Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Sagitta90    01/03/2014    0 recensioni
La guerra è finita. Le grandi casate che hanno un tempo segnato i confini di Westeros si sono divorate l’un l’altra fino ad estinguersi. Tutte, eccetto quella dei Lannister.
A spegnere le fiamme che lambiscono i resti di un continente in rovina giunge la Principessa di Essos, colei che sarà giudice dei peccati della famiglia dei leoni. E con lei cavalcano due fanciulle, provate dal dolore ma risolute nella ricerca della loro vendetta. Due fanciulle che i Lannister ricordano bene.
Genere: Fantasy, Fluff, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Daenerys Targaryen, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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JAIME


<<-Smettila Cersei, ti prego.>> - Sorda alle sue suppliche sua sorella continua a dar sfogo al suo terrore: grida il nome del figlio maggiore con rinnovata forza e Jaime non riesce davvero a comprendere come possa avere ancora tanto fiato dopo tutto quel tempo. Deve essere passata più di un’ora da quando sono scesi a prendere loro padre, più di due da quando hanno preso Joffrey, e le sue urla non sono mai cessate.
Dovrebbe gridare con lei, sarebbe la cosa giusta da fare. Era anche figlio suo quel ragazzo…quella bellissima, crudele creatura, alla quale era stato consegnato un intero regno affinché ne facesse la sua personale scacchiera.
Non ha mai imparato l’onore, né la giustizia. Non ha mai imparato ad avere coraggio, a cadere e a rialzarsi con le sue sole forze: da che è venuto al mondo Cersei gli ha dato ogni cosa; più di quanto qualunque essere umano potesse desiderare, e gli ha insegnato che non esisteva nulla che dovesse essere guadagnato, che tutto in quel continente gli sarebbe stato dovuto per il semplice fatto di essere Joffrey Baratheon.
“Il re Joffrey Baratheon non è né un vero re, né un vero Baratheon”.
Ricorda le parole di Robb Stark, Jaime. Dette in un altro luogo, in un altro tempo, in una cella identica a quella in cui siede adesso. E si chiede ancora come abbiano fatto, lui e Cersei, a dimenticare quella verità.
Loro sono cresciuti utilizzando le loro arti, le loro doti, i doni che gli dèi avevano loro concesso, per andare avanti. Per percorrere la strada della grandezza con le unghie e con i denti e giungere ad essere quello che erano stati. Perché non hanno insegnato a Joffrey a fare la stessa cosa? Non è mai stato un Baratheon il loro bambino dai capelli dorati; non ha mai avuto lo spirito di Robert, la serietà di Stannis o la fierezza di Renly.
Joffrey era un Lannister e avrebbero dovuto crescerlo come tale.
Ma può veramente accusare Cersei per questo? L’amore che ha provato per lei è sempre stato secondo alla sua assenza nelle vite dei suoi figli.
Non può che pensare a Tommen e a Myrcella. Saranno buone persone? Cresceranno nel rispetto e nell’onestà quando i loro genitori moriranno come il fratello più grande?
E’ ridicolo come l’attesa della fine lo porti a riconsiderare tutta la sua vita. E una vita da poco è stata la sua: trascorsa nello sfarzo, ad affondare dolcemente tra le cosce del suo grande, proibito, amore…a cavalcare lontano, in nome del suo re, e a ridere della sorte di tutti quei poveracci che il destino poneva sulla sua strada.
Oh, ha fatto del bene, ma dal suo gesto ha ricavato soltanto un titolo ignominioso. Ha salvato milioni di vite innocenti, eppure nessuno lo sa.
“-No…non è così…qualcuno lo sa.” - Qualcuno che gli ha fatto venire le vesciche ai piedi e che lo ha umiliato con la spada quando possedeva ancora entrambe le mani.
Sorride mestamente al ricordo. Nemmeno quando lo ha visto ripulito, con indosso la sua cappa bianca, ha cambiato espressione: ha continuato a guardarlo come se fosse un qualunque locandiere incontrato sulla Strada del Re, nemmeno particolarmente interessante, figuriamoci avvenente.
E’ stata un colpo al suo orgoglio in tutti i sensi Brienne di Tarth. Ma è stata la cosa più simile alla pace che lui abbia mai avuto. Non una pace effimera, illusoria, come quella ricavata da una notte tra le braccia di Cersei; ma qualcosa di più ampio, più profondo.
