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Autore: BlueWhatsername    02/03/2014    9 recensioni
" [...] Ma io non mi sentivo più in pace con niente, se non c’eri tu.
Eri tu il mio metro di giudizio, la mia lente che ingrandiva i granelli di sabbia, il mio foglio su cui scrivere i segreti del mio animo; eri tu ogni cosa mi servisse a tarare l’ansia e la paura, la gioia e la sregolatezza.
Eri tu, piccolo uomo in punta di piedi, a spingermi versi l’amore? "
**
Pairing: ZIAM [Librarian!Zayn/Student!Liam]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*sbircia da sotto la catasta di fogli e quaderni*
I'M BAAAAAAAAAAACK.
Ebbene, sì. La vostra Blue si è finalmente *lucine a intermittenza* laureataaaaaaaaaaaaa e quiiiiiindi, per vostro immenso piacere(?), è tornata a rompervi l'anima. AMATEMI.
Bene.
Spieghiamo questa cosa.
Avevo detto, tempi fa, che una volta laureata, data l'euforia della cosa - ed è stata euforica, la cosa, believe me - ecc. ecc. avrei finalmente scritto una slash e avrei liberato i miei Ziam's feels come se non ci fosse stato un domani.
Ma... E ribadisco ma... Io, questa cosa che vedete pubblicata sotto *indica col ditino la OS* ce l'ho nel pc da mesi ç___ç solo che l'avevi abbandonata di brutto. Fondamentalmente non mi sentivo manco all'altezza di scriverne una LOL visto che lo sapete, mi conoscete, here's the lady of het stories, bitches. Però poi... Visto questa OS doveva essere una sorpresa *per una persona molto a caso, che sarebbe anche la mia scrittrice di slash preferita, ma voi non diteglielo, sssh* ho fatto la rapanella(?) e le ho detto che la stavo scrivendo LOL e sapete perché ho ripreso a scriverla? LOL.
Perché, dopo aver visto i Brit Awards *sui quali è meglio tacere per evitare di essere bannati dal web, if u know what I mean* ho visto una 'cosa' che... Beh, si collegava perfettamente alla slash che avevo iniziato a scrivere e che poi ho abbandonato. Ergo... Come potevo non riprenderla e finirla?! ç___ç ZIAM'S FEELS GONNA KILL ME
Quindi, here's for you, la mia prima slash. Ziam.



Spero apprezziate e non vogliate uccidermi tramite tecniche brutali.
Ci ho messo impegno mesi e anche se non mi convice per niente, beh... Non so.
Siete liberissime di dirmi quel che ne pensate ovviamente, anzi... Essendo la prima slash che oso pubblicare, tutti i pareri del mondo son ben accetti! Almeno per capire se ho fatto cosa buona e giusta nello scriverla o se dovessi starmi ferma LOL 
E niente, buona lettura :) 



 
- On tiptoe -
 
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In punta di piedi.
Sei arrivato così, tu.
Me lo ricordo ancora il primo sguardo strano che mi lanciasti, seduto da solo in quell’angolo di biblioteca sempre poco affollata ma rumorosa dei brusii e dello scorrere delle pagine dei libri. Tu li amavi i libri, no?
In punta di piedi – ancora – ti sollevavi per arrivare a quelli più alti, le tue dita li afferravano con una tenacia che mi pareva fatta d’acciaio temprato – quando ancora ti osservavo da lontano, codardo com’ero. Stupido com’ero.
Troppo in alto, io.
Piccolo, tu.
Costretto, in punta di piedi.
Sempre lo eri, quando trafficavi con i pacchi da sistemare in alto, sugli scaffali.
O quando, in modo testardo e ostinato, ti costringevi pulire quelle macchie sui vetri che proprio non volevano andarsene. Eri troppo orgoglioso per prendere una sedia e non avere difficoltà, nell’arrivare al tuo obiettivo.
Nah, tu le cose preferivi soffrirle e combatterle, morderle e dissanguarle.
Preferivi ergerti e gridare al cielo che potevi comunque farcela, no?
Anche se accanto a me parevi molto più piccolo e fragile di quanto non fossi in realtà, quando le ragazze ti lanciavano occhiate maliziose ed altamente esplicative e tu le guardavi – finalmente – dall’alto, dall’ombreggiato scuro delle tue ciglia cosa capivi che invece a me non era mai così chiaro intuire?
Come comunicavi con loro, quando l’unica cosa che riuscivi a farti scappare era un debole sorriso spento e un saluto a malapena sussurrato.
Eri buffo, sai?
In punta di piedi.
Non mi rendevo conto che ci fossi finché non ti sentivo armeggiare alle mie spalle con qualche libro di troppo o con qualche catalogo che riusciva a sfuggire alle tue lunghe dita – le ho notate subito, pure se mi pareva un pensiero così irrilevante e sciocco che non mai nemmeno voluto confessartelo: erano così belle e lunghe le tue dita, così eleganti e sinuose che ho sempre pensato che avessi delle mani troppo grandi per essere così… Piccolo e sottile, sembravi più un ragazzino che tenta di arrivare più in alto di quel che può.
Mai con un rialzo.
Sempre in punta di piedi, tu.
 
