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Autore: Mei_chan    24/06/2008    9 recensioni
Vostra madre vi perseguita perché vi troviate una fidanzata bella, brava ma soprattutto normale e la vostra non risponde ai requisiti? Volete impressionare il vostro capo alla cena aziendale che terrà sabato sera nella quale si parlerà di chi riceverà la promozione che tanto agognate? La vostra ex, che vi ha scaricato come una vecchia poltrona, vi capita sotto il naso ogni due per tre con un pezzo di Marcantonio troppo bello per essere vero, messo lì apposta per ricordare l'umiliazione subita? Nessun problema! Patricia Gatsby ha una soluzione per tutto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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E dopo mille anni la zia Mei torna su CT!
Attraverso un lungo viaggio, dopo lungo tempo e ad 8 esami dalla laurea (la prima ahimé)
ritorno in quel mondo qual'è la fanfiction!
Bisogna quindi ringraziare Maja, la mia adorabile beta reader (non ti libererai di me così facilmente!)
che, nonostante la mia lunga latitanza, mi ha guidato nell'aggiornamento degli avvenimenti
degli ultimi due anni...
Comunque ci sarà ancora qualche erroruzzo...uff...ruggine ruggine...
Insomma vi lascio al capitolo VI...
Fatemi sapere se sono peggiorata o se miglioro nel tempo, come il vino ( basta che non diventi aceto...-.-)...

Capitolo VI

Raggelata, Patricia si voltò di scatto verso la voce sconosciuta.
Non avrebbe dovuto lo sapeva, era una tacita ammissione quel suo gesto.
Ma il tono di quella voce era stato così imperioso che voltarsi era stata prima di tutto una necessità, quella di
vedere l'uomo proprietario di quella voce.
Non si sarebbe ma aspettata di trovare due occhi glaciali e ferini che la guardavano con un aria compiaciuta
profondamente irritante.
Ancora più irritante era il fatto che non sapesse assolutamente chi fosse.
Un brivido le scorse lungo la schiena: un brivido conosciuto, un brivido temuto.
Cercò di ignorarlo e fece mente locale: si trattava del figlio della coppia che i coniugi Medley avevano appena salutato.
Ancora poteva sentire sulla sua pelle lo sguardo che le aveva lanciato passandole a fianco, uno sguardo
prolungato teso ad imprimere i tratti del suo viso e le forme del suo corpo in maniera nitida nella mente.
Patricia recuperò una buona dose di lucidità e rispose.

- Scusi? Deve aver sbagliato persona.

Come se nulla fosse cercò di allontanarsi da quella figura imponente, di sfuggire a quello sguardo ma l'uomo le afferrò
il braccio con un impeto quasi violento. La sua vicinanza la colpì con un'intensità inaspettata.
Che cosa voleva da lei? Come faceva a sapere il suo nome al party dei Tilly?
E come faceva a sapere dove sarebbe stata quella sera?
Ma, soprattutto, per quale assurdo motivo accanto a lui non riusciva a formulare un dannato pensiero sensato?

- Non cerchi di insultare la mia intelligenza signorina. Ha capito benissimo, quindi non si faccia ripetere
la domanda- sibilò lui.
- Mi sta facendo male. Mi lasci il braccio!
-Non prima di avere avuto una risposta da lei.

Patricia non sapeva più che cosa fare.
Quegl'occhi taglienti rimanevano fissi su di lei senza dare segno di minimo vacillamento e lei non riusciva a trovare
il coraggio per abbassare lo sguardo per prima.
Le mancava il respiro e non capiva se la colpa fosse del terrore di essere stata scoperta o se si trattasse
della vicinanza di quell'uomo, del suo profumo, del suo calore.
Non riusciva ad articolare una parola.



- C'è qualche problema?

Le parole arrivarono da lontano, chiare e risolute, come provenienti da un altro mondo.
Nel momento in cui la voce dell'accompagnatore di Alita, era riecheggiata nell'atrio, Oliver aveva lasciato la presa
come se lo avessero morso.
Per quanto desiderasse quella donna non poteva mettersi nei guai con un eventuale fidanzato: non poteva permettersi
di sbagliare di nuovo.
Per un istante lei non si era mossa come se fosse rimasta stordita da quell'improvvisa libertà,
poi era corsa verso l'uomo apparso sulla soglia.

-Io e la signorina stavamo solo scambiando due chiacchiere...- disse ritrovando la calma.
- Allora se non le dispiace, noi ce ne andiamo. Ci stanno aspettando.

Lei si aggrappò al braccio di lui, intimorita, e se ne andarono rapidamente.
Si voltò verso Oliver mentre usciva dalla porta principale ancora avvinghiata a quel braccio e gli lanciò un ultimo
lunghissimo sguardo con occhi spauriti. Oliver si passò una mano tra i capelli e un sorriso beffardo gli increspò le labbra.
L'angelica apparizione usciva nuovamente dalla sua vita a passo cadenzato.
Poco male.
Le aveva appena sfilato il portafogli.






