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Autore: Ainely    02/03/2014    1 recensioni
2022. Il punto di non ritorno è stato superato e la Terra è sull'orlo di un imminente collasso e c'è solo una possibilità per l'umanità: riuscire ad essere selezionati per il progetto "La Culla", un'isola artificiale nel mezzo del Pacifico dove una cerchia ristretta di scienziati dà la possibilità di creare un secondo Eden per non far estinguere l'uomo. Tuttavia strani segreti si celano dietro a questo progetto tanto ambizioso ed altruista che vedrà coinvolte tre persone trecento anni dopo per smascherare i reali intenti del Concilio dei Sette a sua volta in lotta con un "esperimento" sfuggito al loro controllo assetato di vendetta.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 1

La Cerimonia del Giuramento









 

Arthur stava correndo a perdifiato lungo la strada che univa il secondo ed il terzo cerchio dell’isola, come aveva fatto a dimenticarsi di un avvenimento simile? Sentiva in lontananza i tamburi e i corni suonare in segno che il rituale stava per avere inizio e, come ogni anno, non si poteva assolutamente mancare alla Cerimonia del Giuramento, nessuno mai s’era rifiutato di assistervi perchè era il dovere di ogni cittadino attivo della società dorata in cui la razza umana continuava ad esistere.

Le vesti verdi che indossava erano scosse dai suoi movimenti frenetici e veloci mentre cercava di superare l’ultimo ponte che lo avrebbe portato finalmente al grande piazzale davanti al palazzo della Madre, già poteva sentire le voci e le urla di acclamazione di tutti i suoi fratelli e sorelle che attendevano impazienti il gran sacerdote.

Con il cuore in gola per la folle corsa riuscì finalmente a tuffarsi nella folla e cominciò a farsi largo, per quanto potesse, per poter trovare il posto ideale e per poter trovare anche Nahuel.

Arthur era un giovane uomo appassionato di tutto, adorava la sua vita semplice ma piena di certezze, adorava il ruolo che era stato scelto per lui ed era fermamente convinto nel portare avanti con tutte le sue forze l’ideale della Culla, bellezza e prosperità per i secoli dei secoli, mai aveva avuto alcun dubbio e mai avrebbe pensato di allontanarsi da quello che era il suo compito sebbene la malinconia lo abbracciasse ogni volta che si trovava ad assistere alla Cerimonia del giuramento. Erano passati davvero tanti anni da quando era stato il suo momento, insieme a Arleen, sua sorella gemella.

Il suo sguardo venne poi rapito dalla lunga fila di giovani che si erano da poco disposti davanti all’uscio del palazzo e, come era comprensibile, la loro emozione era quasi palpabile. Le loro vesti bianche con decorazioni in raso nero risaltavano come tanti cigni appollaiati su di un trespolo dorato in attesa del loro primo volo.

Le porte si aprirono, il rito era appena cominciato, e tutti cominciarono ad intonare il coro delle Case, una sorta di inno propiziatorio che augurava ai nuovi adolescenti un percorso prospero nella casa delle maestrie a cui verranno assegnati. Le mani di Arthur si sollevarono insieme a quelle di centinaia di migliaia di altre persone e la sua voce si fuse a quella energica e vibrante di chi gli stava vicino per poter offrire i suoi omaggi ai futuri fratelli, gli pareva così strano e così rasserenante sentirsi parte di una così grande famiglia, nessun dolore, nessuna violenza e nessuna paura aveva toccato la Culla e tutti avevano finalmente vissuto come era giusto fare ma i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti nel momento in cui alle spalle dei ragazzi spuntarono i gran sacerdoti e con loro la Madre.

Urla di gioia e di acclamazione investirono la donna misteriosa e sempre giovane, la Madre che conservava in sè l’eternità e la bellezza della terra in cui vivevano.