Brienne sarebbe stata un glorioso traguardo: se fosse riuscito in qualche modo a raggiungerla avrebbe trovato qualcosa di grande. Non sa esattamente cosa, forse la felicità. Sembra che quelli come lui, abituati a combattere e ad andare in guerra, non debbano mai raggiungerla la felicità; sembra che debbano accontentarsi di momenti, delle briciole, di tempo rubato.
Cersei grida di nuovo, si sporge dalle sbarre così tanto che le sue costole scricchiolano contro il metallo, e con la sua ultima riserva di fiato chiama il figlio. Poi si accascia su se stessa, quasi non riuscisse più a sostenere il peso del suo stesso corpo.
Jaime le si avvicina e le tende la mano attraverso le fessure che li separano. Soltanto quando vede il suo sguardo disgustato si rende conto di aver utilizzato il braccio sbagliato. La sua mano d’oro è finita chissà dove, probabilmente ben nascosta tra gli averi di uno dei tanti mendicanti di Approdo del Re.
<<-Non toccarmi con quella cosa schifosa!>> - La pelle del moncone è liscia, ben cicatrizzata, e Jaime si domanda come Cersei avrebbe reagito alla vista della ferita appena inflitta, se solo descrive il suo arto menomato come “una cosa schifosa” adesso. Gli stringe un po’ il cuore sentire quelle parole uscire dalle labbra dell’unica donna che abbia mai amato e quella sensazione si somma a tutte le altre e lo allontana da lei un altro po’.
Quando è tornato a casa per la prima volta, felice di essere ancora vivo e di poterla stringere di nuovo, ha fatto fatica a ignorare il dolore, alla notizia che durante la sua assenza la sorella aveva accolto nel suo letto il loro giovane cugino. Si è sentito ferito più di quando la sua mano è stata mozzata via, ma non ha potuto fare altro -per sopravvivere- che perdonarla.
Ma niente è stato più come prima. Dall’istante in cui gli occhi di Cersei si sono posati sul braccio ferito le cose hanno cominciato a cambiare.
<<-Perdonami.>> - Vorrebbe solo stare con lei per quei pochi istanti che li separano dalla morte. Tenerla stretta per quanto le sbarre lo consentano e dirle che andrà tutto bene, anche se sa che non è così.
In verità vorrebbe molto altro: vorrebbe avere una seconda possibilità dalla vita. Vorrebbe spogliarsi del nome “Sterminatore di Re” e ricominciare tutto da capo. Vivere in modo diverso, amare una donna diversa e avere dei figli che possano chiamarlo “padre” e non “zio Jaime”.
Ma ecco la risposta del destino: quattro Immacolati, scuri come la notte, che scendono le strette scale di pietra scura -trasudante umidità e disperazione- e vengono per loro.
Aprono la cella ma diversamente da quanto fa Cersei, che si getta su di loro come una furia e con le unghie spezzate cerca di strappare brandelli di pelle, lui si alza con calma e li segue senza protestare.
Nel gioco dei troni si vince o si muore, e Jaime Lannister accetta la sconfitta quanto più dignitosamente possibile.
Vengono nuovamente condotti nella sala del Trono, dove ancora una volta, Daenerys Targeryen li accoglie con quieta serenità e con le sue due ancelle.
“-Ucciso da tre bambine. Un tempo ne avrei riso.” - Quando i suoi carcerieri si fermano lui fa altrettanto. La giovane Targaryen si alza, e con lei le Stark.
Questa Targaryen è diversa dall’ultimo, non è un mistero per nessuno. La prima cosa che ha fatto è stata togliere il Trono di Spade, una mossa stupida. Talmente stupida da essere dannatamente saggia.
Questa Targaryen vivrà molto più a lungo di suo padre. E chissà, forse sarà anche in grado di governare rettamente.
<<-Lord e lady Lannister, da questa corte siete stati giudicati colpevoli, come vostro padre e vostro figlio maggiore, i quali hanno pagato con la vita per i loro peccati.>> - Il grido che prorompe dal petto di Cersei porta in sé la nota nauseante della tortura, e in Jaime affiorano il rimpianto e l’amarezza.
<<-La vostra sentenza è l’esilio per il resto della vostra esistenza.>> - Deve farsi strada tra le pieghe del suo animo consumato dal cordoglio, ma alla fine la notizia lo raggiunge, ed è inaspettata.
<<-Lady Sansa e lady Arya hanno concordato nel risparmiare le vostre vite, poiché non avete avuto parte diretta nel massacro della loro famiglia. Per i vostri peccati contro di loro hanno ritenuto che siate già stati puniti con dolorose privazioni.>> - La perdita di un arto e la perdita di un figlio. Certamente. Non hanno mai avuto intenzione di ucciderli, le due sorelle Stark.