 
 
Non ti ho sentito entrare, Zayn.
Nella mia vita, dico… Sei stato così abile e gentile e sottile che mi è parso quasi normale venire ogni giorno in biblioteca per sbirciare quello che eri e quel che facevi.
Inconsapevolmente, sapevo che ce la stavi facendo.
E ti osservavo, al di sotto della montatura dei miei occhiali di studente universitario – occhiali che portavo più per sfizio, per vanità, perché l’aria di bello e intellettuale attirava le ragazze come mosche, e a me piaceva sentirmi così grande… Tranne nei tuoi confronti.
Ti scorgevo, muoverti lento e silenzioso tra gli scaffali ed i tavoli, l’aria concentrata di chi sa di essere in una bolla, dove non c’è niente se non il suo respiro lento ed il cuore ormai assente.
Eri così delicato, Zayn, te l’ho mai detto?
Nel mondo fisico o interiore, ti muovevi come una libellula, avevi ali sottili e di carta stracciata, in punta di piedi e costantemente inosservato.
Non penso d’aver mai studiato così poco come in quel periodo, quando la balla del ‘Questo esame lo salto, non ho il tempo per prepararlo’ era più valida della spiegazione ‘Ho qualcosa che non spiegarmi, mi ticchetta qui, all’altezza dello stomaco ma non riesco a mandarlo via, come posso fare?’.
Non potevo fare niente, Zayn.
Eri dentro come fuori, una presenza non più scacciabile.
Eri in punta di piedi, un ritornello senza fine.
 
 
 