I tamburi cambiarono il loto ritmo ed il coro alle loro spalle cominciò ad intonare un inno ancora diverso e tutti ritornarono lentamente al silenzio lasciando che le percussioni e le voci facessero vibrare il loro corpo per inondarlo di pura energia e dunque potè cominciare la cerimonia, il gran sacerdote si fece avanti tenendo solennemente tra le mani una teca dorata contenete le fasce delle maestrie, cinture di morbida seta che sarebbero state legate in vita ai nuovi futuri adulti per far iniziar loro la scalata della loro arte all’interno della società e che li avrebbe visti anni dopo come Maestri.

Venne chiamato il primo ragazzo, un adolescente dalla pelle dorata ed i capelli tanto biondi da sembrare bianchi, che si inchinò al cospetto della madre prima di ricevere la sua fusciacca rossa con uno stemma che rappresentava l’arte della sartoria e subito dopo un’eco di gioia si sollevò da chi apparteneva a quell’arte dal momento che era sempre una gioia accogliere nuovi apprendisti.

Arthur sorrise battendo con forza le mani mentre vedeva il ragazzo tornare al proprio posto con gli occhi lucidi, e si passò alla seconda ragazza che venne scelta per l’arte della lavorazione del bronzo e dei metalli ma questa volta non riuscì ad acclamarla come dovuto perchè qualcosa di oscuro si mosse alla sua destra e non riuscì a non accorgersene.

Si voltò quasi di scatto con un’espressione interrogativa e scorse tra la folla un paio di uomini vestiti in nero con lo stemma sulla spalla delle guardie del palazzo.

Cosa ci facevano delle guardie ad una cerimonia simile? Quale bisogno c’era di controllare persone tanto pacifiche? Che vi fosse un fratello od una sorella che necessitasse di una riformazione? Non ebbe il tempo di formulare altri quesiti che sentì sulla propria spalla il peso di una mano e, quasi spaventato, si voltò convinto che avesse dietro di sé un altro paio di quegli uomini vestiti di nero, ma in realtà non si trattava che di Nahuel, un uomo sulla trentina che aveva la strana abitudine di sembrare sempre troppo serio.

 

“Ti ho spaventato?” chiese lui con voce tranquilla mentre lasciava che la mano tornasse lungo il fianco. I suoi occhi dorati erano fissi sul volto di Arthur che pareva essere ancora un po’ scosso da quel sussulto.

“No, è solo che ero sovrappensiero, fratello” rispose stringendosi lievemente nelle spalle “E’ solo che mi domandavo cosa ci facessero delle guardie in mezzo alla folla della Cerimonia del Giuramento”.

L’uomo si guardò attorno dall’alto dei suoi quasi due metri di altezza e le lunghe dreadlocks scivolarono dalla sua spalla al suo petto mentre i muscoli del collo e delle spalle si contraevano, dalla sua espressione Arthur capì che anche lui aveva visto qualcosa di inconsueto e che non credeva che avesse detto bugie.

Altri due uomini passarono loro non troppo lontano ma parve che nessuno li avesse notati, impegnati com’erano a guardare lo svolgimento del rito.

Nahuel tornò a guardare Arthur e con aria grave si abbassò alla sua altezza piegando in avanti il busto e sussurrò al suo orecchio: “Credo che ci siano…”, ma il resto della frase andò perduto a causa di un forse boato che si sollevò dalla folla che cominciò ad esultare, urlare inni e gioire, la Cerimonia del Giuramento era terminata e ora spettava alla Madre la consacrazione di quella giornata.

I due non riuscirono a riprendere il loro discorso e si voltarono a guardare la donna col volto coperto da un velo bianco come le vesti che leggere venivano mosse da ogni suo piccolo movimento come in un turbinio di nubi leggere pronte a svanire da un momento all’altro.

Nessuno aveva mai sentito la voce della Madre perchè si diceva che se avesse mai parlato avrebbe perso la sua purezza e la sua eternità poichè era lei la custode di tutti i segreti del mondo.

La Madre superò i suoi sacerdoti e i bambini per poi iniziare una breve danza sinuosa ed elegante dove mai si poté scorgere un solo centimetro di pelle che si concluse con le sue mani sollevate al cielo e, nello stesso preciso momento, dalla torre più alta del palazzo di vetro ed oro si scaturì un intenso raggio di luce che andò a riflettersi su ogni cosa finendo poi in frantumi come tanti piccoli specchi.

