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Autore: kuutamo    03/03/2014    1 recensioni
"Your love is the only thing I live for in this world
Oh how I wait for the day your heart burns
In these heavenly flames I have already scorched in
I just want you to know I'll always be waiting"
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ville mi aveva stretta a se e non mi aveva più lasciata da quella sera. Ricordo il suo abbraccio caldo che mi cingeva e la sua stretta che mi diceva silenziosamente che non importava più nulla, che dovevo lasciare andare. In inglese c'è un aggettivo che racchiude tutta quella meravigliosa sensazione che provai: 'overwhelming', travolgente.

Da quella notte era sempre così attento e premuroso..più premuroso. Oltre alle volte in cui lavoravo, ormai era raro che rimanessi da sola: c'era sempre lui che con una scusa o l'altra mi faceva sempre compagnia. Credo che lo faccia per non farmi pensare: credo che lui abbia avuto molto tempo per pensare stando da solo, e conosce così bene la sensazione che si prova, che non vuole farla provare anche a me. Nonostante i suoi sforzi però, anche se per poco, io ci penso. Quando mi fermo e mi accorgo di tutto quello che fa per me mi viene una stretta allo stomaco, perché penso a cos'ha dovuto affrontare da solo, e mi maledico, se in qualche strano modo posso, di non esserci stata per lui, di non avergli tenuto la mano e affrontato i periodi difficili con lui. Poi però penso a quanto questo genere di cose, questo genere di dolore, siano personali, ma quando vedo Ville, ogni parte di me lo ringrazia di esserci, e spera che non se ne vada mai.

Anche se in confronto ad altro era una sciocchezza, Ville mi aveva proibito di riaprire il pc e di vedere ancora insulti di tutti i generi, un po' come un fratello maggiore. Nonostante gli avessi dato sul serio retta, sapevo che la gente non avrebbe smesso, o almeno non ancora. Avevo deciso però di lasciarmeli scivolare addosso, come bolle di sapone, ogni 'vai all'inferno' o altra cosa che avrebbero digitato tutte quelle dita malefiche, come artigli di arpie. 

 

Guardai tra i rami dell'albero che ondeggiavano fuori dalla mia finestra e poi la mia tazza di tè ai mirtilli: era fumante e di un viola intenso, da perdercisi dentro. Il vapore m'inondava il viso e donava alle mie guance un po' di calore. Mi lasciai sopraffare da quel piacevole tepore e dal pianoforte che cullava le parole di una canzone, stranamente italiana. 

 

 

<< Passerà, 

anche oggi passerà 

come fosse una lacrima che scivola e dove andrà? 

Forse tra i segni di un sorriso che amaro è ma, 

Passerà. 

 

Questo inverno cosa porterà? 

Un'altra primavera fragile che non sa come fiorire ancora. 

Nell'arco di un respiro è il suo odore. 

 

Passerà, 

e come aria passerà, quest'aria che in un fiato si inghiotte già 

tra le scorie di un inevitabile passato che tenta sempre di confondere >>

 

 

Quanto erano vere quelle parole? 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era stata violentata. 

Quando tornai a casa il giorno seguente, richiusi la porta alle mie spalle e piansi. 

I miei fottuti problemi esistenziali che mi facevano perdere il sonno non erano nulla in confronto a quello che le era stato fatto. Chiunque fosse stato il bastardo a farle tutto quel male, sperai diverse volte che morisse. Eticamente e umanamente non corretto che fosse, io lo desiderai, e anche parecchio. 

Avevo avvertito in lei qualcosa che non andava, ma mai avrei pensato a qualcosa di così grave. Quando pronunciò quelle parole quella sera, non le dissi niente, ma la strinsi forte a me, per difenderla da tutto il male che aveva subito,da tutte le ombre che aveva dentro. I suoi occhi erano assenti e vuoti, e per un momento vidi la sua anima attraverso le iridi di quegli occhi, esattamente vuota come lo erano loro. 

Ora sapevo con certezza che se le fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato : perché ora che era qui potevo proteggerla. Non volevo lasciarla sola, ne tanto meno che ci si sentisse e che iniziasse a ripensare.  Era un po' egoistico da parte mia decidere per lei, ma sentivo che dovevo farlo. 

Non avevo voluto chiederle niente perché non ero sicuro che ne volesse parlare; in quei momenti volevo solo farla sentire al sicuro. Speravo però che me ne avesse parlato quando si sarebbe sentita pronta.

 

 

 

Stavo salendo le scale che portavano al suo appartamento, quando la porta di casa sua si aprì e lei spuntò fuori dalla porta inclinando la testa. 

" Finalmente ! " - disse fingendo di essere arrabbiata. Desideravo con tutto me stesso che si riprendesse. Anche se cercava di non farmene accorgere, si capiva che non era un buon momento. A volte mi chiedevo come avevo fatto a non rendermi conto di come stesse davvero. Era dimagrita molto durante la mia assenza: le si erano assottigliati persino i polsi, che erano già magri per fatti loro anche prima; si notavano soprattutto quando si alzava le maniche della maglietta fino all'avambraccio. 

