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Autore: Poseidon999    01/03/2014    1 recensioni
"Due saranno gli eroi, tre all'inizio uno in meno poi.
L'ultimo la guerra deciderà, per volontà sua l'Olimpo viver potrà.
La via di Efesto seguire dovranno e, tra i ghiacci la Gelida otteranno"
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Credi di farmi paura? –
Annunciò l’empusa cercando di non far trasparire il suo timore.
Mi sentivo tremendamente forte, mi ero improvvisamente rinvigorito, quella fiamma dentro di me continuava ad ardere ed io mi sentivo sempre più forte e sicuro.
- Leggo nei tuoi occhi la paura – dissi
- Si vede che sei dislessico! – rispose, prima di lanciarsi all’attacco brandendo la frusta
DONG CLOP DONG CLOP, il suono dei suoi passi era terribile e comico insieme.
D’istinto mi rotolai sul fianco schivando il colpo e subito mi lanciai in avanti menando un fendente che graffiò il braccio sinistro dell’empusa.
Il suo urlo fu più raccapricciante del sorriso del preside. E ho detto tutto.
- Maledizione! E’ bronzo celeste! – disse lei. Bronzo celeste? Ma di cosa stava parlando?
Decisi di ignorare i suoi commenti su quella che a me sembrava una spada evanescente, e. senza parlare le andai incontro brandendo la mia arma, la feci indietreggiare di qualche passo con un paio di fendenti, poi lei mi colpì il volto con la frusta.
Caddi a terra dolorante, la ferita sembrava andare a fuoco, per un attimo mi si appannò la vista e i sensi mi si offuscarono. Pensai a Delphyne e a quella ragazza, Nicky: non potevo lasciarle lì!
Piano piano mi ripresi, mi alzai in piedi e dissi:
- Non dovevi proprio farlo! -
Cominciai a correre verso di lei, che ruotava la frusta, e appena le fui davanti cercò di colpirmi, ma stavolta fu troppo lenta: con un balzo mi spostai sulla destra, mi diedi una spinta verso l’alto sfruttando una lavatrice che si trovava tra la spazzatura ai miei piedi, e conficcai la mia spada nel collo del mostro.
Un attimo dopo di lei era rimasto solo un mucchietto di polvere nera e la sua frusta.
- Oh! Mio! Dio! – esclamò Nicky esterrefatta.
- Come ci sei riuscito? - mi chiese Delphyne.
- Sinceramente... non lo so. – risposi – So’ soltanto che dobbiamo andarcene di qui, e alla svelta! –
Non potevo ancora crederci: avevo distrutto una tizia con i capelli in fiamme con delle armi che non sapevo neanche come fossero comparse! Per non parlare di quell’aura rossa odorante di sangue che avevo intorno. Non capivo come fosse possibile, e tantomeno riuscivo a trovare una spiegazione plausibile.
E quell’abilità in combattimento, da dove veniva?
Ci stavo ancora rimuginando sopra quando una voce mi fece notare che…
- Siamo circondati da dei cosi strani! – urlò Nicky e tutti si voltarono a guardarla.
- Sssssh! – la zittì Delphyne –Cosa intendi dire? -
- Voi non li vedete? Sono là, difronte a quel bar! Sembra stiano cercando qualcuno, e qualcosa mi dice che quel qualcuno siamo noi. – Se io ero pazzo, lei lo era di più.
- Nicky, ascoltami: noi non vediamo niente e nessuno di strano. Se tu dici che non sono umani…be’ io mi fido di te. Guidaci. – disse Delphyne. Non parlai, ma feci in modo di trasmettere a Nicky che la pensavo esattamente come Delphyne.
Nicky si lanciò in mezzo al traffico newyorkese, e tra i clacson e la confusione generale scorsi quegli uomini vicino al bar che, accortisi di noi, ci venivano incontro.
Dissi alle ragazze di accelerare e ci buttammo di nuovo tra i vicoli, dove incontrammo altre creature strane, come scheletri, mostri a sei braccia e altri “fantastici” personaggi che tutti sognerebbero di incontrare!