L’isola era nuovamente protetta, la sua benedetta popolazione aveva avuto la conferma che tutto sarebbe andato avanti ancora una volta e che la loro amata ed eterna Madre li amava come aveva amato i loro antenati.

Come scosso da un sogno o da un incanto, Arthur, si passò una mano tra i capelli e tornò a guardare Nahuel che era rimasto come lui a fissare la conclusione della festa della città dorata.

“Come hai detto, scusa?” domandò con voce pacata, ogni preoccupazione era svanita sebbene nulla fosse stato in realtà chiarito e l’uomo dalla carnagione piuttosto rossiccia e dagli zigomi marcati sospinse via l’altro in modo da poter parlare con più calma.

Attraversarono la folla che continuava a festeggiare e ad osannare la loro Dea ed infine si trovarono da soli sul ponte elevatoio che congiungeva l’isola centrale dal primo anello delle leghe Blu (ovvero quella dei Maestri delle Arti).

Nahuel stranamente sorrise e si fermò per guardare l’acqua sotto i loro piedi come se avesse un certo fascino misterioso e riprese a parlare.

“Credo che a palazzo abbiano delle grane. Li hai visti anche tu, vero? Sono troppi per essere solamente in turno di guardia, dico bene, fratello?”

Arthur non sapeva che spiegazione dare e soprattutto che cosa pensare, quali grane potevano mai esserci al palazzo della madre? Nessuno mai avrebbe voluto fare qualcosa che andasse contro le sue leggi ed il suo volere perchè la gente della Culla era pacifica e serena, dedita al lavoro alla lealtà della luce.

“Non saprei, se la Madre ha deciso che è giusto così quale diritto abbiamo di pensare a quale motivazione ha spinto i gran sacerdoti ad aumentare le guardie?”

La sua ingenuità era talvolta disarmante ma forse servì per scacciare ulteriori domande dalla bocca del pellerossa che tornò a guardare il palazzo con aria indifferente per quanto esso potesse essere bello e magnifico.

“Forse hai ragione” rispose infine l’uomo, “Sicuramente è per una questione di sicurezza, troppe persone possono creare più problemi di quanto noi possiamo immaginare. Ora devo tornare ai giardini del palazzo, devo finire di curare il terreno per la prossima semina degli iris. Bellezza e prosperità, fratello.”

L’uomo si congedò porgendogli un cenno di saluto che consisteva nel posare una mano sulla fronte e poi sul ventre, lo stesso saluto venne ricambiato e finalmente Arthur si ritrovò solo.

Con la certezza di avere con sè tutto il tempo, cominciò a passeggiare lungo le strade pulite ed ordinate della città sospesa sull’oceano guardandosi attorno, come ogni anno ogni anello dell’isola era stato adornato con i colori del proprio ceto che rappresentava i colori dell’arcobaleno, l’anello più esterno aveva il colore rosso mentre l’anello successivo arancione e così via fino a restringersi in un unico complesso che era chiamato “Palazzo della Luce” che aveva il color dell’indaco e che rappresentava la massima purezza della saggezza e della conoscenza, non c’è la residenza della loro più grande divinità.

Lui apparteneva al grado dell’anello verde, non apparteneva ancora alla classe dei grandi maestri delle arti ma sperava di riuscire ad accedervi presto, desiderava davvero con tutto se stesso poter realizzare il proprio sogno e di confermarsi nella società come membro di alto rango incominciando così ad adempiere ai suoi compiti nei confronti della comunità, avrebbe dovuto trovare una donna che volesse a sua volta generare un figlio e dopodichè lui sarebbe stato libero di cercare il proprio compagno senza dover più preoccuparsi di non aver contribuito alla Culla Futura.

Il adorava il fatto che nella sua società non vi fossero problemi riguardo alle famiglie e alla loro formazione, ognuno era libero di unirsi in matrimonio con chi amava ma per poter garantire un futuro alla loro civiltà era stato istituito l’obbligo di generare almeno un figlio, il modo e con chi non importava e c’era questa propensione alla formazione di famiglie allargate che bene o male univano tutti come in una grande famiglia.

