Guilty
Pleasure
Barty
ricordava con precisione il momento in cui
aveva incontrato per la prima volta Regulus Black. Era il primo
settembre del
suo primo anno a Hogwarts e stava cercando disperatamente uno
scompartimento
vuoto. Non conosceva nessuno e non aveva alcuna voglia di ritrovarsi
obbligato
a sostenere una conversazione per tutta la durata del viaggio. Alla
fine, ormai
rassegnato a sorbirsi ore e ore di chiacchiere, aveva fatto scorrere la
porta
dell’ultimo scompartimento.
C’era
solo un ragazzo lì dentro, seduto con una
rigidezza e una compostezza che avrebbero sicuramente ricevuto
l’approvazione
di Crouch senior. Si era schiarito la gola nervosamente e aveva perso
un po’
del poco colorito che la natura aveva donato al suo volto, questo prima
di
venire pietrificato da un paio di occhi di ghiaccio.
A
distanza di cinque anni, Barty ancora ricordava
come si era sentito quando aveva incrociato gli occhi del grigio
più chiaro che
avesse mai visto in tutta la sua vita. Occhi che, così come
anni prima, anche
in quel preciso momento lo scrutavano. Irrigidì le spalle,
sentendosi sotto
esame. Regulus sembrava possedere un talento innato nel far sentire a
disagio
le persone.
-
Non mi stavi ascoltando. –
Il
tono era freddo, seccato. Non gli piaceva essere
ignorato, e questo lui lo sapeva bene.
-
No, non ti stavo ascoltando. – ammise.
Regulus
alzò gli occhi al cielo, sospirando
spazientito, - Si può sapere a cosa stavi pensando, Barty?
Doveva essere
qualcosa di molto interessante a giudicare dall’espressione
che avevi. –
Ecco
e ora come faceva a dirgli che non lo stava
ascoltando perché era troppo impegnato a pensare a quanto i
suoi occhi glaciali
lo scombussolassero nel profondo?
-
Nulla di che, niente di serio. –
Lo
sguardo del Black si assottigliò, come faceva
sempre quando non era convinto di qualcosa e voleva convincere Barty a
confessare.
-
Coraggio, parla. C’entra una ragazza per caso? –
Era
una sua impressione o mentre poneva la domanda
aveva storto leggermente il naso?
Scrollò
le spalle. Basta farti tutte queste paranoie,
Barty. È Regulus, il tuo migliore
amico e, per quanto sia misogino e tendente al misantropo, di sicuro
l’idea che
ti piaccia una ragazza non lo fa arrabbiare.
- D’accordo,
è vero, stavo pensando a una persona. –
confermò.
In
fin dei conti non era neanche una bugia. Lui
stava davvero pensando a qualcuno.
Lo
stupore scalfì per un attimo la consueta
imperscrutabilità
del volto di Regulus.
-
E chi è, sempre se si può sapere? –
domandò, in
uno strano miscuglio d’ironia e curiosità.
-
Una persona che non conosci. –
-
Come fai a sapere che non la conosco? Magari la
conosco e tu non lo sai. – lo contraddì.
-
Non m’incanti con questi tuoi ragionamenti senza
capo né coda, Reg. –
Regulus
sbuffò, contrariato.
-
Sono il tuo migliore amico, puoi dirmelo. –
Barty
soffocò una risata. Era incredibile come
Regulus riuscisse a far suonare la parola “puoi”
come un “devi”.
-
Niente da fare, non te lo dirò. –
ribattè,
incrociando le braccia al petto con risolutezza.
-
Sei testardo e insopportabile, lo sai vero? –
esclamò stizzito.
-
Non è riempiendomi di amorevoli complimenti che mi
convincerai a dirtelo. Lo sai, vero? – gli fece il verso.
Rimasero
in silenzio per una manciata di secondi,
poi Regulus riprese nuovamente la parola.
-
Sai, credo di odiarti. –
Barty abbozzò
un sorrisetto, sforzandosi di ignorare la fitta al cuore che aveva
avvertito
quando le parole di Regulus erano giunte alle sue orecchie.
Oh,
andiamo, sta solo scherzando; non vorrai cominciare a comportarti come
una
donnicciola ipersensibile, eh Barty?