Sono figlie del loro padre: onorevoli oltre la sopportazione; è un tipo di clemenza che i Lannister non avrebbero mai contemplato.
Forse è proprio per questo che ci sono loro due sedute accanto alla nuova regina, e non lui e sua sorella.
<<-Le mie lady hanno deciso inoltre di condurre ad Approdo del Re i vostri figli minori. Avrete la possibilità di vederli prima di lasciare la città. Lord Tyrion si occuperà che vengano poi riportati dai loro promessi.>> - La notizia riporta un po’ di luce nei meandri dei suoi pensieri.
Si volta verso Cersei, per infonderle un po’ di speranza, ma quando la guarda vede qualcosa che non ha mai visto prima: gli occhi azzurro pallido sono accesi da una luce febbrile, i lineamenti distorti dalla furia. Jaime fa appena in tempo ad afferrarla per le braccia prima che lei si slanci con un grido verso i tre troni, e si chiede chi avrebbe cercato di raggiungere per prima, se Daenerys, che ha preso il suo posto, se Sansa, che la umilia come un tempo lei è stata umiliata, o Arya, che adesso è stranamente rilassata, quasi si fosse tolta un peso dalle spalle.
<<-Cersei…- Le sussurra -…smettila, pensa a Myrcella, pensa a Tommen…pensa agli altri nostri figli!>> - Ma la sua gemella non smette di divincolarsi, né di gridare inferocita, e in Jaime giunge la consapevolezza che non le importa degli altri. Non le importa più di niente: non della giovane donna che anni prima ha guardato allontanarsi diretta verso Dorne, né del bimbo paffutello innamorato dei suoi cuccioli. Non gli importa più nemmeno di lui, l’uomo che le si era votato anima e corpo.
E forse è quello che gli permette di recidere quel sottile filo che lo tiene ancora legato a lei. La lascia andare. E si ritrova da solo, una parte soltanto. Non più la metà di un tutto, ma un elemento unico e completo.
Le guardie armate prendono il suo posto e la portano via, e Jaime resta lì, nel mezzo della grande sala, finché qualcuno non scorta fuori anche lui.
 
Poche ore più tardi si ritrova a sellare un cavallo. E’ il suo, ed è un animale forte e caparbio, proprio come un tempo lo è stato lui. Si chiede perché le guardie di Daenerys non gli abbiano dato una diversa cavalcatura, una più vecchia, meno vigorosa…ma alla fine rinuncia a comprendere le loro motivazioni, non hanno importanza. La mancanza della mano gli impedisce di stringere le cinghie con rapidità, ma non si preoccupa neanche di questo: la giovane Targaryen gli ha dato fino al tramonto, e il sole volge appena a mezzodì.
Tanto più che ha già fatto ciò che doveva: è salito dai suoi figli e li ha tenuti stretti tra le braccia l’ultima volta, smarrendosi nei loro occhi chiari e nel colorito sano delle loro guance.
Myrcella assomiglia a Cersei. O meglio, le sarebbe somigliata molto se non fosse per la cicatrice che le taglia il volto. Ma nonostante la brutta ferita la sua vita è felice, gli ha assicurato lei: il suo principe, Trystane Martell, la ama teneramente, e la rispetta.
<<-Cerca sempre di essere alla mia sinistra, affinché possa udire meglio.>> - Glielo ha detto con serenità e con un sorriso, per palesare la mancanza dell’orecchio destro, e Jamie ha cercato di non spezzarsi davanti al coraggio della figlia. Il piccolo Tommen gli ha parlato a lungo delle meraviglie di Lancia del Sole, del clima caldo e arido, e di come lui e Obella Sand stiano legando.
Le sue paure non hanno motivo di esistere: i due ragazzi non hanno il suo temperamento avventato, né l’arroganza della loro madre; sono onesti, onorevoli, ma forti. Non sono due sciocchi e sapranno prendere sagge decisioni quando e se sarà il momento.
Li ha lasciati con questa certezza e con la speranza che le loro guide saranno migliori della sua.
Stringe il sottopancia quanto più possibile con la mano sinistra, ma quello resta comunque lento, e deve riprovare ancora una volta.   
<<-Potevi fartelo sellare da qualcuno.>> - Jaime sorride e si volta verso il fratello. Il suo piccolo, deforme, gentile fratello, la cui tempra e la cui onestà sono state finalmente ripagate.
Non lo vede dal giorno precedente. Forse ha pensato che sarebbe stato deriso per la decisione che le due Stark hanno preso. Forse pensa che sarebbe stato odiato.
