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Autore: BlueAngelxx    01/03/2014    1 recensioni
Dean e Cas. Uno è un tutor di fisioterapia, l'altro uno studente di infermieristica.
Cosa li accomuna? Il fatto che si troveranno a fare il primo tirocinio accademico proprio nello stesso reparto.
Genere: Comico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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NOTE:

Ciao ragazze! Sono ancora qui, non sono morta tranquille xD Anche se la sessione d’esame ci ha seriamente provato ad uccidermi. ç.ç Ho dato il primo esame il 20 di gennaio e ho finito giusto ieri .-. Tra i laboratori pratici, gli esami e i primi compiti in itinere per i tirocini ho avuto due mesi orribili. Ma tranquille :D Dean e Cas sono sempre qui ù.ù
Non sono tipo che lascia le fanfiction incomplete =)
Quindi spero che vi piaccia il nuovo capitolo, cercherò di aggiornare prima la prossima volta ^^”
Ho finito di scrivere tardi quindi vi regalo questo capitolo xD
Buona lettura <3
 

 

 

Sono appoggiato al muro vicino alla porta di casa di mia madre mentre aspetto che mi apra, indeciso su come spiegare la mia presenza a quell’ora a casa sua. Certo era che a volte avevo davvero delle idee che raggiungevano livelli di idiozia davvero biblici. Da quando mi facevo infinocchiare da due occhioni blu? Mi viene da sbuffare e incrociare le braccia per poi lanciare uno sguardo alla mia bimba parcheggiata poco lontana dall’ingresso.
Non riesco ad farmi venire in mente niente, almeno non prima che mia madre apra la porta. 

 

-Dean! Non ti aspettavo, è successo qualcosa?
-No, no tranquilla… sono venuto qui perchè…

Perché?

-Perchè… perché volevo venire a salutarti!
La risposta non regge, me ne rendo conto nello stesso istante in cui inizio ad aprire la bocca. A volte sono proprio deficiente, non dico la verità pur rendendomi conto che a volte sarebbe la cosa più semplice e la meno complicata. A volte, no anzi sempre, basterebbe quella per evitarmi una marea di impicci nel quale invece vado a cacciarmi senza il minimo ritegno. La vedo lanciarmi uno sguardo sospetto per poi, qualche secondo dopo, scansarsi per farmi passare dentro casa. 

-Sei sicuro che vada tutto bene? Ti vedo strano.
Scuoto la testa, sto bene anche se ho strano senso d’ansia girarmi per la testa. Non ci vuole un genio per rendermi conto che non sono meno nervoso del giorno prima, eppure non riesco davvero a capire perché.  Che fosse colpa di quegli occhioni blu? 

-Stavo giusto per chiamarti comunque, hai lasciato la borsa della palestra qui.

 

Ah, ecco perché avevo deciso di accompagnare Cas a casa.

 

Mi dirigo verso il piano di sopra per prendere la borsa che avevo lasciato in quella che, prima che andassi a vivere da solo, era la mia camera. Mi viene da sbuffare per l’ennesima volta quando mi torna in mente la faccia di Cas quando gli ho detto che faccio boxe. Non mi aveva mai fatto strano parlarne con qualcuno e per questo scuoto la testa e mi butto sul letto, sono solo le tre di pomeriggio, posso anche permettermi di riposarmi un pò. 

-Tu lo sai che puoi parlarmi di tutto vero?
Certo mamma, se solo sapessi cosa c’è che non va.

 

Mi viene il dubbio che lei sappia perfettamente cosa non va e questa cosa mi fa incazzare in una maniera allucinante. -Sam dov’è?

-Dean sono le tre, Sam è partito stamattina per Stanford, ti ricordi che te l’avevo detto?

-Ah. Si. E’ vero.

Faccio in tempo a lanciarle uno sguardo che la vedo appoggiata al muro, nella stessa identica posizione che avevo preso io appena una decina di minuti prima. Sorrido. In quei momento mi rendo conto che una delle poche cose di cui sono contento della mia vita è proprio lei. 

-Ok. Solitamente non dimentichi mai queste cose, c’è decisamente qualcosa che non va.

Mugugno qualcosa di incomprensibile, molto più per me che per lei.

Si avvicina a me e mi appoggia le mani sulle guance, non mi dice niente. Mi conosce e sa che quel gesto basta per dire tutto quello che è necessario, niente di più, niente di meno. Mi sorride per poi scendere le scale e ritmare con il polso la canzone che era solita cantarmi sempre da bambino.