Non appena entrò in casa Patricia si fiondò verso la cornetta del telefono e, incurante dell'ora, chiamò Paul.
Non riusciva a capacitarsi di quello che era successo.
Era stato solo un gioco finora e adesso si trovava un pazzo sulla sua strada.
E, per quanto dovesse ammettere che fosse un pazzo estremamente affascinante, tutto questo non doveva succedere.
Si maledì ad alta voce per aver accettato l'offerta.

-Maledetto! Si può sapere in che guaio mi hai cacciato? - lo aggredì Patricia lanciando le scarpe
con i tacchi in un angolo della stanza.
-Di cosa stai parlando Pat? Calmati!
-No che non mi calmo! Quel pazzo che è venuto nel tuo ufficio a minacciarti era al ristorante stasera!
Come diavolo faceva a saperlo?
-Non ne ho la più pallida idea. Cosa ti ha detto? Ti ha fatto del male?-

La voce di Paul si era incrinata. Si stava preoccupando?
Patricia si calmò e intenerì il tono dopo un lungo sospiro.

-Macché. Mi ha solo spaventato. Meno male che è arrivato Mark.
-Ha scoperto chi sei?
-Non credo. Come avrebbe potuto? Io non gli ho detto nulla.

Paul sospirò di sollievo dall'altro capo.

-Meglio così. Sarà stata una coincidenza Patty, non poteva sapere dove ti trovavi questa sera.
-Sarà come dici tu. Però ho un brutto presentimento.

Patricia si guardò allo specchio. Non si trattava proprio di un brutto presentimento, si trattava piuttosto
di una situazione già vissuta.
Quello sguardo non poteva dimenticarlo, le riaffiorava alla mente in ogni istante in cui non si obbligava
a pensare a qualcos'altro.
Ma ora doveva dimenticarlo, non si poteva permettere altri passi falsi, altri stupidi errori.
Aveva già sbagliato troppo.
Ad un tratto colse uno sbadiglio soffocato dall'altro capo del telefono: doveva aver svegliato Paul.
D'altronde era molto tardi.

-Ti ho buttato giù dal letto?
-Forse.
-Mi spiace.
-Ma no, lo sai che puoi buttarmi giù dal letto quando vuoi.
L'importante è che io sappia che vada tutto bene. Vai a letto Pat.
Domani, vedrai, che te ne sarai dimenticata.
-Allora buonanotte.
-Notte.

Patricia chiuse la comunicazione e ripose la cornetta.
Forse si trattava davvero di una coincidenza, forse era stato tutto un brutto sogno.
Di sicuro Paul aveva ragione su una cosa: aveva bisogno di una buona dormita.





Non appena rientrò a casa, Oliver frugò nel portafoglio.
Come diavolo gli era venuto in mente di rubarglielo?
In quale lontano recesso della sua mente era affiorata un'idea così balzana e come aveva potuto metterla
in pratica?
Eppure adesso lo aveva con sé.
Dopo essere salito in macchina, aveva osservato quel piccolo mondo di sottecchi durante tutto il tragitto
appoggiato sul sedile del passeggero.
Questa volta rischiava davvero la galera, non solo la carriera.
Ma d'altronde quella se l'era già giocata.
Scorse rapidamente i documenti e trovò quello che cercava.
Patricia, Patricia Gatsby.
28 anni.
Giornalista.
Finalmente un nome, un'identità.
Poi, per curiosità, guardò il resto: carte di credito, biglietti del cinema, una foto da
bambina forse col padre.
Pezzi della sua vita che lui non conosceva e di cui desiderava ardentemente far parte.
Ma lei lo avrebbe voluto nella sua vita?
Aveva un'aria così impaurita quando era uscita...
Frugò ancora tra quei frammenti di lei sentendosi molto più di un ladro.
C'era tutto quello che si era aspettato da una come lei.
Anzi trovò molto di più di quello che si aspettava.
Il tesserino del Daily World.





Quando Patricia arrivò all'ingresso del giornale, trafelata ed in ritardo come al solito, infilò la mano nella
borsa alla ricerca del tesserino, tenendo in bilico il bicchiere di caffé e il sacchetto dei pancake.

-Ma dove diavolo...?

Era assolutamente incredibile come riuscisse a destreggiarsi nel mestiere dell'equilibrista ed era strano che
fino ad allora nessun circo l'avesse mai contattata per proporle un'assunzione a tempo indeterminato.
Inoltre la quantità di roba contenuta nelle sue borse era pari, e forse superiore, all'intera
collezione di gioielli della regina d'Inghilterra.
Di certo non era facile trovare qualcosa.
La guardia all'ingresso le sorrise:
-Anche oggi in ritardo signorina Gatsby?
-Patricia, James. Ti prego, lavoro qui da due anni e da due anni mi chiami signorina Gatsby. E sono due anni
che sono sempre in ritardo. Oggi poi il portafogli gioca a nascondino nella borsa.
-Per me sarà sempre la signorina Gatsby. Passi pure, tanto so dove rintracciarla.
-Intende alla mia scrivania? Illuso. Non ci sono mai.

