Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |      
Autore: Fabily    02/03/2014    0 recensioni
Buio muto, silenzio, nulla.
Jared, apri gli occhi, svegliati!
- Sai dirmi qual è l’ultima cosa che ricordi? -
Provo a pensarci e scopro che non ricordo proprio un bel niente.
Così io sarei il figlio di questa matta schizzata? Strano, è come se la ricordassi diversa,
sono quasi convinto che questa non è mia madre.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Buio muto, silenzio, nulla.

Jared, apri gli occhi, svegliati!

Apro gli occhi e la luce mi abbaglia.

Quando riesco a mettere a fuoco,intorno a me c’è tanta gente vestita di bianco.

Sento un bip bip bip che si ripete, costante e lento in sottofondo.

Mi sembra di aver dormito anni.

Le persone che ho intorno si agitano, mi stanno toccando, vedo un grosso tubo che si allontana dalla mia faccia; che cos’era quello?!

Arriva una donna che spintona tutti, seguita da un uomo dall’aria preoccupata, lei mi si avvicina e comincia ad accarezzarmi e a mettermi le mani in faccia, mi prende le mani e le bacia. L’uomo mi guarda truce; che vuole?Che gli ho fatto?

Solo ora mi accorgo che sono sdraiato. Provo a mettermi a sedere ma non ce la faccio.

La donna ora mi sta baciando la fronte e continua a dire - oh Jared, grazie a Dio, tesoro, Jared, Jared -.

Si può sapere chi è questo Jared? Perchè mi chiama Jared? E chi sono questa donna che non vuole smetterla di baciarmi, e quest’uomo incazzato nero che sembra intenzionato ad uccidermi?

I dottori allontanano quei due e se ne vanno lasciandomi solo. Perchè sono in ospedale?

Dopo un po’ entra un dottore, dev’essere il primario o qualcosa di simile.

- Ciao Jared, come ti senti? Finalmente ti sei deciso a tornare tra noi - ride.

Devo ridere? Non rido e non rispondo, però vorrei chiedergli se Jared sono io.

- Sai dirmi qual è l’ultima cosa che ricordi? - mi chiede.

Provo a pensarci e scopro che non ricordo proprio un bel niente. Probabilmente mi chiamo Jared.

Di fronte al mio silenzio il dottore fa una faccia strana, penso che abbia intuito che non so neanche come mi chiamo. Mi stò agitando come se fossi sotto interrogazione.

- Va bene, ho capito. Jared, ascolta, tu hai avuto un incidente e sei rimasto in coma farmacologico per un pò. Ti ricordi qualcosa almeno sulla tua famiglia? -

Ho avuto un incidente? Mi guardo per controllare se sono tutto intero.

Sì c’è tutto, braccia, gambe, piedi, non manca nulla; menomale.

Mi sforzo per ricordare qualcosa.

- Ho diciotto anni…li ho fatti il ventuno di marzo, abito a…vicino a un parco… - e poi mi perdo; peccato, avevo iniziato così bene. Ho la bocca impastata e la voce roca; ci vorrebbe una mentina.

- Ok, basta così. Non preoccuparti, non ci sono gravi danni al cervello, la memoria tornerà col tempo; in ogni caso ti portiamo a fare una tac. - e se ne va mentre entrano gli infermieri per portarmi via.

In corridoio intravedo i due di prima che parlano con il dottore. La donna sembra sull’orlo di una crisi isterica, l’uomo continua a bollire in silenzio.

Dopo avermi infilato in un tubo mi riportano in camera; ho la sensazione che resterò per molto tempo tra queste quattro mura. Vorrei vedere qualche faccia conosciuta ma l’unica che riconosco è la mia. Nella parete di fronte al letto c’è un lavandino con uno specchio, vedo la mia faccia riflessa; non ho l’aria da malato, i miei occhi blu sono appena lucidi ma, per il resto sembro ok; sorrido alla mia faccia sullo specchio, ecco le mie due fossette ai lati della bocca. Inizio a ripassare ogni dettaglio del mio volto, non si sa mai. Ho i capelli castani e sono terribili. Faccio un sorrisino ebete e mi lancio nella mia performance di boccacce ma, entra qualcuno e mi costringo a smettere.