Forse era proprio quello che gli mancava per accedere all’ultimo anello della società? Doveva trovare una donna che gli prometesse un figlio? Non ne era così sicuro e si ritrovò a camminare pigramente nel quartiere degli specchi dove si soffermò a guardarsi in uno specchio finemente decorato. Studiò i propri tratti delicati e fanciulleschi nonostante i suoi ventinove anni e si pettinò distrattamente i capelli neri dalle morbide onde piuttosto ribelli mentre i suoi occhi azzurri fissavano le labbra carnose e ben modellate. Poteva essere piacente agli occhi di una donna? Non ne aveva la certezza in quanto lui stesso tendeva a prenderne le distanze sentendosi troppo passivo alla passione di una donna e troppo poco coinvolto per amarne anche solamente una.

In qualche modo, si consolò, ce l’avrebbe fatta così come era stata fortunata sua sorella. Si stupì nel ritrovarsi a pensare a lei così spesso in quella sola giornata, erano passati già sei anni dalla sua morte ma in cuor suo la sua perdita era ancora qualcosa di troppo vivo. Come aveva fatto Nahuel a lasciare alle spalle il lutto per poter continuare la sua vita senza nominare più la sua giovane sposa? Il lutto nella Culla era qualcosa che veniva trascinato a lungo sebbene non in modo negativo, semplicemente non si doveva più nominare la persona cara per almeno sette anni in modo da lasciare che la sua luce venisse completamente assorbita dallo spirito della Madre che la consolasse e che la liberasse nel cielo per poter proteggere chi invece era rimasto.

Arthur non aveva mai avuto il coraggio di chiedere al cognato che cosa pensasse e che cosa sentisse ancora per sua sorella, non tanto per una superstizione ma per non sollevare sentimenti spiacevoli e tristezza.

Accanto a lui, proprio in quel momento, passarono un paio di famiglie con i loro figli, li riconobbe subito perchè i due ragazzini indossavano alla vita la fascia rossa dell’iniziazione e non poté fare a meno di ricordare il suo giuramento.

Era stata una giornata ricca di emozioni per lui e la sorella che li aveva visti vicini come mai prima di quel momento, entrambi stavano crescendo ed entrambi avevano intrapreso la strada del loro destino.

Arleen era stata scelta per la lavorazione dell’oro e del vetro per creare gioielli perfetti per adornare le splendide vesti della Madre, mentre lui era stato scelto per la ricerca e lo studio di nuove tecnologie che potessero accrescere la magnificenza dell’isola.

Da qualche parte doveva aver tenuto quella fusciacca e sarebbe stato bello poterla rivedere dopo tanti anni da quella giornata. Si ritrovò così a sorridere mentre riprendeva a camminare per la città superando bancarelle e ponti fino a riprendere la strada di casa decidendo su due piedi che avrebbe potuto rimandare all’indomani il suo lavoro lasciato in sospeso.

Attraversò l’ultimo ponte per poter raggiungere il cerchio del rango dei Verdi, il suo ceto di appartenenza, e si soffermò davanti alla porta della propria casa. La osservò con attenzione e si disse che avrebbe dovuto chiamare un mastro costruttore per rivedere l’intonacatura dorata che cominciava ad ossidarsi sullo stipite, doveva essere sempre tutto perfetto ed in ordine come tutte le altre case a schiena che erano costituite da un’abitazione con tutte le camere a pian terreno, grandi e ben illuminate e circondate da un piccolo giardino a disposizione di ogni proprietario per poter contribuire all’armonia dell’intero complesso. Tergiversò per qualche istante mentre osservava l’uscio con le sue decorazioni ed infine si decise ad entrare.

Con noncuranza richiuse la porta alle proprie spalle e si sistemò il colletto alla coreana della proprie veste verde smeraldo ma rimase come paralizzato nell’istante in cui i suoi videro davvero ciò che lo circondava.

