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Autore: Dante_Chan    03/03/2014    0 recensioni
Questa storia parla di due ragazzini. Di un metallaro allevatore di ratti (o un allevatore di ratti metallaro?) che si innamora irrimediabilmente di un truzzo un po' particolare. La trama...beh, in realtà la scopro scrivendo, ma in generale il primo incontra il secondo, rimane colpito e tenta di ritrovarlo. Seghe mentali comprese nel prezzo :3
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ok, ok, ok, nessuno è morto e sono ancora qua! Ho avuto parecchi grilli per la testa e zero voglia di postare nonostante io abbia terminato la storia un bel po' di tempo fa, ma rieccomi qui. Giuro che il prossimo capitolo sarà postato fra qualche giorno :P



Da allora, la vita sociale di Dante, per forza di cose, cambiò; si vedeva ogni tanto, solitamente il sabato sera, con Virgilio, Elìo e la Star (che, per non si sa quale ragione, Virgilio chiamava “zia” nonostante la ragazza non fosse affatto la sua vera zia. La “zia” Star, di rimando, si divertiva a chiamarlo “moglie”. Dante non ne afferrava il motivo, ma non si prese la briga di informarsi: è normale che tra amici si formino finte famiglie con parentele improbabili), ma era una cosa più tranquilla e intima rispetto a quello a cui era abituato. I tre erano simpaticissimi e lui si divertiva tantissimo in loro compagnia, ma ogni tanto gli mancavano i suoi vecchi amici corvi e, più di tutti, il sostegno emotivo di Trunks, che veniva a mancare proprio nel periodo di maggior bisogno. Da quando usciva regolarmente con lui, infatti, ciò che Dante provava per Virgilio si era scatenato e non avere nessuno con cui parlare di quello che sentiva lo obbligava ad accumulare tutto dentro di sé, cosa a cui non era abituato. Il ragazzo non sapeva come sfogare quella furia mai provata prima, che lo rendeva irrequieto e gli faceva avere sbalzi d’umore degni di un disturbo bipolare; aveva come un fuoco che ardeva in corpo, partendo dal basso ventre e dipanandosi fin dentro ogni sua cellula, facendolo sentire da cani, chiudendogli lo stomaco durante i pasti, non lasciandolo dormire, facendogli mordere forte il cuscino nel buio delle notti insonni. Tante cose si potevano dire sull’amore, tranne che fosse piacevole.
Fu forse la mancanza di Trunks che portò Dante a confidarsi con la Star, quando ormai non ce la faceva più a tenersi tutto dentro. La ragazza aveva già immaginato la situazione, disse, ma non si era permessa di chiedergli conferma. Gli domandò se volesse che parlasse con Virgilio, quanto meno per capire le sue possibilità, ma Dante la pregò di non farlo, perché aveva paura che se fosse venuto a sapere di piacergli si sarebbe allontanato, e lui non poteva permettersi di perdere altri amici.
Virgilio, dal canto suo, sembrava non accorgersi di nulla. Si comportava a suo solito modo, con un approccio molto fisico che metteva Dante in difficoltà: non si rendeva conto di scatenare il suo già frustrato desiderio a ogni abbraccio scherzoso, a ogni mano sulla spalla, a ogni tocco che gli dava. Ma il colpo di grazia glielo diede quando, un lunedì mattina dopo un weekend in cui non si erano visti, gli si approcciò tutto baldanzoso raccontandogli felice di aver conosciuto Geko di persona il sabato passato, in discoteca. «È così simpatico, mi ha fatto ridere un sacco! Non dev’essere proprio una cima eh, però diavolo, ahah, proprio per questo fa ridere! E, e, aveva, aveva addosso una camicia di un viola bellissimo che non gli avevo mai visto, ma che metteva in risalto il colore dei suoi occhi e tipo, tipo, oh Dante, è troppo carino!» aveva detto. Una coltellata sul petto a ogni parola. Quella volta Dante aveva rischiato di non riuscire a trattenersi; con la voce tremante gli aveva risposto che poteva essere bello quanto voleva, ma che con ogni probabilità aveva importanti carenze a livello sia intellettivo che caratteriale e che sicuramente –esperienza personale– era uno stronzo. Stava per dirglielo, che quell’idiota non si meritava attenzioni da lui. Che ci stava male a vedere che un ragazzo come lui perdesse tempo ed energie pensando a una persona simile. Che lui forse non era tanto meglio di Geko, ma che gli voleva un bene dell’anima e mai l’avrebbe usato né fatto stare male. Che andava a fuoco appena lo vedeva e che non ce la faceva più a stargli vicino sapendo di non poterlo avere. S’era trattenuto, ma aveva veramente rischiato di cedere e di dirglielo. Poi gli aveva raccontato l’atto di bullismo subito mesi prima, perché Virgilio esigé sapere cosa fosse successo tra loro due; il ragazzo ci rimase male sentendo la storia, ma nonostante non approvasse la violenza nei confronti di Dante tentò di giustificare Geko sostenendo che non era stato lui direttamente a maltrattarlo e che, avendo conosciuto Diamanti, poteva anche capire in qualche modo il gesto contro di lui. Non poteva giudicare una persona solo per un’azione. Dante non aveva voluto credere alle proprie orecchie e si era offeso tantissimo, sfogandosi più tardi con la Star. La ragazza l’aveva consolato dicendogli che la cosa non sarebbe durata e che la storia che Virgilio sognava era finita ancora prima di iniziare, perché mai Geko avrebbe dato retta al suo amico; tra l’altro, quest’ultimo era decisamente e inspiegabilmente attaccato a lui, che secondo lei avrebbe avuto delle possibilità una volta che Virgilio si sarebbe dimenticato di Geko.