La donna dei baci si fionda verso di me e mi abbraccia stritolandomi.

- Oh, amore mio, non t’azzardare a farmi questo un’altra volta! Jared, figlio mio…- eccetera, eccetera, eccetera, bla, bla, bla.

Così io sarei il figlio di questa matta schizzata? Strano, è come se la ricordassi diversa,

sono quasi convinto che questa non è mia madre.

L’uomo arrabbiato non è entrato, neanche lui vedo come padre.

Questa donna che si fa passare per mia madre mi dice che papà è dovuto tornare al lavoro.

- Sai com’è in quel postaccio -.Veramente non so niente, non so nemmeno che lavoro fa mio padre, non so come si chiama e non so come cavolo ti chiami tu e, se non hai notato, ero in coma fino a mezz’ora fa.

Da quel giorno ne passano altri, tutti uguali, prima che quella pazza di mia madre mi dica che posso tornare a casa.

Nel frattempo ho ricordato che mia madre è Miranda Lawell e fa la segretaria e che mio “padre” è Luke; non si è più fatto vedere dal giorno del mio risveglio. E non è neanche mio padre; i miei sono divorziati.

Luke è il compagno di mia madre, lei ha insistito perchè lo chiamassi papà; dice che è per farlo sentire uno di famiglia. Non penso che a lui importi qualcosa.

In macchina non parliamo, lei continua a sorridermi come se fossi deficiente e forse lo sono visto che stò ancora qui invece di buttarmi dall’auto in corsa e scappare. Solo che non saprei dove andare, tutto qui.

Arriviamo a casa. Riconosco il parco all’altro lato della strada ma, quando entro nell’appartamento, non trovo nulla di famigliare. Faccio finta di niente e comincio a vagare per le stanze. Trovo una porta ricoperta di adesivi e robacce varie; c’è un foglio con un graffito, è firmato J.D.

Entro e mi ritrovo in una stanza che mi ricordo vagamente. Si vede che nessuno ci mette piede da tempo; è troppo pulita e in ordine.

Apro l’armadio e guardo quelli che dovrebbero essere i miei vestiti.

Non c’è un paio di pantaloni che non abbia il cavallo basso e che non sia almeno due taglie in più della mia: sicuro, sono i miei vestiti!

Arriva Miranda e mi dice che, se voglio farmi una doccia, mi ha preparato tutto.

La seguo in bagno. Continua a dirmi dove sono le cose, mi fa vedere tutto. La mando via prima che mi faccia allargare le braccia e inizi a spogliarmi; ci manca solo questa.

Quando esco dal bagno, in accappatoio, mi sbuca davanti e per poco non mi viene un infarto. Miranda ha le lacrime agli occhi, è felice che io sia a casa. Io invece voglio andarmene, questa non è casa mia, la mia famiglia è da qualche parte che mi aspetta o almeno questa è l’impressione che ho.

Tornato in camera, trovo i vestiti preparati sul letto. Mi colpisce una t-shirt color senape; sopra c’è stampato il disegno di una ciambella rosa: fa schifo.

Miranda se ne va e io posso vestirmi.

Quando ho finito, mi metto a curiosare tra i CD.

Sento dei rumori. E’ arrivato qualcuno.

Spalanca la porta una ragazza castana, ha i miei stessi occhi ed è poco più alta di me.

- Ciao - mi saluta masticando una cicca. Non sembra felice di vedermi e io non mi ricordavo di avere una sorella maggiore.

Interviene Miranda.

- Chimberly, tuo fratello deve ancora riacquistare la memoria - la guarda strano. Le sussurra qualcosa tra i denti ma sento comunque ciò che dice.

- Stai attenta a quello che dici, deve ricordare da sé -.

- Beh, io vado al lavoro…mi raccomando - dice di nuovo ad alta voce.

Perché non è mai venuta in ospedale? E’ chiaro che io e questa Chimberly non andiamo molto d’accordo.

Appena Miranda chiude la porta d’ingresso alle sue spalle, l’adorabile sorella che non ricordavo di avere sparisce in camera sua.

Me ne resto nella mia stanzetta blu per tutto il pomeriggio, nel tentativo di schiarirmi le idee. Inutilmente.