Patricia attraversò il gate e, sempre mantenendo un perfetto equilibrio, aprì il sacchetto, sfilò un paio di pancake
e regalò i restanti nel pacchetto a James, basito al suo posto.

-Grazie di tutto e buona giornata!

E sparì nell'ascensore.
Mentre saliva verso il dodicesimo piano diretta verso la sua scrivania, non poté fare a meno di chiedersi se la morsa allo stomaco,
che l'attanagliava da quando si era alzata, facesse capo agli avvenimenti della sera precedente.
Non era certo un buon segno: era molto più di un presentimento, era un segno sicuro di qualcosa di imminente.
Catastrofe in arrivo.
Mai come in quel momento Patricia avrebbe desiderato che quella sensazione fosse dovuta semplicemente ai troppi caffè.





Oliver si accomodò nella comoda poltrona in pelle nera.
Il Daily World visto da quell'altezza sembrava un formicaio in piena attività.
Chissà se era già arrivata?
Chissà era seduta alla sua scrivania, laggiù da qualche parte?
Una voce interruppe i suoi pensieri.

-Allora, a cosa devo questa visita inaspettata?

Benjiamin Price era seduto nella sua poltrona disperso in una marea di carte disordinate. Quando Oliver aveva visto
il tesserino del Daily World, non era riuscito a credere alla sua fortuna. Benjamin Price, il direttore generale
del giornale, era stato suo compagno in accademia fino a quando il padre morto ed aveva dovuto lasciare la carriera per prendere il suo posto al giornale.
Non che gli fosse andata male.
Un grande ufficio, centinaia di sottoposti, una tiratura molto alta, diversi milioni di dollari.
E Patricia.
Era molto che non si vedevano.
Per quale motivo? Quando si erano sciolti i loro legami?
Erano stati ottimi amici.

-Ma come? Un vecchio amico ti viene a trovare in un momento di difficoltà e tu gli chiedi perchè?
-A proposito, ho sentito di quello che è successo. Se posso fare qualcosa...
-Lasciamo stare quello che è successo. Non è stato piacevole e non sono sicuro di essere ancora pronto a parlarne. E comunque non mi sembra il luogo adatto.

Benjamin rimase stupito. Quell'episodio doveva averlo segnato parecchio: non lo aveva mai visto
così sfuggente, rigido. Sulla difensiva.
Un ombra di dolore guizzò nei suoi occhi.
Sembrava cambiato.
Decise di deviare l'argomento: d'altronde non si vedevano da molto e non voleva guastare il momento.

-Magari usciamo a cena una sera e ne parliamo. Comunque, a cosa devo questa visita?
-In realtà qualcosa che puoi fare ci sarebbe: un favore.
-Ecco, vedi che ti serve qualcosa. Ci avrei giurato. Spara.
-In realtà più che qualcosa, è chi. Patricia Gatsby.
-Patricia? Cosa ti ha combinato mia cognata?

Oliver per poco non si strozzò col caffè.
Patricia era sua cognata?
Era stato così vicino a lei per tutto quel tempo, era così vicina da poterla toccare e aveva dovuto ricorrere
a tutti quei sotterfugi per poterla rintracciare!
Santo cielo, le aveva rubato il portafogli!
Maledizione che idiota!

-Cognata? E quand'è che ti saresti sposato? Non ho avuto le partecipazioni.
-Non ti ci mettere anche tu, ho già Patricia che mi guarda torva perchè ho rapito la sua sorellina dalla culla.
-Culla? Ma quanti anni ha?
-Venti. E non fare commenti.
-No, no. Cosa vuoi che siano dieci anni di differenza?

Così in quegli anni Ben era riuscito anche a sposarsi. Da come arrossiva nel parlare di lei, doveva esserne innamorato perso.
Ma a pensarci bene, non erano nella stessa situazione?
E se la sorella di Patricia era come lei, lo capiva molto bene.

-Senti Oliver, ma non ti serviva qualcosa?
-Ok, la pianto di sfottere. Allora me lo fai questo favore?





Patricia lanciò la borsa sulla sua scrivania: un volo perfetto a distanza di due metri, un volo così usuale
e quotidiano che nessuno fece segno di farci caso.
Nemmeno il tempo di sedersi che già il suo telefono squillava.
L'interno di Benjiamin.

-Cosa vuoi?
-Nel mio ufficio. Subito.
-Sto facendo colazione.
-Ho detto subito!

Patricia addentò un pancake e si avviò verso il suo ufficio.
La catastrofe arrivava prima del caffé.


Fatemi sapereeee!

  
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