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Autore: amanda91    02/03/2014    2 recensioni
"Impossibile. Sei mesi. Sei mesi di convivenza forzata con l’uomo che più ho mal sopportato in tutta la mia misera esistenza, una delle poche persone che trasferendomi a New York non avrei mai sperato di rivedere"
Una storia leggera che vede protagonisti i nostri Damon-Elena in "versione" umana.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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POV ELENA
 
Sospiro serena mentre osservo allo specchio il mio corpo esile slanciato da un paio di short a quadroni e una camicetta in jeans chiaro dalla generosa scollatura.
Coloro le palpebre e le labbra con un filo di trucco beige, infilo gli stivaletti bassi e sono pronta ad uscire.
Non sono mai stata una persona particolarmente appariscente, così non mi allontano mai troppo da un look più sportivo che femminile, mi fa sentire al sicuro, a mio agio. Questa sono io, quasi sempre coperta fino al collo, e quando come stasera oso un po’ di più scoprendo un corpo che per mia fortuna non ha nulla da invidiare ad altri, resto comunque sobria il più possibile.
Dopo un venerdì fuori casa al mio ritorno all’imbrunire di Damon nessuna traccia. Mi chiedo dove sia finito, se abbia mangiato il mio croissant, se abbia provveduto a fare la spesa o se abbia intenzione di proseguire con lo sciopero della fame, ma mi impongo di non farlo: non pensarlo, non preoccuparmi per lui.
Il mio cellulare squilla ridestandomi, come a volermi richiamare verso preoccupazioni più serie della dieta dell’ospite indigesto. Infatti…
“Jenna!”
Con una strana sensazione alla bocca dello stomaco avvio la conversazione con la mia giovane zia. Uno dei miei pochi affetti rimasti lì a Mistic Falls. Ci sentiamo giornalmente da quando sono andata via, ed infatti anche oggi mi aveva contattata soltanto pochi minuti fa. Questa sua seconda chiamata mi preoccupa, la sua voce sconfortata e tremante fa il resto.
“Mi hanno chiamata dalla centrale. Hanno arrestato John, di nuovo”
John. Mio padre.
 