Sbucammo nella strada di fronte all’Empire State Building, dove trovammo un camion di fragole con il retro aperto.
- Pensate anche voi quello che penso io? – chiesi.
- Sempre meglio che essere uccisi da mostri. – concluse Delphyne, così entrammo nel retro del camion, chiudendo la porta.
L’aria era fredda ma profumava di fragole, e questo mi fece venire voglia di assaggiarne qualcuna.
- Ce la siamo vista brutta – ammise Nicky.
- Grazie – le disse Delphyne.
- Per cosa? – chiese lei.
- Be’ dopo tutto è merito tuo se siamo ancora sani e salvi, no? – e intanto mi colpì con il gomito
- Ah si, è vero. Grazie Nicky! – aggiunsi - Comunque, come fai a vedere quei cosi? -
- E’ un dono, un’abilità, non so come definirla... una maledizione che avevo parzialmente da quando ero piccola, ma adesso, da circa due mesi, vedo costantemente tutto ciò che non è normale. La gente comune, a quanto pare, non si accorge di niente, tanto che alcuni convivono tranquillamente con quei... cosi. Quando avevo queste visioni, dicevo a mia madre di cambiare strada ogni volta che vedevo un mostro, perché avevo paura. Ero solo una bambina, ma mia mamma si ostinava a portarmi da degli psicologi, senza curarsi di ascoltarmi. Per questo sono scappata da casa, proprio… - controllò l’orologio – un’ ora e venti minuti fa –disse con un po’ troppa precisione, come se sperasse da tempo di pronunciare quella frase.
- Probabilmente mia madre non si è ancora accorta che sono scomparsa – aggiunse con un pizzico di amarezza.
- Tranquilla adesso ci siamo qui noi - disse Delphyne.
- Comunque voi come vi siete trovati contro quel mezzo asino? – chiese Nicky.
- Bè, eravamo in punizione... – iniziai.
- Per colpa tua! – aggiunse Delphyne
- Dettagli. Dicevo: eravamo in punizione, che consisteva nel ripulire l’intera scuola dopo la fine della festa d’accoglienza, e abbiamo incontrato questa signora che si è spacciata per la sostituta della nostra bidella, e si è offerta di aiutarci. Per il cervello di Delphyne ogni tanto funziona, ed ha capito in tempo che era un impostore e siamo corsi via. Poi abbiamo incontrato te. –
- Con Ector queste cose sono quasi all’ordine del giorno – disse Delphyne guardandomi con uno sguardo che sembrava sfidarmi a dire il contrario.
- Cosa? Essere rincorsi da mostri con la permanente in fiamme? – chiese Nicky.
- Preferirei cento volte che a corrermi in contro fosse Jennifer Lawrence... – risposi con voce sognante.
- Fossi in te non ci spererei. – rispose Delphyne -comunque parlavo del fatto di essere messi in punizione. Ogni volta finisco per coprirti... ma chi me la fa fare? – disse.
In quel momento il motore del camion si mise in moto e senza che ce ne rendessimo conto era partito, veloce e cigolante.
-Dove starà andando? – chiese Nicky.
-Anche a me piacerebbe saperlo – risposi.
Dopo quella che sembrò un’eternità il camion si fermò. Ero abbastanza scosso. Il viaggio era stato tortuoso e a dir poco scomodo.
- Tutto a posto? – chiesi rivolto alle ragazze.
- A parte le chiappe livide? Si, tutto a posto – rispose Nicky.
Sentimmo sbattere le portelle del camion, e udimmo dei passi dirigersi sul retro.
- Forza Zack, devo fare un altro viaggio. Prima carichi meglio è – disse una voce roca e profonda. Cinque secondi e lo sportello si sarebbe aperto. Quattro. Tre...
- Dietro di me! – dissi alle ragazze mentre alzavo la spada, pronto a colpire nel momento in cui lo sportello si fosse aperto.
Due secondi. Dovevo prepararmi ad ogni evenienza, potevano essere anche altre creature strane che avrebbero tentato di ucciderci.
