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Autore: ILoveRainbows    28/02/2014    2 recensioni
Perdersi a Londra se non la conosci può essere spaventoso in un primo momento, ma cosa succederebbe se incontrassi una persona che ammiri, stimi: consideri persino il tuo eroe? Clara potrebbe scoprirlo e chissà...
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 13
Non finirò mai di ripeterlo, ma Morgan era la persona più logorroica del mondo, beh, insieme a Mick.
Dopo poco che ci eravamo seduti di nuovo sul divano a chiacchierare era tornata Iman. Aveva l'aria molto stanca e aveva bisbigliato un paio di parole nell'orecchio del marito, il cui viso si era rabbuiato per qualche istante, ma poi era tornato allegro.
Iman aveva detto che si scusava, ma era stanca e sarebbe andata a letto. Aveva salutato tutti e poi aveva dato un lungo bacio a suo marito. In quel momento avevo notato Mick e Morgan, che per loro sfortuna erano seduti vicini, darsi la mano e fare pace.
Baciando Iman Dave aveva voluto infrangere le loro speranze, questo fatto li aveva portati a firmare un trattato di pace e ora chiacchieravano amabilmente fra di loro come due vecchi amici.
Io ero seduta fra Mika e Dave e facevo conversazione con quest'ultimo e ogni tanto Michael interveniva.
- Com'è essere David Bowie? - chiesi a un certo punto.
Prima che potesse rispondere Mika si intromise - A me non l'hai mai chiesto. -
- Non serve. - risposi guardandolo con amore. - Condivido la tua vita, e spero di poterlo fare per sempre. -
- Non la condividi da tanto. - disse guadagnandosi un pungo sulla spalla - ma finché lo vorrai potrai farlo, te l'ho detto. - aggiunse.
Mi rigirai verso Dave - Scusa. So che è una domanda che ti avranno fatto in molti, però boh, mi piacerebbe sentirlo. -
- Da pazzi - rise - cioè, la tua vita è un inferno. Tour, concerti di beneficenza, comparse a serate importanti. L'altra faccia della medaglia è il fatto che David Bowie è David Bowie. Una persona famosa rispettata sia dai suoi fan che da chi non lo è. Non sarò mai ai livelli di John Lennon o Freddie Mercury, ma sono comunque David Bowie, e mi piace, mi piace chi sono diventato. -
Lo guardai un po' indignata. - Tu sei al pari di John Lennon e Freddie Mercury. Tu fai parte dei grandi, come loro, come Elvis Presley, come Jimi Hendrix. Fate tutti parte dei grandi, di quegli uomini che hanno cambiato anche il modo di pensare, di vivere, non solo la musica. -
Mi sorrise riconoscente, silenzioso. Speravo di passare tante altre serate in sua compagnia ora che stavo con Mika. Era un uomo fantastico.
Mi sdraiai all'indietro poggiandomi sul grembo di Mika. Il sonno iniziava a farsi sentire, ma non intendevo cedere, solo prendermi una pausa. Socchiusi gli occhi e Mika si chinò a darmi un bacio per poi accarezzarmi i capelli. Vidi chiaramente un sorriso increspare le labbra di Dave a guardarci. Ero un po' stordita dall'alcool e Mika e Dave iniziarono a chiacchierare sulla canzone che quest'ultimo stava producendo con Mick. Com'era nata l'idea, come mai una canzone così diversa dal loro stile.
Li ascoltai, ma la loro voce proveniva da lontano, soprattutto quella di Dave. Girai la testa e guardai Mika. Amavo guardarlo, quando parlava. Il modo con cui farneticava delle cose che amava, il modo di gesticolare... Ah, non dimentichiamoci della voce. Dolcissima, da diabete. Armoniosa come poche. Acuta, ma virile. Quando cantava poteva essere potente come un'onda che si frastaglia sugli scogli o delicato come un ruscello in mezzo al bosco. Al suono della sua voce mi assopii.

