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Autore: zoey_gwen    28/02/2014    7 recensioni
Gwendolyn Smith è una ragazza solitaria, insicura, esclusa da tutti e sola.
Nessuno, neanche suo padre, Jack Smith, sembr capirla.
Solo un piccolo ciondolo di ghiaccio delle steppe russe, la rappresenta, ed è la chiave di un oscuro passato a cui Gwen non può sfuggire..
E poi l'amore, quello vero, che Gwen non ha mai provato fino ad ora, sarà la chiave per la felicità.
Tratto dal capitolo 13:
"Smisi di ascoltare, per via delle calde e silenziose lacrime che da tempo sgorgavano dai miei occhi color pece, gli stessi di quella sgualdrina di mia madre. Aveva ingannato me e Crystal, con le sue false parole mielose... Come aveva potuto? Mi sedetti per terra, affondando i jeans nella terra umida e rigogliosa, mentre rivoli cristallini solcavano le mie guance"
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"-E così sono la tua ragazza, adesso?- ironizzai, baciandolo per l'ennesima volta. Lui mi fissó intensamente, guardandomi con il suo solito ghigno beffardo -Certo, a meno che tu non lo voglia...- come risposta lo baciai appassionatamente, mentre un anello dalla struttura d'argento con due smeraldi ed un onice incastonato al centro si infilasse al mio dito come segno del nostro amore."
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Una miriade di pensieri impertinenti attraversò la mia mente, ancora scioccata dalla chiamata di mio padre e con il cellulare ancora posto accanto all'orecchio.

-Possibile che debbano capitare tutte a me? Vaffanculo!- urlai, calciando pesantemente una sedia di plastica azzurra impolverata e sgualcita dal tempo, procurandomi solo un dolore. Ero furiosa, possibile che non dovessi mai vivere un momento felice? E adesso cos'altro era capitato? Sbuffai sonoramente, mordendomi il labbro con forza e articolando le labbra in un espressione sconsolata, mentre la scintilla furiosa si spense nei miei occhi color pece come una foglia vola col vento. Mi rimisi in spalla la borsa borchiata, uscendo il più velocemente possibile da quell'aereo porto, e permettendomi finalmente di assaporare il fumo di una sigaretta, che estrassi velocemente dal mio pacchetto sbiadito e su cui vi era una macchia di caffè che copriva la grande scritta a caratteri cubitali “Malboro”. Tirai una grande fumata, che si dissipò nel cielo ingrigito dalle nuvole e che volteggiò fra le fronde rigogliose e verdi dei faggi che contornavano quel solitario marciapiede che portava all'aereoporto. Stetti un po' lì, seduta su una panchina situata accanto ad un rigoglioso faggio, con la sigaretta serrata fra le labbra su cui avevo passato un profondo strato di rossetto viola prugna, poi portai la mia fonte di fumo fra l'indice e il medio e mi soffermai a guardare il paesaggio attorno a me, solitario e freddo. Il marciapiede, sporco di ogni genere di rifiuti, dalle bottigliette schiacciate e compresse di coca-cola ai mozziconi delle sigarette, era contornato dall'unica cosa che donava colore a quello spiazzo desolato di città ovvero la fila alberata dei grandi e rigogliosi faggi dalle grandi e lineari foglie verdi. Il cancelletto che entrava all'aereoporto era arrugginito e cigolante, l'unico rumore di quella desolata città era il cinguettio di alcuni uccellini e il rumore del vento che si infrangeva sui miei capelli corvini e che scalfiva le mie gote. Mi permisi un'altra fumata, poi lasciai spegnere la sigaretta al vento e buttai il mozzicone in un cestino poco lontano, prima di camminare velocemente fino a casa mia.

