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Autore: RedDisposition    28/02/2014    1 recensioni
- Hei, Demetria mi passeresti la mia penna?- mi girai e guardai Abbie, quasi mi ero dimenticata che era li -S-si- gli passai la penna, perchè ha voluto farmi sedere vicino a lei? non so, forse per prendermi in giro. è la prima persona nella mattinata che mi chiama con il mio nome e non con i stupidi soprannomi, cos'ha ? forse non sa che io sono nella zona degli "intoccabili" ? no è impossibile, del resto è l'ex capo delle chearleaders. La ammiro sin dal primo anno, non mi ha mai preso in giro ne altro, ma mi chiedo perchè sia cosi? - Hei, tu ci hai capito qualcosa di quello che sta dicendo?- mi risveglió dinuovo- Eh?- sembravo una stupida, ecco lo sapevo ora mi sputtana - hai capito qualcosa di quello che sta dicendo la prof?- mi lanció un lungo sorriso, non era come pensavo; una smorfiosa, vanitosa e prepotente. - Ehm... no- iniziò a ridere - neanche io- mi sorrise dinuovo.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demi Lovato
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
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(Demi’s POV)
Qualche secondo fa ho chiuso un attimo gli occhi e ora non mi ritrovo più nel caldo letto di casa mia. Sono in un cortile di una casa, quella casa la conoscevo, l’avevo già vista, ma non ricordavo dove. Le sue pareti erano bianche ed era a due piani, nel cortile c’erano due altalene, mi andai a sedere su una di esse, dietro le altalene c’era un albero, molto alto e robusto, credo sia un albero di pigne. Stavo cercando di capire dov’ero e perché ero li, decisi di scendere dall’altalena e andare sotto l’ombra dell’albero, era così alto e robusto che decisi di girarci intorno, ad un certo punto, nella parte alta dell’albero c’era inciso qualcosa, la corteccia ricresciuta ormai lo copriva, quindi cercai di scostarla, c’era un cuore, e dentro inciso Trenton e Demi. In quell’instante capii dov’ero e mancai di un battito. Corsi in casa, veloce, più che potevo, sentii le urla di una donna, stava riaccadendo questa volta però l’avrei salvato –Trenton!- urlai, ma non mi rispose nessuno, vidi qualcuno avvicinarsi, era sua madre –se ne andato- scappò piangendo e andò a chiamare un autombulanza. Andai nella sua stanza; le mura dipinte di blu, come i suoi occhi, i poster dei giocatori di football ovunque, una grande foto di alcune macchine, dei modellini di aerei, un modellino del pianeta solare e una nostra foto del ballo di fine anno . Mi sedetti sul suo letto, profumava ancora di lui, quel profumo che non avrei più dimenticato e che non se ne sarebbe più andato. Sotto al cuscino trovai una lettera
:
Cara Demi,
sono io Trenton, forse quando troverai questa lettera non ti ricorderai neanche chi sono, volevo dirti che mi dispiace, non sono stato forte,ho lasciato che la paura si prendesse la parte migliore di me. Che quel demone riuscisse a dominarmi, mi dispiace tantissimo ma tu ora non devi stare male per me, pensa che adesso sono felice e sono in un posto in cui nessuno mi giudica, non sentirti in colpa, tu non potevi aiutarmi, nessuno poteva. Da domani io non ci sarò a scuola o dovunque tu sia, non avere paura, sei forte come un uragano, sei bellissima, e tutti ti vogliono bene, e soprattutto io ti voglio bene. Non chiederti perché l’ho fatto, chiediti solo come sto adesso. So risponderti, sto bene. Non cercarmi nei tuoi sogni, sarò sempre con te. Ho passato due anni di inferno, sono stato vittima di bullismo, non te ne parlavo quasi mai per paura che potesse succedere qualcosa anche a te. Ora sono forte, e sto bene, forse ho scelto il modo peggiore per esserlo, ma forse è meglio così. Promettimi che sarai forte ,sempre, fallo per me. Un giorno troverai una persona che ti fa stare davvero bene, una persona speciale a cui interessa la vera Demi, non quella che fingi di essere. Tu devi vivere, sarai grande, andrai al college, farai carriera e nessuno potrà fermarti, perché tu sei un uragano Demi, non dimenticarlo mai. Ti vorrò sempre bene, non ti dimenticherò.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Addio migliore amica, ti voglio bene                                                                                                                                                                                    TRENTON.