I give her all my love

That's all I do

And if you saw my love

You'd love her too

I love her


She gives me everything

And tenderly

The kiss my lover brings

She brings to me

And I love her


Ammetto che per un certo periodo avevo usato quella canzone come sveglia e ammetto anche che per qualche istante temetti che tutto quello che avevo vissuto era un sogno... Poi, per fortuna, constatai che non lo era. Vidi la faccia di Mika sorridermi felice e sentii le sue labbra sulle mie.
- Bentornata fra noi Donna Dei Sogni - Disse Mick con fare paterno. Ripeto, MICK JAGGER CON FARE PATERNO. Chi lo avrebbe mai detto? - Tutto bene? -
Mi misi seduta ancora un po' scombussolata. - Sì. Scusatemi un mondo. Non so che mi sia successo. -
- Devi aver mandato giù un bicchierino di troppo, che mischiato al sonno ti ha fatto andare K.O. - intervenne Mika.
Mi accorsi dell'assenza di Morgan e Dave. - Sono usciti a portare a spasso Archi, il cane di Dave - intervenne Mick leggendomi nella mente.
Dave aveva un cane?! Wow! Cose strane che si scoprono.
- Okay. - la testa pulsava un po'. E sì che non mi ero ubriacata e di solito reggevo più che bene l'alcool, forse anche un po' troppo. Mi ridistesi un attimo chiudendo gli occhi e poggiandomi una mano sulla fronte.
Sentii Mick allontanarsi e qualche istante dopo tornò con un bicchiere d'acqua e delle pastiglie. - Tachipirina - disse.
Annuii e buttai giù una pastiglia con un po' di acqua. Rimanemmo lì un po', a goderci il silenzio, senza imbarazzo, ma ognuno perso nei propri pensieri.
Dopo un tempo che sembrò infinito Dave e Morgan fecero il loro ingresso nel soggiorno, senza cane. Iniziavo a sospettare che quest'ultimo fosse solo una leggenda.
Ridevano come due pazzi a chissà quale battuta.
- Noi andiamo - disse Mika.
Ormai erano le tre, non proprio prestino. Almeno il mal di testa era passato e ora stavo bene.
Notai che eravamo tutti sobri, beh, a parte Morgan e Dave, e non volli indagare.
Mick sarebbe rimasto lì ancora un po' a parlare di lavoro. Quindi noi salutammo tutti. Mick mi diede il suo biglietto da visita dicendo di chiamarlo caso di problemi. Invece Dave scarabocchiò il suo numero su un foglio di carta dicendomi di chiamarmi se avevo problemi, ma anche se avevo voglia di fare due chiacchiere o chiedere consigli. Qualsiasi cosa.
Morgan, che era un po' alticcio salutò Dave molto calorosamente. E Dave ricambiò. Sembrava che Morgan nonostante tutto non ci avesse rinunciato. Si abbracciarono guardandosi con fare malizioso e credo di aver visto le mani di entrambi scendere verso il fondoschiena dell'altro; ma come ho detto in precedenza, non volevo sapere quello che era successo fra i due. Anche perché sarei finita nel fuoco incrociato di Mick e Morgan, e non era una posizione comoda.
Mika salutò Mick e Dave con allegria. Nonostante l'ora tarda sembrava pieno di energia. Strinse la mano a Mick e strinse Dave in un abbraccio, come due vecchi amici.
Fuori la solita Mercedes nera ci aspettava con autista. Mika mi aprì la porta ed entrai; poi salii anche lui. Mi abbracciò con affetto, e devo dire che in quel momento ero tutt'altro che stanca.
Le luci della città di notte mi passarono davanti veloci. Che diversa New York da Milano. Erano le tre di notte passate e sembravano le tre del pomeriggio. La gente camminava per le strade di Manhattan senza problemi e... C'era gente che faceva la spesa. Normalmente anch'io soffrivo d'insonnia. Quella sarebbe decisamente stata la mia città ideale.
Quando arrivammo all'albergo Mika di nuovo mi tenne la porta aperta. Salutammo l'autista e insieme a Morgan entrammo nell'imponente palazzo che trasudava magnificenza.
Il bar era ancora aperto e persone vestite elegantemente erano sedute sui divanetti dispersi per la stanza o al piano bar che facevano conversazione con il barista mentre quest'ultimo preparava cocktail. Devo dire che mi sembravano tanto gli anni venti.
Poi una voce si intromise fra i miei pensieri - Mi fermo un po' qui. - Morgan ovviamente. Indicava il piano bar anche se aveva l'aria stanca. Mika annuì e gli augurò buona notte dicendogli di non ubriacarsi troppo e lui si avviò strascicando i piedi verso l'alcool. Guardai Mika - vado un attimo da lui. Poi ti raggiungo su - avevo uno sguardo malizioso negli occhi e se ne accorse perché lo ricambiò.
- Non vedo l'ora - gli feci l'occhiolino, gli misi il mio cappotto in mano perché lo portasse in stanza e andai nella stessa direzione che aveva preso Morgan.
A metà strada mi girai un attimo Mika, fermo dov'era primo, che mi sorrideva e ricambiai con amore.
Giunta al bancone ordinai un Single Malt Scotch. Forse non avrei dovuto avendo da poco preso la Tachipirina, ma avevo fatto di peggio e avrei sopportato. Morgan era seduto accanto a me e rigirava un liquido trasparente, che dall'odore sembrava Tequila, nel bicchiere guardando con sguardo vitreo l'agire del barman mentre tirava annoiate boccate dalla sigaretta che aveva in mano creando nuvolette di fumo davanti a lui.
Gli poggiai una mano sulla spalla e sembrò riscuotersi dallo stato di torpore in cui era caduto. - Hei - disse continuando a guardare davanti a sé.
- Hei - risposi.
- Come mai qui? -
- Boh... -
- Dovreste essere su insieme, non dovresti stare qui con questo relitto -
- Relitto? -
Mi tese un foglio. C'era scritto sopra a computer e iniziai a scorrere velocemente le parole scritte.
... Revoca dell'affidamento congiunto ...
... Incontro con avvocati ....
... Ex-moglie ...
... Anna Lou ...
Alzai lo sguardo dal foglio in modo preoccupato. - È quello che penso? -
- Sì. Asia mi ha mandato il file sul cellulare e me lo sono fatto stampare poco fa. -
- Da quanto lo sai? -
- Ho visto il messaggio in auto. - aveva la voce rotta, ma continuava imperterrito.
Io invece non ero forte come lui e lo abbracciai. - Mi dispiace - bisbigliai nel suo orecchio. - Non sai quanto mi dispiace. Ma ti aiuterò, io e Michael ti aiuteremo, in ogni modo possibile. Ce la faremo. -
Sentii una lacrima calda bagnarmi la spalla e lo feci tirare su. - Mi hai sentito? - chiesi poggiandogli le mani sulle spalle e scuotendolo leggermente. - Ce la faremo. - e gli asciugai la lacrima dal volto.
- Grazie. Grazie Clara. Sei un'amica. -
- Non dirlo nemmeno - ribattei.
- No, sul serio. - ed effettivamente era molto serio. - Tu e Michael siete le uniche persone insieme ad Anna che mi sono rimaste. - E nei suoi occhi potei vedere il dolore represso. Mille sentimenti scorrevano come fiumi in piena nel fondo dei suoi occhi. - Non potrei mai perdervi. - bisbigliò.
- Non lo farai. Non ci perderai. - E lo strinsi di nuovo in un abbraccio.
Dopo un po' ci lasciammo. I suoi occhi erano tornati quelli di sempre, determinati come non mai a lottare per chi amava.
- Grazie. Ora vai da lui. Ti sta aspettando. - Mi disse sorridendo.
- Okay fratellone. -
- Fratellone? -
- Non ti piace? - Chiesi io alzandomi dalla sedia.
- Mmmh. Mi ci potrei abituare. -
Ridemmo.
Mi scoccò un bacio sulla fronte. - Divertitevi - e il suo sguardo era pieno di malizia.
Si beccò un pugnetto sulla spalla prima che mi avviassi verso l'ascensore.