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Ero poco vicino alla villetta che condividevo con mio padre, quando sentii un urlo soffocato provenire dalla porta. Spaventata, mi affacciai alla finestra che dava sul piccolo giardino di cui Jack amava prendersi cura, e vidi una donna e mio padre urlarsi contro. I capelli erano corvini e scendevano sulle spalle, incorniciandole quel viso angelico e pallido, in cui vi erano incastonati due occhi color onice nera che lanciavano continui lampi d'ira. La bocca si articolava in continuazione per pronunciare parole offensive, ma quando si zittiva una smorfia di disgusto rovinava la perfezione del volto. Portava una collana di perle vere, nere come i suoi stessi occhi, che rilucevano ad ogni suo movimento e un tailleur elegante di lana grigia, posto sopra un elegante camicia bianca. Due gambe bellissime, lattee e snelle, si stagliavano da sotto la gonna a ginocchio nera, terminando in un meraviglioso decolleté di seta, con un plateu nero lucido. Era una bellissima donna, e doveva anche essere molto ricca a giudicare dalla borsa firmata di Gucci, collezione 2006, e dalla collana di perle nere vere. Come una spia cercai di intercettare le loro parole.

-RIDAMMI MIA FIGLIA! DOVE CAZZO L'HAI NASCOSTA, MOSTRO??- urlò la donna, diventando paonazza d'ira in viso e sbattendo furiosamente il tacco a terra, gesticolando con le mani. Mio padre si difese, diventato rosso a sua volta, pronunciando anch'esso parole offensive -GWEN E' MIA FIGLIA, E' MOLTO DIVERSO, L'HO ACCUDITA IO E NON HO FATTO COME HAI FATTO TU! NON LE HAI RACCONTATO LA VERITA', VERO? SE SAPESSE CHE SEI SOLO UNA SGUALDRINA, RICCHISSIMA PERCHE' SEI UN IMPORTANTE EREDITIERA E ANCHE UN IMPORTANTISSIMA MODELLA RUSSA, CHE E' STATA MESSA INCINTA PERCHE' SUO PADRE E' VENUTO A LETTO CON TE UNA NOTTE IN QUEL LOCALE SCHIFOSO, ALLORA TI AMEREBBE MOLTO MENO! QUANTE BUGI HAI RACCONTATO A QUELLA POVERA RAGAZZA? QUANTE?- la gola di Jack era rauca e anche arsa dalla sete per via di tutte le parole che aveva urlato, forse inconsciamente, forse perfettamente conscio di quello che aveva esclamato, e gesticolava anche lui con le mani. La donna sfoggiò un sorriso sghembo e malizioso, mentre un lampo sensuale le attraversò gli occhi e mentre la mano correva fra i suoi lunghi capelli setosi -E perchè dovrei dirglielo? Potrei farle credere di essere povera e malata, solo per averla con me. Perché dovrebbe rifiutare una vita in Russia, in una favolosa villa, con un giardino enorme, una piscina, una palestra e una catena di negozi privata, un posto nel mondo delle celebrità e la possibilità di fidanzarsi, se volesse, con una stella del cinema? Io sono Irina Azirya, importantissima e celeberrima ereditiera russa, Gwen potrebbe avere tutto con me. Invece tu sei solo un poveraccio, che fa il panettiere in una comunità di mendicanti e poveri senza alcun posto nella società.- pronunciò quelle parole con fare tagliente, più tagliente di una lama affilata, puntando i suoi occhi color pece nelle iridi cioccolato di mio padre, che si sciolsero non sopportando il peso del suo sguardo si di loro. Lui abbassò lo sguardo, grattandosi la nuca -Tu sei una sgualdrina, giusto? Io non voglio che Gwen cresca diventando come te! Voglio che sia una persona onesta con un lavoro onesto, senza andare a fare cose sconce in un locale a luci rosse!- lui tentò ancora questa via, dandole la colpa per quel lavoro a dir poco schifoso -Io non sono più una sgualdrina. Lo ero fino all'età di diciotto anni, dopodichè ho scoperto di essere un ereditiera e ho abbandonato quel lavoro. Adesso? Adesso sono semplicemente piena di soldi e basta, e sono talmente bella da essere una modella famosissima in tutta la Russia, Alaska, Slovacchia e in mezza America. Vivo una vita felice, senza preoccupazioni. Non pensi sia la cosa migliore per Gwendolyn?- sussurrò ancora Irina con tono innocente.