Non faccio in tempo ad alzarmi che sento il telefono squillare dal piano di sotto. Ma si può vivere in pace dentro questa casa? Per un periodo avevo seriamente avuto l’idea di lanciare il telefono di sotto e scappare in giro per l’America con la mia macchina.
Peccato che poi, dopo un po’, mi sarei dovuto sorbire tutte le critiche di mio padre, pronto  a dirmi che non ero altro che un fannullone, uno scansafatiche.
Ricordo ancora, nonostante siano passati quattro anni, dal primo giorno che ho portato i soldi del mio lavoro a casa e in cui non mi era stato rivolto da mio padre neanche un sorriso, per me è un dovere, non un orgoglio. All’inizio avevo iniziato con quell’idea, per poi arrivare a capire che mi piaceva il mio lavoro, che conoscere tutta quella gente, imparare tante cose sulle persone e che, dopotutto la tua vita non sembra così male quando hai qualcuno da cui tornare. 


Sorrido passando una mano sul vecchio armadio di casa.
-Perchè non ti sei mai trasformato nell’armadio di Narnia? Sono molto offeso.
Borbotto, in una via di mezzo tra il divertito e l’offeso.

-Ricordo quando tu e Sam eravate piccoli, passavate le ore a giocare con quell’armadio.

Me lo ricordo, quando mio fratello ci si nascondeva sempre e poi si lamentava che riuscivo a trovarlo senza  la minima difficoltà. 

 

Continuando a strusciare la mano arrivo a prendere il mio telefono sul mobile dell’ingresso.

Usciamo a festeggiare il primo giorno con i tirocinanti? 

 

Chi poteva essere se non Chuck? Quella spugna.

Rispondo, anche se io non sono proprio la persona adatta per giudicare il suo rapporto con l’alcool.


Ci sto!

 

-Mamma, devo scappare…

-Vai a bere con Chuck stasera? 

Annuisco, e non posso fare a meno di notare un’espressione malinconica sul suo viso. Mi aveva dimostrato molte volte che era fiera di me qualsiasi cosa facessi, ma non riusciva a nascondermi il fatto che preferisse che rimanessi a casa a mangiare qualcosa con una persona sola piuttosto che andare in giro facendo la vita che ormai ero abituato a fare, specie dopo Lisa. 

-Ci ho provato mamma.

Ed era vero. 

-Lo so, ma una madre non perde mai le speranze no?

Le sorrido e la Ringrazio, dandole poi un bacio su una guancia prima di uscire

-Ti voglio bene.

-Anche io tesoro.


Esco da casa e dopo aver lasciato la borsa della palestra in macchina mi dirigo verso casa mia. Cercando di capire perché gli occhi di Cas mi ronzino in testa come due mosche e l’idea di uscire con Chuck mi angoscia più del solito.
Dannazione, mi ripeto. Non ho così ansia dal giorno in cui ho dovuto dare il primo esame all’università appena quattro anni fa.
Arrivo a casa una mezz’oretta dopo e faccio appena in tempo a buttare tutto nella cesta della lavatrice e farla partire prima di buttarmi sul letto per farmi qualche ora di sonno.
Almeno se dormo non penso ed evito di farmi venire un esaurimento nervoso.
Sono finito quasi dall’altra parte della città solo per accompagnare a casa un ragazzo che ho appena conosciuto, ma cosa mi prende?
Mentre mi perdo nei miei pensieri sento il sonno venire a prendermi e mi addormento. 

 

♜♜♜♜

Mi sveglio qualche ora dopo, a giudicare dalla luce sembrano le sei, o le sette. Possibile che ho dormito così tanto e non me ne sono neanche accorto?
Decido di alzarmi per farmi quella che io chiamo una “bella doccia mattutina”, anche se poi tutto è tranne che quello.
Mi occupo di sistemare tutto quello che manca: lavatrici e cose simili. Per poi infilarmi il mio miglior paio di jeans, scarponcini e una maglietta nera. 

Il resto lo sistemo quando torno. Mi dico quando prendo la mia giacca verdastra, le chiavi della macchina e lo zaino che mi porto sempre dietro. 

Salgo in macchina, buttando un’occhiata involontaria e decisamente troppo lunga al sedile del passeggero prima di riprendermi e tornare lucido. Oh insomma! Mica posso farmi incasinare il cervello da uno che ho appena conosciuto, non è neanche lontanamente accettabile.