- Sono tornata! - Appena entrai sentii l'acqua della doccia che scorreva. Situazione perfetta. Mi cambiai in silenzio e velocemente per poi entrare in bagno.
Aprii la porta  della doccia mentre Michael era di spalle che canticchiava.
Mi ancorai ai suoi fianchi facendomi bagnare dall'acqua. Sussultò un po' spaventato e si girò velocemente per trovarsi di fronte me che lo guardavo mentre l'acqua mi scorreva addosso.
- Non sei spaventato come credevo. - dissi, visto che mi sarei aspettata una reazione più brusca.
- Credi che non ti abbia sentito entrare? Hai anche urlato. -
Non aveva tutti i torti.
- Mi hai fatto aspettare. - 
- Mmh. - dissi io avvicinandomi alle sue labbra. - come posso farmi perdonare? -
Poi le nostre lingue si trovarono iniziando a danzare.
Era fantastico. Ci baciammo su tutto il corpo a bocca aperta in un ballo che volevo non finisse mai. Poi mi ancorai alla sua vita con le gambe e mi spinse contro una parete della doccia. Alla fine venimmo tutti e due con un grido soffocato nella bocca dell'altro.
Riprendemmo fiato e poi sempre con me ancorata a lui ci spostammo nel letto ancora grondanti d'acqua dove continuammo.
Alla fine mi appoggiai con la testa sul suo petto nudo ascoltando il battito del suo cuore e addormentandomi a quel suono per me così melodioso se pur ritmico.