Non so se ricordi, Zayn, quella volta particolare in cui ti cadde di mano quel libro ed il rimbombo si udì in tutta la sala di lettura.
Non potrò mai scordare il modo in cui i tuoi immensi occhi scuri si sgranarono per la sorpresa, ed immediatamente ti accucciasti dietro lo scaffale, con il labbro tra i denti ed un sorrisetto stupido in viso, quasi fossi stato un bambino che aveva appena fatto cadere il barattolo da cui stava rubando la cioccolata.
Eri buffo anche allora, sai?
Ricordo che notai, anche in quel momento, come i tuoi talloni fossero sollevati inesorabilmente verso l’alto.
In punta di piedi, anche dal basso.
E sai perché lo notai?
Perché per una frazione di secondo, per un millesimo di quell’istante maledetto che probabilmente mi ha fregato, io… Ti stavo ammirando.
Ma ammirando davvero, Zayn.
Sono stato così stupido, lo ammetto, non mi sono nemmeno tolto la penna dalla bocca, sono rimasto lì come un allocco a fissarti con gli occhi socchiusi ed il respiro un po’ irregolare, accelerato, nervoso, di chi ha appena visto qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Cosa avevo visto in te, Zayn?
Te ne stavi lì, rannicchiato, in una strana posa che tanto ti faceva sembrare in punta di piedi, ed io non potevo non pensare a quanto fossi bello anche così, con le gambe magre flesse e le braccia raccolte al petto, mentre tenevi quel libro così stretto che quasi per un attimo mi hai fatto sentire… A Disagio.
Mi sono chiesto come doveva essere stare tra le tue braccia, Zayn.
Mi sono domandato, scioccamente, come dovesse essere averti così vicino e avvertire il tuo respiro a tal punto nell’orecchio da sentirmene riempito.
Non respirai, per quella frazione di secondo, perché troppo preso – combattuto dall’istinto di scappare da una parte e da quell’insana curiosità dall’altra – a capire cosa fossi tu, Zayn Malik.
A scovare dentro di me per quale motivo dannato dovessi trovarmi lì, anziché a bere coi miei amici d’università o a scoparmi l’ennesima matricola inesperta ma sempre pronta a nuove esperienze – e la vita del campus è un vero casino, specie se hai voglia di dischiudere il mondo ed i suoi pericoli, un covo di serpi sarebbe più accogliente.
In realtà ero troppo preso ad osservare te, Zayn – te, che mi rimandavi quello sguardo limpido e quasi esitante, quasi corrucciato, un po’ come sono sempre stati i tuoi occhi, no?
E chissà cosa vedevo nelle linee uniformi e regolari del tuo viso, nelle tue labbra carnose e screpolate – quante volte ti avevo visto mentre ti mordicchiavi la bocca con impazienza mentre sistemavi i libri con dedizione sugli scaffali, in punta di piedi, o ti perdevi ad osservare oltre la vetrata, un labbro stretto tra i denti con così tanta forza che non poche volte avevo sentito qualche brivido corrermi lungo la schiena, pure se ancora non capivo cosa intendessi dirmi… Cosa volevi da me, Zayn?
E ancora, non so cosa avessi scorto nei tuoi immensi occhi neri, così grandi e fondi da sembrare due gemme brillanti – e noti? Qualsiasi cosa io possa dire suona così stupida e scontata che nemmeno convincente riesco ad essere, sembro una dodicenne alla prima cotta che non sa mettere tre parole in fila ed arrossisce come niente fosse.
Rido al pensiero che ho fatto proprio quello, in quell’istante maledetto in cui ci siamo fissati negli occhi.
Potrei raccontarlo anche tra cinquant’anni, ma il modo in cui le guance mi scottarono rimarrà per sempre impresso in me, così come la maniera che avesti tu di sorridere, e sollevarti in piedi, certo che nessuno avesse più da lamentarsi per quel rumore che aveva interrotto la quiete della sala di lettura.
Fu strano, sai Zayn?
Di quello ‘strano’ che mi tolse la parola per qualche ora ed anche l’appetito per un paio di giorni. Di quello ‘strano’ che ti fa vedere più colori di quelli che di solito l’occhio scorge nell’angolo buio squarciato dallo spicchio di luce. Di quello ‘strano’ che ancora non so spiegarmi bene, ma che mi piacque tanto.
Che mi piace tanto.
Ricordarti così, in punta di piedi.
 
 
 
Lo ricordo allo stesso modo, il nostro primo bacio.
O meglio, mi correggo, ricordo te allo stesso modo… Stavi o no in punta di piedi, pressoché instabile, con le mani artigliate alle mie spalle ed uno strano tremore nelle caviglie.
Ti avvertivo perfettamente così, Zayn.
Mi parevi un bambino spaurito che si attacca disperatamente al primo appiglio disponibile per non cadere giù, per non cadere di più.
Le tue dita strette sulle mie spalle mi facevano quasi male, a dire la verità, artigliavano la mia maglia come se volessi – già – strapparmela di dosso, come se volessi scavare a mani nude dentro di me per sentire da te quel che mi stava esplodendo in corpo, per ustionarti tu stesso con la fiammata violenta di brace che mi stava consumando da cima a fondo.
Fu così semplice, sporgerti verso di me, giusto?
In realtà fu più facile per me avvicinarmi a te con una scusa, ticchettarti sulla spalla e poi lasciare che ti voltassi. Non avevo nemmeno molto da dirti, forse era solo il gusto di guardare bene in faccia il mio tormento ed il mio aguzzino, di scrutare nei tuoi occhi neri e sentirmene rapito – come da tempo stava capitando, io avevo ormai perso il controllo, anche le matricole erano diventate inappetibili ai miei occhi, ti rendi conto?
E ti avvertivo così, in bilico.
Disperatamente preda della vertigine, con la labbra screpolate tenute ferme contro le mie ed un sapore strano che mi stava maciullando da dentro, invitandomi a fare di più, a tenerti, a non lasciarti andare.
Eri in punta di piedi, tu.
 