Accendo la macchina e raggiungo Chuck in un pub poco lontano. 

 

La mia serata inizia in modo normale, come al nostro solito, qualche birra e qualche chiacchierata senza impegno. Alla fine però, dopo una quantità abbastanza sconveniente di birra, whiskey, gin, rum e vodka, che poi non so neanche perché la bevo dato che non mi piace, mi ritrovo a parlare di argomenti che né io né Chuck avremmo mai voluto sentire. Non mi preoccupo, il mio turno con le matricole è quello pomeridiano e quindi posso stare calmo e non devo preoccuparmi di non poter smaltire la sbronza in tempo per il mio turno. 

-Come ti sembrano le matricole?- mi chiede Chuck con un sorriso sulle labbra, io alzo lo sguardo dal bicchiere, continuando a tenere il bordo inferiore tra i denti. Non avevo mai capito come fosse possibile che la sua espressione fosse malinconica anche quando sorrideva.  

-Non lo so- rispondo, la mia risposta è sincera dato che non so davvero cosa aspettarmi da quel gruppo di circa centosessanta persone. Era capitato duranti gli anni di perderne molti da un anno all’altro e quindi non mi capitava mai di riconoscerli tutti, anche se poi li incrociavo nel reparto. Avevo preso delle tecniche per imparare a conoscere e specialmente riconoscere quelli che erano sotto la mia responsabilità quando venivano nel mio campo di interesse.

Certo, a volte avevo ancora dei problemi a relazionarmi con gli infermieri non conoscendo, a distanza di pochi anni tutti i loro compiti e i loro programmi di studi. 

-Ho sentito che alcune ragazze già parlano di te.-

Rido e alzo il bicchiere per fare in modo che tocchi la sua bottiglia di birra posata, sul tavolo, poco lontano dalla mia mano -Avevi dei dubbi? Non per niente sono il fisioterapista più apprezzato dalle infermiere e dalle dottoresse dell’ospedale.-

Sbuffa divertito. -Sarebbe un motivo abbastanza valido per cambiare ospedale.-

-Si certo e poi come ti divertiresti senza di me?-

Tutto quello che ottengo in sua risposta sono solo spallucce. -Ma come Chuck? Sei la persona più loquace che io conosca, no forse quella è Charlie, e ti zittisci così?-

-Non mi metto a discutere su questi argomenti Dean, lo sai bene-

Beve un sorso anche lui dal suo bicchiere trattenendo a stento una risata.

 

Non reggo più l’alcool come una volta

Mentre i bicchieri salgono e l’alcool scende lo fanno anche gli argomenti, che vanno a scavare sempre più giù nel mio passato. Vengo riscosso da una voce femminile, la cameriera probabilmente - Cos’altro ti porto, splendore? 

-Mi ruoto leggermente, appoggiando il gomito sul retro del divanetto sul quale sono seduto. 

-Volentieri tesoro, lascio a te la decisione. 

-Cassandra

-Va bene Cas,

Non so spiegarmi perché in quel momento chiamare con quel piccolo nomignolo quella ragazza mi fa più effetto di quanto avrei immaginato e la faccia di quel ragazzo con gli occhi azzurri mi ronza di nuovo in testa. Gli occhi dorati della ragazza e il rossetto rosso in quel momento almeno mi distraggono per quel che basta. 

Si guarda intorno in fretta per poi avvicinarsi a me. -Qui non c’è molto di più di quello che hai già bevuto, però quando stacco qualcos’altro forse lo troviamo. Butto un’occhiata alle unghie lunghe smaltate di rosso. Interessante.

-Interessante.

Ripeto.

La guardo sorridere maliziosa con un sorrisetto. Il rossetto crea un netto contrasto tra gli occhi dorati e i denti bianchi. -Stacco tra venti minuti.

-Ci si vede tra venti minuti. Nel frattempo mi porti un’altra birra per favore?

 

In quell’arco di venti minuti non riesco a quantificare il numero di litri di alcool che passano direttamente nel mio esofago per passare nel mio stomaco. Ho fatto trenta tanto vale fare trentuno no? 

Le ultime cose che ricordo sono quelle di quella ragazza, Cassandra, che sospira.
-Sarebbe meglio che tu lo portassi a casa, non credo che si potrebbe reggere in piedi.

-Già.

-Non capisco il perché del fatto che vi comportiate in questo modo.

-Storia lunga.