Il giorno dopo Morgan partì a mezzogiorno e mezza e i giorni successivi sono da inserire fra i giorni più belli della mia vita, insieme al giorno in cui ho conosciuto l'amore della mia vita.
Girammo New York in lungo e in largo. Chinatown, Little Italy, passammo persino per il Bronx. A Chinatown riuscimmo ad entrare in una bisca dove giocammo a poker clandestinamente. A Little Italy cercammo immigrati del Nord Italia.
Visitammo il Guggenheim facendo foto strane con ogni quadro o opera buffa che trovavamo.
A Central Park passammo un pomeriggio abbracciati sull'erba godendoci l'aria primaverile.
Andammo anche allo zoo a dar le noccioline agli elefanti e mangiammo lo zucchero filato. Salimmo sulla giostra dei cavalli e facemmo un giro in barca. Eravamo come due bambini, ma quelli erano i nostri giorni, quelli dove potevamo fare quello che volevamo.
Andammo in cima all'Empire State Building e alla Statua Della Libertà.
Visitammo un vecchio bar del proibizionismo sulla Fifth Avenue, ma la cosa migliore fu andare a teatro.
Eh sì, perché da galantuomo qual era, Michael non poteva non portarmi a teatro.
Il Lago Dei Cigni.
Un classico certo, ma anche il mio balletto preferito, come gli avevo detto una volta, soprappensiero.
I ballerini erano eccellenti e l'opera... Beh, ho detto che era la mia preferita, e non finiva mai di stupirmi. All'uscita avevo iniziato a ballare cercando di imitare i ballerini che avevo appena visto, ma erano troppi anni che non facevo più danza classica e non avevo speranze di riuscirci.
Una mattina ci incontrammo persino Dave e andammo a prendere un caffè e, com'era ovvio io mangiai Donuts.
Poi arrivò il giorno stampato sul biglietto d'aereo di ritorno e salutammo quella città meravigliosa per tornare a Milano... E a scuola per quanto mi riguardava.
Nessuno mi aveva più sentito da... Ehm... Almeno dal giorno prima che partissimo per New York. Se non da prima ancora.
Mika mi fece accompagnare a scuola dal suo autista. Sarebbe venuto lui stesso, ma non poteva farsi vedere e lo capivo. In macchina iniziai a girare su tutti i siti di gossip per vedere cosa dicevano di me e cosa avrei dovuto aspettarmi. Tuttavia fui felice di constatare che in nessuna foto si vedeva la mia faccia.
La voce della mia brutta esperienza però doveva aver circolato perché tutti mi indicavano e bisbigliavano. Beh, anche perché ero scesa da un'auto con finestrini oscurati e autista, cosa che non avevo mai fatto prima.
Entrando in classe venni sommersa da mille domande. A quanto pareva tutti avevano provato a contattarmi senza risultato. Ora che ci pensavo, quasi non sapevo dov'era il mio cellulare, senza quasi. L'ultima volta che l'avevo visto credo fosse... La sera che ero andata via di casa, ma non ne ero sicura. Si beh, era un vecchio catorcio. Tutto quello che mi serviva si trovava nell'iPod.
Laura. Entrò tutta allegra non aspettandosi di trovarmi lì. Quando mi vide la sua espressione cambiò visibilmente. Mollò la cartella nel primo posto che trovò e, facendosi strada fra i miei compagni che formavano un cerchio intorno a me, mi trascinò di peso in corridoio dove a quell'ora non c'era quasi nessuno.
- Si può sapere che fine avevi fatto?! - sbraitò e le poche persone che passarono di lì in quel momento si girarono verso di noi.
- Ho avuto da fare. - dissi evasiva, ma guardandola in faccia.
- Da fare?! E non potevi neanche mandare un messaggio per sapere dov'eri finita?! Ho chiamato a casa tua e mia madre mi ha detto che non c'eri e non sapeva quando saresti tornata! -
- Ho avuto da fare. Te l'ho detto! - E stavolta urlai anch'io.
Si girò e andò in classe senza più una parola. Non sarei morta... Avevo ancora amici... Avevo... Avevo... Cristiano! Avevo Cristiano!