Smisi di ascoltare, per via delle calde e silenziose lacrime che da tempo sgorgavano dai miei occhi color pece, gli stessi di quella sgualdrina di mia madre. Aveva ingannato me e Crystal, con le sue false parole mielose... Come aveva potuto? Mi sedetti per terra, affondando i jeans nella terra umida e rigogliosa, mentre rivoli cristallini solcavano le mie lunghe guance.

Irina Azirya sulle copertine... Ma certo! Avevo visto una modella con il suo stesso nome su una copertina di un importante rivista, che dovevo conservare con me in un cassetto della scrivania.

Era seminuda, davvero perfetta, con i capelli sulle spalle assolutamente setosi e lisci, con alcuni ciuffi corvini a coprire quegli occhi sensuali e fantastici. Il corpo era in una posa sensuale, era in reggiseno e slip di pizzo nero e una mano affusolata correva ai fianchi sinuosi e snelli. Un dito dell'altra mano era sul labbro roseo e carnoso, a rappresentare un'espressione innocente, ma la sensualità e la sua bellezza tradiva quel viso angelico apparentemente. E c'erano anche numerosi articoli, su di lei:

 

 

 

 

Irina Azirya, la famosissima modella Russa, ha tenuto un record nel mondo della moda:

E' una delle modelle più pagate del mondo, oltre che una delle donne più desiderate dal mondo maschile. Irina ha appena concluso una delle sue appassionanti “Love-story” con il famoso regista Cecoslovacco Alen Joikes, e adesso sempre frequentarsi con un altro importante uomo dello spettacolo, Martin Wakes, l'attore di celebri film come “La porta accanto”* “Notte di follie”** e altri. Parlando di carriera, Irina ha fatto numerose sfilate anche italiane, inglesi e americane: ha sfilato per “Intimo Gucci”, per “Valentino”, per “H_M” e altri. Ecco alcune foto delle più belle immagini delle sfilate di questa fantastica ed energica donna.”

 

 

 

 

 

Mi passai le mani fra i capelli con disperazione, strappando l'erba dalla terra con fare disperato. Non soffocavo i singhiozzi, e le lacrime salate cadevano sulla terra formando piccoli cerchi concentrici che si mescolarono con la rugiada erbosa. La mia vita non aveva nessun senso, ogni volta che pensavo di vivere un momento felice ecco dietro l'angolo una sorpresa spiacevole ed indesiderata, che costringeva il mio cuore, ormai impenetrabile, a costruirsi una barriera in più, in modo da essere ancora più inscalfibile. Sentii la maniglia della porta muoversi di scatto e mi affrettai a nascondermi accostata ad un muro laterale, in modo che non potesse vedermi. La donna uscì irritata, sbattendo furiosamente i tacchi sul vialetto acciottolato che conduceva al cancelletto.

Era bellissima, una Dea, con i capelli sciolti sulle spalle e quegli occhi così sensuali, così assolutamente perfetta... Non credevo quasi di essere figlia di una tale bellezza, dato che non assomigliavo affatto a quella Dea scesa sulla terra.

Le labbra carnose erano contornate da un rossetto rosso carminio che risaltava su quella pelle diafana e senza imperfezioni, le unghie era smaltate da motivi a tartan grigio nero, ed erano lucide, perfettamente ovali e lunghe. Si infilò gli occhiali firmati, tanto per non essere riconosciuta troppo, e scomparì nella sua Ferrari nera lucida, sfrecciando a tutta velocità nelle strade isolate di Toronto.

Una volta che fu scomparsa, entrai in casa con fare disinvolto, cercando di nascondere il velo che inumidiva gli occhi e filando dritta in camera mia per controllare la mia ipotesi.