Mi venne incontro e mi abbracciò. 

" Pensavo ti avessero rapito i troll, sai? "

" Oh ma che spiritosa! Beh cos'hai di bello da mostrarmi oggi?" 

Ormai da quando avevo visto e scoperto i suoi disegni, non riuscivo più a farne a meno.Erano così..oscuri nella loro bellezza, o belli nella loro oscurità. Il punto era che rapivano la mia attenzione, proprio come avevano fatto i suoi portraits. In quei giorni era tornata a disegnare volti, confessandomi che erano la sua passione. I primi che avevo visto, quella sera, erano solo macchie oscure, come inchiostro, e da un certo punto di vista la sua produzione stava migliorando. Per questo motivo cercavo di stimolarla come meglio potevo. Sapevo che voleva aggrapparsi disperatamente a qualcosa e rimanerci, così speravo anch'io che non se ne staccasse.

 

" Mhm, ieri sera ero troppo stanca per buttare giù qualcosa e stamattina ho preferito poltrire accompagnata dal mio amato torpore nel letto, quindi.. "

" Capito.. Sei troppo pigra.."

" Ehi, parla quello che se ne sta sempre rintanato nella sua torre con il naso tra i libri !"

Gli feci la linguaccia con una smorfia e poi dissi serio:

" Sai, dovresti prendere sul serio questa cosa: hai talento Matilda - lei incrociò le braccia sul petto e mi ascoltò con attenzione- potresti diventare una vera artista affermata, anche se a mio parere puoi già essere definita un'artista- mi fermai, e la guardai negli occhi, per farle capire che pensavo davvero quello che stavo dicendo - perché crei cose belle "

Quando pronunciai quelle parole le brillarono gli occhi, e non poté fare nulla per impedirlo. Provò a mantenere un contatto visivo ma poi si voltò e mi diede le spalle, tenendosi i fianchi. 

" Sai, in tutta la mia vita ho sempre disegnato quando stavo male - si fermò e capii che le lacrime la facevano esitare; poi tirò su col naso e continuò- questo..periodo è stato molto 'produttivo' perché mi sento uno schifo. Quando sono arrivata qui tu hai come anestetizzato tutto, e quello che era successo l'ho come dimenticato, represso, ma è ritornato a galla. Io non credo di avere tutto il talento che tu vedi in me… "

Mi avvicinai a lei e le misi una mano sulla spalla; non sapeva quanto si sbagliava.

" E invece ne hai, ne hai da vendere : solo perché quello che crei proviene dal dolore pensi che non venga dal fatto che tu hai talento e delle cose da dire? Stammi bene a sentire - feci un altro passo per poterla guardare negli occhi- da dove credi che nascano le mie canzoni? Tutto quello che scrivo, o annoto è scaturito dal dolore, dalla malinconia. È il mio modo per esorcizzare i demoni dal mio passato, e tu, anche se non te ne sei accorta, fai lo stesso Matilda. "

Lei ci pensò su un attimo e si tirò giù una manica per asciugarsi le lacrime.

" Forse hai ragione.. Ma è difficile pensare che esca del buono da tutto questo.. Per me è impensabile "

" Non dire sciocchezze…" - le rubai una lacrima sfuggita al suo tocco e le accarezzai una guancia con dolcezza. Lei avvolse la mia mano nella sua, posandola a sua volta sulla guancia e poi si allontanò alla ricerca di qualcosa di misterioso nella sua borsa.

" Vieni, ti faccio ascoltare una cosa. Purtroppo non riesco a trovare il cd qui in mezzo. " 

Tirò fuori l'ipod e mi porse una cuffia, poi mi abbracciò con la testa bassa e premette 'play'. Ascoltai attentamente: la musica non era niente male, travolgente. Non riuscivo a capire neanche una parola ed intuii che era una canzone nella sua lingua. Riuscivo a capire solo ciò che il cantante ripeteva durante il ritornello: così le chiesi cosa volesse dire.

" ..Portami via…. - imitò lei con sguardo sognante, quasi implorante - significa 'take me away' …" 

Adesso capivo il suo sguardo. Quella canzone era così bella, e anche non conoscendone la lingua riuscivo a sentire la disperazione di quelle due semplici parole. Era la stessa che vedevo negli occhi di Matilda.

" ..Ti porto via " - sussurrai.












Note: 

Le canzoni del capitolo sono "Respiro" e "Portami Via" (che da anche il nome al capitolo) de Le Vibrazioni.
Se non le conoscete ve le consiglio, sono davvero delle poesie, come d'altronde tutti i loro testi.

Grazie ancora a tutti voi che seguite la storia.
Kiitos*


 

  
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