Sua madre, nel contempo, era felice da un lato e preoccupata dall’altro. Se per un verso le dispiaceva che il figlio avesse litigato con Trunks (Dante le aveva detto solo questo, senza voler spiegare il perché), almeno aveva smesso di uscire con quei ragazzoni inquietanti; la sua nuova compagnia, che aveva conosciuto in un’occasione, le sembrava più allegra e genuina. Ma nonostante ciò, Dante negli ultimi tempi le sembrava stanco. Più volte l’aveva sentito girare per casa la notte e spesso alla mattina esibiva occhiaie preoccupanti; mangiava meno del solito sostenendo di non avere fame e aveva perennemente la testa tra le nuvole. Per quanto poco importassero a lei, le pareva che stesse trascurando un po’ anche le sue bestiole. I voti a scuola, quelli non parevano essere cambiati, né in meglio né in peggio. Ogni volta che chiedeva al figlio cos’avesse, questi le diceva che non c’era proprio nulla, e che secondo lui le sue preoccupazioni erano infondate; lei era sicura che ciò non fosse vero, ma più di pregarlo di confidarsi non poteva fare. Che fosse depresso per aver perso il migliore amico? Ciò era possibile, ma più il tempo passava più la cosa sembrava peggiorare, mentre di solito succede che i giorni cancellano il dolore; perciò non sapeva darsi una risposta.
Tra giornate piene di sospiri, illuminate talvolta da un barlume di speranza dato da un qualche gesto di Virgilio, per Dante fine maggio arrivò in fretta. Compiva sedici anni il giorno in cui Trunks tornò a cercarlo, fermandolo all’uscita di scuola. In ragazzino sentì qualcuno ticchettargli sulla spalla con un dito e voltandosi scoprì con sorpresa il suo (ex?) migliore amico. «Oh.» disse vedendolo.
«Ciao Dante. Come stai?» chiese Trunks, un poco a disagio.
«Mh...» scrollò le spalle lui. «Cosa c’è?».
«Beh…tanti auguri.».
«Grazie…».
«…ti sei alzato un po’, eh?».
«Sì? Non l’ho notato.».
Trunks confermò annuendo: «Di qualche centimetro, sì…».
«Beh, sarebbe anche ora.».
«Ahah, già…».
«…».
«…».
«Come va con gli altri?».
«Volevo giusto dirti…Dante, ci manchi. Mi manchi. Il Diama è un idiota e se n’è reso conto. Ci ha giurato che vuole smetterla di fare il bambino, pare che i genitori di un ragazzo che aveva infastidito siano andati a parlare coi suoi e devono avergli fatto una ramanzina epocale. E…anch’io sono un idiota. Mi dispiace di averti allontanato.».
«…forse sarebbe stato meglio capirlo prima.».
«Non ti do torto…».
«Ci hai messo un po’ a sentire la mia mancanza.».
«Ero arrabbiato, Dan…non so nemmeno perché in realtà. Forse mi dava fastidio che fossi tanto preso da Virgilio…e vedendoti arrivare con lui dal Diama, insomma…”Anche qui?” ho pensato. Specialmente col Diama già arrabbiato di suo, avresti dovuto pensare che avrebbe perso le staffe…mi ha dato fastidio, mi sono chiesto se eri veramente così preso da non capire più niente.».