Aprii velocemente il cassetto della scrivania e tirai fuori la copertina rosa schoking di Vogue, su cui vi era la foto sensuale e bellissima di mia madre Irina. Mi buttai a peso morto sul letto, prendendo la testa fra i palmi delle mani e lasciando via libera alle lacrime cristalline, che scorrevano lente sulle mie guance. Perchè mi aveva mentito, sia a me che a Crystal? Perchè aveva fatto finta di essere malata di tumore e di essere una poveraccia, quando in realtà era una modella stra-ricca ed un importante ereditiera? Perchè aveva raccontato quelle storie assurde sul mio vero padre?

Una volta pensata la parola “padre”, un lampo mi squarciò la mente, mentre un idea si allargava nella mia testa. Presi velocemente il mio pc viola acceso e digitai su Google “Irina Azirya”.

Mi vennero, almeno secondo le rilevazioni del computer, circa 3.550.752 rilevazioni, ma io scelsi una delle prime su cui vi era scritto “Irina Azirya- Biografia e vita sentimentale”. Mi mangiucchiavo le unghie dall'ansia di sapere cosa avrei trovato scritto, sempre se avessi trovato qualcosa riguardante la relazione di mia madre con mio padre. La sua vita sentimentale era davvero lunghissima, aveva avuto storie d'amore con stelle del cinema o semplici flirt di quando lavorava come sgualdrina, ma cosa più importante di tutte trovai alla fine qualche frase su di lui.

Roger White fu il vero amore, anche se durato solo qualche anno, della modella; con lui ebbe due figlie, Gwendolyn e Crystal, che diede in adozione poco dopo. La vita impegnativa di modella non le consentiva di occuparsene, e quando scoprì che lui la tradiva frequentemente con un altra modella della sua stessa agenzia, Lindsay Jonanshon, lo lasciò di punto in bianco, dando le figlie in adozione.”

Almeno aveva detto la verità su qualcosa: mio padre la tradiva davvero con un altra donna.

Spensi il computer con un gesto secco, abbandonando il mio volto sul cuscino candido e inzuppandolo di lacrime. Non avevo più voglia di essere così perennemente inseguita dai guai, non avevo voglia di avere sempre qualche imprevisto che mi spezzasse il cuore in pezzettini sempre più piccoli, sempre più piccoli. Presi la borsa borchiata, ed uscii di casa senza una meta precisa. Vagai per le strade isolate di Toronto, con una sigaretta fra le labbra e con l'Iphone 4s nella mano, mentre il vento primaverile, fresco e frizzantino, mi scompigliava teneramente i capelli setosi e corvini. Camminai ancora un po', poi mi appoggiai ad un muretto di pietra e tirai una lunga fumata, perdendo lo sguardo nella linea rosea che si intravedeva all'orizzonte, quando qualcuno mi cinse il braccio. Mi voltai di scatto, e vidi tre ragazzi, probabilmente con qualche anno in più di me. Avevano una bottiglia di Vodka in mano, e sorseggiavano da queste intensi sorsi, per poi scoppiare a ridere come imbecilli. Uno dei tre, muscoloso ed alto, continuava a cingermi la vita con sempre più forza -Ehi, bellezza, che ci fai qui tutta sola?- rise, mentre un disgustoso aroma di alcool si dissipava dalle sue labbra, provocandomi la nausea. Cercai di divincolarmi, ma lui mi sbattè contro il muro, mentre un ghigno si apriva sulle sue labbra intrise di alcool -Dove credi di andare? Non vuoi lasciarmi un ricordino prima?- i suoi scagnozzi risero, mentre cercava di baciarmi invano, perchè giravo la testa di scatto ogni volta che si avvicinava.

-Non si fuma alla tua età, bambina...- ghignò malizioso, prendendomi la sigaretta dalle dita e tirando lui un intensa fumata, facendo dissipare dalle sue labbra fumo oltre che il perenne odore di Vodka. Alzai il ginocchio e gli diedi un calcio nelle parti basse, liberandomi così dalla sua presa, e mi misi a correre più veloce che potevo. Sentivo le urla di quell'imbecille poco dietro di me, segno che mi stava rincorrendo, quindi aumentai la velocità e mi nascosi dentro un magazzino. Vi erano diverse moto in quel magazzino, e la faccia di un uomo spuntò da sotto una di esse.

