mi tremano le mani. Perchè sono così preoccupato per un disgraziato come te?
Forse sei fuori con una ragazza, e ti sei scordato di me? Oppure stai dormendo, come quel giorno, qui, sul mio divano?
Me li ricordo ancora, i tuoi capelli sotto alle dita. Ringrazio il tuo sonno pesante, o ti saresti svegliato, sorprendendomi in un atto di debolezza. Ma sembravi così contento, mentre dormivi, le ciocche scure arruffate sopra ai tuoi occhi blu, chiusi assieme ad un dolce sorriso. E nel silenzio del mio ufficio potevo sentire il tuo respiro tranquillo, perfino annusare il tuo lieve profumo, al quale ormai dovrei essere abituato, ma che continua a piacermi, come se lo sentissi sempre per la prima volta.



«Se la prenseza del Sole infastidisse un meteorite...credo che quello lo colpirebbe subito, capisci?»
Ti fisso perplesso. Sei impazzito, per caso? Cosa centra questo con il nostro appuntamento? E secondo te i meteoriti hanno volontà propria?
«...Rimango perplesso dalle tue affermazioni insensate. Ma stando al tuo gioco non posso che chiederti una cosa: E poi, se venisse colpito, come farebbe la Terra?»
Mi guardi. I tuoi occhi sono spenti, Phoenix, cosa ti è successo? Non è il solito blu che adoro, sono due pozze scure e buie, proprio come il sorriso amaro sotto di esse.
Cosa c'è che non va, Wright..?

«Non lo so. Credo sia questo, a fare più paura al Sole. Come farebbe a lasciare sola la sua Terra?»
Rimani zitto, e mentre sto per aprire la bocca ridacchi, e mi abbracci. E dopo aver parlato te ne vai.
«Scusami, Miles, se ti faccio sempre arrabbiare. In realtà io ti voglio davvero tanto bene.
...Goodbye, Mr. Prosecutor Edgeworth.
Il Sole muore al tramonto.»



È proprio mentre sono immerso nei miei pensieri che la porta si apre, e io voltandomi di scatto verso di essa rimango investito dalla luce esterna, dall'aria fredda del corridoio che porta al mio ufficio. Trasalgo appena, vedendo la figura imponente del detective Gumshoe, il viso appena imperlato di sudore, gli occhi di chi sta per dire qualcosa che non farà bene, a nessuno dei due.
«Sir...c'è stato un'incidente sulla strada principale. Molto grave. I mezzi coinvolti erano un'utilitaria oltre il limite di velocità e...»
Mi appoggio alla scrivania, sentendo improvvisamente le forze mancarmi, il sangue che pompa troppo lentamente nelle vene, facendomi sentire sul punto di svenire. Sento freddo. L'aria è gelida, proprio come il sudore che sento colare lungo la schiena.

Se la presenza Sole infastidisse un meteorite....credo che quello lo colpirebbe subito, capisci?
«...una bicicletta, sir. Quella bicicletta.»
Deglutisco. Per un momento riesco a sentire tutto, il mio respiro, il battere del mio cuore, lo scorrere del sangue nelle arterie, il ronzio fastidioso del silenzio.

E poi la Terra come fa?


C'è un preciso istante in cui sento il mio corpo impattare col pavimento, un tonfo sordo, senza dolore, sebbene la mia testa sia sbattuta leggermente contro al tappetto. Le urla del Detective sono solo ovattate, lontani sussurri pronunciati al di fuori dell'abisso.
Wright, tu...tu lo sapevi...
Non c'è caldo, ne freddo, ne fitte fisiche. C'è solo dolore, tanto dolore, un mare nero di disperazione che mi inghiotte, e annega il mio cuore, fermando i miei polmoni, chiudendomi la bocca e gli occhi e le orecchie.
C'è solo male, tanto male. E tu non ci sei, perchè quest'inferno in cui son precipitato è vuoto e scuro e freddo.
Dove sei, Phoenix?


Soltanto più tardi, parecchi giorni dopo, venni a sapere che avevi difeso un innocente, incastrando il vero colpevole. La corte, tuttavia, doveva ancora emettere il verdetto finale. La tua presenza era scomoda, per quella persona, che decise di tapparti per sempre la bocca prima che il giudice potesse emettere la sua sentenza, condannandola alla pena di morte. Era tutto calcolato: aveva seguito i tuoi spostamenti, e grazie a delle conoscenze era riuscita a risalire alla tua meta: il mio ufficio. Bastò quindi fingersi una macchina parcheggiata sulla riva del marchiapiede, e una volta che ti avrebbe visto arrivare a bordo della tua bicicletta, distratto dal pensiero dell'imminente appuntamento...
Sarebbe balzata a tutto gas sulla strada, togliendoti per sempre la vita.

Difendere la giustizia, era quello che avevi sempre sognato. Il lavoro di noi avvocati, benchè possa sembrare facile e privo di rischi, è tutto l'opposto.
Hai pagato con la vita, Wright, tutto quello che hai sempre cercato di proteggere. Un mondo in cui regna la verità e la giustizia.
Sotto all'aspetto professionale, nessuno potè biasimare il tuo compito. Tutti compiansero la tua morte, e al tuo funerale, ognuno portò un prezioso riconoscimento, un grande ringraziamento per il tuo compito, svolto fino alla fine nel più eccelso dei modi.
Nessuno, però, s'è mai accorto che c'era rimasto qualcuno, una Terra, che ora, senza il suo Sole, non sapeva più come fare. Nessuno venne a farmi le condoglianze, dicendomi che sicuramente stavo soffrendo per quanto accaduto. Solo Gumshoe mi restò vicino, com'era probabile. Quell'uomo mi sarebbe sempre stato vicino. Sempre.

Solo a volte, ormai, mi capita di tirare fuori dal cassetto quella cornice che tanto odio, mettendomi per un momento a guardarla. E mi investono i ricordi, nel vedere i tuoi occhi e il tuo sorriso, simile a quello di un bambino. Lo faccio solo quando sono da solo, nei pomeriggi come quello.
E mi scappa sempre una lacrima, o un vero e proprio pianto, nel ripensarti a dormire vicino a me, sul mio divano, il tuo capo appoggiato alle mie gambe.
A volte, quando sono un po' distratto dal lavoro, o mi sto rilassando con un tè, mi sembra di sentire perfino la tua voce. È un suono dolce, soave, e mi culla nell'illusione che tu sia ancora qui, con me.
Ma riaprire gli occhi dopo un sogno fa sempre male.
E non può che dilaniarmisi il cuore.
Perchè tu, il mio Sole, non ci sei.
E non tornerai mai.



Goodbye, Mr. Prosecutor Edgeworth.
Il sole muore al tramonto.

   
 
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