«Non ci ho pensato. Non ci ho pensato perché non ragiono come il Diama, non più. Virgilio è un mio amico come lo sei tu, non conta niente se va in discoteca. È Francesco ad essere nel torto per quanto mi riguarda, non io, e non cambierò idea se era quello che si aspettava.».
«Non lo sei. Lo sa anche lui.».
«Vabbè. Ne riparliamo, eh? Se no mi parte l’autobus.».
«Sono una cosa! La sera dell’ultimo giorno di scuola quelli di quinta hanno organizzato una festa a casa di un tizio. Sarebbe solo per quelli dell’ultimo anno, ma io sono stato invitato dal Diama e mi ha detto di chiedere anche a te. Alla fine ci saranno un sacco di imbucati.».
«Ah, quella…sì, ci andrò. Mi ha già invitato Virgilio…che è stato invitato da Geko, vabbè…».
«Oh. Ok, allora. Ci sarai.».
«Sì.».
«Bene.».
«Beh, ciao.».
«Ciao…ancora auguri. E scusa...».

Già, la festa. Il party di fine anno, pianificato per consolarsi all’idea degli esami finali, era organizzato a casa di un certo Sebastiano Rappo, un ragazzo di 5^E bruttarello e un po’ sfigato ma che viveva in una villetta che aveva deciso di mettere a disposizione per una cena a base di carne e verdure alla griglia; si sapeva fin da subito che ci sarebbe stata molta più gente di quella che effettivamente si sarebbe diplomata di lì a poco, per cui quando i padroni di casa si trovarono davanti poco meno di un quarto di tutta la scuola non si stupirono più di tanto; chiaramente, gli ultimi che iniziarono a mangiare finirono quando i primi ormai avevano completamente digerito, ma anche quello era messo in conto, e fu piacevole sentire per l’intera serata l’odore delle braci aleggiare in mezzo alla folla, mescolandosi con il vociare, le risate, il caldo degli angoli più gremiti e i fasci di luce dei lampioni del giardino, che insieme formavano un cocktail che confondeva i sensi e rendeva leggermente storditi. La villa era in collina, dispersa tra i campi, e per raggiungerla si dovevano seguire diversi chilometri di una strada tortuosa e in salita che metteva a dura prova le macchine meno potenti o gli automobilisti poco esperti. Il padre di Dante si perse due volte prima di riuscire a far arrivare il figlio a destinazione; il ragazzo aveva categoricamente escluso la possibilità di raggiungere la festa assieme a Virgilio perché l’amico sarebbe salito con Geko e giustamente lui non voleva averci nulla a che fare, ma aveva anche declinato l’offerta di passaggio da parte del Diama, perché non era ancora del tutto sicuro di averlo perdonato; così, arrivò quando buona parte della gente era già lì.
Nel vederlo davanti al cancello d’entrata, Virgilio gli corse incontro gioioso, lo salutò con una pacca sulla schiena e gli ficcò in mano un bicchiere che si era portato dietro dal tavolo, praticamente urlando che conteneva il mix di alcolici più buono che avesse mai assaggiato; solo dopo si rese conto che il padre dell’amico l’aveva sentito, e allora lo salutò con un gesto della mano e un sorrisetto colpevole. «Sì, vedi di non ubriacarti, siamo intesi?» intimò severamente il babbo al figlio dall’auto, per sciogliersi poi a sua volta in un sorriso quando fu ripartito: aveva avuto sedici anni anche lui.
La festa era iniziata alle diciotto e aveva intenzione di durare fino dopo mezzanotte; per Dante durò un paio d’ore di meno, a causa di ciò che successe.
Durante la serata, Virgilio si divideva inizialmente tra il nostro amico e la compagnia di Geko; né la Star né Elìo, invitati, erano potuti esser presenti, la prima per un impegno pregresso e il secondo per un’influenza intestinale che lo costringeva a letto con la nausea da due giorni. Il ragazzo per evitarsi di fare la spola tra i due aveva tentato di spronare Dante a conoscere il suo nuovo amico, ma l’altro aveva opposto resistenza e a nulla erano valse le sue moine volte a convincerlo; anzi, Dante si era rifugiato da Trunks, dopo averlo scorto da lontano. Il diciassettenne dovette sorbirsi tutte le lamentele del più giovane contro Geko e la sua presenza, ma tutto sommato gli erano mancate anche quelle e le sopportò stoicamente, come faceva sempre. Gli consigliò di lasciar perdere Virgilio almeno per quella sera, perché era ovvio che se si fosse messo in competizione con Geko per la sua attenzione l’altro avrebbe avuta vinta, e prima di restarci male sarebbe stato meglio ritirarsi dignitosamente. Ma in amore la dignità scivola spesso sotto a tutto il resto e Dante non voleva darsi per vinto; aspettava che Virgilio si ricordasse di lui ogni tanto, ma arrivò il momento in cui se ne dimenticò completamente e non tornò a cercarlo. Non era cattiveria, era sbadataggine, testa tra le nuvole, vista annebbiata dai cuoricini. Non avrebbe voluto trascurarlo, semplicemente fu assorbito dalla presenza gekesca e non fu più in grado di staccarsene.