Povero Tyrion…quella famiglia non gli ha mai dato qualcosa che poi non si sia ripresa.
<<-Ho già avuto la mia dose di fortuna.>> - Il Folletto gli si avvicina con il suo solito sorriso sghembo. Indossa un farsetto da poco, ma robusto e pulito, proprio come il suo.
<<-Che ne sarà di te fratello?>> - Lui si guarda intorno; fissa la sua attenzione sul legno delle stalle e sulla paglia fresca. Lo ha sempre fatto, per farlo esasperare un po’, ma questa volta torna a guardarlo dopo pochi istanti.
<<-Mi hanno offerto di restare.>> - Jaime inarca un sopracciglio.
<<-Quindi ti attendono di nuovo sete e velluti?>> - La risata che scuote il piccolo corpo dell’uomo è sarcastica.
<<-Non credo che nel regno che verrà ci sarà posto per sete e velluti. Non presto almeno.>> - Lui stringe di nuovo, e questa volta il gancio della fibbia si incastra nell’anello giusto. 
<<-Ti auguro ogni bene.>>
<<-Hai già saputo quale sarà il luogo del tuo esilio?>> - Jaime scuote la testa. I capelli biondi, lavati, gli finiscono negli occhi, e assurdamente pensa che avrebbero bisogno di essere tagliati. Tyrion si fa più vicino, finché solo pochi metri li separano l’uno dall’altro.
<<-Tarth.>> - Il silenzio accoglie quella rivelazione, poi Jaime ride. Un suono non propriamente allegro, ma nemmeno colmo di amarezza. Ama suo fratello. Non glielo ha mai detto, e senza dubbio è tardi per farlo adesso, ma Tyrion ha ereditato quella bontà che la loro madre aveva in abbondanza, e che nessuno di loro ha mai posseduto, e lui gli vuole bene.
<<-Tarth?>>
<<-Colpevole ma esiliato…è uno strano connubio. Lord Selwyn ha accettato di farti entrare nel suo territorio, il resto dipende da te.>> - Un ultimo dono quello che Tyrion gli ha fatto, un altro motivo per essergli grato.
<<-Lei dove andrà?>> - Il volto del fratello si rabbuia a quella domanda, ma come sempre è sincero nel rispondergli.
<<-Al Nido dell’Aquila, nella valle di Arryn.>> - Jaime capisce il motivo di quell’aria cupa, e concorda: tutto sommato quello è stato un tiro mancino.
<<-Il Nido dell’Aquila è sotto il comando di Robin Arryn.>> - Un ragazzino deboluccio il cui divertimento più grande è far volare uomini e donne giù dalla fortezza più alta di tutti i Sette Regni.
<<-Lo affianca il suo prozio, Brynden Tully. E’ un uomo d’onore.>> - “Ma amava sua nipote Catelyn con tutto il cuore”. Sono parole che Tyrion non pronuncia, ma entrambi sanno bene che Cersei non durerà più di tre cicli di luna in quel luogo. Di sicuro non nelle sue attuali condizioni.
<<-Chi lo ha deciso?>>
<<-Arya Stark. Vi voleva morti entrambi, ma alla fine si è accontentata di decidere la destinazione di Cersei. Ovviamente lo ha fatto per sua sorella.>> - Ovviamente. Nessuno più di lui può capire il profondo legame che unisce due fratelli, e Arya Stark ha comunque voluto la sua vendetta su chi è rimasto impassibile a guardare Sansa che veniva percossa.
<<-Mi dispiace Jaime, ho avuto il potere di cambiare le cose solo per uno dei due.>> - Jaime sorride appena, riconoscente, e poi sale a cavallo. La bestia scalpita per il desiderio di essere lanciata a briglia sciolta, ma lui tiene le redini con mano ferma. Tyrion gli porge un rotolo di pergamene tenute insieme da una stretta cinghia di pelle trattata. 
<<-Cosa sono? I miei documenti di sbarco?>> - Il Folletto sogghigna.
<<-Credi che li affiderebbero a me? No fratello, sono progetti da dare ad un buon armaiolo, se ne troverai uno. Una mano di metallo sarà peggiore di una in oro, ma sempre migliore di non averla affatto.>> - Quando li afferra cerca di dire qualcosa, qualsiasi cosa, che porti l’altro a capire che gli deve molto, che prova un profondo affetto per lui, ma non ci riesce. Tutto ciò che sa dire è:
<<-Grazie Tyrion.>> - Il nano annuisce.
<<-Addio Jaime.>>
  
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