Mancavano ancora dieci minuti all'inizio delle lezioni e volevo parlargli e mi avviai per i corridoi dell'immensa scuola. Per fortuna lui e Laura non si conoscevano (ancora mi chiedo come mai non si erano mai conosciuti), ma gli dovevo delle spiegazioni. A lui le dovevo. Lui c'era sempre stato. Era stato l'unico, anche dopo la morte di mio padre, a tenermi sulla retta via. Nelle ultime settimane era stato in Inghilterra. Ed era tornato solo il giorno prima. Quindi non sapeva di tutto quello che era successo, non sapeva niente, non potevo dirglielo via messaggio. Per le chiamate a cui non avevo risposto potevo dire che... Il mio cellulare aveva tirato le cuoia. Erano mesi che aspettavamo quel momento.
Finalmente svoltai l'ultimo angolo e anche da lontano lo vidi. Sorrideva allegro come sempre salutando i compagni che probabilmente non aveva visto il giorno prima. I capelli erano tagliati tipo anni '60, ma li portava molto ordinati, ed erano color della pece con sfumature argentee, sembravano quasi tinti. Gli occhi erano verde smeraldo. Profondi come l'oceano, e come quello potevano rivelare mille sorprese e insidie. Aveva una camicia nera attillata e i pantaloni rosa shocking.
Ah, forse ho dimenticato di dire che Cristiano era gay e che Mika era anche il suo cantante preferito, per ovvie ragioni. Tuttavia qualcosa mi diceva che avrebbe preso bene l'intera storia.
Era di spalle. Mi avvicinai furtiva e mi lanciai su di lui facendogli il solletico.
- Piantala! Lo sai che lo odio - rise girandosi.
- Lo so! - Dissi con un sorrisetto malvagio che però si raddolcì subito a guardarlo.
- Bentornato - lo salutai buttandogli le braccia al collo stritolandolo.
- Si, anch'io sono felice di vederti. - rantolò.
Quando ci staccammo arrivò la domanda che mi aspettavo e il suo viso si fece serissimo. - Cos'è successo? - chiese con dolcezza. - Tua madre mi ha detto che non sapeva quando tornavi. -
- Niente giri di parole, eh? - tentai di scherzare, pur sapendo che non avrebbe funzionato. - Non preoccuparti, sono qui, ma ci sono un sacco di cose che devo raccontarti. Non ci crederai mai. - mi guardò provando a mettermi alla prova sorridendo. - Sul serio! - esclamai.
- Okay... - non era veramente sospettoso. Voleva solo darmi fastidio, però non resistette e scoppiò a ridere indicando la mia faccia e provando a imitarla, facendo ridere anche me.
- Ah, è mi è morto il cellulare. Finalmente. - effettivamente era disperso.
Sembrò soddisfatto. - Allora capito a pennello. - tirò fuori da una tasca un iPhone 4S e me lo diede. - Tieni. Era il mio vecchio, so che tua madre non te ne comprerà mai uno. Spero non ti spiaccia che sia usato. -
- Ma scherzi?! - esclamai saltandogli di nuovo al collo. - È fantastico! Grazie -
- Ci ho messo sopra la tua vecchia rubrica. Un po' di musica di Mika e anche qualche sua foto e foto nostre. - Lo strinsi in un abbraccio più lungo, ne avevo bisogno.
La campanella suonò. Cazzo. Ero dalla parte opposta della scuola e avevo greco. E la profe era tutt'altro che accondiscendente.
Così gli dissi al volo di trovarci sotto il grande fungo, che in realtà era un albero, all'uscita da scuola e che sarebbe venuto a pranzo da me (avevo già avvisato Mika, che era entusiasta di conoscerlo). Poi schizzai attraverso i corridoi come un fulmine.
Quando arrivai in classe la profe mi guardò con disappunto chiedendomi perché ero stata assente così tanto e risposi che avevo avuto problemi in famiglia. Firmò la giustificazione e iniziò la lezione. Durante gli ultimi giorni mi ero studiata tutto quello che avevo perso. Non era difficile, capivo bene il greco (per quanto lo odiassi) e anche i miei voti erano alti. Tuttavia la profe mi odiava.
Presi fuori il cellulare e mandai un messaggio a Mika da sotto il banco. 
"Mi manchi e la lezione di greco è da tagliarsi le vene. Non vedo l'ora di venire a casa e farti conoscere Cristiano. Ti amo. Clara"
Send
Poco dopo arrivò la risposta.
"Se vuoi andare a studiare medicina stai attenta alla lezione! E scusami, non ho una lametta. E un'altra cosa, non m'interessa conoscere Cristiano chiunque egli sia, a meno che non ti dia fastidio. Marco"