Un secondo. Quella fiamma dentro di me crebbe di nuovo: che fosse legata alle mie amozioni? Il tempo di pormi quest’ultima domanda e lo sportello si aprì. Mi buttai addosso a chi lo aveva aperto e senza capire niente mi ritrovai disarmato e appeso per un piede.
Era successo tutto in un lampo: come aveva fatto? Sembrava che quel tizio sapesse già cosa sarebbe successo. Appena lo guardai in viso mi fu evidente che non era umano: la sua faccia era tempestata di occhi., ne aveva perfino sulle mani!
Mi scaraventò a terra con la delicatezza di un rinoceronte stitico, e mi alzai ansimando.
- Ector! – gridò Delphyne scendendo dal camion seguita da Nicky – stai bene? –
- Si – risposi – guardate la sua faccia! –
- Oh santo cielo!- esclamò Nicky – Dove siamo? E chi sei tu? – chiese.
Il singolare personaggio, che credo fosse Zack, non rispose.
- E’ arrabbiato? – chiesi intimorito.
- Non saprei, siamo entrati nel suo camion in fretta e furia – disse Delphyne.
- Dici che chiuderà un occhio? – chiesi.
- Fai lo squallido in un momento del genere? – replicò Nicky.
- ‘Sempre’  - disse Delphyne.
- ‘Disse Piton’ – aggiunsi.
- Dannazione smettetela! – replicò Nicky.
Se non fossimo stati di fronte a un essere che ci guardava tutti e tre contemporaneamente, probabilmente avrei riso. In quel momento Zack andò verso la portella del guidatore, l’aprì e suonò il clacson.
Allora quello che si rivelò essere nella parte inferiore uno stallone bianco e nella parte superiore un uomo di mezz’età con i capelli brizzolati e della barba sul viso, si fece avanti.
Facemmo un passo indietro. Pochi attimi di silenzio che fu rotto da questo… centauro?
- Cosa abbiamo qui? Un bel gruppetto di trasgressori! Come vi chiamate? – chiese gentilmente.
- Chi sei tu? – si limitò a chiedere impulsivamente Nicky.
- Io sono Chirone. Il direttore delle attività del Campo Mezzosangue. – rispose.
- Quel Chirone? – chiesi con stupore.
- Se intendi colui il quale ha istruito Aiace, Achille, Aristeo, Asclepio, Atteone, Ceneo, Enea, Ercole, Fenice, Giasone, Oileo, Palamede, Peleo, Telamone e Teseo. Allora sì, sono io. – disse tutt’un fiato.
- Ma cosa vai blaterando? Non sono così stupida da non riuscire a capire che sono tutti nomi mitologici! – esclamò Delphyne.
- Quali prove concrete ti permettono di affermarlo con tanta certezza? Scoprirai che sono più vicini a te di quanto tu creda, cara. – replicò Chirone.
Cosa voleva dire? Non potevano mica essere parenti! O mi sbagliavo?
- Visto che avete superato i confini del Campo senza esserne inceneriti, non siete del tutto umani – disse Chirone.
- Cosa vuoi dire? – chiesi con una nota di rispetto nella voce.
- Voi due – e indicò me e Delphyne che ci scambiammo uno sguardo – a giudicare dal vostro odore non siete... ehm... figli di chi credete di essere. –
Cosa? Non sono figlio di mia madre? E mio padre? So’ che è scomparso quando ero piccolo e so’ che la mamma lo ha conosciuto durante la guerra, per il resto non sapevo niente. E che centrava il mio odore?
- Quello che cerco di dirvi è che uno dei vostri genitori potrebbe essere un dio dell’Olimpo. Anzi quasi sicuramente è cosi, soltanto che non sappiamo quale dio o dea possa essere.
- Mi scusi, ed io? – chiese Nicky.
- Oh mia cara, non hai un’aura divina, quindi tu hai il dono di vedere oltre la foschia. – replicò Chirone.
- La... cosa? – disse Nicky.
- Foschia. E’ il velo magico che fa apparire normale quello che non lo è. –
- Perché solo io vedo tutti quei mostri orribili? – chiese Nicky.
