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Autore: The Edge    02/03/2014    2 recensioni
Il ticchettio dell’orologio mi ricorda che è tardi, che in teoria domani mattina dovrei studiare. Però la mia mente non ne vuole sapere di smetterla di pensare, gli ingranaggi del mio cervello continuano a girare vorticosamente, le mie riflessioni mi tengono sveglia.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Osservo il soffitto.
È bianco, spoglio, triste. Nell’angolo a sinistra c’è una ragnatela, lì vive Elvis, il piccolo ragno che ho adottato in un freddo pomeriggio di metà febbraio.
Arriccio le labbra screpolate in una smorfia, cosa direbbero i miei genitori se rivelassi di Elvis?
Aspetta un momento, ma io non mi devo vergognare del mio piccolo amico.
Lui mi fa compagnia, mi ascolta e ogni tanto sparisce, ma lo posso capire. Insomma, quando voglio so essere una gran rompipalle.


Ma nemmeno lui riesce a riempire il vuoto che c’è.
I brutti ricordi che mi tornano alla mente ogni giorno che passa, tutti quei sorrisi finti e tirati, tutti quelle parole gettate al vento, sillabe che volano via, frasi lasciate al loro destino.
Scuoto la testa, una ciocca di capelli dispettosa mi scivola sugli occhi, ma non la sposto, mi fa piacere averla lì, è come se volesse proteggermi dal resto del mondo.


Una vocina nella mia testa mi ricorda che effettivamente non posso continuare a scappare da tutto e da tutti. Ma devo anche farmi valere, non posso sempre chinare la testa e rimanere buona al mio posto.
Vero, sono perfettamente d’accordo. Ma dopo dove vado? Dove la trovo una mano alla quale aggrapparmi e risalire?
Già una volta sono scivolata nelle acque scure, mi hanno trascinata sempre più giù, e ancora oggi mi domando come ho fatto a risalire.
Se ce l’ho fatta prima, perché ora no? Cos’è cambiato? Sono cambiata io? Forse sì, forse no, non lo so.
Ultimamente non so niente, faccio fatica a vivere. C’è qualcosa  che mi turba profondamente l’animo, ma non riesco a riconoscerlo.
E se non lo riconosco, come faccio a combatterlo? Non posso andare alla cieca, rischierei di farmi male, e parecchio.


Il ticchettio dell’orologio mi ricorda che è tardi, che in teoria domani mattina dovrei studiare. Però la mia mente non ne vuole sapere di smetterla di pensare, gli ingranaggi del mio cervello continuano a girare vorticosamente, le mie riflessioni mi tengono sveglia.
Che tristezza, non posso nemmeno riposare in pace; mio fratello russa senza ritegno, ma ormai mi sono abituata ad avere un bufalo che dorme nel letto accanto al mio.
A volte sono tentata di parlagli, di chiedere aiuto a lui, di confidarmi. Ma mi blocco sempre, sarà perché ormai lui ha sempre poco tempo da dedicarmi e preferisce uscire con gli amici piuttosto che dare retta alla sorella minore.
Maledetti ventiquattro mesi, non sono poi così piccola, eppure tra noi c’è una grande differenza.
Che senso ha chiedere aiuto ad uno che non ti ascolta?


Uno strano senso di sofferenza mi artiglia il petto, sembra quasi che voglia scavare fino alle ossa.
Stringo il lenzuolo e chiudo gli occhi, aspetto che passi. Come sempre.
Vorrei che qualcuno potesse riempire quel vuoto che sento, ma con dell’affetto, non con questo dolore che mi stringe in una morsa d’acciaio.
Vorrei poter andare avanti, ma da sola non ce la faccio. Ho bisogno di qualcuno che mi sollevi da terra e che mi sproni costantemente a continuare.  Non posso guardare sempre indietro, perché altrimenti rimango ferma qui, e io non voglio.
Abbraccio il cuscino e chiudo gli occhi, sento una lacrima scivolare via e rotolare giù.
Non ce l’ho fatta nemmeno questa sera, la mia maschera si sta sgretolando sempre di più.


Sospiro, stringo più forte il cuscino.
Domani ricomincia l’inizio della mia fine.


 
  
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