Miranda rientra alle otto e andiamo a tavola per la cena.

Lei ci serve e continua a guardarmi come se fossi un cucciolo ferito.

Mi dà sui nervi.

Silenzio.

Mamma Miranda ci sorride.

Ancora silenzio.

Io fisso ciò che ho nel piatto.

Prendo un boccone di quella cosa informe e lo porto alla bocca.

- Buono. Cos’è? -

Sento un singhiozzo e alzo la testa.

- Lasagne, tesoro, è il tuo piatto preferito - mi risponde piangendo e mi sorride ancora.

Non è possibile; questa donna ha la dote innata di istigarmi alla violenza.

- Mamma…- l’ammonisce l’altezzosa Chimberly.

Silenzio.

Finiamo di mangiare e vado a rifugiarmi in camera.

Sento Miranda in corridoio. Quando apre la porta fingo di dormire; si avvicina e mi dà un bacio sulla fronte, poi mi rimbocca le coperte e spegne la luce.

Esce e chiude la porta, tiro un lungo sospiro di sollievo.

Questo è un incubo.

Mi alzo e riprendo a vagare per la stanza cercando di non fare rumore.

Il mio sguardo si posa sulla finestra. Mi avvicino e la apro. Da questo lato del palazzo le finestre si trovano a livello della strada. Guardo fuori e improvvisamente decido di uscire.

Mi calo dalla finestra come un ladro; non saranno neanche due metri, uno e mezzo scarso. Atterro sull'asfalto e comincio a camminare. Fa piuttosto freddo, ma la stupida felpa che ho addosso è sufficiente a non farmi congelare e poi voglio solo farmi un giro. Cammino, cammino tra mille pensieri, incerto. Forse devo scappare, allontanarmi da quella casa, dall’antipatica Chimberly e dalla piagnucolante Miranda. Forse sono stato rapito dagli alieni e la storia del coma è tutta una palla inventata da loro. Nel frattempo non mi sono accorto di essere arrivato ai giardini mezzi rinsecchiti del parco. Mi siedo sulla prima panchina che capita. E’ un po’ nascosta, non si vede dalla strada, ma da qui riesco a vedere la finestra semiaperta della mia stanza. Ad un tratto vedo un’ombra avvicinarsi dietro di me, la sagoma si accuccia su un cespuglio e mormora qualcosa, non capisco.

- Eccovi qua! - esclama. E’ una ragazza, avrà la mia età e stringe in mano un pacchetto di sigarette. Trattengo una risata e lei si accorge della mia presenza.

- Oh, scusa non ti avevo visto -

- Non è mio il parco, puoi nasconderci quello che vuoi - le sorrido.

- Fumi? - mi chiede accendendosi una sigaretta.

- Non lo so, non credo -

- Come, non lo sai? -

- Ho avuto un' amnesia -.

Non risponde e mi guarda strano.

- Ho perso la memoria - spiego.

- Si lo so cos’è un’amnesia...-

Questa ragazza è davvero strana, è forte però, buffa.

Silenzio.

- Vieni qui spesso? - chiedo.

- Mi sono trasferita qui da poco -.

Mi piace la sua voce, è simpatica. Continuo a trovarla un personaggio davvero bizzarro. La guardo. Indossa un cappottino bordeaux a quadri rossi e arancio, e in testa porta un cappello viola dal quale sfuggono alcuni riccioli ribelli color mogano. Mi fissa con quegli occhietti verdi che, anche al buio della sera, mandano bagliori inquietanti. Forse anche lei è un' aliena. Devo smetterla con questa storia.

- Beh?Che hai da ridere? -

In effetti ho riso senza accorgermene.

- Niente, pensavo che… - solo adesso riesco a rendermi conto di quanto io sia confuso, tanto confuso, enormemente.

- Devo tornare a casa - concludo.

- Beh, ci vediamo allora - dice guardandomi come si guarda un soggetto da ricovero.

- Ci vediamo -.

Mentre mi arrampico per rientrare in camera mia, ripenso a quanto ho trovato strano il fatto di nascondere le sigarette in un cespuglio del parco; cosa dovrei dire allora di uno che passa dalla finestra per entrare ed uscire da casa sua?

 

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Fabily