Ups! Ci mancò poco che non scoppiassi a ridere in faccia alla profe.
"Scusa, era per Mika. Hahahaha. Ci vediamo stasera."
Send.
"Avevo sospettato. A stasera. Non prendere freddo e non fare niente che io non farei."
Inoltrai il messaggio originario a Mika e non potei fare a meno di sorridere per l'aria paterna di Morgan. Sapeva essere molto dolce.
Dopo poco arrivò il messaggio di Mika.
"Anche tu mi manchi. Non vedo l'ora di conoscere questo Cristiano. Ora segui la lezione ;) ah, io ti amo di più. La Tua Coscienza."
Ok, stavolta scoppiai a ridere, anche se abbastanza silenziosamente.
"Deficiente, a dopo. Love u"
Le ore successive passarono relativamente veloci e finalmente arrivò la fine delle lezioni. Schizzai fuori di lì e mi sedetti sul muretto che circondava l'albero in attesa di Cristiano. Finalmente lo vidi arrivare e mi alzai come una molla. Lo presi per una manica della giacca e lo trascinai verso la macchina nera con gli sguardi di molte persone addosso.
Salii sulla macchina e senza che nessuno di noi dicesse niente la macchina parti alla volta della casa di Mika.
- Clara, lo sai che non è il mio compleanno vero? - chiese a un certo punto.
- Certo! - ero allegra. Le due persone più importanti della mia vita stavano per incontrarsi, ero forse più elettrizzata io di loro due messi insieme.
L'auto si fermò finalmente davanti al palazzo vittoriano e salutai Sam, l'autista mezzo sordo di Mika. Scesi dall'auto e sta volta fui io a tenere la porta aperta, per Cristiano.
Essendo un grande appassionato d'arte e architettura, nel guardare l'edificio che aveva la bocca spalancata e la faccia da merluzzo, come avrebbe detto Mary Poppins. - Grazie! Non avevo mai visto questo palazzo. È bellissimo! - si girò verso di me, mi prese in braccio e mi fece girare agilmente. Poi tirò fuori la macchina fotografica, che aveva sempre con sé, e scattò qualche foto felice. Sì, ne faceva collezione e io lo aiutavo.
Poi interruppi i suoi pensieri. - Non è questa la sorpresa - e mi avviai verso l'entrata del palazzo. Cristiano mi seguì come un cucciolo, continuando a guardare il palazzo con occhi lucidi.
Inserii la chiave nella toppa e girai facendolo entrare in uno di quei palazzi che spesso ammiravamo da fuori, ma dove non potevamo mai entrare.
Finché lui si guardava intorno incantato, l'ascensore che avevo chiamato veniva velocemente al piano terra per prenderci.
Quando arrivò entrai allegra e Cristiano mi seguì incuriosito da tutta questa strana faccenda.
Una volta su aprii il portone bianco ed entrai seguita a coda da Cristiano.
- I'm home! - urlai e sentii rumore di pentole che sferragliavano e qualcosa di ceramica che cadeva e si rompeva. Speravo vivamente che non fosse uno dei suoi piatti multicolor da collezione.
Comparve in soggiorno con un grembiule e un mestolo in mano.
Spostai lo sguardo sulla sua faccia e scoppiai a ridere. Aveva pomodoro sulla guancia destra e sul naso.
Solo in quel momento mi ricordai di Cristiano. Girandomi verso di lui vidi che stava in piedi all'entrata della stanza e fissava Mika con gli occhi sbarrati e la bocca leggermente aperta. Andai vicino e lo scossi leggermente - È tutto vero. È veramente lui. -
Mika venne da noi e strinse la mano a Cristiano che biascicò delle parole che sembravano - Piacere... Cristiano... Amico... Clara -
- Piacere Cristiano. Sono Mika. Clara mi ha parlato tanto di te. -
Cristiano annuì con sorriso da ebete.
- Ho fatto pasta al pomodoro. Va bene? -
Mi misi davanti a lui sulle punte dei piedi e gli tolsi il sugo dal naso. - Benissimo - dissi per poi scoccargli un bacio veloce sotto lo sguardo stupito di Cristiano.
Mi rigirai verso di lui - sediamoci a tavola. Ci sono parecchie cose che devo dirti. -
- Direi... - disse, ma senza cattiveria e, una volta tolta giacca e messo giù la cartella andammo in cucina.