Offesissimo, come aveva previsto Trunks, Dante ci rimase male. L’amico dovette subire un’altra sfilza di lamentele (di cui, poverino, iniziava a stufarsi) e alla fine, esasperato, gli disse che se davvero ci teneva così tanto, e ci stava così tanto male, la cosa più giusta da fare secondo lui sarebbe stato farlo presente a Virgilio. «Non c’è bisogno che ti dichiari,» si spiegò meglio dopo che Dante l’aveva guardato con gli occhi sbarrati «basta che vai lì e gli dici che ti dà fastidio in fatto che non ti stia più cagando di striscio, ecco.». Ma a Dante la cosa sembrava poco carina e non accolse l’idea, passando il resto del tempo con Trunks, il Diama, Massimo e Chele. Aveva timore che stando assieme a loro Virgilio non si sarebbe avvicinato nel caso in cui fosse venuto a cercarlo, ma oh, evidentemente quella sera doveva andare così. Passò il tempo riformando i legami che temeva perduti e scoprì che gli erano mancati in quei due mesi di assenza, e che riaverli era una cosa meravigliosa. Il Diama ripeté la parola “scusa” forse venti volte cercando di spiegare al più giovane amico come si era sentito, perché aveva perso la testa e che si pentiva un sacco, ma a Dante bastava che tornasse tutto come prima e non voleva parlare dell’accaduto.
Era poco prima delle ventidue quando Trunks fece un cenno a Dante e gli indicò un viottolo a circa trenta metri di distanza, dove avanzava Geko assieme al Capo e a altri tre dei suoi, ridendo e scherzando su non si sentiva cosa. Dante capì che voleva fargli notare che Virgilio non era tra loro e che doveva essersi liberato, perciò prima si allontanò di qualche passo dal gruppo e scrutò la folla, poi vi ci si inoltrò per andare a cercarlo.
Dieci minuti dopo si era fatto il giro del giardino tre volte e ancora non l’aveva trovato. Iniziò a chiedersi se se ne fosse andato senza nemmeno salutarlo, ma non riusciva a trovare un buon motivo per cui potesse averlo fatto. Chiese alla madre di Rappo se qualcuno fosse entrato in casa ma lei negò, allora Dante decise di tornare dai suoi amici ma, sul punto di raggiungerli, si rese conto di aver guardato solo nel giardino davanti alla casa, dove stava tutta la gente, e non sul retro; ormai sicuro che Virgilio se ne fosse andato, procedette a dare un’occhiata giusto per togliersi il pensiero. Non credeva di trovarlo veramente, e invece lo trovò. Lo intravide nella penombra, perché sul retro non c’erano luci se non quella che passava dalla finestra della cucina. Era seduto su un grande sasso, da solo, e da lontano sembrava quasi che stesse tremando; avvicinandosi, Dante si rese conto invece che stava singhiozzando.
Vedendolo arrivare, Virgilio trasalì e si calmò di botto, asciugandosi le guance, ma era troppo tardi per fingere che fosse tutto a posto e non tentò di farglielo credere.
«Ehi…che succede?» chiese dolcemente Dante, sedendoglisi affianco. Virgilio scosse la testa sorridendo tristemente prima di rispondere con voce rotta: «Sono stato geniale. Non avrei dovuto farlo, ma e-era lì, ed è così bello, p-praticamente dei suoi amici stavano apprezzando una tipa e quando hanno chiesto il mio parere ho detto –c-che scemo, perché?! – ho detto “sinceramente io preferisco Ema”, sai, Geko, si chiama Emanuele, no? Ma l’ho fatto senza pensarci e q-quando me ne sono reso conto ormai l’avevo detto ed era stupido rimangiarselo, si vedeva che l’avevo detto convinto, e allora che potevo fare? Hanno iniziato a fare battutine e io ho, tipo…ormai me l’ero lasciato sfuggire, era un’occasione, perciò…m-mi sono dichiarato, tipo…».