 
Mi precipito al bar di Ric dopo aver avvertito Stefan che avrei trascorso una tranquilla serata tra amici e averlo salutato con una semplice e tranquilla buonanotte. Per mia fortuna non pone mai troppe domande, ed io sono fin troppo brava a fingere che vada tutto bene, tutto per il meglio come sempre.
Tralasciando che hanno appena arrestato mio padre, per l’ennesimo colpo di testa. Ero fin troppo abituata a ricevere chiamate del genere ad ogni ora del giorno quando ero a Mistic Falls, un po’ meno da quando sono a New York. Ho tentato in tutti i modi di lasciarmi tutto alle spalle, di nascondere al mondo il mio passato. Di nascondere quel padre che padre non lo è mai stato per me, quella madre fuggita anni prima di cui ricordo a malapena i lunghi capelli neri e il suo nome: Isobel. Di nascondere il mio passato di ragazzina cresciuta troppo in fretta con una zia poco più grande di me che ha sempre faticato per tenerci entrambe malamente a galla.
Ero questo a Mistic Falls: la figlia illegittima di una madre indegna e di un truffatore senza scrupoli che ha trascorso i suoi anni più dietro le sbarre che ad occuparsi di me, ero questo finché non ho gettato tutto alle mie spalle e sono venuta qui, finché non ho tentato di costruire un futuro migliore grazie ad una borsa di studio e lavori part-time. New York, la grande metropoli nella quale nascondersi e fingersi chi non si è, nella quale poter essere chiunque si voglia. Agli occhi di tutti non sono più una povera ragazza dal futuro dubbio, ma una dolce e ostinata donna che sta costruendo passo dopo passo la sua vita. Agli occhi di Stefan questo sono. Non agli occhi di Damon però, parte di quel passato difficile che ho tentato di tenere lontano.
E si sa che quando più si vuole fuggire da qualcosa, o da qualcuno in questo caso, tanto più quel qualcosa sembra piombarti addosso. Ed infatti eccolo anche qui, nel locale chiassoso e gremito del mio amico, alle spalle del bancone dove io sono diretta.
Sbuffo sconfortata, vorrei girarmi indietro ma non posso più farlo, lui e Ric mi hanno già vista mentre fianco a fianco nelle loro divise scure preparano cocktail e stappano birre ad un gruppo di giovani smaniosi. È lui la sorpresa, il nuovo assunto.
Mi verrebbe da riderci su, ed è difficile trattenermi dal farlo mentre procedo verso di loro. Se non altro non si può dire che non gli doni il look total black, ma il problema è proprio questo. A me sembra che gli doni tutto, qualsiasi colore o mise, soprattutto se poi come questa sera la t-shirt scura mette ben in vista il torace sviluppato e la carnagione chiara, la pece dei capelli e il contrasto acceso con i grandi occhi cielo.
Ha un viso  armonioso nei tratti, dalle adorabili espressioni che riescono però a mandarmi in bestia ogni singola volta.
Come previsto Ric mi ha riservato il posto al bancone, il mio preferito sul lato dove posso ben vedere la sala e al contempo avere per prima la mia ordinazione. È lì che mi posiziono, liberandomi poi del soprabito.
“Piccolina! – l’uomo mi accoglie con calore richiamando anche l’attenzione del suo nuovo barista – lui è …”
“Damon, il mio ospite indigesto” concludo al suo posto.
Il ragazzo, sentitosi chiamato in causa, abbandona il cocktail che stava preparando per rivolgersi a noi.
“Miss simpatia! Che onore”
“Sei venuto a completare l’invasione dei miei spazi?” ribatto con ironia, poggiando i gomiti al bancone per ridurre di poco le distanze.
“Che  dire… il divano mi stava stretto”
“Quindi lei è … la piccola bastarda con la quale vivi?”
Rimembra Ric una prevedibile definizione che Damon deve aver dato di me. Non mi sorprende affatto, so benissimo di non essergli simpatica e potrei assicurargli che l’odio è reciproco.
“In carne ed ossa” conferma lui con un sorrisetto malandrino.
“In tutto il mio splendore”
Ci osserviamo incaponiti sfidandoci con gli occhi. È il mio amico ad infrangere il momento.
“Tu ci tieni a lavorare? Allora trattami bene Elena!”
Damon rotea gli occhi porgendomi una birra alla spina.
“Questa è per la colazione di stamattina, offre la casa” scuote la testa con un sospiro e senza ribattere ci da le spalle per servire una coppia di clienti appena arrivati. Accetto volentieri, stupidamente lusingata dal suo del tutto personale e velato ringraziamento.
Lo conosco abbastanza da sapere che questo è il massimo che posso aspettarmi da lui.
“Non è male il ragazzo … che ne pensi?”
Ric mi chiede un parere ed io scrollo la testa contrariata.
“Penso che sia la peggior cosa che potesse capitarmi” confesso in un sospiro.
“E’ un piacere anche per me!”
Conferma di avermi sentita anche lui nonostante le spalle, la folla, il caos e i clienti da servire. Sorrido intenerita ed evito di rispondergli ancora, lo osservo soltanto destreggiarsi tra le tante ordinazioni, indaffarato e gentile, finché non è lo sguardo di Ric a richiamare la mia attenzione, fisso su di me. Ci incrociamo, lui sorride e scuote la testa come se sapesse, come se vedesse qualcosa che nemmeno io sono ancora in grado di vedere. Non dice nulla come suo solito, ma quello sguardo furbo lo conosco fin troppo bene.
 