 

Quella lettera fu l’unica cosa che mi rimase di lui. Non sapevo dove era avvenuta la sua morte però, mi aveva detto la madre che si era suicidato con la sua cinta nella sua stanza, ma dove. Aveva una cabina armadio, magari lì. Aprii la porta della cabina, fui sommersa dal suo odore, da una dozzina di suoi vestiti, poi lì, fra i vestiti invernali ed estivi vidi una trave, da essa pendeva una cintura, con un nodo stretto sulla trave fino a chiudersi come se stesse intorno al collo di qualcuno. Pendeva pesantemente, ma nessuno c’era appeso lì. – Trenton dove sei!- iniziai ad urlare, piangevo –Trenton! Ti prego non andartene- continuavo a piangere, i miei sensi di colpa salirono alle stelle, caddi a terra come se non avessi più la forza nelle gambe –è solo colpa mia, avrei dovuto salvarti- lanciai un grido e la cintura cadde dalla trave, la strinsi forte a me dopo averla presa, continuavo a piangere senza sosta e ad urlare, quella scena l’avevo già vista, solo che ero fuori da casa sua, e non potei fare niente, ma questa volta, avrei  potuto salvarlo, e invece sono stata a guardare, come per quei due anni , non mi sono mai accorta quanto stesse male, ho pensato sempre e solo a me stessa sono un’idiota –Demi apri gli occhi- qualcuno mi stava chiamando, ma non vedevo nessuno –Demi ma che cazzo!?-aprii gli occhi.
Mi ritrovai a casa mia, dinuovo, Abbie era all’in piedi che mi fissava, avevo il viso bagnato dal sudore e dalle lacrime, il mio cuore batteva all’impazzata –Trenton…- Abbie si sedette accanto a me –era solo un incubo- mi tolse una ciocca di capelli dalla fronte e mi sorrise –che cosa sta succedendo? Che ci fai sveglia- mi misi a sedere – ti ho sentito urlare, credevo stesse succedendo qualcosa così sono venuta vicino a te, eri nel panico, stavi sudando e non riuscivo a svegliarti, ho avuto paura che ti stesse succedendo qualcosa- presi il cellulare, vidi l’ora e la data :

12 maggio , ore 5.30
Ogni 12 maggio da quando Trenton era andato via sognavo quella scena, in modi spesso diversi, per darmi un speranza che potessi ancora salvarlo, ma questa speranza arrivava e subito dopo moriva –hei mi stai ascoltando?- Abbie aveva le mani al petto e stava aspettando una mia risposta –si , era solo un incubo- non riuscivo a mentire facilmente con lei –lo so che non era solo un incubo, chi era Trenton?- abbassai lo sguardo, mi sdraiai –lasciami dormire domani devo preparare le valige- ci rimase un po’ male –okkey, vabbene, fa come ti pare, vado a dormire, cerca di non svegliarmi più con i tuoi soliti incubi e i tuoi ragionamenti da depressa! Buona notte!- si era offesa, ma cosa potevo farci? Non lo sapeva nessuno tranne mia madre. Depressa, mi aveva chiamato così, io non ero depressa, ero bipolare! Ma non lo sapeva lei, chi poteva mai immaginarselo che a 15 anni mi avevano portata dallo psicologo e avevo scoperto di essere bipolare! Perdere Trenton aveva fatto aggravare la situazione!–Abbie io…- le andai dietro con tono duro –vai a dormire!- le presi il braccio –ascoltami!- si liberò dalla mia stretta e si giro –non ci sono problemi se non vuoi dirmi quello che succede, ora vai a dormire- le strinsi dinuovo il braccio –lasciami il braccio!- mi fulminò con gli occhi –altrimenti ? mi cacci dalla squadra di football? Cresci Abbie! Sei una bambina viziata! Ti credi di essere dio ma sei solo una ragazza insicura! Cresci !- cosa avevo detto, oddio, non sapevo stare zitta, quando ero arrabbiata sparavo cose che non credevo, ora si che era arrabbiata – perché tu? Non fai altro che incolparti per qualsiasi cosa, finirai per l’incolparti persino di essere nata! Insicura io? Ti sei vista? Quella bulimica qua sei tu non io!- mi vennero le lacrime agli occhi, quasi senza controllarla la mia mano partì e le arrivò uno schiaffo, come poteva avermi detto quelle cose! Si è vero , l’avevo chiamata bambina viziata e magari mi meritavo pure una risposta, ma lo sa cosa sto cercando di fare per non essere più bulimica, ha toccato proprio il fondo.