 

Strizzo gli occhi per poi andare fuori accompagnato con il braccio intorno alle spalle di Chuck.

-Ti chiamo un Taxi.
-No! Scordatelo! Baby mica posso lasciarla qui!

-Ah, giusto…l’Impala. 

-Dean?

 

Riconosco a stento la voce che proviene poco lontano da me. Castiel? Mi riprometto di chiedergli il giorno dopo come è possibile che sia sempre nel posto giusto al momento sbagliato. -Signor Shurley, buonasera.-

-Scusa, non mi ricordo di te…

Sento un sospiro -Castiel, Novak. Sei il mio tutor all’università-
Nonostante questo però non riesco a capire quale sia la risposta di Chuck e io sono troppo poco lucido per provare anche solo ad immaginare una qualsiasi cosa. Non faccio in tempo a realizzare quello che sta succedendo che, dopo essere stato sballottato come un sacco di patate, mi ritrovo sul sedile del passeggero della mia macchina con la cintura di sicurezza legata addosso.

Provo a protestare quando sento Chuck dare le chiavi della mia macchina e di casa mia a Cas. 

-Ti ringrazio. Lo accompagnerei io solo che poi la mia macchina rimarrebbe qui..

-Non fa niente, io sono venuto con gli autobus quindi comunque un passaggio mi farebbe comodo. Lo accompagno a casa di sua madre che sta vicino a casa mia così io poi vado direttamente da me. Non sarebbe saggio lasciarlo a casa da solo considerando quando ha bevuto.

 

Provo a protestare con un mormorio. -Hey! Vi ricordo che: uno sto benissimo, due sono ancora qui!Non è molto carino da parte vostra ragazzi parlare come se non vi ascoltassi.

In effetti avevo ragione  anche se anche loro non avevano tutti i torti. 

-Si Dean, come no.


Sento il motore della macchina accendersi e poi mi appoggio allo schienale del sedile, troppo rintronato per aggiungere una qualsiasi cosa e per protestare al commento di Cas sulla mia sobrietà. Devo ammettere che sono stranamente tranquillo, nonostante il fatto che un semi-sconosciuto stesse guidando la mia macchina. Non so se è colpa dell’alcool o di qualcos’altro ma sicuro è che in quelle condizioni non ho la minima voglia di scoprirlo.

-Dove stiamo andando?
Chiedo, mentre mi stiracchio le braccia e porto indietro le spalle come per cercare di riattivare la circolazione.

-Ti accompagno a casa da tua madre.
-Come? Ho venticinque anni mica ne ho quindici! Non sono alla mia prima cotta!

Quella frase mi esce acida, quasi troppo, peggio di un ragazzino che è stato ripreso da un genitore. 

-Ah no? A giudicare da come ti sei ridotto direi proprio di si! Non riesci neanche a reggerti in piedi. Sono sorpreso dal fatto che tu ancora non abbia vomitato.

 

Ma chi si crede di essere questo? Neanche mia madre mi ha mai fatto un discorso del genere! Sono grande, grosso e vaccinato, vivo da solo. Avrò pure il diritto di fare quello che diavolo mi pareva dopo una giornata di lavoro no?
Il mio problema, nonostante l’età è quello che non ho mai imparato a tenere la bocca chiusa.

-Scusa ma chi ti credi di essere! Ti conosco da due giorni, non sai niente di me!

Mi pento quasi subito di quello che ho detto, lui non sapeva niente di me, ma neanche io sapevo niente di lui. Avrei dovuto portare un minimo di rispetto. 

Lo sento respirare pesantemente, quasi a cercare di mantenere il controllo per non girarsi e darmi un pugno. Visto e considerato che, oltre ad avere le chiavi della mia macchina, di casa mia e del resto, io anche ubriaco come il legno di una botte di vino potevo anche cercare di rimanere almeno educato fino ad un posto che conoscevo.

-No Winchester. Ma si da il caso che se tu combini qualche macello con questa macchina io perdo uno dei miei tutor e visto che sono l’ultimo che ti ha visto vivo se tu ti ammazzi io passo un guaio e non mi interessa. Ne ho già abbastanza di mio.


Certo che era proprio strano quel ragazzo, perché si metteva a discutere con un ubriaco?
-Va bene. Visto che non vuoi andare a casa di tua madre dove andiamo? 

-Voglio andare a casa mia.

-Certo ora sono anche un taxi. 