POV DAMON
 
Con l’avvicinarsi della mezzanotte la gente è più che moltiplicata, le richieste di alcool raggiungono limiti inediti. Rischio di impazzire tra le ordinazioni gridate senza sosta e i solleciti di quei clienti che ho lasciato da parte.
Quasi mi pento di aver accettato, se non fosse per la mensilità che si avvicina e lo stomaco che brontola. Per quanto faccia schifo è il meglio che New York abbia da offrirmi in questo momento, e poi il biondino che mi affianca è una compagnia invidiabile.
Alzo lo sguardo dal bancone in un minuto di calma apparente e lei è ancora lì dove l’ho lasciata. È ormai lì da due ore, con gli occhi bassi nel suo ennesimo bicchiere sempre pieno e stranamente la lingua apposto. Qualcosa non va, decisamente.
Decido di avvicinarmi, se non altro per mera educazione, e poi è adorabile il broncio che le ombra il piccolo viso dandole quell’aria dannata che poche volte le ho visto negli occhi.
“Ehi, bei capelli, qualcosa non va?”
Le grido a poche spanne dal viso. Sobbalza colta alla sprovvista ed alza gli occhi su di me, inquieti e umidi, grandi e scuri di un’infinita dolcezza. Se gli occhi fossero lo specchio dell’anima la sua stasera sarebbe nera come la notte.
“Versami da bere e smettila di darmi nomignoli”
“Mi devi venticinque euro di vodka e almeno quindici di tequila” le faccio presente sornione, più per ridestarla che per rinfacciarglielo davvero.
“Ehi sono qui, sono io: il tuo ospite indigesto! Non restare a fissarmi … ci sono tante di quelle offese che potresti coniare per me…”
Non mi piace vederla così, priva di reazioni. Mi fissa come se non mi vedesse, non urla come suo solito, non borbotta. È soltanto tanto vicina da lasciarmi il fiato sul viso, ed anche questo non mi piace affatto. Non mi piace averla tanto vicina da confondere il mio respiro al suo, da intravederne il piccolissimo neo nascosto sul suo zigomo destro. Non mi piace bearmi della sua vicinanza come se fosse naturale goderne. Noi non siamo amici, non lo siamo mai stati e non lo saremo mai.
“Sarà l’alcool ma – brontola socchiudendo gli occhi come a volermi mettere a fuoco – non sei poi così male … sai?”
Ci metto qualche istante per captare il senso delle sue parole prima che un sorriso spontaneo mi animi le labbra. Elena Gilbert, tanto ubriaca da farfugliare, tanto sincera da confessarmi una piccola verità che ho segretamente sempre saputo, è un avvenimento più unico che raro.
“Ah, ah! – fingo di allontanarla – non mi diventerai molesta?”
“Se mi versi da bere terrò le mani apposto, giuro!” poggia una mano sul cuore, e per quanto  sbagliato non riesco a non seguire il suo gesto mentre posa una mano sul petto scoperto. Un brivido mi corre lungo la schiena, ma lo ignoro.
“Soltanto se mi dici cos’hai!”
Cerca di afferrare da sola una bottiglia lasciata incustodita al mio fianco, ma glielo impedisco con un colpetto secco sulla mano. La fisso in attesa, e lei sbuffa.
“Tu versami da bere”
“Prima tu”
Mi osserva in cagnesco con un cipiglio oltraggiato che mai mi è sembrato tanto adorabile.
“Quel coglione di John ne ha combinata un’altra delle sue” si lascia sfuggire di soppiatto, e abbassa gli occhi ferita, denudata di un qualcosa che forse non avrebbe voluto dire e che con molta probabilità aveva tenuto per sé fino a questo momento. Fino al momento in cui ha deciso di rendere partecipe me.
So chi è John, non c’è bisogno che lei dica altro. È fin troppo naturale venire a conoscenza delle storie di tutti in un piccolo paesino annoiato come il nostro. So quanta sofferenza quell’uomo le ha procurato, e per la prima volta capisco anche il perché abbia deciso di fuggire qui in una metropoli anonima, dove nessuno sa e nessuno chiede, dove poter ricominciare ed essere chiunque.
“John – come promesso le riempio il bicchiere – il padre dell’anno”
Scrolla le spalle con una tristezza negli occhi che mi lascia basito, immobile di fronte all’oscurità di quell’anima. Quegli occhi, quelle espressioni, mi scuotono, non riesco a spiegarmene il motivo ma so per certo che non dovrebbe essere così.
“Mistic Falls, la fiera dei padri per bene – sdrammatizza anche lei, poi alza il suo bicchiere e mi cattura lo sguardo – brinda con me”
Mi invita a seguirla, e capisco che anche lei conosce la mia storia. Prevedibile, opposta alla sua: un padre per bene che programma il destino del suo unico figlio, un figlio ribelle che non accetta gli sia programmata la vita; litigi continui, finché il figlio con un colpo di testa degno di oscar decide di andar via, seguire il proprio sogno lasciando il padre inferocito a chiedersi il perché.
“Piccioncini invece di brindare – grida Ric alle mie spalle prima di afferrarmi per un braccio e avvicinarmi a lui – portala a casa e assicurati che non si schianti al suolo”
“Sono un barista non un baby sitter!” mi oppongo scherzoso, ma l’uomo mi liquida con una pacca amichevole.
Elena in tutto ciò non si è accorta di nulla, mi volto e la scopro intenta a sporgersi dal bancone per afferrare una birra già stappata. È buffa mentre si sporge a più non posso e sbuffa scoordinata per la difficoltà apparentemente insormontabile del piano.
“Piccolina a casa!”
Ric la invita ad alzarsi ma lei scuote la testa imbronciata.
In un attimo la raggiungo io, e il suo odore inconfondibilmente dolce misto all’alcool mi entra prepotente nelle narici quando la prendo sottobraccio per sospingerla con me.
“Siete noiosi!” si lamenta borbottando, ma non si oppone affatto, per mancanza di forza o di volontà non saprei dirlo con certezza. Anzi, si poggia a me, si lascia afferrare per un fianco e mi passa una mano dietro il collo stringendomi.
Non mi ero mai accorto di quanto fosse minuta, tanto piccola da poterla stringere tutta con un solo braccio, e calda; calda e profumata, incredibile quanto sia … totalmente diversa dalla piccola donna acerba che avevo lasciato.
“Dov’è finito il Damon del cogli l’attimo? Dovremmo ballare sui tavoli, conoscere gente e strusciarci come anguille fino all’alba!” farfuglia con convinzione non appena varchiamo la soglia del locale immergendoci nel buio gelo notturno.
“Strusciarci come anguille? – rido genuinamente divertito continuando a reggerla – allora sei davvero molesta! Dov’è finito il tuo amichetto?”
Sa bene che mi riferisco a Stefan, e infatti si irrigidisce tra le mie braccia ferme, ma è questione di un attimo prima che si rilassi di nuovo.
“Ma secondo te – mi indica un bellimbusto palestrato che fuma tranquillo una sigaretta fuori dal locale, tanto coraggioso o ubriaco da sfidare novembre con una t-shirt striminzita – sono veri tutti quei bicipiti?”
Resto interdetto per qualche minuto mentre connetto la scena alle sue parole.
Con un colpetto sulla schiena la invito a proseguire con me, ma non posso non ridere di lei.
“Elena Gilbert, lei è uno spasso! Dovresti essere sempre ubriaca”
Mi si allontana di poco per potermi guardare negli occhi, con una ciocca di lunghi capelli portatele sul viso dal vento. Spontaneamente le passo una mano sulla fronte per portarglieli all’indietro e liberarla di quel fastidio, ma lo sguardo di infinita dolcezza che mi rivolge le ferma la mia mano all’altezza della nuca.
“Non dire niente a Stefan … dovrei spiegargli troppe cose”
“Non sa di tuo padre? Praticamente non sa chi sei”
“E’ meglio così, credimi”
Si districa dal mio abbraccio con agilità ed evita di guardarmi ora. Io la lascio fare perché se solo volessi mi basterebbe poco per fermarla.
“Vergognarsi del proprio passato è come vergognarsi di sé stessi. Tu non hai nulla di cui vergognarti”
So per certo che le mie parole forse troppo crude riescono a colpirla, lo vedo della sue labbra schiuse che vorrebbero controbattere ma non lo fanno, dai suoi occhi che fuggono i miei, dal suo corpo rigido che mi si allontana raggiungendo malfermo il portone. È orgogliosa, e caparbia … le mie parole devono averla ferita.
 