- Il motivo è che i tuoi occhi possono farlo perché sono dotati di un potere che altri non hanno. Lo stesso potere che potrebbe portare alla veggenza. – spiegò Chirone.
- Bene, ora se volete seguirmi vi accompagno alla Big House. – e ci incamminammo verso l’entrata del Campo.
Prendemmo il sentiero che sbucava proprio dove avevano parcheggiato il camion. Fummo accolti da un arco con scritto “Campo Mezzosangue”. Lungo la strada Chirone ci spiegò che gli dei seguono il fulcro del potere mondiale e vi si instaurano.
- Ad esempio all’epoca dell’impero romano gli dei si stanziarono lì, a Roma, la più potente di tutte le civiltà – disse.
Dedussi che adesso gli dei si trovassero negli Stati Uniti, centro del potere economico del mondo
- Ma esattamente dove sono? – chiese Nicky.
- L’edificio più alto della Nazione. – rispose Chirone.
- L’Empire State Building!! – esclamammo all’unisono.
Inoltre ci spiegò che molte volte gli dei intrattengono dei rapporti con gli umani, con i quali hanno dei figli per metà divini, chiamati mezzosangue.
- E noi? Di chi siamo figli? – chiesi.
- Questo dobbiamo scoprirlo. Spero vi riconoscano questa sera, come del resto avviene di solito, ma dato il tuo abbigliamento insolito, Ector... non so: vedremo – concluse.
Ci illustrò le attività che si svolgevano durante la settimana: c’era la scherma, la corsa con le bighe, caccia alla bandiera e tante altre. Mentre camminavamo il Campo cominciava a formarsi: vedevo molti ragazzi che giocavano a basket, a pallavolo, altri che leggevano... Sulla destra intravidi quella che doveva essere un’arena da combattimento: lo dedussi dal fatto che ne entravano e uscivano ragazzi in armatura, molti di loro feriti. A sinistra scorsi una serie di capanne che dovevano essere gli alloggi, ma la visione mi fu oscurata da una serie di alberi che riempivano il bosco. La fine del sentiero si apriva a un atrio che dava sull’entrata della...
- Benvenuti alla Big House! Qui è dove viviamo io e il direttore del Campo. Vi avverto, è un tipo facilmente irascibile. – disse Chirone e un laccio d’erba si avviluppò al suo zoccolo, ma se ne liberò subito.
- Chi è il direttore? – chiese Delphyne.
- Lo scoprirete – rispose Chirone.
Entrammo nella Big House: la sala d’ingresso era una vera e propria hall d’albergo! Le quattro pareti della stanza erano decorate da quadri raffiguranti un dio, a giudicare dal suo atteggiarsi, ma non riuscii a riconoscerlo. Era sempre accompagnato da rami di vite in quasi tutti i quadri.
I miei pensieri furono interrotti dalla voce di una ragazza.
- Benvenuti al Campo Mezzosangue! Spero che Chirone non vi abbia spaventato. – disse strizzando l’occhio al centauro.
- E’ da quasi settant’anni che non spavento le matricole, mia cara. – disse impettito.
- Piacere ragazzi, io sono Annabeth. Sono una semidea, figlia di Atena. Cerco di dare una mano al campo, sono un po’ una tutto fare – spiegò.
Era davvero carina: bionda, alta, snella... Ma quello che mi colpì di più furono i suoi occhi grigi come la cenere. Era abbastanza giovane, avrà avuto sui venticinque anni.
- S-Salve – è tutto quello che usci dalla mia bocca ancora aperta. La ragazza ridacchiò.
- Loro sono Ector, Delphyne e Nicky. Fuggivano da un’empusa e si sono ritrovati nel camion di Zack – spiegò Chirone.
- Bene, che ne dite se vi accompagno a fare un giro del Campo dopo che sarete andati dal Signor D.? – chiese Annabeth.
- Sarebbe splendido – risposi, forse con un’aria troppo felice, visto lo sguardo fulminante che mi rifilò Delphyne.
Salimmo le scale, che sbucavano su un corridoio che percorreva la casa in tutta la sua lunghezza. Seguendo la parte destra del corridoio raggiungemmo l’ultima porta in fondo ed entrammo.