-
E non sei di certo il solo. –
Magnifico,
ci mancava solo lui.
-
Sentimento ricambiato in pieno, Lestrange. –
assicurò.
Si
guardarono con aria torva, finchè Regulus non
decise di prendere in mano la situazione.
-
Piantatela. Rab, siediti accanto a me, così almeno
sono sicuro che tu e Barty non cercherete di farvi a pezzi durante il
viaggio.
Sapete, non ho alcuna voglia di dover ripulire la mia divisa dal sangue
di uno
di voi due. – concluse, per poi distogliere
l’attenzione e mettersi a leggere
un volume dall’aria imponente.
Barty
osservò il loro massiccio Battitore
accomodarsi accanto all’amico e ne spiò il
comportamento per alcuni istanti.
-
Che hai da guardare, Crouch? – esordì con tono
duro.
-
Figurati se spreco il mio tempo guardando te,
Lestrange. – lo rimbeccò.
Lo
sbuffo di Regulus bastò a tacitarli.
Sto
solo guardando quanto la tua mano sia vicina a Regulus e meditando su
come
strapparti qualsiasi arto possa entrare troppo in contatto con
qualsiasi parte
del suo corpo.
*
A
Rabastan non era mai piaciuto Barty. Quel
ragazzino pelle e ossa, con i capelli color grano che ricordavano
quelli di uno
spaventapasseri e gli occhi azzurri come il cielo primaverile, lo
mandava
letteralmente in bestia. Non che ci volesse poi molto, considerando
quanto
fosse facilmente irascibile. Non aveva mai saputo attribuire una
motivazione a
quell’ostilità, tranne il fatto che Crouch non
sembrava perdere occasione per
farlo sembrare dannatamente stupido, non fino a quando non aveva visto
come il
ragazzino guardava Regulus.
Bè,
in quei momenti doveva davvero impegnarsi a
fondo per non cavargli i bulbi oculari dalle orbite. C’era
qualcosa di
indecente nel modo in cui lo faceva, come se la sua testa fosse
affollata di
pensieri troppo scabrosi per poterli riferire ad alta voce. Ebbene,
quel
cucciolo di spaventapasseri poteva fantasticare su chiunque volesse, ma
non di
certo su di lui.
Regulus
era suo, su questo non si discuteva.
Al
pensiero di ciò che il ragazzo al suo fianco
nascondeva sotto il colletto inamidato della camicia della divisa, un
ghigno
compiaciuto gli stirò le labbra. Che fosse benedetta
l’unione di Bellatrix e
Rodolphus, che gli permetteva di avere a disposizione Regulus per tutta
la
durata delle vacanze estive.
D’un
tratto il bel Black alzò lo sguardo dal libro e
incrociò il suo. Lo vide arrossire lievemente sotto la sua
intensità, per poi
rifilargli un’occhiata ammonitrice. “Non qui, non
cominciare” sembravano dire
quegli occhi.
Troppo
tardi. Il pensiero di come quel morso doveva
risaltare sulla pelle pallida e perfetta di Regulus aveva fatto
scattare il suo
istinto più animale.
-
Sai, Reg, mi sono dimenticato di dirti che Severus
ti stava cercando. – improvvisò.
-
Severus? –
Gli
occhi grigi lo scrutarono con attenzione, come a
voler interpretare le sue intenzioni. Annuì, alzandosi in
piedi e attendendo
che facesse lo stesso.
-
Non ti dispiace se ti lasciamo solo per un po’,
vero? –
Barty
scosse la testa, distratto da chissà quali
considerazioni.
*
Era
passata un’ora da quando Regulus e Rabastan lo
avevano lasciato solo. Stava giusto cominciando a chiedersi se fosse il
caso di
raggiungerli, quando la porta dello scompartimento venne fatta scorrere
e
rivelò il volto di Severus Piton.
Il
moro gli rivolse un cenno di saluto, prima di
domandargli: - Dove sono Regulus e Rabastan? –
Si
accigliò.
-
Ma come, non erano venuti da te? –
Severus
scosse la testa.