Tornare a casa si rivela una vera e propria impresa con Elena barcollante e per nulla intenzionata a collaborare. Quando finalmente riesco a metterla a letto non posso che tirare un sospiro di sollievo.
Avrei voluto spogliarla ma si è rifiutata categoricamente, così all’ennesimo rifiuto ho dovuto desistere e limitarmi a sfilarle soltanto gli stivaletti.
Le siedo accanto mentre lei si sistema sul cuscino, accendo la luce dell’abasciur per assicurarmi che stia bene, ed un tenue giallino rischiara i volti di entrambi colorandoli d’oro.
“Grazie, non eri tenuto” sussurra ad occhi già chiusi.
Non le rispondo, resto soltanto lì ad osservarla non saprei per quanto; il tempo è come dilatato nel silenzio assordante di casa, un silenzio mosso soltanto dal suo respiro, ora leggero ora pesante. Lei non è già più qui, ed io invece non riesco a staccarmene.
Il suo viso sembra porcellana, per quanto è bello e disteso questa sera. La sera in cui ho scoperto una nuova Gilbert, più umana, imperfetta e vulnerabile. Più simile a me.
 
Spazio autrice:
Eccomi qui miei care lettrici!!! ^^ allora... che ne pensate di questo primo avvicinamento?? partendo dal presupposto che questi due si conoscono già da tempo ma che per orgoglio e antipatia reciproca non si sono mai avvicinati in passato, ora si trovano entrambi in questa città nuova, entrambi stanno cercando di ricostruirsi una vita, Damon soprattutto si ritrova in questa metropoli completamente solo dopo gli "avvenimenti italiani", lei diventerà un appiglio, un punto di riferimento in questa nuova vita. Saranno costretti ad andare oltre le apparenze, e questo li potrebbe portare a riscoprirsi. Ma siamo soltanto all'inizio ... stanno appena imparando a conoscersi, il tragitto è ancora lungo e tutto da percorrere =) vedrete!!!!
Un bacio a tutte voi! a presto! 
  
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