- Mi hai dato dell’irascibile! – sbottò un uomo girato di spalle che armeggiava con delle bottiglie.
- Oh andiamo, era per preparare i ragazzi al vostro... splendido carisma – mentì Chirone.
- Se c’è una cosa che non sai fare, Chirone, è mentire. – disse l’uomo.
- Sto prendendo lezioni. Comunque questi tre ragazzi si erano nascosti nel camion di Zack e sono finiti qui. – replicò Chirone.
Il signore si girò. Si rivelò un uomo di mezz’età, capelli neri e barba incolta; indossava una camicia con un motivo a fiori.
- Salve, voi sareste... – chiese.
- Io sono Ector Churchill. Lei è? – risposi
- Sono io che faccio le domande qui, ragazzino – replicò burbero.
-Ehm... -
- Oh, guarda com’è rimasto! Povero mortale. Comunque sono il Signor D, Dioniso, direttore di questo campo. - disse gonfiandosi d’orgoglio. Giusto! Le viti, le bottiglie di vino! Come ho fatto a non pensarci?
- Lei è davvero Dioniso? – chiese Nicky.
- In carne e vino – rispose il Signor D.
- Le davo qualche millennio di più... – disse Delphyne, irritando il Signor D. Ma prima che potesse trasformarci in viti intervenne Chirone:
- Non sono stati ancora riconosciuti, speriamo succeda questa sera – disse il centauro.
- E’ da prima che parli di questo essere riconosciuti: in che consiste? – chiese Delphyne.
- Di solito gli dei riconoscono i propri figli come tali ad un compleanno importante, appena arrivano al Campo o in una determinata occasione, come evidentemente è successo per te – disse indicandomi.
- Cosa? In me? – risposi esterrefatto.
- Non è un caso che ti siano apparse l’armatura e la spada di bronzo celeste. – replicò Chirone
- Bronzo celeste? Lo ha nominato anche l’empusa, cos’è? E che significa il fatto che mi siano comparsi questi aggeggi?
- AH, quante domande. Be’ non importa, del resto insegno le stesse cose da millenni: il bronzo celeste è un materiale mortale per i mostri e per tutte le creature non umane, è contemporaneamente se provassi a colpire un uomo con quella non faresti che passargli attraverso. Il fatto che ti siano apparse vuol dire che un tuo genitore ti ha riconosciuto, e l’unico che può fare una cosa del genere è... – fu interrotto da Delphyne
- E’ Ares! Ma certo! Perché non ci ho pensato prima? Spada, armatura e combattimento: tutti doni che solo il dio della guerra può fare! – spiegò Delphyne.
- Corretto! Che persona brillante, chissà che tu non sia una sorella di Annabeth. – la elogiò Chirone.
- Vuol dire che... sono figlio di... – provai a dirlo, ma non ci riuscii. Non riuscivo a capacitarmene. Io, figlio del dio della guerra? Com’era possibile?
- Perché mia madre non me l’ha mai detto? – chiesi infervorato.
- Per proteggerti, Ector: non è facile convivere con il pensiero di tanti esseri non umani che ti danno la caccia. E’ capitata quell’empusa oggi, ma fidatevi, poteva andare molto peggio. – aggiunse con serietà.
- Abbiamo finito qui? Posso portarli via? – chiese Annabeth, che era entrata nell’ufficio.
- Si Annabel, potete andare. – rispose il Signor D.
- Perfetto ragazzi, andiamo! Eh signore, è Annabeth. – concluse la ragazza e ci accompagnò fuori.
Ci portò in giro per tutto il campo: visitammo le scuderie e osservammo i pegasi all’interno, cavalli alati alti due metri e lunghi tre. Visitammo anche i campi di fragole.
- Le esportiamo in tutto il mondo, ecco il perché di quel camion. – spiegò Annabeth.
- Si potrebbe dire che il Signor D vi abbia salvato la vita. –
Alla fine raggiungemmo un giardino che collegava dodici capanne disposte a forma di Ω.
- Qui è dove dormirete. – disse Annabeth.