La sua casa era stata messa completamente sottosopra, abiti gettati scompostamente a terra, i suoi libri rovesciati dai loro scaffali, il triclinium su cui riposava era stato sventrato della sua morbida imbottitura. Si sentì quasi mancare la terra da sotto i piedi e non riuscì a dire una sola parola fino a quando non provò a fare qualche passo per addentrarsi nel resto dell’appartamento. Che diavolo era successo, si chiese mentre con gli occhi sbarrati svoltava l’angolo. Non era mai successa una cosa simile e nè tanto meno sapeva dare un nome a quel che stava vedendo ma sapeva che era semplicemente atterrito.

Imboccò il breve corridoio che collegava la camera da letto con la sua cucina e si affacciò nella camera. Quella stanza sembrava come se nulla vi fosse accaduto, perfettamente in ordine come l’aveva lasciata quella stessa mattina. Incuriosito vi entrò e si avvicinò al letto ma non fece in tempo a voltarsi che un paio di mani lo afferrarono per le spalle e sentì immediatamente dopo il freddo metallico di una lama puntata alla gola.

 

“Dì solo una parola e ti uccido.”

 

Una voce bassa e frenetica sussurrò quelle parole al suo orecchio mentre sentiva la propria pressione sanguigna scendere fino a dargli un vuoto alla testa. Che stava succedendo?! Ebbe il buon senso di non muoversi e rimase intrappolato nella stretta di quello sconosciuto. Tutto intorno a sé aveva preso contorni che pareva non aver mai visto, si sentì stranamente in pericolo e non sapeva come reagire a quelle emozioni se con la paura o con qualcosa d’altro, ma ancora una volta non riuscì a frenarsi e gli sfuggì di bocca:

“Cosa accidenti hai fatto a casa mia?!”

L’uomo non rispose ma sembrò allentare la presa su Arthur che cercò di pensare velocemente, non era mai successa una cosa simile, la violenza era stata ripudiata fin dalle prime generazioni che abitarono l’isola e quindi non era cosa facile e semplice riuscire a gestire una situazione del genere. Doveva solamente appoggiarsi all’istinto se mai gli fosse venuto in aiuto prima di cedere alla paura.

“Ti ho detto di fare silenzio.” imprecò l’uomo che ancora non era riuscito a vedere se non per le mani, mani dalle dita lunghe e sottili ma forti e piene di vecchie ferite. Non aveva mai visto niente di simile e non seppe che cosa pensare a riguardo se non alla fredda sensazione del coltello sulla gola che gli dava l’impressione di sentir già colare un rivolo di sangue lungo il collo.

“C’è un modo per andarsene? Avanti, rispondi!” chiese con insistenza lo sconosciuto mentre strattonava Arthur nella stanza d’ingresso per poter controllare l’esterno restando comunque nascosto dietro la parete della porta principale, Arthur cercò di voltarsi per guardare quel tipo con aria allucinata e gli rispose “Andarsene?! Dall’isola? Tu devi essere stato colpito dalla malattia dell’esterno! Devi essere riformato, fratello. Non c’è nulla al di fuori della Culla!”

Il petto di Arthur si sollevava e si abbassava ritmicamente ed il cuore batteva veloce e dolorosamente con la sgradevole sensazione che gli uscisse da un momento all’altro dalla gola, poteva sentire la secchezza delle labbra ed il calore che saliva dalle spalle fino a fargli andare a fuoco la fronte e le orecchie, era troppo per lui tutta quella situazione ma senza alcun prevviso il suo aggressore lo lasciò andare spingendolo in avanti in malo modo per poi guardarlo con aria truce. Arthur barcollò in avanti ma cercò di non finire a bocconi a terra, in mezzo a tutta la sua roba messa alla rinfusa.

“Mi stai prendendo in giro? Non mi sono svegliato con l’umore adatto per scherzi di questo genere. Ora smettila di prendermi per il culo e dimmi come fare per andarmene.”

La risposta dello sconosciuto era senz’ombra di dubbio chiara e precisa.








Continua


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Un po' di schizzi dei personaggi!
In questo capitolo abbiamo un lo schizzo della veste di Arthur e lo studio del personaggio
Art by ZilyPon


Arthur
   
 
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