Aveva i capelli rossi e il volto pallido era costellato di lentiggini, mentre le guance erano sporche di fuliggine delle moto. Indossava una semplice canottiera bianca e armeggiava un cacciavite sotto la moto, ma quando mi scorse alzò lo sguardo -Posso aiutarti?- esclamò semplicemente, continuando ad avvitare un bullone, mentre con l'altra mano si asciugava la fuliggine dal volto.

Io annuii, indicando una moto davvero bella che era di fianco a lui -Sì, posso noleggiare questa?- lui mi squadrò, alzandosi da lì sotto e pulendosi le mani dall'unto dell'olio delle moto, poi si tamponò la fronte togliendosi la fuliggine da questa -Sì, ma mi devi quindici dollari. E la puoi tenere per due giorni, a meno che..- -Va benissimo, grazie!- tagliai corto, tirando fuori dal mio portafoglio di pelle nera due banconote e porgendogliele. Poi saltai in sella al motorino e schiacciai l'acceleratore con forza immane, partendo a tutta velocità per le strade di Toronto. Avevano noleggiato anche loro delle moto, e sentii la voce del moro, quello che mi aveva molestato prima, echeggiarmi nelle orecchie -Fermati, andiamo!- ridacchiò, ancora non perfettamente lucido, aumentando l'accelerazione. La sua pelle bronzea risaltava in quella mattinata ingrigita, mentre gli occhi azzurri lanciavano continui lampi maliziosi e i capelli castano scuro scivolavano al vento. Improvvisamente sentii un gemito provenire dalla moto -Che cavolo fai? Sai guidare una moto, raga..- si fermò, tirandosi su, con il braccio ferito perchè l'avevo “investito”, ma ciò che mi colpì fu la cresta verde che ondeggiava al vento e gli occhi cerulei. -DUNCAN!- urlai, scendendo con un balzo dalla moto e saltando al collo del ragazzo. Lui sfoderò un sorriso sghembo, poi mi accarezzò i capelli e mi fece roteare fra le sue braccia. -Mi mancavi troppo. Non sono riuscito a partire, ma ero senza credito e non potevo avvisarti- mi avvisò, baciandomi con passione sulle labbra. Io non feci caso alle sue parole, talmente felice di rivederlo, e lo abbracciai forte, stampandogli mille e più baci sulle labbra.

Prima che potessi parlare, quel cretino che mi aveva molestato arrivò -Ehi, amico, anche tu ti sei presa sta' pupa?- disse a Duncan, indicandomi facendo roteare le iridi cerulee. Lui si irritò, e diede un pugno ben assestato sul naso del ragazzo -Lei è la mia ragazza, stalle lontano o ti ammazzo!- tuonò con voce potente il mio ragazzo, fulminando con lo sguardo quel bellimbusto. Lui si alzò in piedi e mi lanciò uno sguardo, poi ritornò in sella alla sua moto e sfrecciò via.

-E così sono la tua ragazza, adesso?- ironizzai, baciandolo per l'ennesima volta.

Lui mi fissò intensamente, gudandomi con il suo solito ghigno beffardo -Certo, a meno che tu non voglia...- come risposta lo baciai appassionatamente, mentre un anello dalla struttura d'argento con due smeraldi e un onice incastonata al centro si infilasse al mio dito come segno del nostro amore.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

Ciaoooooooooo!!!!!!!!!!!!

Che ne pensate di questo capitolo “scottante”?

Aww io lo amo soltanto perchè Dunky e Gwenny si fidanzano, ma so che fa schifo

come scritto -.-”
Spero di ottenere comunque qualche recensione :3

Dolci :3

Gwen

  
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