 

Nonostante tutte le proteste lo vedo comunque mettere la freccia per fare inversione e seguire le mie istruzioni. -A volte mi chiedo perché ho sempre queste idee folli e nonostante io sappia perfettamente che lo sono io mi ostini a farle lo stesso.- Lo sento borbottare mentre lo vedo attraverso le palpebre che mi stanno cadendo e diventano sempre più pesanti. 

 

♜♜♜♜

-Dean? Hey! Ci sei?

Sento la sua voce riscuotermi dai miei pensieri, mentre io continuo a vagare con la mente senza tuttavia avere un filo conduttore. L’unica cosa che Cas ottiene in cambio è un mugolio contrariato, non ho proprio voglia di alzarmi ma so bene che, con il mio metro e ottanta di altezza, non sono proprio un peso piuma. Mi rendo conto di dovermi alzarmi quando riconosco il bianco e l'arancione chiaro della facciata del mio palazzo. Quando cerco di uscire dalla macchina e mi accorgo di non riuscire neanche a tenermi in piedi realizzo che forse la situazione è più grave di quando avevo mai potuto immaginare appena qualche minuto prima. Forse sono davvero peggio di un quindicenne alla prima sbronza. Nonostante tutto però non mi serve che io chieda niente che mi trovo il braccio sinistro di Cas avvolto alla vita e il mio braccio destro appoggiato al suo collo. 

-Perchè lo stai facendo? Mi conosci appena.
Gli chiedo quando mi accompagna verso l’ingresso.

-Te l’ho detto. Sei il mio tutor, l’ultima cosa che mi serva è che ti ammazzi per un incidente d’auto perché sei sbronzo.

 

Quando arriviamo sento il mondo cedermi sotto i piedi e perdere l’equilibrio. 

Con la stessa forza di uno schiaffone mi sento travolgere da una serie di ricordi che,come un fiume in piena mi raggiungono. Io non riesco a fare niente, come se io fossi in piedi nell’acqua e le onde del mare fossero troppo forti. Non riesco più a tenermi in piedi, cerco qualche appiglio e quando lo trovo non so se è la maniglia della porta o se è il trench di Cas che è ancora accanto a me.
Quando ancora ne parlavo con mia madre lei aveva iniziato a chiamarlo “il mio lato oscuro” ma dopo qualche anno, quando avevo iniziato a capire che a volte quelle cose non passano avevo smesso di parlarne. Solitamente quando smettevo e accendevo la musica tutto poi passava lentamente e si riaddormentava da qualche parte dentro di me, ma in quel momento era troppo forte e non sapevo come comportarmi e come reagire.

Sei una delusione. 

Con tante cose proprio il fisioterapista?
E’ proprio da te. Non fare niente dalla mattina alla sera e provarci con le ragazze.

Non potevo aspettarmi nient’altro da te.

Tu non sei come Sam. Lui si che farà qualcosa.

Ho fatto bene a non puntare un centesimo su di te.


Le ultime frasi che avevo sentito pronunciare dalla bocca di mio padre prima che morisse, le ultime frasi con la sua voce che ho sentito prima che quella versione più giovane di me lo vedesse uscire dalla porta per non vederlo rientrare mai più. Un gemito mi esce dalle labbra quando l’ennesima fitta alla testa mi costringe a piegarmi e appoggiare la mano su una superficie fredda. Non so più dove sono. Sento Cas mormorare qualcosa ma non capisco neanche una sillaba di quello che mi dice. Ti prego resta. Non andare via anche tu.

Non riesco a capire se ho pronunciato quelle parole e nel dubbio ripeto. -Resta. Per favore.-

L’ultima cosa che riesco a distinguere è Cas che butta il trench su una poltrona e si toglie la cravatta.
Non so se colpa dell’alcool o di qualcos’altro ma non posso negare di non aver trovato il movimento attraverso il quale si slaccia la cravatte e i polsini della camicia per tirarseli su particolarmente affascinante. Ecco, mi ci mancava solo quello. Ma si può sapere che diavolo mi sta succedendo?

-So già che me ne pentirò. 

Sento solo quello, per poi chiudere gli occhi e non ricordare più neinte.

 



Note finali:

Insomma, ho deciso di aggiungere un piccolo cammeo per la mia amica Demonwithashotgun da cui sono stata qualche giorno a febbraio. Spero che la lettura vi sia piaciuta, lei non è per il Destiel però ascolta sempre i miei deliri notturni quando sono in crisi da fluff xD Ti voglio bene <3

   
 
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