- Quindi... Voi due vi siete conosciuti a Londra quando tu eri in gita scolastica e, nonostante lui sia dichiaratamente gay, vi siete innamorati e ora state insieme da quasi un mese e nessuno a parte una decina di persone, compresi artisti molto famosi come David Bowie e Mick Jagger, lo sa. -
Annui dall'altra parte del tavolo con il braccio di Mika che mi stringeva sulle spalle.
Se un attimo prima Cristiano sembrava stupito e un po' frastornato quello dopo sfoggiò un sorriso a trentadue denti che si rispecchiava nei sinceri occhi verdi che ci rivolse. - è fantastico. - riuscì solo a dire.
Sentii Mika farsi meno rigido accanto a me, dopotutto lui non conosceva Cristiano e non poteva essere sicuro di come si sarebbe comportato. Avevo intenzione di farli diventare amici e non credo che ci sarebbe voluto molto. Sembravano già in sintonia, un po' come me e Dave.
Per fortuna nessuno né Cristiano né io avevamo compiti per il giorno dopo e passammo il giorno sul tetto a chiacchierare visto che si stava abbastanza bene. Mi raccontò di Cardiff, dove era stato per un po' e iniziò a fare conversazione con Mika così che dopo un po' (qualche ora), con la scusa di preparare il tè delle cinque li lasciai da soli sperando che non iniziassero a raccontarsi aneddoti su di me come sospettavo Cristiano in particolare avrebbe fatto.
Non lo avessi mai pensato, quando tornai su li trovai a ridere per quella volta in cui avevo iniziato a correre dietro a un pezzo di carta per tutto il parco saltellando per cercare di rubarlo al vento.
Bevemmo il tè discutendo su come fare a rendere pubblica la nostra relazione, dovevamo farlo ed era meglio farlo al più presto, prima dell'inizio di X Factor.
Tre giorni a quella parte Mika avrebbe avuto un'intervista a Radio DJ trasmessa in tv e avrebbe fatto il coming out. Ovviamente avrei dovuto esserci anch'io, ma sarei comparsa solo dopo che lo avesse detto.
Dopo la decisione del piano Cristiano se ne andò con la promessa che ci saremmo visti molto presto.
Quando se ne fu andato abbracciai Mika, ne sentivo il bisogno, non so il perché. Mi cullò dolcemente fra le braccia stringendomi a sé e canticchiando "I Want To Know What Love Is" dei Foreigner.


I wanna know what love is

I want you to show me

I wanna feel what love is

I know you can show me


Rimanemmo così, abbracciati l'uno all'altro per un tempo infinito quando il buio ci sorprese ancora ancorati come se fossimo stati dipendenti uno dall'altro; a quel punto andai a casa.

NOTA SCRITTRICE: scusate tantissimo per i secoli che ci metto a scrivere i capitoli, ma non è un buon periodo sotto nessun fronte; comunque eccomi qua e spero vi piaccia.
Avviso già che il prossimo capitolo sarà un po' magari, noioso, perché devo riprendere un personaggio e spiegare che fine ha fatto ;) quindi non sarà neanche lunghissimo.
A presto spero
ILoveRainbows
  
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