Il
narciso e il lupo
A
Narcissa non venivano mai regalati dolci, neanche
a San Valentino. Le altre ragazze ricevevano scatole di cioccolatini,
lei no.
Una volta, sua sorella Andromeda le aveva detto che era
perché appariva così
eterea, altezzosa, che i ragazzi erano intimoriti da lei. La
verità però era
un’altra: Narcissa non riceveva dolci o dichiarazioni
perché era promessa.
Odiava
quella parola, la faceva sentire come se
fosse un oggetto che i suoi genitori avevano deciso di cedere al
rampollo
Purosangue più in vista del momento: Lucius Malfoy.
Non
lo sopportava, il suo promesso sposo, e non ne
aveva mai fatto alcun mistero, ma la sua opinione non contava nulla;
non per
sua madre, che le aveva detto che prima o poi avrebbe imparato se non
ad amarlo
per lo meno a stimarlo, e tantomeno per suo padre, secondo cui il suo
unico
compito era quello di obbedire ciecamente ai suoi ordini.
Certe
volte pensava che sarebbe stato molto più
soddisfacente e semplice essere come una di quelle ragazze che vedeva
per i
corridoi. Loro non erano Black, non dovevano portare avanti una
gloriosa
tradizione, potevano scegliere chi amare. Poi, però, si
rimangiava subito le
sue considerazioni; doveva essere orgogliosa del suo retaggio.
-
Ehy, la Black ha ricevuto un regalo. –
Quella
frase, grondante di sorpresa, la riscosse
dalle sue considerazioni. Slegò il legaccio attorno alla
zampa del barbagianni
che le era atterrato davanti e scartò l’involucro
con trepidazione.
-
Sarà stato Malfoy a mandarglielo. – aggiunse
un’altra delle sue compagne, con la voce che lasciava
trapelare un pizzico
d’invidia.
No,
lo escludeva, Lucius non le aveva mai regalato
nulla. Non era un tipo romantico e, ne era certa, anche lui pensava che
Narcissa non fosse il tipo di ragazza desiderosa di ricevere
cioccolatini e
altre stupidaggini del genere. Bè, si sbagliava. Era San
Valentino e anche lei
voleva sentirsi oggetto delle attenzioni di qualcuno.
Eliminato
l’involucro, appurò che si trattava di una
scatola color lapislazzulo, lo stesso dei suoi occhi, contenente una
decina di
cioccolatini bianchi. Chiunque le avesse fatto quel regalo la conosceva
bene,
oppure l’aveva osservata a lungo. Quest’ultima
considerazione la fece arrossire
lievemente. Un corteggiatore misterioso era un cosa romantica e
tremendamente
eccitante, però avrebbe voluto comunque sapere di chi si
trattava, se non altro
per porgergli i suoi ringraziamenti.
Esaminò
con attenzione la scatola, alla ricerca di
un indizio, ma non trovò nulla. Decise allora di lasciarsi
alle spalle il
chiasso della Sala Grande e rifugiarsi nel posto che preferiva
più di ogni
altro: la riva del Lago Nero.
Era
seduta sotto il pioppo più imponente del parco
quando un lieve fruscio le annunciò di non essere
più sola.
Si
voltò quanto bastava per scorgere
l’identità del
nuovo arrivato. Era uno degli amici di suo cugino, l’unico
tra quel branco di
spiantati per cui provasse una sorta di ammirazione. Era un tipo in
gamba,
Remus Lupin, e quella sua aria seria e riservata le ricordava molto se
stessa.
-
Ti spiace se mi siedo? –
Annuì.
-
Fa pure, il prato è di proprietà pubblica.
–
Rimasero
in silenzio per un po’, ma Narcissa potè
notare che lo sguardo del Grifondoro si era posato sulla scatola di
cioccolatini e che, per qualche assurdo motivo che esulava dalla sua
comprensione, sul suo volto si era dipinto un sorriso soddisfatto.
-
Ti è piaciuto il cioccolato? – le chiese, fissando
risolutamente alcuni ciuffi d’erba.
E
così alla fine era riuscita a scoprire
l’identità
del suo ammiratore. Inspiegabilmente avvertì il suo cuore
che cominciava a
battere sempre più velocemente.
-
Era molto buono. – confermò.
-
Mi fa piacere … –
Il
silenzio scese nuovamente tra di loro.
Questa
volta toccava a lei prendere l’iniziativa,
pensò.
-
Come facevi a sapere che adoro la cioccolata
bianca? – chiese incuriosita.
-
È facile, a colazione bevi sempre della cioccolata
calda, ma solo bianca. –
Quindi
la osservava con attenzione, era davvero
interessato ai minimi dettagli che la riguardavano. Era strano sentirsi
così
considerata da qualcuno che si prendeva persino la briga di notare con
cosa
facesse colazione.
-
Ne vuoi un po’? – gli chiese, offrendogli la
scatoletta in cui erano rimasti due cioccolatini.
Remus
ne accettò uno, assaporandolo lentamente,
mentre lei faceva lo stesso. Rimasero a fissarsi per un paio di secondi
finchè
Narcissa, con un sorriso, gli si avvicinò.
-
Resta fermo solo per un secondo, per favore. –
Annuì,
inarcando un sopracciglio con aria perplessa.
Mossa
dall’istinto, annullò la poca distanza che
separava le loro labbra e chiuse gli occhi. Non aveva mai baciato
qualcuno
prima d’ora, quindi sperava di farlo in modo adeguato. Nel
giro di un paio di
secondi cominciò a prendere confidenza con quei movimenti
così nuovi e una
sensazione di benessere si impadronì di lei. Quindi era
questo quello che si
provava quando si baciava una persona per cui si nutriva un interesse.
Quando
si separarono, Remus le sorrise nel modo più
dolce che avesse mai visto, un misto di felicità e imbarazzo.
-
Hai un buon sapore. – mormorò, imbarazzata, prima
di alzarsi e correre via, verso il castello.
La
replica di Remus, mormorata appena, le giunse
alle orecchie mentre si allontanava: - Anche tu. –
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