«Virgi…davanti a tutti, così…? E a uno come lui…?». Virgilio si nascose la faccia con le mani, sentendo la vergogna salire. «Me ne sono pentito subito! Hanno iniziato a prendermi per il culo, lui per primo! Anche lui!».
Dante non sapeva cosa rispondere. Virgilio gli sembrò un enorme sprovveduto. Come aveva potuto pensare che non l’avrebbero preso in giro? Non era quello il modo di dichiararsi a un altro ragazzo, ci vuole discrezione! Da che pianeta veniva? «Non dovrebbero permettersi di farti star male, quel bastardi...».
Bacialo.
«Mi sono procurato un soprannome per il resto dei miei giorni in quella scuola: “frocio di merda”. …scommetto che già lo sapranno tutti entro la fine della festa.».
«Non pensarci, sono scemi. Non dovrebbe essere un’offesa, sai che non c’è nulla di male. E lo so anch’io.».
Bacialo.
Virgilio ricominciò a lacrimare. «Non me ne frega più di tanto per gli insulti, è che…che…fa un male cahahahne!». A Dante si spezzò il cuore a vederlo in quello stato, era la prima volta che lo vedeva piangere, e sperava anche che fosse l’ultima. Gli saliva la rabbia se pensava che era colpa di Geko, era proprio un idiota. Un imbecille. L’avrebbe preso a pugni alla prima occasione, poco importava che fosse più alto e muscoloso di lui. «N-non credevo nem-meno di t-tenerci c-così tanto! S-sigh! Ma era così simpatico, avevo iniziato a c-credere che…».
«Virgi, calmati, ti prego. Non versare lacrime per quell’idiota, non se le merita.».
Bacialo.
«Grazie, Dante, s-sei dolcissimo…scusa, mi p-passerà…snifff…». I due si abbracciarono, Virgilio nascondendo la faccia nell’incavo del collo dell’altro che, sentendosi un verme, si lasciò sfuggire un ampio sorriso: gli dispiaceva ammetterlo, ma per lui quella era una vittoria.
Restarono abbracciati per un paio di minuti, con Dante che coccolava l’amico tentando di consolarlo come poteva, mentre la sua vocina interiore gli urlava cose oscene che cercava di ignorare.
Si separarono imbarazzati, per due motivi diversi; Dante si sentiva un mattone sullo stomaco, era come se avesse mangiato pietre. Guardava Virgilio e le pietre si divertivano a ballare il mambo cozzando tra loro e formando schegge che diventavano tanti aghetti che gli si conficcavano in pancia, procurandogli un bruciore di stomaco che mai aveva provato prima. Accarezzò il volto dell’amico asciugandogli un’ultima, solitaria lacrima, poi fece scivolare la mano dietro la sua testa, grattandogli dolcemente la nuca. Virgilio prese un’espressione interrogativa, ma prima che potesse chiedersi qualcosa Dante strinse la presa sui suoi capelli e lo baciò; aveva agognato quella bocca per settimane e, preso dall’euforia, non era più riuscito a trattenersi. Virgilio s’irrigidì all’istante e non reagì per qualche secondo, colto di sorpresa; Dante avrebbe continuato il contatto in eterno, ma i due si separarono quando il ragazzino sentì le mani dell’altro spingergli il petto per allontanarlo.
«Virgilio…» riuscì solo a dire, ritraendosi e aspettando una reazione. Virgilio lo guardava scioccato, muto, con le labbra violate ancora umide; non si capiva se stesse pensando o se avesse solo ronzio in testa, ma dovette prendere una decisione perché dopo pochi secondi interminabili la sua espressione cambiò e da stupefatta divenne desolata. Distolse lo sguardo dall’altro abbassando gli occhi, in segno di rifiuto, e non ebbe più il coraggio di smettere di guardare il terreno; Dante sentì qualcosa spezzarsi in un luogo non meglio precisato della sua anima.

 
***

“Ciao dante…come stai? Ho saputo dell’altra sera, scusa se tiro fuori l’argomento… :(“
“Te l ha detto virgilio immagino…quindi bo sai già…nn mi va molto di parlarne…”
“Scusa :( ma cos’hai intenzione di fare ora?”
“Nn so, niente, ke dovrei fare…ma nn credo che avrò tanta voglia di uscire cn voi x il mom…”
“Capisco… :( però mi dispiacerà non vederti più ç_ç”
“Anke a me :( ma nn me la sento proprio x ora. Magari c sentiamo ogni tanto xò”
“Va bene. Stai su, vedrai che presto ti sentirai meglio e il sole tornerà a splendere ;)”
“Si, lo spero. Grazie cmq star :)”
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