- Possiamo sceglierla noi? – chiese Nicky speranzosa.
- Ti piacerebbe, eh? Purtroppo no, sarete smistati in base al vostro genitore divino. Quella lì è la tua Ector. – rispose Annabeth indicando una capanna di colore rosso sangue con due spade incrociate sulla porta. Le altre erano tutte diverse, e le due centrali erano fatte di un marmo bianchissimo e splendente.
- Quelle... – fece Delphyne.
- Sono di Zeus ed Era. La sua è solo commemorativa perché la dea ha pronunciato un voto di castità. Andando a sinistra troviamo quella di Poseidone, Ares, Apollo, Efesto, Ermes, Dioniso e Ade. A destra invece, Afrodite, Artemide, Atena. E poi le divinità minori come Ipno, Iride e altri… - concluse frettolosamente.
- La casa di Ares…carina. Molto..ehm, graziosa. – fu tutto quello che riuscii a dire.
Arrivammo poi all’arena di scherma, dove molti ragazzi si stavano allenando, con un altro più grande che si muoveva tra le file dando dei consigli.
- Ehi Percy! – urlò Annabeth e il ragazzo si girò elargendo un sorriso a trentadue denti
- abbiamo delle new-entry! – continuò
Il ragazzo, anche lui sui venticinque anni, ci raggiunse in cima all’arena e baciò Annabeth.
- Ciao amore! E questi sono... – chiese alla ragazza.
- Sono Ector, Delphyne  e Nicky – rispose la bionda, soffermandosi su ognuno di noi col dito.
- Piacere di conoscervi, io sono Perseus Jackson, ma chiamatemi Percy – replicò il ragazzo. Era poco più alto di Annnabeth, capelli castani e disordinati, gli occhi di un azzurro scintillante.
- Il piacere è tutto nostro! – rispose Delphyne arrossendo. E poi è lei che guarda storto me?!
Passammo il resto della giornata con Annabeth, che ci spiegò tutte le cose necessarie per vivere al Campo. Dopo il pranzo andammo nelle nostre capanne, i ragazzi della quattro, quella di Ares, furono molto gentili con me, ma pareva che con gli altri lo fossero molto meno...
Per tutto il pomeriggio non ebbi modo di vedere né Delphyne né Nicky, così mi diressi all’arena di scherma e mi allenai con Percy.
Se c’era una cosa che sapeva fare era combattere con la spada. Era un fulmine, ti colpiva con una velocità impressionante! Mi insegnò le basi dell’attacco e della difesa, che imparai senza troppe difficoltà, inoltre scoprii un sacco di cose su di lui: era figlio di Poseidone, dio del mare, aveva salvato l’Olimpo quando aveva più o meno la mia età, e il 21 Giugno dell’anno prossimo si sarebbe sposato con Annabeth!
- In quanto figlio di Ares sei predisposto per il combattimento, quindi ti sarà facile imparare tutte le tecniche di base e forse anche quelle intermedie, ma per arrivare al mio livello dovrai avere esperienze sul campo – mi informò Percy.
Arrivata la sera, mi andai a lavare e poi mi recai alla mensa, che era all’aperto.
Fortunatamente non c’era rischio che piovesse perché le nuvole aggirano il Campo, protetto da una barriera.
Dopo aver bruciato una porzione di cibo in onore degli dei mangiammo anche noi.
Ci riunimmo tutti intorno al fuoco, che rifletteva le nostre emozioni cambiando colore ed intensità in base ad esse. I ragazzi della casa di Apollo ci allietarono con dei canti.
Infine io, Delphyne e Nicky fummo presentati ai ragazzi del campo, che ci accolsero con un rumoroso e caloroso applauso, quando accadde una cosa inaspettata: Delphyne fu ricoperta da un’aura rosea e le comparve addosso un vestito bel vestito lungo e scollato, rosa, che lasciava le spalle scoperte. Il viso perfettamente decorato da un leggero colpo di trucco e una treccia che le scendeva lungo la schiena. Era bellissima.
- E chi se lo aspettava! – annunciò Chirone – Una figlia di Afrodite! –.
  
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