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Autore: Geilie    02/03/2014    1 recensioni
[...] Gellert vede centinaia, migliaia di teste bionde chinate al suo cospetto, e vede decine e centinaia di bacchette gettate in una pila al suo fianco, e vede, soprattutto, vede una testa ingrigita dagli anni, una barba più lunga di come la ricordava, un paio di occhiali che non sono cambiati affatto e una fenice in catene poco lontano. Vede Albus.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Titolo: Della vittoria
Autore: Geilie
Introduzione: [...] Gellert vede centinaia, migliaia di teste bionde chinate al suo cospetto, e vede decine e centinaia di bacchette gettate in una pila al suo fianco, e vede, soprattutto, vede una testa ingrigita dagli anni, una barba più lunga di come la ricordava, un paio di occhiali che non sono cambiati affatto e una fenice in catene poco lontano. Vede Albus.
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Gellert Grindelwald, Albus Dumbledore
Rating: verde; Pg13
Genere: drammatico, storico (sort of), guerra
Avvertimenti: GIGANTESCO What if? post-duello del '45, lieve presenza di tematiche delicate, possibile OOC (spero giustificato dal contesto), Hurt/Comfort
Beta: nessuno, e me ne scuso
Parole: 691 (Word)
Note: prima di tutto perdonate gli eventuali strafalcioni storici e/o riguardanti il canon potteriano: per una volta ho scritto perché volevo scrivere e della precisione non mi sono preoccupata troppo. Scritta per festeggiare il compleanno di Roxar, la nostra Rana di quartiere, con questi prompt di FinnAndTera“Riposo, soldato.” e Hurt/Comfort (anche se ho usato l'H/C in modo un po' perverso).
-Gy

 
Della vittoria


«Heil Sensenmann!» tuona Hitler inginocchiandosi davanti al podio.
«HEIL SENSENMANN!» lo imita la folla di soldati, a una sola voce.
HeilSensenmannHeilSensenmannHeilSensenmann…
 
L’eco galleggia sulle teste delle truppe ancora per qualche istante e Gellert se lo gode.
Ha atteso questo momento per oh, così tanti anni, e ha ogni intenzione di assaporarlo. Si rigira in bocca le parole con cui il grande esercito tedesco l’ha appena omaggiato; le prova sulla lingua, contro i denti; lascia che quelle esse sibilino più del dovuto, con un compiaciuto pensiero sprezzante all’istitutore che, durante la sua infanzia, aveva speso ore a bacchettargli le mani ad ogni difetto di dizione fino a strappargli di dosso qualsiasi traccia di accento – troppo plebeo, troppo sgraziato, troppo poco nobile. Herr Dunkel, si chiamava. Una delle prime vittime della politica anti-Mezzosangue del Führer.
Gellert non è mai stato interessato alla nobiltà del suo accento, in ogni caso, e lo è ancora meno adesso: impugna una spada ridicola ma efficace che si chiama Adolf Hitler, adesso, e con quella spada in pugno e la bacchetta di sambuco nell’altro ha conquistato l’Europa, la Morte, il mondo. Sa di potersi disfare facilmente dei suoi burattini Babbani non appena gli verranno a noia, ora che la guerra è finita e anche il grande Regno unito e i suoi alleati d’oltremare sono caduti, schiacciati sotto la forza della sua testardaggine e dalla grandezza dei suoi sogni.
Veni, vidi, vici.
Ed è vero che la guerra non è stata indolore, che nessuno dei suoi passi verso la vittoria lo è stato – ed eccolo, il ricordo di Albus e di un’estate ancora brillante di risate e prospettive –, ma dall’alto del suo palco Gellert vede centinaia, migliaia di teste bionde chinate al suo cospetto, e vede decine e centinaia di bacchette gettate in una pila al suo fianco, e vede, soprattutto, vede una testa ingrigita dagli anni, una barba più lunga di come la ricordava, un paio di occhiali che non sono cambiati affatto e una fenice in catene poco lontano. Vede Albus.
Il glorioso generale del nemico, l’indistruttibile, inaffondabile paladino dei ribelli, il Mago più potente che Gellert abbia mai avuto la fortuna di incontrare, e di sconfiggere: Albus, in piedi, ammantato della dignità che Gellert era certo di non potergli strappare – né l’avrebbe desiderato, non per tutto il potere dell’universo. Albus che non abbassa lo sguardo, come tutti gli altri hanno fatto. Albus che non nasconde i propri pensieri. Albus che lo osserva, non per la prima volta, con una delusione bruciante e un’infinita tristezza negli occhi.
Gellert arriccia appena le labbra. Con un cenno rapido di bacchetta libera Fanny, che va a posarsi fedele sulla spalla del suo padrone, ed eliminato quell’unico dettaglio stonato che lo disturbava, può finalmente rivolgersi alla folla.
 
Più tardi, quando ha concesso ufficialmente il riposo ai soldati – l’ultimo comando, la guerra è finita – e l’assemblea si è sciolta con un ultimo heil, Gellert chiude una mano attorno al braccio nervoso di Albus e li Smaterializza entrambi fino ai suoi quartieri privati. Fanny li raggiungerà in volo, c’è un trespolo pronto per lei al centro del salotto.
Un altro svolazzo rapido della bacchetta e due calici di vino si riempiono e levitano placidi fino alle loro mani.
«Al Bene Superiore, amico mio!»
«Oh, Gellert… Was hast du getan?» è il sussurro che arriva in risposta, e Albus si spezza. Tutta la sua forza, la sua maestosa placidità si sciolgono e gli scivolano via dalle spalle nello spazio di un respiro. La coppa di vino ancora piena galleggia a un metro da terra mentre il Mago più potente d’Inghilterra crolla in ginocchio e nasconde il viso tra le mani, continuando a mormorare quelle parole, quella domanda disperata: che cosa hai fatto, Gellert? Was hast du getan?
Che cosa hai fatto?
E Gellert, il padrone del mondo, il padrone della Morte, il Sensenmann del popolo tedesco e dei Maghi di tutta Europa, Gellert sorride nel suo calice e gli posa una carezza sui capelli.
«Ho vinto, Liebste. Ho vinto.»
Può fingere che le lacrime negli occhi di Albus siano di gioia. Può fingere per tutto il tempo che ci vorrà.
Non c’è fretta.



Note linguistiche:
In tedesco “morte” si dice “Tod”, ma si tratta della morte generica, come condizione; “Sensenmann” invece è il termine che indica la personificazione della morte, il "tristo mietitore", perciò mi è parsa una scelta semantica più adatta al contesto: volevo che Gellert fosse descritto dal suo essere divenuto padrone della morte, in qualche modo, e ho scelto di definirlo con un termine che si riserva alla morte stessa.
“Liebste” è un modo per dire “caro/tesoro”: la radice è quella di "Liebe", che vuol dire "amore", perciò...
L’altra unica frase in tedesco presente nel testo – che spero sia abbastanza corretta, perché ho scritto la storia a mezzanotte passata e di tedesco so ancora troppo poco – è tradotta nel testo stesso, quindi non c’è bisogno che aggiunga altro. A parte un grazie gigante a chiunque abbia letto fin qui. ;)

 
-Gy
  
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