 
 
Era stato bello, ricordi Zayn?
La prima volta che accadde davvero, intendo.
C’erano stati gli incontri, i momenti, i libri poggiati sullo scaffale solo con la scusa di rubarti un bacio per scherzo; c’erano stati i ‘Vieni da me a cena?’ sussurrati con timidezza, quasi con paura, e gli altrettanti ‘Sei sempre così loquace?’ detti con altrettanta spensieratezza e quel pizzico di ottimismo che non sapevo proprio da cosa venisse; c’erano stati i sussurri agli angoli o le occhiate ambigue, quando mi pareva che potessimo nascondere al mondo questo piccolo mondo tutto nostro ma allo stesso tempo ero certo che servisse uno battito di ciglia in più perché mi si leggesse in faccia, quel che sentivo.
Era strano, perché dopo mesi in cui non toccavo una ragazza mi sembrava quasi… Naturale trovare un qualche sfogo, no? Ma io non ce la facevo, Zayn, non riuscivo più a concepire certe cose o situazioni, certe… Certezze se n’erano come andate, risucchiate dai tuoi occhi neri.
Ed a me stava anche bene, sai?
Ecco perché non mi sono opposto quando mi hai baciato, contro quel lavandino della cucina.
Ed ecco anche perché non mi sono opposto al resto, quando sentirti sulla mia bocca, sotto le mie mani, quando avvertirti ovunque, dentro ed intorno a me, su di me, mi pareva la cosa più logica ed inspiegabilmente appagante del mondo. E non sono nemmeno riuscito ad essere egoista, lo sai?
In quel momento mi è sfuggito tutto dal cervello, anche la maledetta astinenza che la tua presenza, giorno per giorno, aveva colmato senza che nemmeno me ne rendessi conto. Mi è sembrato di essere vergine sotto le tue mani, fisicamente e spiritualmente parlando mi sono sentito modellare in una maniera tanto delicata che richiedertene ancora mi parve la soluzione ad ogni cosa potesse farmi male. Ad ogni disagio, ad ogni stretta che il cuore esercitava in modo sempre più ferreo, ad ogni cristallina parola il cervello potesse suggerirmi per sentirmi in pace con me stesso.
Ma io non mi sentivo più in pace con niente, se non c’eri tu.
Eri tu il mio metro di giudizio, la mia lente che ingrandiva i granelli di sabbia, il mio foglio su cui scrivere i segreti del mio animo; eri tu ogni cosa mi servisse a tarare l’ansia e la paura, la gioia e la sregolatezza.
Eri tu, piccolo uomo in punta di piedi, a spingermi versi l’amore?
E rido se ripenso che anche mentre mi baciavi, quella volta, te ne stavi sollevato, con le mani arpionate alla mia maglia, con una disperazione ed una foga a stento trattenute, forse solo il fatto che fossi stato più alto di te ti impedì di far sfociare quel tuo sentimento in altro.
Di quella volta, ricordo nitido il momento in cui avvertii il pavimento vibrare.
Quando riaprii gli occhi e notai l’alba e sentii il mio corpo svegliarsi con me, ebbro di ciò che era passato, il tuo muoverti lento e sinuoso mi coprì la vita.
Il tuo avanzare in punta di piedi quasi non mi diede il colpo di grazia, mentre ti scrutavo avanzare verso la porta e lanciarmi un ultimo sguardo muto, liquido e così penetrante che – te lo giuro, Zayn – pensai sarei rimasto scottato per sempre.
Il mio piccolo uomo, pensai.
Testardo e timido, tenace e velenoso come ortica che si arrampica.
In punta di piedi, l’equilibrio non l’hai mai perso tu.
 
 
 
Ricordarti in un modo che sia diverso da quello che mi propinano i miei sogni è quasi impossibile, pure se faccio fatica a pensare che fossi davvero così.
Avrei tante altre parole da dirti, piccolo uomo, ma finora nemmeno una è valsa per far sì che mi spiegassi a dovere.
Probabilmente non ce la farò mai.
Solo tu, sempre.
In punta di piedi, senza cadere.
Mai.
 





... Eccomi di nuovo.
LI AVETE VISTI?!
Come potevo non continuare questa OS dopo quella scenetta ai Brit?! Aw adorabilissimi Ziam.


 
Che ci avevo detto?
LOVABLE ZIAM.
Byee :) 
 
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