 (Abbie’s POV)
Cosa avevo fatto! Zitta mai io eh! Chiamarla bulimica, che stupida che sono, neanche i ragazzi a scuola la chiamavano così –me lo meritavo- le dissi dopo che mi diede lo schiaffo – scusam..- la feci stare zitta – smettila di scusarti per qualsiasi cosa! Me lo meritavo, anche due, scusami tu, non dovevo chiamarti così, sono una ragazza anzi una bambina viziata, la popolarità mi è andata in testa. Non avrei dovuto chiamarti depressa dopo tutto quello che è successo, soprattutto non dovevo chiamarti bulimica, spesso perdo la ragione e sparo cazzate a raffica. Ma perché non vuoi dirmi che succede? Hai paura di quello che potrei pensare?- ci pensò su per un attimo – non fa niente, scusami anche tu, anche io dico cose stupide quando mi incazzo, è da quando a 15 anni mi hanno… ehm… mi hanno preso in giro per la prima volta- quel “ ehm”, cosa voleva significare? Alzai un sopracciglio e Demi capì che stavo cercando di capire cosa intendesse quando ha detto quella cosa –okkey ! ho capito! Cosa vuoi sapere?-sorrisi – chi è Trenton?- chi era sto tipo? Un altro come Tresh? I nomi si somigliavano del resto – allora, forse è meglio che inizi dal principio : Trenton ed io eravamo migliori amici. Ci conoscevamo da quando avevo 2 anni e lui era più grande di un anno. Trenton era diventato ormai della mia famiglia e stava tutti i giorni con noi. lui ha avuto tanti pensieri suicida a 7 anni ma è riuscito a continuare. Rimase forte per me. E da quel momento  cominciai ad avere disturbi alimentari. Lui cercava di aiutarmi per non farmi avere i stessi problemi che aveva lui , dato che lui era stato vittima di bullismo e proprio quando cercava di aiutarmi hanno cominciato anche a picchiarlo. Trenton ed io andavamo tutti i giorni a scuola insieme, ma un giorno lui mancò. Mi preoccupai per lui, visto che non era mai mancato. Dopo la scuola, la madre mi la chiamò dicendo che Trenton se ne era andato. Andai subito a casa sua, una casa bianca, a due piani con delle altalene e un grande albero in cortile dove avevamo inciso i nostri nomi . Vidi le ambulanze e il corpo di Trenton..ma non sapevo cosa era successo, ne perché era successo. Mi inginocchiai a terra e iniziai a piangere. Dopo sua madre mi spiegò tutto, disse che Trenton si era impiccato con la cintura a causa del bullismo. Mi sentii in colpa perchè pensavo che avrei potuto salvarlo, ma pensavo solo a come essere felice e a come essere più magra. Io e Trenton ci eravamo promessi che saremmo andati alla gita del quinto anno insieme, ma lui ora è morto. Quella mattina a scuola avevo intensione di dirgli che mi ero innamorata di lui, ma era troppo tardi, la mia timidezza e la mia insicurezza non mi ha permesso di dirglielo per tutto quel tempo. Quella storia mi fece crollare definitivamente, quella stessa notte mi tagliai per la prima volta, volevo solo esternare quel forte dolore e quei forti sensi di colpa. Dopo quell’esperienza sono andata dallo psicologo fino all’età di 17 anni- L’avevo ascoltata per tutto il discorso, ormai avevo le lacrime – perché non me l’hai mai detto? – attesi una risposta –preferisco non pensarci, però poi ogni 12 maggio faccio diversi incubi su di lui, mi manca molto, di solito gli altri anni nessuno mi aveva mai risvegliato, mia madre non c’era mai, Dallas ha il sonno pesante e Maddie usciva preso con la mamma, spesso ha dormito nel letto dove ora dormi tu, l’abbiamo costruito insieme, ormai era mio fratello, mi fidavo tanto di lui- solo ora mi rendo conto di quanto il bullismo la faccia stare male, ma non perché ne è vittima, ma perché ha perso il suo migliore amico a causa del bullismo, però c’era qualcosa che non andava, perché mentre era felice e forte dopo due secondi pensava alla morte –questo non spiega perché hai continui sbalzi di umore…- c’era qualcosa che non andava in lei – Abbie io sono bipolare…- rimasi sorpresa – cosa? Chi te l’ha detto? Perché non me l’hai detto prima?- abbassò lo sguardo – hai capito bene, sono bipolare, me l’hanno detto quando avevo 15 anni, la mia psicologa non si spiegava perché durante ogni seduta a momenti ero felice e a momenti ero triste, quindi mi hanno fatto fare degli esami e sono uscita compatibile al bipolarismo. Non te l’ho detto perché quando una persona ha una specie di “patologia” viene esclusa, credevo che ti fossi allontanata.- la guardai, capii quanta paura aveva di essere lasciata sola di nuovo –sono rimasta per la bulimia, per l’autolesionismo, per la tua prima sbronza, che diciamolo era la peggiore delle tre- sorrise – le abbiamo superate tutte e tre, anche questa la supereremo- mi avvicinai per darle un abbraccio – è una malattia Abbie, non si guarisce- si scostò – e allora? Sei sempre la stessa, poi credo di essere più psicopatica io che tu- ridemmo –ora seriamente, non si può guarire, che ci frega, ti aiuterò a contenerla, e quando avrai bisogno di qualsiasi cosa anche di picchiarmi, fallo perché starò sempre qui.- l’abbracciai – ora andiamo a dormire che abbiamo solo altre due ore di sonno poi dobbiamo preparare le valige, domani si parte!- c’era un po’ di euforia nella mia voce. 
  
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