-
Non li vedo da quando siamo saliti sul treno. –
Che
gli fosse successo qualcosa? Lo escludeva. In
fin dei conti l’unica cosa, o sarebbe stato più
giusto dire persona, in grado
di creare qualche problema a Regulus era suo fratello: Sirius.
-
Vado a cercarli. – annunciò, uscendo senza
aspettare una risposta dal compagno di Casa.
Setacciò
tutto il treno finchè non arrivò ai bagni
maschili.
Aveva
appena aperto la porta quando un gemito
soffocato raggiunse le sue orecchie. Ci mancava soltanto che finisse
con l’imbattersi
in una coppietta che si dava da fare prima dell’arrivo a
scuola.
Sbirciò
all’interno con circospezione, sgranando gli
occhi davanti alla scena che gli si profilava. Regulus, con la camicia
mezza
aperta e l’aria scarmigliata, era appoggiato sul lavandino e
cingeva le gambe
intorno alla vita di Rabastan. Aveva gli occhi chiusi e, a giudicare
dalla sua
espressione, doveva essere proprio suo il gemito che aveva sentito.
Barty
sapeva che doveva andarsene da lì. Stare a
guardarli, oltre che essere maledettamente imbarazzante, lo faceva
soffrire in
un modo che credeva non avrebbe mai sperimentato. Mosse il primo passo
verso
l’uscita e proprio in quel momento un paio di occhi grigi lo
fulminarono in
pieno.
L’espressione
di Regulus, sbalordito e imbarazzato, era la cosa più
assurda che avesse mai
visto prima. L’erede dei Black respinse con decisione
Rabastan, indicandolo con
un cenno del capo. Si ricomposero in fretta, mentre lui continuava a
rimanere
immobile e a sentirsi decisamente stupido.
-
Barty, lascia che ti spieghi. – cominciò Regulus,
ma venne tacitato prontamente.
-
Non devi spiegarmi nulla, direi che è piuttosto
chiaro. Sta’ tranquillo, non è un problema.
– lo rassicurò e, chissà come,
riuscì persino a stamparsi un mezzo sorriso sulle labbra.
Stava
migliorando come bugiardo, considerò, notando
che Regulus si era rasserenato e sorrideva a sua volta.
-
Bene, sono contento che sia così, in fin dei conti
siamo amici. Avrei voluto dirtelo, ma sarebbe stato così
… –
-
Imbarazzante. – concluse per lui.
-
Esatto. –
Altroché
se è imbarazzante, ma non certo per il motivo per cui pensi
tu.
-
Ora che sai di … bè, di noi, non ti va ancora di
dirmi per chi ti sei preso una cotta? –
Ecco,
ora capiva quella strana espressione che aveva
visto sul suo volto quando aveva accennato al suo interesse per
qualcuno. Non
era stata gelosia come aveva sperato, ma una cosa ben più
sconcertante. Per la
prima volta da quando lo conosceva, Regulus Black aveva indossato
un’espressione di dolcezza su quel viso dai tratti fin troppo
perfetti e
arroganti.
-
D’accordo, ti do un indizio: ha gli occhi di un
grigio chiarissimo, i più belli che abbia mai visto.
–
Vide
Rabastan, alle spalle di Regulus, che
aggrottava la fronte. Lui sì che aveva capito come stavano
le cose, malgrado
tutte le volte in cui Barty lo aveva definito uno scimmione con
più muscoli che
cervello.
-
Più belli dei miei? – chiese, con appena una punta
di scetticismo nella voce.
-
Non più belli, direi uguali. –
-
Ok, mi arrendo, chi sarebbe questa ragazza? –
cedette.
-
Non è una ragazza, è un ragazzo. – lo
corresse,
prima di aggiungere tutto d’un fiato, - Ti do un altro
indizio: è un Black. –
Regulus
sgranò gli occhi, incredulo, - È Sirius?
–
No,
non è Sirius. Sei tu, stupido idiota.
-
Sì, è Sirius. – ammise.
Tutto
sommato era proprio vero, stava diventando un bugiardo con i fiocchi.
Rabastan
gli rivolse un sorriso grato, persino con
una punta di rispetto. Lui non ci aveva creduto, ma solo
perché già sapeva.
Forse,
dopotutto, non era poi questo gran bugiardo.
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